Lessico


Esculapio o Asclepio

Icones veterum aliquot ac recentium Medicorum Philosophorumque
Ioannes Sambucus / János Zsámboky

Antverpiae 1574

Dio della medicina, Esculapio era il nome latino del dio greco Asclepio chiamato abitualmente Ἀσκληπιός ma talora anche Ἀσκλήπιος. Figlio di Apollo e di Coronide, fu allevato dal centauro Chirone. Le sue straordinarie capacità di medico gli permisero non solo di curare i malati, ma addirittura di risuscitare i morti. Ades si lamentò con Zeus di questo sconvolgimento dell’ordine naturale delle cose, e Zeus allora colpì il celebre medico con un fulmine.

Allora Apollo, per vendicare il figlio, uccise i Ciclopi, colpevoli di aver fabbricato le folgori del re dell’Olimpo. Esculapio alla sua morte ricevette onori divini e gli furono eretti molti templi, tra cui più celebre quello di Epidauro, dove i malati si recavano in pellegrinaggio. Qui era rappresentato con una statua in oro e avorio con l’aspetto di un uomo dalla lunga barba, che reggeva in mano un bastone intorno al quale era attorcigliato un serpente.

Da Epidauro - in Argolide, nel Peloponneso nord-orientale - il suo culto fu introdotto a Roma in seguito a una pestilenza scoppiata nel III secolo aC. Quando, grazie ai sacrifici offerti al dio della medicina, l’epidemia cessò, i Romani, grati, gli eressero un tempio. Dalla moglie Epione ebbe due figli maschi, Macaone e Podalirio, e quattro figlie femmine, tra cui le più celebri sono Panacea (dal greco panákeia, da pân, tutto+ákos, cura) personificazione divina di un'erba o di una medicina, già di per sé mitica, capace di guarire ogni male, e Igea, la dea della salute per antonomasia, dell'igiene, in quanto il verbo greco hyghiaínø significa essere sano, avere buona salute.

L'architetto Antonio Asprucci (Roma 1723-1808)
fu l'autore del tempietto di Esculapio (1785-87)
che si trova nel Giardino del Lago di Villa Borghese a Roma

Tra il frontone e le colonne vi è una scritta in greco
ΑΣΚΛΗΠΙΩΙ ΣΩΤΗΡΙ
Asklepioi soteri - (dedicato) a Esculapio salvatore

Icones veterum aliquot ac recentium Medicorum Philosophorumque
Ioannes Sambucus / János Zsámboky

Antverpiae 1574

Macaone - figlio di Esculapio -
eroe medico della mitologia greca combattente a Troia.
Con il fratello Podalirio partecipò alla guerra troiana come medico degli Achei
e fu tra quelli che entrarono nella città, nascosti nel famoso cavallo. Fu ucciso forse da Euripilo.
Da lui potrebbe aver preso il nome uno stupendo Papilionide
il Papilio machaon.

Dictionnaire historique
de la médecine ancienne et moderne

par Nicolas François Joseph Eloy
Mons – 1778


Igea sorella di Macaone
nella porzione inferiore di Medicine (1901)
dipinta da Gustav Klimt (1862–1918)

Il gallo e la gallina di Esculapio

Statua di Esculapio della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen
arricchita grazie all'arte di Fernando Civardi
con un gallo greco
che è un copia di gallo protocorinzio del 600 aC del Museo di Delfi

di proprietà di Elly Vogelaar

In onore di Asclepio si celebravano le Feste Asclepiee in numerose città greche, specialmente dove sorgeva un santuario del dio, come Epidauro, Coo (l'isola dove nacque Ippocrate), Pergamo, Lampsaco, Ancira, Carpato, Laodicea, Rodiopoli, e chi più ne ha più ne metta. Le Asclepiee furono introdotte anche ad Atene, dove furono collegate con i misteri Eleusini. Durante le celebrazioni si sacrificava un gallo, preso a simbolo di Esculapio, perché, come il gallo annuncia il nuovo giorno, così Asclepio dà nuova vita a coloro che guariscono dalle malattie. Il dio fu sempre considerato un benefattore dell'umanità e come tale fu cantato dai poeti e rappresentato nelle opere d'arte, senza però associargli il gallo, come invece hanno fatto Ioannes Sambucus nei suoi Emblemata (1564) e Fernando Civardi titillato da Elio Corti.

Aesculapius
Ad Volfgangum Lazium polyhistorem

Emblemata - 1564
di Ioannes Sambucus / János Zsámboky

elaborazione cromatica di Fernando Civardi

Quae cernis Medici referunt insignia veri.
Noctua, cum baculo serpens, dextraque salutis
Effigies, pullus, prolixa & barba, galerus.
Haec Asclepiadi tribuebat docta vetustas.
Vim medicinarum teneat, moderetur & arte.
Sitque valetudo ante oculos, non sordida lucra,
Hinc vigil & norit casus praedicere morbi.
Est sacra gallina, ut victum praescribat amicum,
Et succo tenerum, vires ut conferat aegro.

Γλαὺξ monet & fieri graviores nocte dolores.
Ac licet imberbi fingatur Apolline natus,
Ipse gerat barbam, iuvenis nunquam ausit adire
Suscipere aegroti aut curam, ne laedat inepte.
Dicitur imberbi natus quoque barbiger, ortum
Ut subita morbum credat mutarier hora.
Ergo provideat, fugiat ne occasio segnem,
Currit enim haec praeceps, momento & perdidit aegrum.
Pileus insignis quia morte eliberat atra.
Haec sciat Hippocrati cupiens iurare magistro.
Haec adeo Lazi custodis, clara Vienna
Artis Apollineae decus ut te praedicet,ornet,
Et sese tanto securum iactet alumno.

Ad Volfgangum Lazium polyhistorem
Al grande erudito Wolfgang Laz
Il viennese Wolfgang Laz (1514-1565) fu medico di Ferdinando I presso la corte di Vienna,
nonché umanista, storiografo e cartografo.

Dicono che i simboli che vedi sono di un vero medico. La civetta – sacra ad Atena, il serpente insieme al bastone e sulla mano destra l'effigie della salute - Igea, un galletto, nonché una barba lunga, un copricapo senza tesa. La dotta antichità attribuiva queste cose a Esculapio. Deve possedere la forza delle medicine, e le deve governare con abilità. E lo stato di salute deve stare davanti agli occhi, anziché sordidi guadagni, quindi deve essere vigile e deve saper predire che esiti avrà una malattia. Gli è sacra la gallina affinché prescriva un cibo conveniente e dal sapore delicato in modo da dare energie a colui che è ammalato. La civetta avvisa pure che i dolori diventano più violenti durante la notte. E sebbene si creda che è nato dall'imberbe Apollo, deve portare la barba, e non deve mai osare di cominciare a curare un malato come farebbe un giovane, affinché stoltamente non provochi dei danni. Anche un barbuto si dice che è nato da un imberbe, affinché creda che una malattia improvvisamente si modifichi. Pertanto deve essere previdente, affinché il momento favorevole non si allontani da colui che è debole, infatti colui che è precipitoso corre questi rischi e ha perso l'ammalato in un attimo. Il berretto conico - simbolo della libertà - è importante perché rende liberi dalla morte funesta. Sappia queste cose colui che desidera fare il giuramento al maestro Ippocrate. O Laz, tu custodisci queste cose a tal punto che la celebre Vienna possa elogiarti e decorarti con l'arte di Apollo che possa vantarsi di essere tranquilla grazie a un così grande discepolo.

