Lessico
Ambrosia
Nella mitologia l'ambrosia (ambrosía in greco) è a volte il cibo, a volte la bevanda degli dei. La parola deriva dal greco am- (non) e brotós (mortale) ovvero il cibo o la bevanda degli immortali. Era il cibo degli dei, che aveva il potere di donare giovinezza e immortalità ed era profumato e più dolce del miele. Cresceva nel giardino delle Esperidi ed era portato agli dei da colombe.
Teti unse l'infante Achille nell'ambrosia e lo immerse nel fuoco per renderlo immortale – un' usanza tipica dei Fenici - ma Peleo, atterrito da quello spettacolo, la fermò. Nell'Iliade, Apollo lavò il sangue rappreso dal cadavere di Sarpedonte e lo unse con l'ambrosia, preparandolo così al suo ritorno nella nativa Licia.
Lo studioso classicista Arthur Woollgar Verrall, tuttavia, negò l'evidenza che il termine greco ambrósios dovesse necessariamente significare immortale, e preferì tradurlo con il significato di fragrante, significato più appropriato. Se così fosse, questa parola deriverebbe dal termine semitico mbr, ambra, che quando viene bruciata produce una resina profumata e alla quale le popolazioni d'Oriente attribuivano poteri miracolosi.
In Europa, l'ambra color miele, era già un dono tombale nell'era del Neolitico ed era ancora indossata nel settimo secolo avanti Cristo come talismano da sacerdoti della Frisia, sebbene Sant'Eligio metta in guardia dicendo che "Nessuna donna dovrebbe avere la presunzione di far ciondolare ambra dal proprio collo".
Wilhelm H. Roscher pensa che sia nettare che ambrosia identificassero tipi di miele, e in questo caso il loro potere di conferire immortalità sarebbe da attribuire al supposto potere curativo e purificante del miele stesso, il quale è infatti asettico, e anche perché l'idromele, miele fermentato in acqua, precedette il vino come enteogeno, ovvero sostanza psicoattiva usata in un contesto religioso-sciamanico nel mondo dell'Egeo antico: la grande divinità venerata a Creta su alcuni resti è apparsa con il gusto di un'ape: si comparino Merope e Melissa. Si veda anche Icore.
Una delle empietà di Tantalo, secondo il poeta Pindaro, è l'aver offerto ai propri ospiti l'ambrosia degli Immortali, un furto simile a quello commesso da Prometeo, fa notare Karl Kerenyi in Heroes of Greeks. Circe accenna a Odisseo che un branco di rondini portò l'ambrosia all'Olimpo.
Come conseguenza, la parola ambrosia (al caso neutro plurale nel greco antico), fu usata per chiamare certe festività in onore di Dioniso, probabilmente per la predominanza di banchetti in relazione a queste. L'ambrosia è collegata all'amrita della cultura Hindu, ed è una bevanda che conferisce immortalità agli dei. Molti studiosi moderni, tra cui Danny Staples, mettono in relazione l'ambrosia al fungo allucinogeno Amanita muscaria.
Ambrosia
Ambrosia artemisiifolia
Ambrosia è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Il nome deriva dalla parola greca che indicava il cibo degli dèi. Sono considerate piante infestanti e ne esistono più di trenta specie in tutto il mondo. Hanno un'apparenza molto ordinaria e pur essendo molto diffuse passano frequentemente inosservate. Quasi nessun erbivoro le cerca e non ospitano molti insetti. Molte si sono adattate a climi aridi del deserto. Ambrosia dumosa è una delle piante perenni più adattate al clima arido del Nord America. Nel deserto di Sonora se ne contano circa 10 specie.
Sono piante annuali o perenni, cespugli o cespuglietti con gambi eretti e ispidi che crescono in folti gruppi fino a un'altezza di 75-90 cm. I gambi hanno diramazioni alla base. La radice ha un asse che sprofonda verticalmente nel terreno, oppure forma rizomi intricati.
Le foglie, di colore dal grigiastro al verde argenteo, sono bipinnatifide, profondamente lobate e con piccioli alati. In Ambrosia coronopifolia le foglie sono semplici. Nella base le foglie sono opposte, ma diventano alternate man mano che si sale il gambo.
