Lessico


Dioscoride
Dioscuride Pedanio

Icones veterum aliquot ac recentium Medicorum Philosophorumque
Ioannes Sambucus / János Zsámboky
Antverpiae 1574

  

Πεδάνιος Διοσκορίδης o Διοσκουρίδης: medico e naturalista greco (Anazarba, Cilicia, sec. I dC). Dioskorídës è un patronimico derivato da Dióskoros, Dioscoro, e i Dióskoroi o Dióskouroi, erano i Dioscuri (Castore e Polluce), Figli di Giove sia dal punto di vista etimologico che sessuale (Diós = di Giove – kóroi o koûroi = figli), concepiti quando Zeus travestito da cigno introdusse il suo cavatappi in Leda.

Dal momento che Dioskorídës, essendo un patronimico, deriva dal nome del padre mediante un suffisso, possiamo presumere che il padre o magari un antenato di Dioscoride si chiamasse Dióskoros. In greco i termini italiani figlio, giovane, rampollo, progenie, stirpe, suonavano kóros oppure koûros: ciò giustifica sia Dioscoride che Dioscuride.

Giammai Discoride, come è stato propinato in Chi vuol essere milionario del 27 ottobre 2008, di cui è testimone lo Spulciatore elettronico Andrea Bertolazzi. Il potere dei mass-media!  Che spesso è meglio tradurre con massa di banditori ignoranti anziché mezzi d'informazione di massa.

Più difficile è ricostruire l'etimologia di Pedánios. Si può solo ipotizzare che si tratti di un derivato dell'aggettivo greco pedanós = basso, piccolo, a sua volta derivato da pédon = suolo, terra, a sua volta derivato da poús, genitivo podós, piede, che ovviamente poggia a terra, diversamente dalle mani, che se non sono in tasca se ne stanno per aria. In base a questa etimologia, che potrebbe corrispondere al vero, possiamo presumere che Dioscoride fosse di bassa statura: Dioscorides Pumilus. Ma non disponiamo delle sue caratteristiche somatiche, salvo il fatto che era soprannominato il lentigginoso, phakâs in greco (lentinus in latino), come riferisce il lessico Suida alla voce Dioskourídës, Dioscuride. Ma potrebbe trattarsi di un qui pro quo del lessico, in quanto lentigginoso forse era un altro Dioscuride.

In Plutarco troviamo Pedánoi che erano gli abitanti di Pedo, Péda in greco e Pedum in latino, antica città nei pressi dell'odierna Gallicano nel Lazio in provincia di Roma, 30 km a est del capoluogo, nell'Agro Romano, tra i Colli Albani e i monti Prenestini. Pedo, una delle dodici comunità indipendenti dell'antico Lazio (inizi del V secolo aC), partecipò nel 338 aC all'insurrezione dei Latini e venne sconfitta dai Romani. Ma non mi risulta che i discendenti dei Pedánoi , ammesso che ne esistessero ancora ai tempi di Dioscoride, gli avessero dato la cittadinanza onoraria facendolo così diventare anche Laziale oltre che Cilicio. Tuttavia, che ai tempi di Dioscoride probabilmente Pedo esistesse ancora, lo dimostra il poeta elegiaco Albio Tibullo (? 54 ca. - 18 ca. aC), che pare appartenesse a una ricca famiglia equestre, le cui terre si trovavano fra Tivoli e Palestrina, a Pedo, dove infatti egli mantenne il possesso di una villa.

Ma il melodramma continua. Conrad Gessner, anche nel Nomenclator insignium scriptorum (1555), usa esclusivamente Dioscorides senza ulteriori aggiunte identificative. Allo stesso modo si comporta il lessico Suida alla voce Dioscuride. Nell'edizione in greco del trattato di Dioscoride di Aldo Manuzio (1499) vi è associato Pedákios, lo stesso accade nell'edizione postuma di Jean Ruel del 1549, e troviamo la sua latinizzazione in Pedacius sia nell'edizione latina di Ruel (1516) nonché in quelle di Marcello Adriani (1523) e di Pierandrea Mattioli (1554), che nell'edizione postuma in italiano (1585) trasforma Pedacius in Pedacio.