   

Esculapio col Gallo
Frontespizio di Histoire de la Médicine di Daniel Le Clerc
Amsterdam - chez George Gallett - 1702
Elaborazione cromatica del Peintre électronique Fernando Civardi

Ecco cosa appresi ai tempi del Liceo nel lontano 1959: Socrate, condannato a morte bevendo la cicuta, si raccomanda al discepolo Critone di offrire un gallo a Esculapio dal momento che la morte lo avrebbe guarito da questa vita spesso meschina.

Platone, Il Fedone, LXVI:
ὦ Κρίτων, ἔφη, τῷ Ἀσκληπιῷ ὀφείλομεν ἀλεκτρυόνα· ἀλλὰ ἀπόδοτε καὶ μὴ ἀμελήσητε.
ô Krítøn, éphë, tô
i Asklëpiôi opheílomen alektryòna: allà apódote kaì më amelësëte.
O
Critone, dobbiamo un gallo a Esculapio: e allora dateglielo e non trascurate di farlo.
Krito, we owe a cock to Asklepios: then give it and do not neglect it.

Il passo è famoso: ad Asclepio si era soliti offrire un gallo per riconoscenza di una guarigione ottenuta, così qui Socrate pensa simbolicamente alla sua guarigione, che è la morte. In coerenza con tutto lo svolgimento del Fedone che ha indicato nell’esistenza terrena una vicenda travagliosa da cui la morte è liberazione, Socrate ora, nel momento di emettere l’ultimo respiro, conferma con il suo solito buon umore e la sua lucida immaginativa, la fiduciosa credenza. Un gallo ad Asclepio egli deve, e Critone lo sacrificherà, perché lasciando, in pace, la sua esistenza terrena egli sta conseguendo la sua guarigione definitiva. Altre interpretazioni, come di chi ritiene il ricordo di un voto espresso nella battaglia di Delo e non ancor soddisfatto, appaiono qui meschine e stonate. (Nilo Casini, Il Fedone, Felice Le Monnier, Firenze, 1958)

Non solo Sambucus afferma che anche la gallina è sacra a Esculapio. Infatti Festo parla di galline immolate a Esculapio alla voce In Insula  - l'Isola Tiberina a Roma, dove sorgeva il tempio di Esculapio - nel suo De verborum significatione: In Insula – Aesculapio facta aedes fuit, quod aegroti a medicis aqua maxime sustententur. Eiusdem esse tutelae draconem, quod vigilantissimum sit animal: quae res ad tuendam valetudinem aegroti maxime apta est. Canes adhibentur eius templo, quod is uberibus canis sit nutritus. Bacillum habet nodosum, quod difficultatem significat artis. Laurea coronatur, quod ea arbor plurimorum remediorum. Huic gallinae immolabantur.

Anche Giglio Gregorio Giraldi nel Symbolorum Pythagorae Interpretatio riporta che a Esculapio oltre al gallo venivano immolate le galline e ne riferisce le caratteristiche. La citazione di Giraldi la dobbiamo a Conrad Gessner Historia animalium III (1555) pagina 408.

Aesculapio gallus immolabatur. Sunt qui gallinas scribant, et has quidem rostro nigro, nigrisque pedibus, et digitis imparibus. Si enim luteo essent rostro, vel pedibus, impurae putabantur ab aruspicibus.

A Esculapio veniva immolato un gallo. Alcuni scrivono le galline, e queste dovevano avere il becco nero e le zampe nere, e le dita dispari. Se infatti avessero avuto becco o zampe gialli venivano ritenute impure dagli aruspici.

Giraldi riporta sia il gallo che le galline anche in Historiae Deorum Gentilium Syntagma XVII: Aesculapio de capra res divina in primis fiebat, quoniam capra nunquam sine febre esse dicitur: salutis vero deus Aesculapius. Sed et gallus illi immolabatur, ut est alibi a me dictum. Sunt qui gallinas scribant, et has quidem rostro nigro, nigrisque pedibus, et digitis imparibus. Si enim luteo essent rostro, vel pedibus, impurae putabantur ab aruspicibus.

Le ricette di Esculapio

immagine di Esculapio
tratta dall'enciclopedia svedese
Nordisk familjebok - seconda edizione 1904/1926
da un'antica statua del Louvre di Parigi

Le ricette di Esculapio provengono dagli Asclepiei. Asclepieo, in greco Asklepiêion, era il nome dato ai vari santuari di Asclepio. Inizialmente l’Asclepieo fu una semplice fontana, o un pozzo, chiusa da un boschetto, che i malati attraversavano per avvicinarsi al luogo sacro e chiedere al dio la guarigione. Più tardi sorsero veri templi, contornati da portici, ospedali, abitazioni. Il malato era sottoposto a digiuni e lavacri purificatori, seguiti da un sacrificio propiziatorio; passava poi la notte nel tempio, dove aveva un sogno (spontaneo o provocato per suggestione), che il sacerdote, al mattino, interpretava, enunciando la diagnosi e la cura. Celebri Asclepiei sorgevano a Epidauro, a Coo, a Tricca, ad Atene e a Pergamo. Il santuario di Epidauro, oltre al tempio decorato dalle sculture di Timoteo, comprendeva importanti monumenti quali la thólos (edificio rotondo, spesso circondato da un colonnato e collegato a complessi sacri, dell'architettura greca del sec. IV aC) e il teatro.

Ma che cosa si otteneva in realtà negli Asclepiei, e per quali motivi? A giudicare dagli ex-voto che ci sono stati restituiti dagli scavi archeologici, si direbbe che si ottenevano veri e propri miracoli, i quali parrebbero confermati da una nutrita serie d’iscrizioni ritrovate soprattutto fra le rovine dell’Asclepieo di Epidauro: si tratta di tavolette di ringraziamento nelle quali si descrive la malattia, la cura suggerita dal dio e, naturalmente, la perfetta guarigione, per la quale si ringrazia Asclepio.

Ma non è tutto oro ciò che brilla: a una critica serrata le tavolette non reggono e si rivelano il frutto di un gusto celebrativo, incensatorio, sostanzialmente propagandistico, che non ha nulla a che vedere con la scienza o con il documento scientifico. Solo un aspetto ci basterebbe per farcene convinti: spesso le iscrizioni indicano la ricetta della pozione bevuta prima del sonno divinatorio, nonché la ricetta della medicina suggerita dal dio. Le prime eliminano ogni dubbio sulla natura né ipnotica né stupefacente né eccitante delle bevande somministrate ai pazienti. Le seconde testimoniano l’assoluta inefficacia dei preparati medicamentosi in relazione alla malattia che si vorrebbe spacciare per guarita da siffatti decotti, empiastri o unguenti.

Infatti anche nel caso delle ricette del secondo tipo non si tratta che di preparati dotati del normale potere evacuante o di nessuna efficacia in qualsiasi senso.

Con tali medicine, quindi, poco o nulla si poteva ottenere. Rimangono gli ex-voto a lasciarci nel dubbio, dubbio che difficilmente, tuttavia, i reperti archeologici potranno mai sciogliere.

Qualche cosa certamente si otteneva se si facevano degli ex-voto, ma è difficilmente credibile che i risultati fossero dovuti a una vera e propria efficacia del procedimento terapeutico. Prima di tutto una componente fortissima doveva essere senz’altro costituita dal fenomeno della suggestione, fosse essa autosuggestione o suggestione indotta tramite le pratiche preparatorie imposte dai sacerdoti e dai loro assistenti. ln secondo luogo, uno studio anche solo rapido della collocazione geografica dei più importanti Asclepiei e delle caratteristiche climatiche delle località nelle quali essi si innalzavano può spiegare molte cose.