L'ambrosia è una pianta monoica, cioè produce fiori maschili e femminili separati ma nella stessa pianta. I numerosi minuscoli fiori maschili verde-giallastro, a forma di disco, hanno un diametro di circa 3 mm. Crescono in punte terminali, sottesi da brattee congiunte. Il fiore femminile, verde-biancastro, è posizionato senza troppa evidenza al di sotto di quelli maschili, nell'attaccatura dei piccioli delle foglie. I frutti o i semi non dispongono di un pappo.
Dopo l'impollinazione, il fiore femmina si sviluppa in un ovoide spinoso, con 9-18 spine erette. Contiene un seme con forma a punta di freccia, bruno quando maturo e più piccolo di un grano di frumento. Questo viene diffuso aggrappandosi al pelo o alle piume di animali che passano. I semi sono un alimento importante d'inverno per molte specie di uccelli.
Le piante appartenenti a questo genere sono erbe infestanti che crescono in prati asciutti e soleggiati, lungo gli argini dei fiumi, sui margini delle strade e in genere nei terreni abbandonati. Sono diffuse nelle regioni temperate dell'emisfero boreale e del Sudamerica.
Si pensa che ogni pianta appartenente al genere Ambrosia sia in grado di produrre fino a un miliardo di grani di polline, che vengono trasportati dal vento in quanto l'impollinazione è anemogama. È fortemente allergenica, possiede il più allergenico di tutti i pollini, ed è la causa principale della rinite allergica. La pianta fiorisce nell'emisfero Nord da circa metà agosto sino all'arrivo di temperature più fredde. Di solito produce più polline nelle stagione umide.
Ambrosia artemisiifolia è la specie di questo genere più diffusa nel Nord America. Raggiunge l'altezza di un metro circa. Ambrosia trifida può raggiungere e superare i quattro metri. Le piante del genere Ambrosia sono di interesse nella questione del riscaldamento globale, dato che test hanno mostrato che concentrazioni più elevate di anidride carbonica incrementeranno notevolmente la produzione di polline. Nelle giornate secche e ventose il polline viaggia molti chilometri. Quando l'umidità supera il 70%, il polline tende a formare aggregati che più difficilmente si sollevano da terra.
Di frequente la vergadoro (Solidago) viene incolpata per le allergie, ma in realtà la sua unica colpa è di avere un fiore vistoso che sboccia circa durante lo stesso periodo. La vergadoro è innocente, dato che è entomofila, impollinata grazie agli insetti. Il suo polline è pesante e appiccicoso e non si può sollevare in aria.
Alcune regioni desertiche o in alta quota del Nord America solevano essere rifugi per chi soffriva di forti attacchi di allergia, che frequentavano durante la stagione dei pollini, ma l'aumento delle attività umane come le costruzioni, il disturbo dei suoli, l'irrigazione e il giardinaggio hanno incoraggiato le piante del genere Ambrosia a diffondersi anche in queste aree. Attualmente, negli Stati Uniti, nessuna area è esente da questo polline e trasferirsi può offrire solo un certo grado di sollievo.
Aneddoticamente viene riportato che alcuni mieli possano offrire sollievo per le allergie da polline di Ambrosia, cosa notevole perché le api domestiche non visitano i fiori di queste piante. Malgrado ciò, durante la diffusione del polline, questo "sporca" ogni superficie e anche le api, essendone elettrostaticamente cariche, ne accumulano un po'. Questo polline viene frequentemente identificato come componente di un miele crudo.
In Lombardia i problemi causati dall'Ambrosia artemisiifolia hanno particolare rilevanza sotto l’aspetto sanitario, data la notevole diffusione sul territorio cittadino e l’elevato numero di persone colpite da fenomeni allergici. Lo sfalcio è il metodo meccanico più utilizzato. Per limitare la diffusione dell’Ambrosia in Lombardia dal 1999 con un’ordinanza Regionale è stato imposto il taglio nel periodo della crescita nei seguenti periodi con multe fino a 500 € per chi non sfalcia i propri terreni.