Pedanius compare tre secoli dopo – salvo smentite – e precisamente nell'edizione di Max Wellmann dal titolo Pedanii Dioscuridis Anazarbei De materia medica libri quinque (Berlino, 1907-1914). Le fonti biografiche odierne in lingua italiana riportano l'equivalente Pedanio. Ma nessuno ne dà la spiegazione etimologica. Così siamo da capo e non sappiamo che pesci prendere, né se è valsa la pena disquisire sull'etimologia di Pedanio anziché di Pedacio. Però né Pedanio né tantomeno Pedacio non paiono aver a che fare con le lentiggini. Oddio! Illuc unde abii redeo, come mi insegnò Orazio (Satire - I 1 - verso 108): Pedaneus in latino significa lungo un piede. Stop. Ai posteri l'ardua sentenza.

L'attesa dei posteri non ha richiesto eccessiva pazienza. Anzi, è stata fulminea. Il giorno seguente, cioè mercoledì 29 ottobre 2008, essi mi hanno consigliato di visitare la BIUM (Bibliothèque interuniversitaire de Médecine) con sede a Parigi, una biblioteca che quanto a dovizie di dati va a stretto braccetto con Gallica, la Bibliothèque Nationale de France. Entro nella pagina della BIUM dedicata a Dioscoride e cerco un'edizione che contenga <Pedan>. Questa edizione esiste e risale al 1829 e meraviglia delle meraviglie scopro come mai sia corretto Pedanius anziché Pedacius.

Ma la meraviglia non si ferma qui. La mia ipotesi, poi scartata, circa l'etimologia di Pedanius dagli abitanti di Pedo si dimostra verace e, meraviglia ulteriore, la correttezza di Pedanius era stata garantita già un millennio prima del 1829, precisamente da Fozio, teologo bizantino e patriarca di Costantinopoli (ca. 810 - ca. 892). Non è accessibile il testo greco di Fozio. Tuttavia, in base a www.tertullian.org che ne riporta la traduzione inglese, possiamo essere certi che la città incriminata responsabile del soprannome Pedanio è Péda (in greco, Pedum in latino): codex 178 - According to the testimony of Galen, the author was from Anazarba. Myself I have found in the subscriptio's [of manuscripts] that he is called at the same time from Anazarba and from Peda. Among the many authors who have treated the same subject before him, he is revealed as having the most exact and most useful usage of them all.

Ma saremmo indotti in errore da Jacques-Paul Migne con il suo Patrologiae cursus completus in cui riporta le opere di Fozio. Infatti nel Tomus LIII (1861) dedicato a Photius Patriarcha Constantinopolitanus al codice 178 della Bibliotheca di Fozio dedicato interamente a Dioscoride troviamo che Dioscoride era detto Pedacius: "Scriptor hic, ut et Galenus testificatur, Anazarbensis est. Incidi tamen aliquando in eos libros, qui Pedacii simul et Anazarbei nomen in titulo praeferrent. Omnibus autem, qui ante illum multi ea de re scripserunt, accuratione atque utilitate antecellere videri studet." –  È proprio vero ciò che si scrive a proposito dei suoi 639 volumi pubblicati, che cioè si tratta di un'opera acritica: "Benché spesso acritica, la monumentale opera di Migne resta la fondamentale fonte patristica."

Quasi inutile ripetere che ulteriori fonti biografiche circa Dioscoride che mi sono preso la briga di spulciare tacciono tutte quante su come mai Dioscoride si chiamasse anche Pedanio. Il motivo è semplice e corrisponde al motivo per cui Galeno, anatolico quanto Dioscoride, a un certo punto si chiamò anche Claudio.

È meglio andare per ordine. L'edizione di Dioscoride del 1829 edita a Lipsia è di Kurt Sprengel e reca il titolo Pedanii Dioscoridis Anazarbei De materia medica libri quinque. Quindi si tratta di un'edizione che anticipa di 80 anni quella di Max Wellmann. La prefazione di apre con De nomine auctoris, dove Sprengel puntualizza che gli antichi lo chiamavano sia Dioskorídës che Dioskourídës. Poi Sprengel passa a Pedánios, che è corretto, diversamente da Pedákios come viene riportato nelle varie edizioni, ed è corretto in quanto, come asserisce Peter Lambeck nel II libro del suo Commentariorum de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi, per parecchi Greci che si trasferivano a Roma, o che vi percepivano uno stipendio, oppure che entravano a far parte del popolo romano, togato per eccellenza, era prassi attribuirsi un soprannome romano. L'esempio che viene citato è quello di Galeno, che assunse il soprannome di Claudio. Ma prima di Galeno fu proprio Dioscoride ad attribuirsi il soprannome della gens Pedania.