Innanzitutto, infatti, osserviamo che gli Asclepiei erano normalmente costruiti in una zona riparata dai venti e quindi protetta contro i danni di un clima incostante; secondariamente, essi erano circondati da estesi boschi, per lo più di conifere e di piante aromatiche, il che conferiva all’aria una salubrità particolare; in terzo luogo, erano sempre costruiti in prossimità di una fonte, dalla quale (e recenti analisi chimiche hanno confermato l’ipotesi) uscivano acque minerali sul tipo delle molte ancor oggi in uso, oppure acque termali i cui poteri terapeutici l’antico empirismo doveva assai per tempo aver insegnato sia al medico sia al sacerdote. Infine, e questo è forse uno dei fattori più importanti, una dieta regolata sotto il controllo dei sacerdoti, e un’accurata igiene con bagni frequenti, abluzioni, esercizi ginnici e altre pratiche del genere, ben potevano, in parecchi casi, determinare una reazione salutare nel malato.

Ma assai più notevole fu il beneficio che gli Asclepiei recarono all’umanità e alla cultura sotto un altro aspetto e per un ben diverso motivo che non quello dei risultati che si potevano ottenere con le cure e i metodi terapeutici in essi praticati.

Già l’antica tradizione affermava che Ippocrate aveva formato il patrimonio della sua cultura medica studiando le iscrizioni votive conservate nei diversi templi di Apollo o di Asclepio distribuiti in tutta la Grecia, iscrizioni nelle quali egli, secondo gli antichi autori, avrebbe trovato praticamente un’infinita serie di casi clinici, corredati della descrizione dei loro sintomi, nonché dell’indicazione delle cure che avevano portato alla guarigione. Ciò avrebbe costituito un immenso patrimonio di conoscenze mediche, attingendo al quale Ippocrate avrebbe potuto raggiungere quella vastissima cultura, presupposto necessario alla formazione non solo della sua figura di medico e dei criteri fondamentali della sua attività, ma anche e soprattutto della sua completa e complessa concezione anatomofisiologica. Orbene, se una notizia del genere è annoverare solo fra i tanti aneddoti privi di fondamento di cui l’antica tradizione ha voluto arricchire e infiorare le pagine più nobili della sua storia, al di là dei limiti dell’aneddoto noi possiamo trovare un suggerimento di portata quanto mai singolare.

Intorno agli Asclepiei, e anche nell’interno di essi, fra i vari inservienti al seguito dei sacerdoti-medici si trovava un notevolissimo numero di medici pratici, ivi attirati dal fatto che l’afflusso spesso enorme di malati a questi templi forniva un materiale di osservazione e di indagine difficilmente reperibile, per numero e varietà, in altre località e in altre condizioni.

Si verificò, cioè, intorno agli Asclepiei, quello stesso fenomeno che secoli più tardi ritroveremo nel Medio Evo, durante il fiorire della cosiddetta “Medicina monastica” intorno ai monasteri, che costituivano la prima forma — sia pure ancora grezza e insufficiente — di ambulatori pubblici e, nello stesso tempo, dì ospedali: si riunirono gruppi di medici laici, i quali, organizzandosi più tardi in una scuola, crearono quei centri di studio che spesso raggiunsero e superarono in fama i più gloriosi monasteri, come fu — per citare l’esempio più notevole — il caso della “Scuola Salernitana”, che sorse nelle vicinanze di un monastero nel quale già da alcuni secoli, si può dire, i monaci esercitavano l’arte medica.

Altrettanto dovette certamente accadere intorno agli Asclepiei dell’antica Grecia. Fu così che, se da un lato poté nascere la favola intorno agli studi di Ippocrate, dall’altro gli Asclepiei contribuirono in misura davvero singolare allo sviluppo della medicina pratica, destinata ben presto a trovare in Ippocrate un genio, il quale non ebbe possibilità di confronto per parecchi secoli, e, nella sua teoria, una sistemazione organica, che seppe resistere quasi intatta per più di duemila anni.

Giglio Gregorio Giraldi
Historiae Deorum Gentilium
Syntagma VII - De Apolline, Aesculapio, Musis, Aurora
Basileae, Oporinus 1548 - pag. 345-354

AESCULAPIUS

Ny Carlsberg Glyptotek - Copenaghen

Aesculapius medicinam primus, ab Apolline patre institutus, mortalibus invexisse, seu invenisse dicitur. ipse siquidem perfectam, et numeris suis omnibus absolutam adinvenit: mox illius successores ab eo Asclepiadae nuncupatae, velut haereditariam acceptam, per manus traditam excoluere, posterisque subinde invulgarunt, usque ad Hippocratem, qui eam consummavit. Sed ista Medicis mittamus: nos nostrum institutum prosequamur.