- 1° sfalcio: terza decade di giugno; - 2° sfalcio: terza decade di luglio; - 3° sfalcio: seconda decade di agosto.
Per le caratteristiche del terreno e dei mezzi meccanici impiegati lo sfalcio non può essere condotto a meno di 10 cm dal suolo. Sul fusto rimasto l’Ambrosia però ricresce rapidamente in 8-10 giorni, dando vita ad una pianta più bassa, ma più ricca di fiori e quindi più fertile. Proprio per queste ragioni si stanno sperimentando tecniche complementari allo sfalcio, come la trinciatura, discatura, erpicatura, l'aratura, la fresatura, l’erpicatura, la pacciamatura, che sono più efficaci nel distruggere l’Ambrosia, ma anche più complesse da realizzare e in alcuni casi più costose.
La lotta chimica si avvale di diserbanti, di cui il più utilizzato è il Glifosate. Hanno il vantaggio di prevedere un solo intervento, che va applicato in maniera uniforme solo nel periodo della crescita della pianta e in assenza di piogge. La loro azione non è selettiva e il metodo può essere causa di inquinamento dei terreni e delle falde superficiali.
Il pirodiserbo è un metodo fisico, che sfrutta l’azione termica di una fiamma o dei raggi infrarossi per danneggiare la pianta: in questo modo l’Ambrosia non viene bruciata, ma “lessata”. Si usa per bonificare i margini delle strade, dei campi e delle siepi. Inadatto per vaste superfici.
Le sperimentazioni compiute da ASL e Provincia di Milano nel 2005 su alcuni terreni agricoli hanno mostrato che la discatura [aratura superficiale] anche con due soli interventi è risultata più efficace del taglio. La pacciamatura [copertura del terreno con foglie, residui di sfalci, corteccia di pino, paglia] in grado di fare ombra ai germogli inibisce la crescita dell’Ambrosia ma non è applicabile nei terreni agricoli, perché comporta un elevato fabbisogno pacciamante.
L’estirpazione consiste nello sradicare manualmente l’Ambrosia. È facilmente attuabile nella fase tardiva della crescita, prima della fioritura, quando la pianta è sufficientemente alta, facile da individuare e da afferrare e con poca o nessuna resistenza delle radici al suolo; in questa fase l’Ambrosia si sradica con estrema facilità e dopo pochi minuti essicca e muore. Anche questa pratica, per evidenti ragioni, è attuabile solo in piccoli spazi.
La semina di colture antagoniste ha come presupposto l’utilizzo di coltivazioni che siano competitive con l'Ambrosia. Infatti le esigenze di crescita dell’Ambrosia sono tali da non sopportare la concorrenza di vegetazione fitta. Fra le varie colture è preferibile la semina di panico e di leguminose (ad esempio erba medica o trifoglio), specie nelle vaste aree agricole lasciate incolte o coltivate per pochi mesi all'anno. Se l’erba medica o il trifoglio sono destinati a sovescio, il terreno diverrà più fertile e ricco di sostanze azotate e particolarmente adatto alle colture di cereali. Se l’erba medica o il trifoglio sono destinati a essere raccolti, si otterrà un’aggiuntiva produzione di foraggio a elevato contenuto nutrizionale. Attuare la pratica della rotazione, specie nelle aziende a impronta zootecnico – cerealicola, garantisce da un lato di limitare la proliferazione dell'Ambrosia, dall'altro di aumentare la fertilità dei suoli e la qualità del paesaggio agrario La semina di colture antagoniste è prevista nel piano agricolo triennale della Provincia di Milano come metodo per limitare la diffusione dell'Ambrosia e alcuni comuni anno attuato programmi per incentivare tale pratica. Nella coltivazione di granaglie, per evitare la successiva presenza infestante, come in questo caso, si consiglia l'aggiunta alle semine del trifoglio.
In ancient Greek mythology, ambrosia is sometimes the food, sometimes the drink, of the gods, often depicted as conferring ageless immortality upon whomever consumes it. It was brought to the gods in Olympus by doves (Odyssey xii.62), so may have been thought of in the Homeric tradition as a kind of divine exhalation of the Earth.