Dioscoride servì nell'esercito romano sotto Claudio e Nerone ed è considerato il fondatore dell'erboristeria farmaceutica per aver descritto nell'opera De materia medica le proprietà medicinali di circa 600 specie vegetali allora note, oltre che di bevande, minerali e altre sostanze, nonché di animali, insetti compresi. L'opera, che costituì la principale fonte per gli studi botanico-farmacologici fino in epoca moderna, fu più volte riprodotta in lingua araba e latina. A Dioscoride sono stati dedicati la famiglia delle Dioscoreaceae e il genere Dioscorea .

Dante collocò Dioscoride nel primo cerchio dell'inferno, nel limbo, una selva di spiriti sospirosi che non peccarono, anzi, hanno meriti di virtù e tuttavia sono perduti perché non furono battezzati. Inferno IV 139-141: e vidi il buono accoglitor del quale, | Dioscoride dico; e vidi Orfeo, | Tullio e Lino e Seneca morale; [...].

Anazarba – in greco Anázarbos: antica città dell'Asia Minore, nella Cilicia, fondata verso il sec. I aC e le cui rovine si trovano 50 km a NE della città turca di Adana. Fiorente centro in epoca bizantina col nome di Giustinianopoli, fu nei sec. VII e VIII saccheggiata più volte e infine occupata dagli Arabi, dai quali era chiamata Ain Zarba. Gli Armeni, che se ne impadronirono all'inizio del sec. XII, la elevarono per un breve periodo al rango di capitale dello Stato di Cilicia. Dei monumenti romani restano l'anfiteatro, il teatro, lo stadio, le mura con un arco trionfale a tre fornici, un acquedotto. Di età bizantina restano alcune chiese (chiesa degli Apostoli).

Dioscoride Pedanio

nato ad Anazarba - Turchia del Sud

attivo attorno al 60 dC

medico e farmacologo

by Vivian Nutton - 1985
Wellcome Institute UK

Dioscoride è considerato il più importante scrittore di materia medica dell'antichità. Il suo trattato su questo argomento, rimasto fondamentale in molte lingue e paesi per almeno milleottocento anni, è stato modificato, illustrato, abbreviato, ma la sua accuratezza fu sempre altamente apprezzata.

Si sa molto poco sulla vita di Dioscoride. Sembra che egli abbia studiato medicina e farmacologia a Tarso, il capoluogo di provincia vicino al suo paese, dove è possibile rintracciare la presenza di una tradizione di scritti sui medicinali, che precedette di circa un secolo l'attività di Dioscoride e che continuò per oltre un secolo dopo la sua morte.

Fu amico di senatori romani e di esponenti dell'intellighenzia locale, e potrebbe essere diventato cittadino romano in premio dei suoi servigi militari. Dove egli abbia svolto tali servigi e se, come medico, egli abbia preso parte effettivamente ad azioni militari, è del tutto incerto. I suoi riferimenti a luoghi visitati suggeriscono fortemente che egli fosse di guarnigione in qualche punto della frontiera orientale e che la sua permanenza in servizio non fu forse lunga. Certamente, volendo sostenere la tesi di una lunga carriera militare e di viaggi attraverso l'Impero Romano dietro un vessillo legionario, non si può fare a meno di giungere alla sfavorevole conclusione che Dioscoride trasse ben pochi vantaggi dai suoi viaggi per la sua conoscenza di medicina e erbe.

La data delta sua morte, come quella della sua nascita, è sconosciuta. Ciononostante, i suoi riferimenti a eventi e personaggi contemporanei aiutano a datare la composizione del suo De materia medica con un limite di precisione di circa dieci anni.

Tre trattati gli vengono attribuiti. Un opuscolo Sui semplici pubblicato per la prima volta nel 1565, è di solito considerato spurio, nonostante Max Wellmann si sia sforzato di dimostrarne l'autenticità. Altrettanto controversa è l'autenticità dei libri Sui veleni, aggiunti a vari manoscritti greci. Questi opuscoli sono attribuiti a Dioscoride con molta maggior sicurezza di tutti gli altri piccoli frammenti sui medicinali o sui pesi e sulle misure, conservati nei manoscritti medievali.

