Vol. 1° -  VIII.8.

Una lacuna nella storiografia

Col declino dell’Impero Romano l’allevamento del pollo in Europa ebbe via via importanza minore, sino a ridurre il Gallus domesticus a puro e semplice spazzino di fattoria, riguadagnando gli antichi splendori solo agli inizi del XIX secolo. Anche il pollo ebbe il suo Medio Evo, caratterizzato da uno scarso interesse per il suo passato storico, per cui si verificò un lungo intervallo muto.

Una notizia sparuta: Carlo Magno ordinò che in ognuno dei suoi dominî venissero allevati non meno di 100 polli e 30 oche.

Unica voce nel deserto della storiografia avicola è Il Milione che narra i viaggi di Marco Polo e la sua lunga dimora in Cina tra il 1272 e il 1295. L’autore concede largo spazio alla svariatissima fauna asiatica in seno alla quale un posto particolare occupano gli uccelli: francolini, quaglie, pernici, fagiani, cigni, pavoni, falchi, pappagalli, aquile, astori.

Il Milione è l’abbozzo di un trattato di ornitologia. Dove Marco non trova uccelli la loro assenza è notata con palese rammarico. Non poteva non notare i polli:

nel reame di Fugiu “E havvi belle donne, e havvi galline che non hanno penne, ma peli come gatte, e tutte nere, e fanno uova come le nostre, e sono molto buone da mangiare.” (cxxxiv, Del reame di Fugiu)

nel reame di Coilu “[...] e sì v’ha paoni e galline più belli e più grandi ch’e’ nostri.” (clvii, Del reame di Coilu)

nel regno del re Abasce “Nasconvi molte giraffe e molte altre bestie, e hanno molte bellissime galline, e sì hanno istrùzzoli grandi come asini, o poco meno;[...]” (clxx, D'una novella del re d'Abasce)

(Il Milione, versione toscana della Crusca)

Scantoniamo un attimo dall’iter cronologico in quanto è questo il momento di vedere un passo di pagina 193 del II volume dell’Ornitologia di Aldrovandi.

Non enim omnes pennis teguntur, sed nonnullae, licet rarae, ceu lanis vestiuntur, unde lanigerae dictae sunt, nonnullae pilis, quales in civitate Quelim in regno Mangi reperiuntur, pilis more felis nigris vestitae, nostrat<i>um more parientes, et bonam edentibus carnem praestantes. Lanigeras Fuch urbs maxima versus Orientem, ut Odoricus ex foro Iulii testatur, producit, tanti candoris ut vix nivi cedant.

Infatti, non tutte le galline sono ricoperte di penne, ma alcune, sebbene rare, sono rivestite come di lana, per cui son dette lanose; alcune sono ricoperte di peli, come quelle che si possono trovare nella città di Quelim - Quenlinfu, Kien-ning Fu - nel regno di Mangi, rivestite di peli neri come quelli di un gatto, le quali depongono come le nostrane, e danno una carne buona da mangiare. La grandissima città di Fuch - Fuzhou - in Oriente produce galline lanose di un tale candore, come testimonia il friulano Odorico - da Villanova di Pordenone, che sarebbero appena da meno della neve.

Reame di Coilu: corrisponde all’odierna Quilon nello stato del Kerala, sulla costa del Malabar, regione costiera dell'India sud-occidentale le cui città principali sono Calicut, Cochin e Trivandrum.

Quelim: Marco Polo chiama Quenlinfu questa città, che apparteneva al reame di Fugiu o Fuch. Si tratta dell’odierna Kien-ning-fu, sul fiume Min Jiang.

Reame di Fugiu: la provincia cinese del Fukien o Fujian - la circoscrizione della prosperità stabilita - ricevette questo nome sotto la dinastia dei Sung, in sostituzione di altre denominazioni, una della quali suonava la contrada dei cinque serpenti. Il reame di Fugiu apparteneva al regno di Mangi.

Terra dei Mangi o reame di Mangi - Man-tse: questo nome significa barbari del mezzogiorno e indica la parte meridionale della Cina; la capitale era Quinsai nella toponomastica di Marco Polo, ma in realtà si chiamava Wen-chow.

Abasce è l’Abissinia, l’Habesch degli Arabi, che i Greci chiamavano Aithiopìa. I Greci designavano genericamente con tale nome ogni paese dell’Africa o dell’Asia abitato da negri. Infatti, l’etimologia di Etiope rende ragione di questo modo d’intendere: aíthø = brucio e ópsis = volto, per cui gli Etiopi erano quelli dal volto bruciacchiato.

Verso la fine del 1300 il bolognese Pier de’ Crescenzi, autore di un complesso trattato di agricoltura - Ruralium commodorum libri - dedicò alcuni capitoli agli uccelli domestici ma, a parere di Ghigi, egli non aggiunse nulla di personale, limitandosi a riferire quanto già contenuto nelle opere dei trattatisti latini.

Sin dal 1749 Réaumur, in una memoria intitolata Esquisse des amusements philosophiques que les Oiseaux d’une basse-cour ont à offrir, segnala l’esistenza di molte specie di polli. Numerose razze attuali sono di creazione relativamente recente e risalgono al XIX secolo.

Sia per campanilismo, ma soprattutto per il valore scientifico universalmente riconosciuto, è d’obbligo fare tappa e dedicare un po’ di spazio a uno dei maggiori studiosi e naturalisti italiani, Ulisse Aldrovandi.

 sommario 

 avanti