Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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Debemus
parentibus in primis, ut pietate illis respondeamus: quod bruta animalia
[268] praestare minime norunt, praeter Ciconias, quae authore Aeliano[1]
parentum senectutem nutriunt. Summa
haec est, allegoria faciet ad ostendendam vim pietatis, ac benevolentiae
cuiusquam erga suos. Nullum enim animal, teste D. Bernardo[2],
circa pullos suos tanta compassione movetur, sicut Gallina{,}<.>
Fit enim non solum, ut diximus, toto corpore hispida, voce rauca, sed
toto etiam fervens animo, et omnibus membris infirma, et usque ad
supremum defectum perveniens. Si
ergo, inquit D. Bernardus, in
tantum pullis suis Gallina animal irrationale compatitur, quanto putas
optimum Iesum humano generi fuisse compassum? Ad quantam pietas eum
debilitatem, et infirmitatem pervenisse? Quanta putas ipsum macie
confectum fuisse, qui pro omnibus cognoscitur doluisse? Unde {Esaias}
<Isaias>: Vere languores nostros ipse tulit, et peccata nostra ipse portavit. |
Dobbiamo
farlo innanzitutto nei confronti dei genitori, per contraccambiare ad
essi con l’affetto: gli animali privi di ragione non sanno
assolutamente farlo, eccetto le cicogne, le quali, come riferisce Eliano,
nutrono la vecchiaia dei genitori. Questo è il tocco finale,
l’allegoria sarà adatta per esprimere la forza dell’amore e la
benevolenza di chiunque nei confronti dei suoi famigliari. Infatti
nessun animale, come afferma San Bernardo di Chiaravalle,
viene mosso da tanta compassione nei confronti dei suoi pulcini come la
gallina. Infatti come abbiamo detto non solo diventa arruffata in tutto
il corpo, con la voce roca, ma anche agitata in tutto l’animo, e
debole in tutte le parti, e che arriva fino alla debolezza estrema. San
Bernardo dice: Se pertanto la gallina, animale irrazionale, soffre
così profondamente insieme ai suoi pulcini, quanto ritieni che
l’ottimo Gesù abbia sofferto insieme al genere umano? L’amore a
quanta debolezza e sfinimento l’ha fatto arrivare? Da quanta macilenza
ritieni che egli sia stato logorato, lui che è noto per aver sofferto
per tutti? Per cui Isaia:
In verità egli stesso si è caricato delle nostre debolezze, e lui
stesso si è sobbarcato i nostri peccati. |
MORALIA. |
QUESTIONI
MORALI |
Omnes
in primis Galli Gallinacei vitae actiones veri patrisfamilias, et qui in
eo omnem suam curam ponit, et studium, ut familiae suae de omnibus
necessariis prospiciat, significare {potest} <possunt>[3].
Haec enim ales tota die quicquid virium habet, id totum ad suorum
confert salutem, et nullius rei minus, quam sui ipsius solicita est.
Unde sapientissimus Pythagoras tam providam animalis, et erga suos
promptam naturam considerans, dixit, nutriendum quidem Gallum esse: at
non immolandum, quod ut alii aliter interpretantur, ita ego inter
caetera hoc dico denotare, homini hanc Galli solicitudinem ad res
corporis curandas esse quidem necessariam verum non sic esse necessariam,
ut eam etiam ad sacrificium, et cultum divinum ferre debeamus ut quem {omnes}
<omnis> aeternae curae liberum esse decet, nec ulla terreni pabuli
solicitudine {destineri} <detineri>. Absit ergo Gallinaceus a
sacrificiis hac quam dico ratione. Iam et illud {moneri} <monere>
videtur caetera quidem animalia immolari posse, Gallum citra piaculum
non posse, eo quod is qui optimum totius vitae exemplar occidit,
videatur indicare sibi nihil amplius opus esse laudatissimis huiusce
animalis dotibus, citra quas tamen probo, sapientique viro non fuerit
vivendum. Alendus igitur Gallus, et perpetuo, dum vivimus, imitandus,
tum in familia alenda, et propugnanda, tum in vitae officiis per
oportunas temporum vices distribuendis. |
In
primo luogo tutti i galli sono in grado di simboleggiare le attività di
un vero capofamiglia, in quanto egli impiega tutta la sua attenzione e
tutto il suo impegno a tal punto da provvedere alla sua famiglia tutto
ciò che è necessario. Infatti quest’uccello durante tutto il giorno