La sua opera più importante è il De materia medica, in cinque libri, divisi in 827 capitoli. Il primo libro tratta di aromi, oli, unguenti, cordiali e alberi; il secondo libro di animali, cereali, erbe coltivabili e selvatiche; il terzo di radici, succhi, erbe e semi; il quarto si occupa ancora di radici e erbe; con i suoi 192 capitoli è il libro più lungo. Il quinto libro, infine, si occupa di vini e minerali. Questi volumi, in cui vengono descritte approssimativamente 625 specie di piante, 85 specie di animali e 50 di minerali, costituiscono la più completa rassegna descrittiva di semplici medicinali dell'antichità classica.

La sua conoscenza di medicinali non vegetali è meno estesa e convincente di quella che egli aveva delle erbe. Le informazioni di Dioscoride sono raramente esaustive, spesso di seconda o terza mano, e dipendono talvolta da credenze folcloristiche, piuttosto che dall'osservazione diretta.

Inoltre. egli non riuscì a rendersi conto dell'alternarsi dei modi generativi nelle crittogamiche o dei differenti meccanismi di riproduzione sessuale nelle piante. Sarebbe tuttavia sbagliato criticarlo per questo.

Ciò che egli ha fornito è una dettagliata e spesso estremamente accurata descrizione di piante, basata soprattutto sulla loro morfologia esterna. Il suo obiettivo era quello di fornire al medico o al farmacista la possibilità di scegliere la pianta giusta per il suo scopo. Le sue classificazioni seguono un criterio farmacologico e utilitaristico, e non semplicemente alfabetico. Egli annota i vari nomi delle piante, il loro impiego nelle cure, i loro modi di conservazione e possibile adulterazione e descrive in dettagli minuti le loro radici e foglie.

Dioscoride era inoltre solito preoccuparsi di fare riferimento all'habitat delle piante, ai periodi di fioritura, così come alla misura, alla forma e al colore di ogni fiore, seme o frutto. Secondo una pratica più antica, queste descrizioni letterarie erano corredate da illustrazioni delle piante medesime. In tal modo il medico era in grado di riconoscere le sue piante e di selezionare per i suoi scopi solo quelle di qualità migliore.

La riscoperta delle opere di Dioscoride durante il Rinascimento, particolarmente per merito degli italiani Ermolao Barbaro e Pierandrea Mattioli, portò a un notevole riacutizzarsi dell'interesse per la botanica e allo sviluppo di erbari e giardini botanici universitari.

Pedanius Dioscorides

De Materia Medica
Tess Anne Osbaldeston, translator and editor
April 26, 2004

Pedanios Dioskourides, also known as Pedanius Dioscorides, probably lived between 40CE and 90CE in the time of the Roman Emperors Nero and Vespasian. A Cilician Greek, he was born in Anazarbos (now Nazarba, near Tarsus) within the Roman Empire of the day, and today in Turkey. A learned physician, he practiced medicine as an army doctor, and saw service with the Roman legions in Greece, Italy, Asia Minor, and Provence in modern-day France.

His military years provided opportunities for studying diseases, collecting and identifying medicinal plants, and discovering other healing materials. Dioscorides compiled his medical treatise at the suggestion of a fellow-physician, Areius. He had access to the library at Alexandria, and may have studied at Tarsus. He recorded many plants previously unknown to Greek and Roman physicians, and made an effort to describe not only their qualities and remedial effects, but also something of their botany and living morphology including roots, foliage, and sometimes flowers.

Although not as naive as many other herbal writers, he showed little scientific interest concentrating rather on the practical uses of plants and sometimes giving only brief descriptions, perhaps from other primary sources. In all he described some one thousand remedies using approximately six hundred plants and plant products.

Dioscorides probably wrote his great herbal in about 64CE (according to Pritzel 77CE). These medicinal and alimentary plants number about a hundred more than all those (medicinal or not) known to the great botanist Theophrastus, and described in his fine botanical work, the Enquiry into Plants, some two centuries before.

Theophrastus of Eresos (a village on the Greek island of Lesbos) lived from about 372 to 286BCE. A close friend of Aristotle, he is the earliest known systematic botanical author in Europe. He discussed about 500 plants (or plant products) familiar at that time, including almost forty plants still used in medicine today, and mentioned plants from all regions of the known world, including India, Egypt and Cyrenaica, possibly discovered during the military campaigns of Alexander the Great. Theophrastus drew on the work of Diokles of Karystos (about 300BCE), a fellow-student of Aristotle.

Dioscorides added extensively to the range of plants used in medicine. He was a contemporary of the Roman Pliny, whose monumental work on natural history (the history of the world) mentions about 1000 different plants.