Ambrosia is very closely related to the gods' other form of sustenance, nectar. The two terms may not have originally been distinguished; though in Homer's poems nectar is the drink and ambrosia the food of the gods; it was with ambrosia Hera "cleansed all defilement from her lovely flesh" (Iliad xiv.170), and with ambrosia Athena prepared Penelope in her sleep (Odyssey xviii.188ff) so that when she appeared for the final time before her suitors, the effect of the years had been stripped away and they were inflamed at the sight of her. On the other hand, in Alcman, nectar is the food, and in Sappho (fragment 45) and Anaxandrides, ambrosia is the drink. When a character in Aristophanes' Knights says, "I dreamed the goddess poured ambrosia over your head — out of a ladle", the homely and realistic ladle brings the ineffable moment to ground with a thump.
Both nectar and ambrosia are fragrant, and may be used as perfume: in Odyssey (iv.444-46) Menelaus and his men are disguised as seals in untanned seal skins, "and the deadly smell of the seal skins vexed us sore; but the goddess saved us; she brought ambrosia and put it under our nostrils." Homer speaks of ambrosial raiment, ambrosial locks of hair, even the gods' ambrosial sandals.
Among later writers, ambrosia has been so often used with generic meanings of "delightful liquid" that such late writers as Athenaeus, Paulus and Dioscurides employ it as a technical terms in contexts of cookery, medicine and botany. Additionally, some modern scholars, such as Danny Staples, relate ambrosia to the hallucinogenic mushroom Amanita muscaria.
The connection that has derived ambrosia from the Greek prefix am- (not) and the word brotós (mortal), hence the food or drink of the immortals, has been found merely coincidental by modern linguists. The classical scholar Arthur Woollgar Verrall denied that there is any clear example in which the word ambrósios necessarily means immortal, and preferred to explain it as "fragrant," a sense which is always suitable. If so, the word may be derived from the Semitic mbr, giving "amber", which when burned is resinously fragrant (compare "ambergris") to which Eastern nations attribute miraculous properties. In Europe, honey-colored amber, sometimes far from its natural source, was already a grave gift in Neolithic times and was still worn in the 7th century as a talisman by druidic Frisians, though St. Eligius warned "No woman should presume to hang amber from her neck."
W. H. Roscher thinks that both nectar and ambrosia were kinds of honey, in which case their power of conferring immortality would be due to the supposed healing and cleansing power of honey, which is in fact anti-septic, and because fermented honey (mead) preceded wine as an entheogen in the Aegean world: the Great Goddess of Crete on some Minoan seals had a bee face: compare Merope and Melissa. Propolis, a hive product, cures sore throats, and there are many modern proprietary medicines which use honey as an ingredient.
In one version of the story of the birth of Achilles, Thetis anoints the infant with ambrosia and passes the child through the fire to make him immortal — a familiar Phoenician custom — but Peleus, appalled, stops her, leaving only his heel unimmortalised.
In the Iliad xvi, Apollo washes the black blood from the corpse of Sarpedon and anoints it with ambrosia, readying it for its dreamlike return to Sarpedon's native Lycia. Similarly, Thetis anoints the corpse of Patroclus in order to preserve it. Additionally, both ambrosia and nectar are depicted as unguents (xiv. 170; xix. 38). The wax of bees has always been used as the finest perfume, and an excellent healing for skin ailments, and for lighting holy places; Avalon and Ambrose.
In the Odyssey, Calypso is described as having "spread a table with ambrosia and set it by Hermes, and mixed the rosy-red nectar." It is ambiguous whether he means the ambrosia itself is rosy-red, or if he is describing a rosy-red nectar Hermes drinks along with the ambrosia. Later, Circe mentions to Odysseus that a flock of doves are the bringers of ambrosia to Olympus.
One of the impieties of Tantalus, according to Pindar, was that he offered to his guests the ambrosia of the Deathless Ones, a theft akin to that of Prometheus, Karl Kerenyi noted (in Heroes of the Greeks). In the Homeric hymn to Aphrodite, the goddess uses "ambrosian oil" as perfume, "divinely sweet, and made fragrant for her sake."