Aeculapius a graecis Ἀσκλήπιος dictus est, Apollinis et Coronidos, ut Diodorus scribit, filius, medicinae praeses, plurima valetudini mortalium utilia adinvenit. adeo autem excelluisse in aegrotorum curatione dictus, ut mortuos ab inferis excitare crederetur: quare apud Iovem accusatus, fulmine ictus est. quamobrem iratus Apollo, Cyclopas fulminis fabricatores interemisse dicitur. Ideoque Iupiter Apollinem homini servire iussit. haec Diodorus. Cicero vero Aesculapii nomine tres fuisse commemorat. primum Apollinis filium, quem Arcades colebant: qui speculum invenisse, primusque vulnus dicitur alligavisse. secundum, secundi Mercurii, Valentis et Pheronidis filii fratrem: is fulmine percussus dicitur, humatusque esse Cynosuris. tertium, Arsippi et Arsinoae, qui primus purgationem alvi, dentisque evulsionem, ut ferunt, invenisse dictus est: cuius in Arcadia non longe a Lusio flumine sepulchrum et lucus ostendebatur. haec ferme Cicero. Dictus vero Aesculapius, teste Phornuto, ἀπὸ τοῦ ἐσκλῆσθαι καὶ ἀναβάλλεσθαι τὴν κατὰ τὸν θάνατον γινομένην ἀπόκλησιν, hoc est, ab excludendo et reiiciendo factum per mortem interitum. Codices Phurnuti impressi non ἐσκλῆσθαι, sed ἐτώσθαι habent, quasi quod casset mortis accessum. Sed parum consona videtur derivatio. quare alii dictum putant παρὰ τὸ τὰ ἀσκελῆ τῶν νοσημάτων ἥπια ποιεῖν, hoc est, ab eo quod quae morborum aspera sunt, mitia faciat. quidam etiam ab ἄσκλην καὶ ἥπιος deducunt. Phurnutus et alii scribunt, Aesculapium nutritum a Chirone centauro, medicinam vero edoctum ab Hepio: quod nomen non ociose positum esse videtur, siquidem sedet turbationes, διὰ τὸ τοῦ ἡπίου φαρμακείας, id est propter medicamenti mitigationem. Sed vide quaeso ne decipiare mendoso Phurnuti codice. Quippe Naso poeta noster libro secundo Metamorphoseon non Hepion, sed Ocyroen [p.347] vocat Chironis filiam, quae in ἵππον, id est in equam conversa sit. Xenophon in libro de Venatione, de Chirone et Aesculapio multa eleganter prodidit, sed nos caetera sequamur. Tarquitius de viris illustribus, ut Lactantius Firmianus refert, Aesculapium incertis parentibus natum ait, et expositum, a venatoribus inventum, canino lacte nutritum, Chironi traditum didicisse medicinam: fuisse autem Messenium, sed Epidauri habitasse. Pausanias vero Phlegiam ait, cum Peloponnesum peragraret, Coronide filia gravida ex Apolline comitatus, pervenisse in Epidauri montem, cui a re nomen mox inditum Titheum, a papilla scilicet. ibi enim expositus infans, caprae papillis est nutritus, cuius custos gregis canis comes erat. Aresthanes autem pastor, dum capram canemque perquireret, cum eis infantem reperit, e cuius facie fulgor resplenduit. hic velut numen eum adoravit: atque ex eo Epidaurus tota Aesculapio est consecrata, quo loco Pausanias et templum eius et simulachrum describit. Iulianus Caesar Παραστάτης cognominatus, Aesculapium ait ex Iove natum ex νοητοῖς, id est, si recte interpretamur, mentalibus: quia ex divina mente super terram apparuisset, per foecundi solis vitam: et Epidauri, Pergami, Tarenti, et Romae versatus. Contra Iulianum disputat in primis Cyrillus Alexandreus, et eius fabulas confutat. Hermes Trismegistus in Asclepii dialogo, Aesculapium ostendit Aegyptium fuisse, quod etiam scribunt Diodorus et Eusebius. Trismegisti verba in Asclepio haec sunt: Avus, inquit, tuus o Asclepi, medicinae primus inventor, cui templum consecratum est in monte Libyae, circa Crocodilorum littus, in quo eius iacet mundanus homo: et quae alia subiungit. Theodoretus Cyri urbis episcopus scribit, quod Homeri tempore nondum esset Aesculapius in deorum numero habitus. Nam ipse Homerus vulnerum Martis curatorem non Aesculapium facit, sed Paeona. cumque de Machaone Aesculapii filio loquitur, hominem eum vocat, Aesculapii absoluti medici filium. Apollodorus in libris quos de Deis scripsit, Aesculapium prodit divinationibus et auguriis praefuisse: nec mirum, cum et medicum oporteat de aegroto ea dicere quae sunt, quae fuerint, quae mox ventura sequantur, ut ait Hippocrates. Sed Aesculapii quoque mortis causa varie traditur. Pindarus in Pythiis, quopiam hymno ad Hieronem, quem et Tertullianus et Cyrillus, aliique sequuntur, ab Iove fulminatum cecinit: quod auro victus, Hippolytum in vitam revocauerit. Alii non Hippolytum, sed Tyndareum: alii Capanea, alii Glaucum, Minois filium. qua de re in Ophiucho plura Hyginus in Astronomico poetico, et his versibus poeta Claudianus in victoria Stiliconis contra Alaricum. ita enim canit:

[p.348] Cretaque, si vera narratur fabula, vidit,
Minoum rupto puerum prodire sepulchro,
Quem senior vates avium clangore repertum,
Gramine restituit. mirae nam munere sortis,
Dulcia mella necem, vitam dedit horridus anguis.

Qui vero Orpheum secuti sunt, Hymenaeum dixerunt: alii Androgeum. Stesichorus, propter Capaneum et Lycurgum dixit. Alii, inter quos Polyanthus, quod Proeti filias sanitati restituerit, quas Phylarchus Phinidas, id est Phinei filias dixit. Telesarchus quidem Fulminatum Aesculapium ait, quod Oriona voluerit in vitam revocare. Pherecydes porro id tradit, quod qui Delphis interirent, vitae redderet. D. Epiphanius in Ancorato: Euclees, inquit, ab Aesculapio resuscitatus. Quidam legunt, Euricleas. nam sic Pythia prius dicebatur, ut in Pythio Apolline dictum. Staphylus tamen nullum ab inferis ab Aesculapio excitatum scripsit, sed tantum sanatum Hippolytum, ex Troezene fugientem. Adeo Graecis fabulari placuit. Varie quoque eius simulachra effinxit antiquitas. Pausanias, Aesculapii simulachrum ex auro et ebore a Thrasymede Pario elaboratum describit. Is in throno sedebat, virgam tenens in manu: supra vero draconis caput manum alteram habebat, cui etiam canis assistere videbatur. Haec Pausanias: qui et alibi, hoc est apud Sicyonios, Asclepieum fuisse ait, hoc est, Aesculapii templum, in cuius vestibulo imberbis erat Aesculapius, ex auro atque ebore confectus, Calamidis opus, sceptrum una, altera vera manu domesticae pinus pomum tenebat. Dicebant ipsum in draconis speciem ad se ex Epidauro mulorum bigis vectum, idque factum fuisse a Nicanora, foemina Sicyonia, matre Agasiclei, Echetimi uxore. Adeo non Romanis tantum serpens Epidaurius est impertitus. Eusebius etiam simulachris Aesculapii in manu baculum attribuit, quasi (ut ait) aegrotantium sustentaculum. Serpentem vero involutum, animae et corporis salutare signum: quo loco multa Eusebius de serpentibus tradit, ut spiritualibus, ex recondita disciplina. Hinc et Macrobius, Aesculapii simulachrum ait draconis salutis symbolum subiungi. idem et Phurnutus, qui et cur baculum gerat, exponit. Sed et Hyginus in Astronomico, de baculo et angue, seu dracone, ita in Ophiucho scribit: Cum Aesculapius Glaucum cogeretur sanare, inclusus quodam loco secreto, bacillum tenens manu, cum quod ageret, cogitaret, dicitur anguis ad bacillum eius arrepsisse: quem Aesculapius mente commotus interfecit, bacillo fugientem feriens saepius. Postea fertur alter anguis eodem venisse, ore ferens herbam, et in caput [p.349] eius imposuisse: quo facto, loco fugisse. quare Aesculapium usum esse herba eadem, Glaucum revixisse: itaque anguis in tutela Aesculapii esse dicitur. Apud Aelianum hoc etiam notavi, Parian serpentem, quam Apollodorus paruan vocabat, igneo esse colore, et acerrimo oculorum visu, ore largo: ex quo fit, ut nihil mordendo noceat. Quin etiam mitis esse dicitur, et propterea (inquit) deorum humanissimo Aesculapio ipsum consecrarunt, eiusque ministerio dedicarunt. haec ferme ille. Sed de draconum natura cum alii multa, tum Philostratus in Imaginibus. Unde etiam thesauros custodire poetae dixere, ut Hesperidum hortos, et vellus aureum apud Colchos. Plinius, aliique, dracones ad salubritatem referunt. Macrobius, eos etiam annuas exuvias ponere ac renovare ait. Quod vero acutissime cernant ac intueantur, et ad medicum pertinet, et ad custodiam. Nam et eius nominis etymologia argumentum esse potest. Dracones enim dicuntur ἀπὸ τοῦ δέρκειν, hoc est, ab acute videndo. At cum dracone etiam gallum Aesculapio attributum legimus, propter vigilantiam: de quo ipsi res sacra fiebat. Quin et Socrates apud Platonem moriturus, suo testamento ei deo gallum reliquit. Plinius in Naturalis historiae libro trigesimoquinto, Aesculapio quatuor filias assignat: Cum Aesculapio (inquit) filiae, Hygeia, Aegle, Panacea, Iaso: de Socratis picturis agens. Aristophanes etiam has quatuor Aesculapii filias nominat, ut Hermolaus notat. Hippocrates in Iuramento duas tantum commemorat. Hermippus in Trimetris senariis, hoc Aesculapii filios ex Lampetia Solis filia tradit, Machaonem, Podalirium: et quas modo nominavi, Hygeiam, Panaceam, Aeglen, Iaso. His ab aliquibus adduntur, Ianiscus et Alexenor. Particulam hoc loco tibi libet ascribere, qua Cyrillus Iulianum Apostatam redarguit, antequam huius cognomina interpreter. Arroganter (inquit) dixit Iulianus, ex Iove in mentalibus natum esse Aesculapium, apparuisse autem in hominis forma. Omnium siquidem sermone dicitur ex Coronide et Apolline natus, quae a sacerdotibus (ut verisimile) in Apollinis templo vitiata fuit. Sed Iulianus de illo honestum et sublime quiddam et sentit et loquitur, semper nimium mendax: quamvis apud Graecorum sapientes plurima et absurda de illo scripta sint. Etenim cum Apis Aegyptius, non obscurus inter eos qui illic erant templi ministros, et naturalis philosophiae scientiam adeptus esset: hunc ferunt primum artem medicam exquisivisse, et tradidisse felicius, quam eos qui ipsum praecesserant, communicasseque Aesculapio. hic ubi in ea disciplina profecit, noluit ulterius in Aegyptiorum urbibus morari, sed lucri cupidus, et consiliis turpibus obnoxius, omnem (ut ita dicam) circuivit orbis regionem, ab omnibus lucra petens, [p.350] et venale studium suum languentibus exhibens. Inflatusque ob scientiam, et superbiens, se etiam deum nominabat, et mortuos se ab inferis excitare posse delirans asserebat. veniensque ad Epidaurios, et ibi summam sibi gloriam arrogans, quendam se esse deum, fulmine ictus est, poenam illi dignissimam Deo inferente: qua ex re per id quod passus est, declaravit, se nihil aliud esse quam terram ac pulverem. Sed et quae de illo odarum conditor Pindarus cecinit, videre est operaeprecium: Vicit et illum superbi animi aurum in manibus apparens, manibus autem Saturnius per utraque praecordia traiectum deiecit ocyus: flagrans vero fulmine, mortem intentavit. Quinetiam tragicus Euripides dixisse Apollinem contendit: Iupiter auctor mortis filii mei Aesculapii, pectoribus est iniecta flamma. Hactenus ex Cyrillo. Porro pluribus in locis cultus Aesculapius, non modo in supra nominatis, sed et Romae, praecipue in insula Tiberina, quae et ab aliquibus Lycaonis dicta est: quae biremis formam habere videtur, et formam accepisse eius navis qua Aesculapius Romam est advectus. Historia est nota. Ovidius in Fastis:

Accepit Phoebo nymphaque Coronide natum,
Insula, dividua quam premit amnis aqua.

Nunc quoque in D. Bartholomaei hortis navis marmorea cernitur, in cuius navis sponda serpentis reptantis imago efficta est, in rei memoriam. Quare autem in insula Aesculapius et extra urbem templa habuerit, cum alii, tum Plutarchus ostendit in causis Romanis. scribit et in hunc modum Sextus Pompeius: Aesculapio aedes facta fuit in insula, quod aegroti a medicis aqua maxime sustentantur. Eiusdem esse tutelae draconem, quod vigilantissimum sit animal, quae res ad tuendam valetudinem aegroti maxima est. Canes adhibebantur eius templo, quod is uberibus canis sit nutritus. Bacillum habet nodosum, quod difficultatem significat artis. Laurea coronatur, quod ea arbor plurimorum sit remediorum. Huic et gallinae immolabantur. adhuc Festus. Sed iam nimius in his videri possum, quare ad interpretanda cognomina me accingam: hoc prius addito, quod Hippocrates tradit, Aesculapium etiam scripsisse libellum in re medica, cui Naviculae nomen fecit. Legi in antiquitatibus marmoreis, in primisque in Auximi oppido Italiae, Aesculapii signum marmoreum hac forma: indutus esse videbatur subucula graecanica, et amiculo succinctus, dextra quidem duos gallos continebat, sinistra vero in amiculi lacinia fructus nescio quos tenere videbatur.

Phoebigena igitur in primis cognominatus est Aesculapius, a patre Phoebo. Vergilius:

Fulmine Phoebigenam Stygias detrusit ad undas.

Lactantius tamen [p.351] grammaticus in tertio Thebaidos Poenigenam leger videtur, id est per poenam matris natum. Nam eius matrem Coronidem Apollo sagittis peremit, quia cum Ischy concubuerat: quem fulminatum quidam scribunt, alii ab Apolline occisum.

Coronides etiam cognominatus a matre, qua de re lege fabulam apud Ovidium libro secundo Metamorphoseon, quae ita incipit:

Pulchrior in tota, quam Larissea Coronis,
Non fuit Aemonia, placuit tibi Delphice certe, etc.

quo loco Coronis Larissea ab omnibus legitur, ab urbe Larissa. Ego vero ex tertio hymno Pythio Pindari, Lacerea legendum puto, ab urbe, cuius post Pindarum Hellanicus etiam et Stephanus meminere. Sane pulchre hanc fabulam totam in eodem modo citato hymno Pindarus ad Hieronem explicat, Aesculapiique matrem Arsinoen ait, Phlegyae filiam, et paulo post etiam Coronida: quo loco graeci Pindari interpretes ex Asclepiadis et Aristidis sententia scribunt, Arsinoen quidam vocant, sed Leucippi filiam. Et quidem Aristides in eo quem scripsit de Gnido condita: Arsinoe, inquit, cum adhuc virgo esset, Coronis dicta, Leucippi filia, Amycli filii, qui fuit Lacedaemonis. Asclepiades vero et ipse Leucippi filiam dixit, ex qua Aesculapius et Eriopis nati. ut in hoc,

ἡδ'ἔτεκεν μεγάροις Ἀσκλήπιον ὄρχαμον ἀνδρῶν
Φοίβῳ ὑποδμηθεῖσα, ἐϋπλόκαμον τ'Ἐριῶπιν.

Homerus in hymnis, et Hesiodus in Theogonia Χορωνὶν vocant, et Phlegiae filiam, ut etiam Pindarus. Oraculum legitur apud Pausaniam, quo id Apollo negat Apollophani, id ab eo sciscitanti.

Triccaeus Aesculapius, cognominatus ab urbe, ut Strabo scribit. unde et ipse de se ipso:

Natus ego ex sacra Tricca, cui tota medendi
Ars debet, simul atque omnis sapientia debet.

hoc apud Porphyrium legimus in libro de Responsis. Sed et Heliodorus poeta et medicus meminit apud Cl. Galenum: huius versus in III. de Poetarum historia attulimus. Triccam vero urbem Thessaliae, Stephanus scribit denominatam a Tricca Penei fluvii filia, cuius et Homerus in quarto Iliados meminit.

Epidaurius etiam Aesculapius vocatus est, ab urbe notissima Peloponnesi, in sinu Saronico, ex qua et Romam adductus in serpentis imagine. historia est notissima, Ovidius in Fastis, et in Metamorphoseis, Propertius in Elegia libri II.,

Et deus extinctum Cressis Epidaurius herbis Restituit
patriis Androgeona focis.