tutta l’energia che possiede la dedica al benessere dei suoi e di
nulla si preoccupa, meno che di se stesso. Per cui il sapientissimo
Pitagora,
esaminando l’indole tanto provvidente e disponibile verso i suoi
famigliari di un animale, disse che senza dubbio il gallo va nutrito: ma
non che va immolato, una cosa che, come altri interpretano altrimenti,
così io tra le altre cose dico che sta a indicare quanto segue, che per
l’essere umano è senza dubbio necessaria questa sollecitudine del
gallo per prendersi cura delle cose corporali ma che in verità non è
così necessaria da doverla rivolgere anche al sacrificio e al culto
divino come colui al quale si addice essere libero da ogni
preoccupazione eterna, né essere ostacolato da nessun assillo per il
cibo terreno. Pertanto il gallo sia assente dai sacrifici per questo
motivo che espongo. Certamente anche quel modo di vedere sembra dire che
gli altri animali possono essere immolati, il gallo non può esserlo al
di fuori di un sacrificio espiatorio, in quanto colui che uccide un
ottimo modello di tutta una vita, sembrerebbe indicare che non ha più
bisogno delle pregiatissime qualità di questo animale, senza le quali
tuttavia ritengo che anche a un uomo sapiente non converrebbe vivere.
Pertanto il gallo va allevato, e finché siamo vivi va perennemente
imitato, sia nel sostentare e nel proteggere la famiglia, sia nel
suddividere le incombenze della vita attraverso adatti avvicendamenti
dei tempi. |
Eodem
pariter modo nobis liberalitatis, ac benignitatis exemplar est.
Quemadmodum enim omnia, quae habet, Gallus suis impartit, ita vir
quispiam pius ac liberalis sua, quae corrasit, non sibi soli servare
debet, sed pauperibus etiam benigniter aliquid erogare, iuxta illud Iob:
Non comedi ex eis solus, etc.
Principem item ecclesiasticum eleganter Gallo comparaveris, etenim uti
hic oculo uno grana, ut diximus familiae suae dividit: altero Accipitrem
observat, et contra irruentem in eam sese alacris opponit. Ita ille duo
ob oculos potissimum ponere debet, curam nempe humanarum mortaliumque ac
caelestium, aeternarumque rerum. Illas bene administrare cognoscitur, si
alienus ab omni avaritiae macula pauperibus, subditisque de necessariis
prospiciat, vel saltem quae sibi supersunt, eis communicet, nihilque
sibi praeter necessaria reservet. |
Allo
stesso identico modo è per noi un modello di generosità e di bontà.
Infatti così come il gallo rende partecipi i suoi di tutto ciò che
possiede, così qualunque uomo devoto verso i congiunti e magnanimo non
deve tenere solo per sé le cose che ha accumulato, ma deve dare
qualcosa con benevolenza anche ai poveri, secondo quel versetto di
Giobbe:
Non ho mangiato solo da essi, etc. Parimenti potrai in modo
elegante paragonare un capoccia della chiesa a un gallo, e infatti così
come questo, come abbiamo detto, con un occhio distribuisce le granaglie
alla sua famiglia, con l’altro tiene d’occhio lo sparviero
e con ardore gli si contrappone mentre la sta assalendo. Così il primo
deve porre davanti agli occhi soprattutto due cose, e precisamente la
cura delle cose umane e mortali e di quelle celesti ed eterne. Si
capisce che sa amministrarle bene se estraneo a qualsiasi macchia di
avarizia è in grado di provvedere le cose necessarie ai poveri e ai
subalterni, o perlomeno a condividere con loro ciò che egli ha in
sovrappiù, e non tiene per sé nulla se non quelle cose che gli sono
necessarie. |
Harum
vero curam gerere dicetur, si contra omnem diaboli vim sese subditosque
Gallum imitans defendat. Diabolus autem verus Accipiter est, qui nobis
futuram aeternitatem invidet, nosque suae poenae socios perpetuos
asciscere conatur. Grana vero, quorum esu quotidie fruimur, egregie
necessaria nobis designant. Praeterea tam fervens Galli erga suos amor
nos etiam admonet, ut uxores nostras, abiectis omnibus scortis, quae
mera maritorum pestis sunt, ac pernities, amemus. Quare veteres insignis,
legitimique matrimonii coniunctionem significaturi, mortuorum sepulchris
