Lessico
Artemide
dell'Artemísion di Efeso - età ellenistica
Napoli, Museo Archeologico Nazionale
La dea ha una torre sul capo, col nimbo ornato di grifi, una larga collana sotto la quale si dispongono numerose file di mammelle (ora meglio interpretate come testicoli taurini), un chitone che si stringe verso il fondo decorato a rilievi raffiguranti fiori, frutta, animali reali e fantastici.
Presso la città di Efeso, antica città della Ionia, situata alla foce del fiume Caistro, si trovava il santuario di Artemide (Artemísion), uno dei più famosi del mondo antico e annoverato fra le sette meraviglie del mondo, più volte ricostruito. L'ultimo rifacimento, dopo l'incendio del 356 aC, fu promosso da Alessandro Magno (dal 334 al 250 aC): l'edificio, alla cui decorazione aveva contribuito anche Scopa, conteneva, fra l'altro, opere di Fidia e di Policleto.
L’etimologia ancora oscura del nome di Artemide, la cui esistenza su di una tavoletta in lineare B resta ancora da verificare, fa presumere l’alta antichità del suo culto riconducibile, probabilmente, all’età minoica. In età greca arcaica è rappresentata, secondo modelli di origine persiana, come Pótnia thërôn, Signora degli animali. In Omero è identificabile nella divinità maestra nel tiro con l’arco e nella caccia, designata come colei che domina gli esseri viventi e, al tempo stesso, che può decretarne la morte (Iliade, XXIV, 606). La figura di Artemide acquisisce, in età arcaica avanzata e classica, un’identità più definita e complessa: inni e poemi, come pure le rappresentazioni iconografiche, ne esaltano la giovane età nei suoi tratti più giocosi e, allo stesso tempo, femminili. “Sui monti se ne va Artemide saettatrice, lieta fra i cinghiali e cerve veloci e con lei giocano le ninfe dei campi” recita un passo dell’Odissea. (www.archeoguida.it)
Artemide, in greco Ártemis, era una delle cosiddette divinità di primo ordine. Figlia di Zeus e di Leto, secondo una leggenda nacque prima di Apollo, nello stesso parto, e aiutò la madre a metterlo al mondo. Vedendo le sofferenze di Leto nel partorire, decise di fare voto di castità e chiese a Zeus di essere protettrice dei parti.
Era divinità celeste, in quanto dea della luna; divinità terrestre, come dea della caccia e protettrice delle mandrie; e dea degli Inferi, essendo identificata a volte con Proserpina, a volte con Ecate (Diva triformis, la chiama Ovidio). Come dea celeste s’innamorò di un pastore chiamato Endimione.
Come dea della terra cacciava accompagnata da sessanta ninfe, figlie di Oceano, e da altre venti fanciulle, tutte obbligate da giuramento alla verginità. Era implacabile con chi trasgrediva il giuramento, come ben seppe Callisto, amata da Zeus. Non ammetteva di essere spiata mentre si bagnava nuda con le sue compagne. Quando Atteone ci provò, venne da lei trasformato in cervo e sbranato dai suoi stessi cani.
Atteone
fa il voyeur - 1556/59
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore ca. 1490 - Venezia 1576)
Si dimostrò crudele con tutte le fanciulle che si dicevano più belle di lei, e con il suo arco e le sue frecce portava la morte a chi la contrariava, come accadde ad esempio nelle vicende di Chione e Niobe.
In Tauride le si sacrificavano vittime umane. In Grecia sorgevano numerosi templi in suo onore, le si dedicavano feste, e a Efeso sorgeva un suo imponente santuario in marmo di Paro, con più di cento colonne. Si diceva che fosse stato fondato dalle Amazzoni e che gli architetti avessero impiegato 120 anni per completarlo. Il bellissimo edificio fu bruciato da Erostrato, cittadino di Efeso: non avendo nessuna qualità particolare, voleva tuttavia fare qualcosa per essere ricordato dai posteri. A Roma Artemide veniva adorata come Diana, e poiché era protettrice delle strade e dei crocicchi aveva anche il nome di Trivia.
Madre
Natura o Diana di Efeso
Tivoli - Villa d'Este
dello scultore fiammingo Giglio della Vellita
alias Egidio della Riviera
alias Egidio del Ruscello - Elio Corti
24-12-2007
alias Gillis Van den Vliete (Malines o Mechelen 1567 -
Roma 1602)
L'identikit
anagrafico dell'artista fiammingo
è merito di Enrico Borlandelli
Biblioteca Civica - Valenza (AL)
Vliet in olandese significa ruscello, che in tedesco suona Bach. La sontuosa villa di Tivoli, nei pressi di Roma, venne edificata intorno al 1550 su progetto di Pirro Ligorio per il cardinale Ippolito II d'Este (Ferrara 1509 - Tivoli 1572) figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia.