Epidaurum vero urbem [p.352] variis nominibus appellatam, tradit Stephanus, inter quae Haemeram commemorat, dictam videlicet a sanguine, id est αἵματος, ob ea quae frequentissime Aesculapio fierent sacrificia ex victimis. T. Livius libro quinto, V. Decadis de Paulo Aemylio agens: Sicyonem, inquit, inde et Argos, nobiles urbes adit: inde haud parem opibus Epidaurum, sed inclytam Aesculapii nobili templo, quod quinque milibus passuum ab urbe distans, nunc vestigiis revulsorum donorum, tum donis dives erat, quae remediorum salutarium aegri mercedem sacraverant deo. haec Livius. Pausanias Epidaurum appellatam scribit ab Epidauro Pelopis filio, ut Elii tradunt: ut vero Argivi, ab Argo Iovis filio: quod et Stephanus ait. Subiungit Pausanias de Phlegyae filia, quae patrem secuta cum esset, ibi Aesculapium peperit, et ab avo infans est expositus in monte Tittheo, a capra nutritus, a cane custoditus, demum ab Aresthane pastore repertus, et servatus ob radios, et vultus splendorem.

Archagetes Aesculapius et dictus et cultus fuit, cuius templum apud Tithoream Pausanias scribit in Phocaicis. Sed et idem cognominatus Philolaus, hoc est populi amicus, cuius templum celebre fuit apud Asopum in Laconia, ut idem est autor Pausanias.

Pergamenus, et Pergameus, nuncupatus a Pergamo celebri urbe Asiae, Galeni medicorum principis patria, ubi summo cultu venerabatur. Martialis:

Pergameo posuit dona sacrata deo,

id est, Aesculapio. Papinius Statius de Pergamo:

Pergameas intrasse domos, ubi maximus agris
Auxiliator adest, et festinantia sistens
Fata, salutifero mitis deus incubat angui.

Q. Serenus poeta et medicus, sic etiam in libri sui invocatione:

Tuque potens artis, reduces qui tradere vitas
Nosti, atque in coelum manes revocare sepultos,
Qui colis Aegeas, qui Pergama, quique Epidaurum,
Qui quondam placida tectus sub pelle draconis,
Tarpeias arces, atque inclyta templa petisti,
Depellens tetros praesenti numine morbos,
Huc ades, et quicquid cupido mihi saepe rogatus
Firmasti, cunctum teneris expone papyris.

Καούσιος Aesculapius vocatus, a pago in Arcadia, terrae Telphusiae, qui dictus est Καοῦς: unde gentile nomen Causius, quo nomine appellatus est Aesculapius, qui ibi colebatur: auctores Pausanias in VIII. et Stephanus de Urbibus.

[p.353] Demaenetus Aesculapius cognominatus, a Demaeneto eius templi conditore.

Gortynius etiam ab urbe, ut Pausanias in Corinthiacis. Item dictus Cotyleas.

Παίων quoque nuncupatus ab Artemidoro Daldiano, in secundo Onirocriticon. Idem et Paeaeon. Paeaeona alium Homerus facit, ut paulo ante dictum est, ab Aesculapio.

Ἠπιοδότης Aesculapius ab Orpheo vocatus, in poemate ad Musaeum: quasi tu dicas, mitis dator. alii Ἠπιόδορος potius existimant, quod blande dona sua impartiatur.

Ἀγλαόπης vero Aesculapius a Lacedaemoniis est appellatus, teste Hesychio: quasi tu dicas, aspectus splendidi. A medendi quoque peritia ᾿Ιατρὸς, hoc est medicus, vocitatus est.

Colatos insuper Aesculapius cognominatus. Eustathius Mercurium, ni fallimur, ait: cuius simulachrum in Cyllene vico positum fuisse tradit.

Hagnitas cognomen est Aesculapii, cuius templum fuit apud Laconas, ad curriculi seu stadii dexteram. Hagnitas vero appellatus ab ἅγνῳ, id est a salice amerina, quod ex eius materia illic delubrum constabat. quare mirum est, quosdam sine afflatu hoc nomen scribere.

Cotylaeus Aesculapius apud Eurotam Laconiae fluvium cultus fuit, cuius templum ab Hercule positum legimus, cum is ex vulnere in cotile, id est manus concavitate sanatus fuisset, quod in praelio contra Hippocoonta et filios acceperat. Pausanias.

Αἰγλαὴρ Aesculapius etiam dictus, Hesychio et Phavorino [Favorino] testibus.

Salutifer etiam Aesculapius ab Ovidio dictus, libro Metamorphoseon secundo, item Opifer, libro XV.

Cum deus in somnis Opifer consistere visus.

quanquam et Apollo eodem cognomine dictus, ab eodem poeta.

Alia etiam eius sunt praeter haec cognomina, quorum nonnulla habes in hymno Orphei, quem cum manna thuris illi adolevit. ut Αὐξιθαλὴς, id est augens semina: et ᾿Απαλεξίκακαος, id est propulsor malorum.

Hygeia, et cum patre, et cum sororibus culta: interdum et seorsum, ut apud Graecos observamus, cum sorore Panacea. Hippocrates in Iusiurando. Hygeiae simulachrum Pausanias apud Sicyonios fuisse ait, quod vix apparere videbatur: cui mulieres capillos dicabant, et in eius honore sibi tondere ac resecare solebant. De Hygia supra in hoc Syntagmate meminimus, ubi Aesculapii filios, filiasque recensui. Huius peculiaris hymnus Orphei legitur, [p.354] cum thymiamate mannae thuris, cui pulcherrima cognomina etiam ascribit. Sed de Hygeia Pallade suo loco actum est. In primo quoque Syntagmate de hac Hygeia actum est, ubi Salus Romanorum est descripta.

Asclepius

Statue of Asclepius in the Pergamon Museum, Berlin.

Asclepius (Greek Ἀσκληπιός, transliterated Asklëpiós; Latin Aesculapius) is the demigod of medicine and healing in ancient Greek mythology. Asclepius represents the healing aspect of the medical arts, while his daughters Hygieia, Meditrina, Iaso, Aceso, Aglæa/Ægle and Panacea (literally, "all-healing") symbolize the forces of cleanliness, medicine and healing, respectively.

Mythology

Asclepius was married to Epione, with whom he had six daughters: Hygieia, Meditrina (the serpent-bearer), Panacea, Aceso, Iaso, and Aglaea, and three sons: Machaon, Telesphoros, and Podalirius. He also bore a son, Aratus, with Aristodama.

Coronis (or Arsinoe) became pregnant with Asclepius by Apollo but fell in love with Ischys, son of Elatus. A crow informed Apollo of the affair and he sent his sister, Artemis, to kill Coronis. Her body was burned on a funeral pyre, staining the white feathers of the crows permanently black. Apollo rescued the baby by performing the first caesarean section and gave it to the centaur Chiron to raise. Enraged by his grief, Coronis' father Phlegyas torched the Apollonian temple at Delphi, for which Apollo promptly killed him.

Chiron taught Asclepius the art of surgery, teaching him to be the most well-respected doctor of his day. According to the Pythian Odes of Pindar, Chiron also taught him the use of drugs, incantations and love potions. In The Library, Apollodorus claimed that Athena gave him a vial of blood from the Gorgons. Gorgon blood had magical properties: if taken from the left side of the Gorgon, it was a fatal poison; from the right side, the blood was capable of bringing the dead back to life. According to some, Asclepius fought alongside the Achaeans in the Trojan War, and cured Philoctetes of his famous snake bite. However, others have attributed this to either Machaon or Podalirius, Asclepius' sons, who Homer mentions repeatedly in his Iliad as talented healers. Asclepius, on the other hand, is only referred to by Homer in relation to Machaon and Podalirius.