Gallum, et Gallinam insculpebant, se invicem deosculantes. |
Ma
si dirà che ha cura di queste cose se è in grado di difendere se
stesso e i subalterni imitando il gallo. Infatti il diavolo è un vero
sparviero che ci invidia la futura eternità, e si dà da fare in tutti
i modi per accoglierci come perenni compartecipi del suo castigo. Ma le
granaglie, del cui cibarsi usufruiamo ogni giorno, designano
egregiamente le cose che ci sono necessarie. Inoltre un così ardente
amore del gallo verso i suoi congiunti ci esorta anche ad amare le
nostre mogli, allontanando tutte le prostitute che sono un’autentica
peste e rovina dei mariti. Per cui gli antichi volendo indicare
l’unione di un matrimonio speciale e legittimo, scolpivano sui
sepolcri dei defunti un gallo e una gallina che si stavano
vicendevolmente baciando. |
Satis
superque supra ostendimus a nonnullis Theologis Christianis {concionatores}
<contionatores>, et divinos homines intelligi, qui nobis verba
salutis enunciant, quique iacentibus in tenebris, et umbra mortis, lucem,
quae Deus est, praenunciant, et a nobis mentis nostrae veternum, ac
torporem suo cantu excutiunt. Alius
aliam comminisci poterit expositionem. |
Precedentemente
abbiamo dimostrato a iosa che da parte di alcuni teologi cristiani
vengono intesi come istigatori e uomini divini coloro che ci rivelano le
parole della salvezza, e quelli che a coloro che giacciono nelle tenebre
e nell’ombra della morte preannunciano la luce, che è Dio, e che con
il loro canto allontanano da noi l’apatia e il torpore della nostra
mente. Chiunque potrà ideare qualsiasi altra interpretazione. |
Possunt
autem et Thrasones, gloriosique ac stolidi homines, nimium sibi
arrogantes per Gallos notari. Nam uti hos habendos esse quidem
Pythagoras dicebat, et non penitus abijciendos, non autem ad sacra
admittendos, ita illi ab arcanis, et seriis gravibusque sermonibus
reijciendi sunt. Quod
secus tamen hodie (proh dolor) a Regibus plerisque et Principibus fieri
videmus. Alius amantes, et qui continue amore depereunt, interpretari
per Gallum poterit, quo pacto videntur Athenienses significasse, cum
Anterotis[4]
aram constituerunt, in qua pueri nudi et formosi signum inerat, in ulnis
geminos sustinentis generosos Gallos, et se in caput impellentis, quibus
Timagoram, et {Meletam} <Meletem>[5],
seu Melitum (utrunque enim legimus) qui amore perierunt, significabant.
Historia notissima est apud Pausania, et Suidam[6],
quanquam nonnihil inte<r> se {e}varient. <ille in Attica, hic
in dictione Melitus, Gyraldus. Gestat
autem puer gallinaceos: quod una cum duobus gallis, quos a Melito sibi
dono datos ulnis gestabat, ex arce Athenis se praecipitasset. Pausanias
aliter hanc historiam referens, gallinaceorum quoque non meminit.>[7] |
Infatti
quegli uomini smargiassi - come un Trasone
- e vanagloriosi ed eccessivamente arroganti possono essere marchiati
come galli. Infatti Pitagora diceva che debbono essere giudicati come
questi, e che non debbono essere del tutto disprezzati, ma che non
debbono essere ammessi alle cerimonie sacre, tanto essi sono da tenere
lontani dalle cose segrete e dai discorsi seri e importanti. Una cosa
che altrimenti tuttavia oggi (oh che dolore) vediamo essere attuata
dalla maggior parte dei re e dei principi. Un altro potrà interpretare
attraverso il gallo gli innamorati e quelli che si struggono d’amore
in continuazione, come sembra che gli Ateniesi abbiano voluto
rappresentare quando eressero l’altare di Anteros
sul quale si trovava l’immagine di un fanciullo nudo e avvenente che
sosteneva sugli avambracci una coppia di galli di razza, e che si
gettava giù a capofitto, coi quali indicavano Timagora e Melete, o
Melito (infatti possiamo leggerli ambedue questi nomi) i quali morirono
per amore. La storia è arcinota in Pausania il Periegeta
e nel lessico Suida,
quantunque discordino alquanto tra loro: Pausania in Attica, il
lessico Suida alla voce Mélitos, come riferisce Giglio Gregorio
Giraldi.