There is no evidence that they met, and Pliny may not have read Dioscorides' work. Gaius Plinius Secundus, known as Pliny the Elder, was born in Como in 23CE and died in the eruption of Mount Vesuvius in 79CE. A busy Roman official, Pliny was also a prolific author, though only the thirty-seven books of his Historia Naturalis survived. He transcribed the knowledge of his time in accurate and precise detail, uncritically adding myths, legends, superstitions, personal observations, and opinions in a discursive, entertaining, encyclopaedic work. Pliny is less systematic and more credulous than Dioscorides. Pliny's remedies while no more effective are generally more unpleasant.

For almost two millennia Dioscorides was regarded as the ultimate authority on plants and medicine. The plant descriptions in his De Materia Medica were often adequate for identification, including methods of preparation, medicinal uses, and dosages.

There is also a minor work bearing the name of Dioscorides, Perì hapløn pharmákøn, but this may not be authentic. Recognising the usefulness of his medical botany and phytography, his readers probably overestimated their worth. In truth, Theophrastus was the scientific botanist; Pliny produced the systematic encyclopaedia of knowledge; and Dioscorides was merely a medical botanist. However Dioscorides achieved overwhelming commendation and approval because his writings addressed the many ills of mankind most usefully.

Pedanius Dioscorides the Greek wrote this De Materia Medica approximately two thousand years ago. In 1655 John Goodyer made an English translation from an early printed version, and in 1933 Robert T Gunther edited this, Hafner Publishing Co, London & New York, printing it. It was probably not corrected against the Greek. This popular version of Goodyer's Dioscorides makes no such attempt either. We eagerly await the comprehensive and scholarly "Dioscorides" from Professor Alain Touwaide based on many original manuscripts.

The main purpose of this new edition is to offer a more accessible text to today's readers. The reader may wish to refer to Greek, Latin, or other versions: including these lies beyond the scope of the present effort. I have not attempted to make the text uniform, and though I have included some sixteenth-century and Linnaean names, many do not indicate current usage. While it is not my intention to contribute to the controversy surrounding the true identities of the plants, minerals, and creatures in De Materia Medica, where available I have suggested possible plant names, with an indication of other plants using the same name today. I will appreciate any pertinent information that has been overlooked, and wish to acknowledge the errors that remain. Thus the proposed herbs provide some possibilities, and the reader is invited to place a personal interpretation upon the material. The illustrations suggest further options in some instances.

This is not a primary resource for medical treatment. Readers should in the first instance obtain medical advice from qualified, registered health professionals. Many treatments considered acceptable two thousand years ago are useless or harmful. This particularly applies to the abortifacients mentioned in the manuscript, most of which contain toxins considered dangerous in the required doses. With all this in mind, I believe the information in this document is still of interest and benefit to us, after all this time.

Tess Anne Osbaldeston, translator and editor
Johannesburg, South Africa,
June 2000
www.cancerlynx.com/dioscorides.html

Dioscoreaceae

Famiglia di piante Monocotiledoni dell'ordine Liliiflore che comprende nove generi – tra cui il Dioscorea – famiglia alla quale appartengono ca. 650 specie di piante rampicanti erbacee o arbustive localizzate principalmente in regioni tropicali. Da questi 9 generi si distinguono pochi rappresentanti della flora europea con il Tamus communis.

Sono tutte piante con radici rizonatose o tuberose, foglie alterne, spesso cordate o sagittate, e nervature reticolate. I fiori, piccoli e generalmente dioici, sono riuniti in spighe o racemi. Il frutto è una capsula o una bacca. Il loro aspetto è molto insolito quindi spesso sono coltivate anche come piante ornamentali, solo alcune per i tuberi commestibili.

Dioscorea

Dioscorea balcanica

Dioscorea is a genus of over 600 species of flowering plants in the family Dioscoreaceae, native throughout the tropical and warm temperate regions of the world. The vast majority of the species are tropical, with only a few species extending into temperate climates.

They are tuberous herbaceous perennial lianas, growing to 2-12 m or more tall. The leaves are spirally arranged, mostly broad heart-shaped. The flowers are individually inconspicuous, greenish-yellow, with six petals; they are mostly dioecious, with separate male and female plants, though a few species are monoecious, with male and female flowers on the same plant. The fruit is a capsule in most species, a soft berry in a few species.