Asclepius' powers were not appreciated by all, and his ability to revive the dead soon drew the ire of Zeus, who struck him down with a thunderbolt. According to some, Zeus was angered, specifically, by Asclepius' acceptance of money in exchange for resurrection. Others say that Zeus killed Asclepius after he agreed to resurrect Hippolytus at the behest of Artemis. Zeus may or may not have smitten Hippolytus with the same bolt. Either way, Asclepius' death at the hands of Zeus (by sending a lightning bolt at him!!!) illustrates man's inability to challenge the natural order that separates mortal men from the gods.

In retaliation for Asclepius' murder at the hands of Zeus, Apollo killed the Cyclopes, who fashioned Zeus' thunderbolts. According to Euripides' play Alkestis, Apollo was then forced into the servitude of Admetus for nine years.

After he realized Asclepius' importance to the world of men, Zeus placed him in the sky as the constellation Ophiuchus. The name, "serpent-bearer," refers to the Rod of Asclepius, which was entwined with a single serpent. This symbol has now become a symbol for physicians across the globe. However, one should be careful not to confuse the Staff of Asclepius, which features a single serpent wrapped around a roughhewn branch, with the Caduceus of Mercury (Roman), or Karykeion of Hermes (Greek). The Caduceus, which features two intertwined serpents (rather than the single serpent in Asclepius' wand), as well as a pair of wings, has long been a symbol of commerce. It is thought that the two were first confused in the seventh century AD, when alchemists often used the caduceus to symbolize their association with magical or "hermetic" arts.

Cult

Asclepius' most famous sanctuary was in Epidaurus in Northeastern Peloponnese. Another famous "asclepieion" was on the island of Kos, where Hippocrates, the legendary doctor, may have begun his career. Other asclepieions were situated in Trikala, Gortys (in Arcadia), and Pergamum in Asia.

In honor of Asclepius, snakes were often used in healing rituals. Non-venomous snakes were left to crawl on the floor in dormitories where the sick and injured slept. Starting about 300 BC, the cult of Asclepius grew very popular. His healing temples were called asclepieion; pilgrims flocked to them to be healed. They slept overnight and reported their dreams to a priest the following day. He prescribed a cure, often a visit to the baths or a gymnasium.

It is also written by Lewis Farnell, that some healing temples used sacred dogs to lick the wounds of the sick petitioners. (cf. L.R. Farnell, Greek Hero Cults and Ideas of Immortality, Chapter 10, "The Cult of Asklepios" (pp.234-279), p.240)
The original, ancient Hippocratic Oath begins with the invocation "I swear | by Apollo the Physician and by Asclepius and by Hygieia and Panacea and by all the gods...". Scholars have written that this oath may not have been written by Hippocrates, but by or with others in his school, or followers of Pythagoras. (cf. L.R. Farnell, Greek Hero Cults and Ideas of Immortality, Chapter 10, "The Cult of Asklepios" (pp.234-279), p.269: "The famous Hippocratean oath may not be an authentic deliverance of the great master, but is an ancient formula current in his school.")

Some later religious movements claimed links to Asclepius. In the 2nd Century AD The False Prophet Alexander claimed that his god Glycon was an incarnation of Asclepius.

The botanical genus Asclepias (commonly known as milkweed), is named after him, and includes the medicinal plant Asclepias tuberosa or "Pleurisy root".
Popular Culture

In the fourth book of the Kushiel's Legacy series, Kushiel's Scion by Jacqueline Carey, Imriel de la Courcel encounters Asclepius in a dream. Where he is encouraged to heal himself and bear his scars with pride, referencing his inability to come to turns with the darkness of his past. "Even a stunted tree reaches for the light."

In Robert Graves' historical novel, Hercules, My Shipmate, Asclepius was an ordinary mortal who accidentally resuscitated a drowned boy by moving his limbs in imitation of life's activities. This enraged the priestesses of Hecate, and they promptly killed him when he refused to stop such unnatural activities.

In the Trauma Center video games, those gifted with the Healing Touch (the ability to induce superhuman concentration and appear to slow time or improve the patient's vitals while performing well in the operation allowing the player to perform miracle surgeries) are said to be "descended from Asclepius." One of the chapter names is called "Striving for Asclepius."

In the Japanese graphic novel Get Backers one of the main characters Ban Mido uses the power of the card Asclepius in the Divine design saga of the story. This version of Asclepius uses the evil eye, an illusion conjuring power and an attack called snake bite that uses the strength of a snakes jaw to crush his opponents.

Rod of Asclepius

The rod of Asclepius (also known as the rod of Asklepios, rod of Aesculapius or asklepian) is an ancient Greek symbol associated with astrology and with healing the sick through medicine. It consists of a serpent entwined around a staff. Asclepius, the son of Apollo, was practitioner of medicine in ancient Greek mythology.

Symbolism

The rod of Asclepius symbolizes the healing arts by combining the serpent, which in shedding its skin is a symbol of rebirth and fertility, with the staff, a symbol of authority befitting the god of Medicine. The snake wrapped around the staff is widely claimed to be a species of rat snake, Elaphe longissima, also known as the Aesculapian or Asclepian snake. It is native to southeastern Europe, Asia Minor, and some central European spa regions, apparently brought there by Romans for their healing properties.

Greek mythology

According to Greek mythology, Asclepius was said to have learned the art of healing from Chiron. He is customarily represented holding a stick with a serpent coiled around it. He was reputed to have the blood of Medusa in his veins; the blood that flowed on Medusa's left side was said to be fatal poison, while the blood from her right side could be used as a healing potion, even able to raise the dead

Serving as a surgeon on the ship Argo, Asclepius was so skilled in the medical arts that he was reputed to have brought patients back from the dead. For this he was punished and placed in the heavens as the constellation Ophiuchus (meaning "serpent-bearer"). This constellation lies between Sagittarius and Libra.In early Christianity, the constellation Ophiuchus was associated with Saint Paul holding the Maltese Viper.

Worm theory

Some scholars have suggested that the symbol once represented a worm wrapped around a rod; parasitic worms such as the "guinea worm" (Dracunculus medinensis) were common in ancient times, and were extracted from beneath the skin by winding them slowly around a stick. Physicians may have advertised this common service by posting a sign depicting a worm on a rod.

Biblical

A similar symbol, Nehushtan, is mentioned in the Bible in Numbers 21:4–9. Attacked by a plague of snakes in the wilderness, Moses holds up a serpent coiled around a staff, both made from bronze, so that the Israelites might recover from the bites.

Usage

A number of organisations use the rod of Asceplius as their logo, or part of their logo. These include:

The World Health Organization
The Star of Life - symbol of the National Registry of Emergency Medical Technicians
The American Medical Association
The American Osteopathic Association
The Canadian Medical Association
The American Veterinary Medical Association
The British Royal Army Medical Corps

Confusion with the caduceus

The caduceus is often incorrectly used as a symbol for medicine or doctors, in place of the rod of Asclepius which is the usual symbol of the medical profession. A 1992 survey of American health organisations found that 62% of professional associations used the staff of Asclepius, whereas in commercial organisations, 76% used the caduceus.