Infatti il fanciullo porta i galli: in quanto si sarebbe precipitato in
Atene dall’acropoli insieme ai due galli che portava sugli avambracci
e che gli erano stati dati in dono da Melito. Pausania riferendo
diversamente questa storia non fa menzione anche dei galli. |
[1] La natura degli animali III,23: Le cicogne vogliono assicurare il nutrimento ai loro genitori, quando sono diventati vecchi, e lo fanno con molto impegno. (traduzione di Francesco Maspero)
[2] Tractatus de passione Domini c. 5. (Aldrovandi)
[3] La nota a margine recita così: Gallus patremfamilias denotat, quia frugi est. Quindi il soggetto del verbo possum è rappresentato da Omnes Galli gallinacei.
[4] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 404: Athenienses Anterotis aram constituerunt, in qua pueri nudi et formosi signum inerat, in ulnis geminos sustinentis generosos gallos, et se in caput impellentis, quibus Timagoram et Meletum, seu Melitum (utrunque enim legimus) qui amore perierunt, significabant. Historia notissima apud Pausaniam et Suidam: quanquam nonnihil inter se {e}varient, ille in Attica, hic in dictione Melitus, Gyraldus. Gestat autem puer gallinaceos: quod una cum duobus gallis, quos a Melito sibi dono datos ulnis gestabat, ex arce Athenis se praecipitasset. Pausanias aliter hanc historiam referens, gallinaceorum quoque non meminit.
[5] Pausania Periegesi
della Grecia I, Attica, 30,1. § Il nome greco di persona Mélës,
Mélëtos, accusativo Mélëta, Melete in italiano, viene
latinizzato da Giglio Gregorio
Giraldi in Meletum anziché Meletem. Se la sua
flessione latina corrisponde a quella del fiume della Ionia Meles,
anche il nome di persona fa Meletem all’accusativo. La conferma
l'abbiamo da Ludwig Dindorf alias Ludovicus Dindorfius (Lipsia
1805-1871), che pubblicò il Pausaniae descriptio Graeciae a Parigi
nel 1845: al nominativo scrive Meles, all'accusativo Meletem.
- Ecco il testo di Pausania in traduzione inglese, Description of Greece
I, Attica, 30,1: Before the entrance to the Academy is an altar to Love,
with an inscription that Charmus was the first Athenian to dedicate an altar
to that god. The altar within the city called the altar of Anteros (Love Avenged) they
say was dedicated by resident aliens, because the Athenian Meles, spurning
the love of Timagoras, a resident alien, bade him ascend to the highest
point of the rock and cast himself down. Now Timagoras took no account of
his life, and was ready to gratify the youth in any of his requests, so he
went and cast himself down. When Meles saw that Timagoras was dead, he
suffered such pangs of remorse that he threw himself from the same rock and
so died. From this time the resident aliens worshipped as Anteros the
avenging spirit of Timagoras. (Description of Greece with an
English Translation by W.H.S. Jones, Litt.D. in 4 Volumes. Volume 1. Attica
and Corinth, Cambridge, MA, Harvard University Press; London, William
Heinemann Ltd., 1918)
[6] In dictione Mileto. (Aldrovandi) § Conrad Gessner ha invece “in dictione Melitus”, e Melitus corrisponde al greco Mélitos del lessico Suida.
[7] Inseriamo a questo punto il rimanente testo di Conrad Gessner che è stato drasticamente amputato da Aldrovandi nonostante abbia fedelmente ricopiato la precedente parte ricavata da Gessner. Se così non facessimo, la citazione di Timagora e Melete rimarrebbe quasi senza senso.