Several species, known as yams, are important agricultural crops in tropical regions, grown for their large tubers. Many of these are toxic when fresh, but can be detoxified and eaten, and are particularly important in parts of Africa, Asia, and Oceania.

Tamus communis

Il Tamaro (Tamus communis L., 1753) è una pianta erbacea perenne rampicante monocotiledone della famiglia delle Dioscoreaceae. Il portamento della pianta e gli apparenti grappoli in cui si riuniscono le bacche ricordano la vite, mentre i giovani getti ricordano i turioni degli asparagi. Per questi motivi i vari nomi in vernacolo, in genere, fanno riferimento alla vite o all'asparago.

La pianta è provvista di una radice tuberosa da cui sono emessi, ogni primavera, fusti erbacei eretti e flessuosi, che si arrampicano utilizzando come sostegni i fusti degli alberi e arbusti vicini. I giovani fusti sono molto simili ai turioni degli asparagi, da cui si differenziano per l'apice incurvato verso il basso. Lo sviluppo della pianta può essere rilevante, raggiungendo in condizioni favorevoli anche i 4 metri di lunghezza.

Le foglie sono alterne e glabre, lucenti da giovani, lungamente picciolate, con picciolo di 4-10 cm. La lamina è cuoriforme ed espansa, lunga 5-10 cm e larga 4-8 cm. L'apice è acuminato e la base ha un seno peziolare conformato a U, più o meno profondo e aperto. Le nervature principali divergono dalla base e tendono a convergere in corrispondenza dell'apice.

I fiori sono unisessuali, con entrambi i sessi portati sulla pianta in infiorescenze ascellari separate (pianta monoica). I fiori maschili sono riuniti in lunghi racemi (fino a 15 cm), hanno un perianzio regolare suddiviso in sei lobi profondi. I fiori femminili sono riuniti in brevi racemi (circa 1 cm) di 3-5 elementi e hanno un perianzio tubulare suddiviso in sei lobi poco profondi. Fiorisce da aprile a maggio. Il frutto è una bacca globosa di colore rosso brillante, contenente 6 piccoli semi. In piena fruttificazione le bacche si presentano numerose, riunite in apparenti grappoli.

Il tamaro è una specie spontanea diffusa in tutta l'Europa, nel Nordafrica e nell'Asia occidentale. Pianta tipica del sottobosco, vegeta dal mare alla regione montana, in genere in boschi densi e macchie fitte, ma può ritrovarsi anche nelle radure e nelle siepi. I giovani getti del tamaro possono essere consumati come i turioni degli asparagi, ma l'interesse più rilevante è offerto dalle proprietà officinali della radice.  Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici.

Il tamaro è da considerarsi pianta velenosa per la presenza di alcuni principi attivi tossici, soprattutto nelle bacche e nella radice. Fra i principi attivi si segnalano l'ossalato di calcio e di potassio, le saponine, i tannini e una sostanza simile all'istamina.

La droga vera e propria è la radice, usata in passato nella farmacopea popolare per la cura dei geloni e dei reumatismi e come lassativo. Ha proprietà emetiche, rubefacenti, purgative. Per le proprietà rubefacenti e stimolanti può essere utile anche come rinforzante del cuoio capelluto. Le caratteristiche dei principi attivi sconsigliano fortemente l'uso non controllato anche per via esterna, in quanto può comportare effetti collaterali di una certa gravità (reazioni allergiche, vomito, diarrea).

Black Bryony

Black Bryony (Tamus communis, syn. Dioscorea communis (L.) Caddick & Wilkin) is a flowering plant, in the yam family Dioscoreaceae, native to Europe, northwest Africa and western Asia. It is a climbing herbaceous plant growing to 2-4 m tall, with twining stems. The leaves are spirally arranged, heart-shaped, up to 10 cm long and 8 cm broad, with a petiole up to 5 cm long. It is dioecious, with separate male and female plants.

The flowers are individually inconspicuous, greenish-yellow, 3-6 mm diameter, with six petals; the male flowers produced in slender 5-10 cm racemes, the female flowers in shorter clusters. The fruit is a bright red berry, 1 cm diameter. Its fairly large tuber is, like the rest of the plant, poisonous.

Dictionnaire historique
de la médecine ancienne et moderne

par Nicolas François Joseph Eloy
Mons – 1778




Pedanii Dioscoridis Anazarbei
De materia medica libri quinque

Kurt Polykarp Joachim Sprengel - 1829