Early confusion between the symbols almost certainly arose due to the links between alchemy and Hermes, whose symbol is the caduceus. The alchemists adopted the caduceus because Hermes, the God of Messengers, was also the patron lord of gamblers, thieves, tricksters and alchemists. By the end of the 16th century, alchemy became widely associated with medicine in some areas, leading to some use of the caduceus as a medical symbol.

The main reason for the modern confusion over the symbols occurred when the caduceus was adopted by the Medical Department of the United States Army in 1902. This was brought about by one Captain Reynolds, who after having the idea rejected several times by the Surgeon General, persuaded the new incumbent (WH Forwood) to adopt it. The mistake was noticed several years later by the librarian to the surgeon general, but was not changed.

There was further confusion caused by the use of the caduceus as a printer's mark (as Hermes was the god of eloquence and messengers), which appeared in many medical textbooks as a printing mark, although subsequently mistaken for a medical symbol.

Tempio di Esculapio a Roma

L'Isola Tiberina a Roma

  

Il tempio di Esculapio era un tempio romano situato sull'Isola Tiberina, a Roma. Il tempio venne eretto tra il 293 aC e il 290 aC, mentre la sua consacrazione avvenne l'anno successivo. Secondo una delle variopinte leggende, nel 293 aC a Roma scoppiò una grave epidemia, forse di peste bubbonica, che spinse il Senato a decidere di costruire un edificio alla divinità della medicina greca Asclepio, che poi avrebbe assunto il nome latino di Aesculapius. Dopo aver consultato i Libri Sibillini e aver trovato una risposta favorevole, una delegazione di saggi romani venne inviata a Epidauro, in Grecia, in cui era presente un santuario molto famoso dedicato appunto ad Asclepio, al fine di poter ottenere una statua del dio da portare a Roma.

Durante i riti propiziatori un grosso serpente (un colubro, sacro alla divinità) sbucò dalla base della statua di Esculapio, uscì dal santuario di Epidauro e andò a nascondersi all'interno della nave romana - che distava circa 8 km in linea d'aria!!! - o forse nella stanza del tribuno Ogulnio che guidava la delegazione. Certi che questo fosse un segno da parte del dio, i Romani non si liberarono affatto del colubro, si affrettarono a tornare nella loro città dove ancora imperversava l'epidemia anche se avevano solamente il colubro e non la statua del dio. Giunti sul Tevere, accadde che nei pressi dell'isola Tiberina il serpente uscì dalla nave e si nascose sull'isolotto, indicando così il luogo dove avrebbe dovuto sorgere l'edificio. I lavori iniziarono subito e il tempio venne inaugurato nel 289 aC: da lì a breve l'epidemia ebbe fine.

L'isola, a ricordo dell'evento, venne rimodellata a forma di trireme. Un obelisco venne infatti posto al centro dell'isola, davanti al tempio, in modo da assomigliare a un albero maestro, mentre sulle rive vennero posizionati blocchi di travertino, scolpiti in modo da sembrare una poppa e una prua. Sull'isola sorsero diverse strutture adibite al ricovero degli ammalati, e ciò è testimoniato da numerosi voti e iscrizioni pervenuti sino ai giorni nostri.

Il tempio andò distrutto durante l'alto Medioevo, poiché già nell'anno 1000 sorse sulle sue rovine la basilica di San Bartolomeo all'Isola per volere di Ottone III. Il pozzo medievale presente vicino all'altare della chiesa sembra essere lo stesso da cui sgorgava l'acqua utilizzata per curare i malati, così come testimoniato da Festo. Del poco che rimane dell'antico tempio di Esculapio sono da ricordare alcuni frammenti dell'obelisco, conservati a Napoli e a Monaco, e alcuni blocchi di tavertino visibili sotto le costruzioni moderne sull'isola Tiberina, tra cui spicca un rilievo del bastone di Esculapio. L'isola continua a essere un centro dedicato alla cura dei malati, poiché davanti alla basilica sorge l'ospedale Fatebenefratelli.

Aedes Aesculapii

Aesculapius, aedes: the temple of Aesculapius erected on the island in the Tiber soon after 291 B.C. In consequence of a pestilence in Rome in 293 an embassy was sent to Epidaurus in 292 to bring back the statue of the god Aesculapius. This embassy returned in 291, bringing not the statue, but a serpent from Epidaurus that, on reaching Rome, abandoned the ship and swam to the island (Liv. X.47; XI. ep.; Val. Max. I.8.2 in ripam Tiberis egressis legatis in insulam . . . transnavit); Ovid. Met. XV.736-741; Plut. q. R. 94; Plin. NH XXIX.72; de vir. ill. 22). According to another tradition the first temple was built extra urbem, the second in insula (Plin. NH XXIX.16; Rend. Linc. 1917, 573-580; AJA 1919, 431). The whole island was consecrated to Aesculapius (see Insula Tiberina), the temple built, and dedicated on 1st January (Ov. Fast. I.290-292; Hemerol. Praen. Ian. 1; CIL I2 p305; Fast. Ant. ap. NS 1921, 83). It was usually called aedes, but also templum (Val. Max. I.8.2; Ov. Fast. I.290; de vir. ill. 22; Plin. cit.), fanum (Liv. XLIII.4), and Ἀσκληπιεῖα in Greek (Dionys. V.13). Besides being the centre of the cult and of the sanatorium that developed on the island (Fest. 110), this temple, being outside the pomerium, was also used as a place for the reception of foreign ambassadors, as those of Perseus in 170 B.C. (Liv. XLI.22), and for such meetings as that between the senators and Gulussa (Liv. XLII.24). From a reference in Varro (LL VII.57 equites pictos vidi in Aesculapii aede vetere et ferentarios adscriptos; Urlichs, Malerei vor Caesar 10) and some inscriptions (CIL VI.6, 7, 12) it appears certain that the first temple was rebuilt or restored towards the end of the republic; perhaps when the pons Fabricius was built in 62 B.C. the first temple was decorated with frescoes (Varro, loc. cit.; Liv. XLIII.4). It is altogether probable that there was further restoration during the empire, perhaps under Antoninus Pius (HJ 144), but there is no direct evidence therefor (cf. Besnier, L'Ile Tiberine 176, 191-192; JRS 1911, 187-195).

There are no certain remains of this temple, but it probably occupied the site of the present church of S. Bartolomeo, and some of the columns of the nave probably belonged to the temple or its porticus. A considerable number of inscriptions relating to the temple or to votive offerings in it have been found in the vicinity (CIL VI.7-20;2 30842-30846; IG XIV.966), and many terracottas, most of which have been dispersed. A signum Aesculapii (Suet. Aug. 59) is mentioned as standing near the temple in the time of Augustus, but such statues of the god were undoubtedly numerous in and around the temple, as well as elsewhere in Rome. (For the legend of the serpent and the temple itself, see Besnier, op. cit. 152-202; HJ 633-635; Gilb. III.72-73; Jord. Comm. in honor. Mommsen 356-369; DuP 59; for the cult of Aesculapius on the island, the inscriptions and votive offerings, Besnier 203-238). For some reliefs which may refer to it, see Besnier 181 sqq.; Bull. d. Inst. 1879, 7; Mitt. 1886, 167-172; Strong, Roman Sculpture 269; Scultura Romana 241.

Samuel Ball Platner (as completed and revised by Thomas Ashby):
A Topographical Dictionary of Ancient Rome
London: Oxford University Press, 1929.

Dictionnaire historique
de la médecine ancienne et moderne

par Nicolas François Joseph Eloy
Mons – 1778


Igea in una statua romana del I secolo dC
Museo dell'Hermitage - San Pietroburgo