Vliete,
Gillis van den
Egidio
Fiammingho - Egidio da Malines - Egidio della Riviera - Gilles de Rivière
https://www.artnet.com
(b ? Mechelen; d Rome, bur 4 Sept 1602). Flemish sculptor, active in Italy. He is first recorded in Rome in 1567, when he was said to be a native of Mechelen. He was involved in the restoration of antique sculpture and collaborated on a number of monumental works with Nicolas Mostaert (d 1601–4), a sculptor from Arras. His style is typically Northern Renaissance in its heavily pleated draperies, uniform faces and interest in detail. It is best exemplified in the marble reliefs for the tomb of Charles Frederick, Duke of Cleves (with Mostaert, 1576–9) in the German church of S. Maria dell’Anima, Rome; though overloaded, these compositions gain depth from a decentralized perspective. In the same church is the funerary monument of Cardinal Andreas Habsburg (marble, c. 1600), also a collaborative work with Mostaert.
La
Fontana della Dea Natura
www.tibursuperbum.it
La Fontana della Dea Natura, o Fontana dell'Abbondanza, si trova vicino al vecchio ingresso della Villa situato su Via del Colle e per l'esattezza sul muro di cinta che unisce detto ingresso con il versante meridionale della residenza. È una copia in travertino della celebre statua di Diana di Efeso. L'opera fu commissionata da Ippolito II allo scultore fiammingo Gillis Van den Vliete affinché ornasse la nicchia centrale della Fontana della Natura, poi ribattezzata dell'Organo per volere del nuovo padrone ed erede della dimora, il Cardinale Alessandro d'Este.
Questi nel 1611 fece rimuovere la statua per due motivi: per collocare al suo posto un tempietto contenente un organo idraulico e per non contrastare i dettami della Controriforma che condannava fra l'altro simili opere paganeggianti e classicheggianti, le quali invece nel Rinascimento avevano avuto un enorme seguito di cultori.
A questo proposito occorre ricordare che Ippolito II, spinto anche dal suo amore per l'archeologia, si era dato molto da fare per mettere le mani su statue e reperti antichi e aveva letteralmente saccheggiato la preziosità artistica di Villa Adriana (la più grandiosa villa romana, costituita da un complesso di edifici che Adriano fece costruire dal 126 al 135 su 56 ettari alla sinistra dell'Aniene nella piana dominata da Tivoli), spinto e aiutato in questa sua ricerca dal progettista della Villa, Pirro Ligorio.
Insieme alle statue così recuperate, Ippolito II ne fece scolpire altre da illustri artisti, come il fiammingo prima citato, per ornare gli angoli della sua casa e del suo giardino seguendo la collocazione simmetrica e classicheggiante progettata dal Ligorio. Una volta rimosse però da Alessandro d'Este, di molte statue si sono perse le tracce.
L'etimologia del nome Diana è abbastanza discussa nonché aleatoria. Diana in latino suona Diana, da un precedente Diviana, probabilmente col significato di «appartenente a Divia (la dea che illumina)»; secondo altri il nome proviene da dies, giorno. La luce cui si riferisce il nome sarebbe quella che filtra dalle fronde degli alberi nelle radure boschive. Vi auguro buone e veritiere ricerche in merito!
Dea latina della caccia, corrispondente all'Artemide dei Greci. Il suo santuario più famoso, di epoca remotissima, sorgeva alle falde del Monte Albano (oggi monte Cavo). Dalla vicina città di Ariccia era detta Aricina, e dal bosco sacro (nemus), su cui sorgeva il santuario, era detta Nemorensis.
Nel culto locale le si associava un dio-eroe, Virbio, quasi sconosciuto. Addetto al culto era un sacerdote chiamato “re del bosco” (rex nemorensis) che accedeva alla carica dopo avere sfidato ritualmente e ucciso in duello il titolare. Diana fu una delle principali divinità delle città della Lega Latina che si radunavano in quella specie di “terra di nessuno” che era il suo santuario aricino.
Quando Roma stabilì la sua egemonia nel Lazio, si annesse il culto di Diana erigendo alla dea un tempio sull'Aventino. Altri templi vennero eretti nell'agro campano-laziale. Nel culto privato, a Roma Diana era venerata dalle donne, quale protettrice dei parti.
Le prestavano un culto particolare anche gli schiavi per la connessione tra la loro condizione servile (come negazione di “cittadinanza”, e dunque come posizione extra-sociale) e il bosco “selvaggio” (contrapposto alla città “civile”). Altre equivalenze corrispondenti alla sfera d'azione della dea erano la sua lunarità (era detta Triforme con allusione alle fasi lunari) contrapposta alla solarità, la sua protezione delle arti magiche, la sua connessione con gli Inferi.
Caccia
di Diana - 1616/17
Domenichino alias Domenico Zampieri (Bologna 1581 - Napoli 1641)
Roma - Galleria Borghese