Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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[269]
Tota denique castrensis disciplina Galli imagine denotari potest.
Cristam enim pro galea, calcaria pro ense gerit, excubias cantu testatur,
pugnat acie aperta, absque insidiis hostem invadit, caudae erectione
vexilla imitatur, victoriam cantu, triumphumque ostendit. |
Infine
tutta quanta la disciplina della vita militare può essere
contrassegnata dall’immagine del gallo. Infatti al posto del cimiero
porta la cresta, gli speroni al posto della spada, col canto attesta i
servizi di guardia, combatte in campo aperto e attacca il nemico senza
tranelli, con l’erezione della coda imita i vessilli, dichiara la
vittoria e il trionfo con il canto. |
HIEROGLYPHICA. |
SIMBOLOGIE |
Victoriae
hieroglyficum erat Gallinaceus Gallus. Hinc Lacedaemonii, ut apud
Plutarchum[1]
est, cum hostem viribus profligassent, Gallum immolabant. Alibi[2]
etiam idem Spartanos scribit ante Leutricam cladem Gallum immolasse. Sed
quid illud sibi vult, quod Harpocratem silentii Deum Galli Gallinacei
vocalissimae alioquin alitis guttur sinistro cubito prementem
depingerent? Id sane mysterio
carere minime putandum est. Cum enim Gallus maximum sui usum hominibus
praestet, cantu suo quotidianas docens oportunitates, et ea ratione is
habeatur veluti magister quidam operum omnium per horas distribuendorum;
sic Harpocrates otium quaerere dicebatur, et omnium operum externorum
vacationem, itaque non permittit Gallo, ut hoc excitandi ad labores
munere fungatur, et ideo quemadmodum digito sua labia compescit, ita
huic cubito guttur coercet. |
Il
gallo era un simbolo della vittoria. Per cui gli Spartani,
come si trova in Plutarco,
quando avevano sconfitto i nemici con le proprie forze, immolavano un
gallo. In un altro punto lo stesso scrive che gli Spartani immolarono un
gallo prima della sconfitta di Leuttra.
Ma che cosa significa il fatto che rappresentavano Arpocrate
il dio del silenzio nell’atto di comprimere con il gomito sinistro la
gola del gallo che d’altra parte è un uccello che canta moltissimo?
Ma non bisogna assolutamente pensare che ciò non sia privo di mistero.
Dal momento che il gallo offre agli esseri umani un grandissimo impiego
di se stesso, informando con il suo canto sui momenti giusti della
giornata, e che per tale motivo viene ritenuto come un maestro di tutte
le attività che vanno distribuite nell’arco delle ore; così si
diceva che Arpocrate richiedeva il riposo e l’astensione da tutte le
attività esterne, e pertanto non permette al gallo di adempiere a
questo compito di incitare alle attività, e perciò come lui comprime
le sue labbra con il dito, così gli serra la gola con il gomito. |
Sed
interroget quis, si nulla huius avis utilitas sit ad ea vel praestanda,
vel iuvanda, quae Harpocratis symbolo denotantur, cur ad partes vocetur?
Cur non potius, ut nihil ad rem faciens omittatur, perinde ac Picae,
Corniculae, Grac{c}uli, Philomelae, et {caetera} <ceterae> id
genus aviculae, aut garrulae, aut canorae? Et certe si nocturnum quaeratur silentium, Luscinia
potius quam Gallus compesci debuisset, quod ea sola totas fere noctes
canendo ducat insomnes; hic vix ter stridulam, et minime durantem vocem
exhalet. Est quidem hoc, verum ut ante[3]
ostendimus, Gallus animal solare est, et inter omnia solaria tenet
principatum, adeo ut non frustra videatur erigere cristas. Igitur
diligenter diurni temporis vices observans, atque homines ad agendum
incitans, non potuit apud Harpocratem asymbolus manere. Cum enim maxima
cupiditate id quod quiescens agit, agere videatur, ut Cupidinis arma
declarant, quid gratius habere potuisset, quam animal sub cubito tenere,
in cuius gutture iam vocem moliente sentiretur tacitum, et internum
incitamentum? Quanvis enim vocem edere nequiret, urgebatur tamen ad
vocem: et quod exterius praestare non posset, id musculis, et vocalibus
instrumentis moliebatur: quod facile erat ei sentire, qui cubito guttur
pressum teneret. Gallus igitur hic sic positus est, ut non cantet ille
quidem, nec silentium rumpat, sed usum tamen illum praestet, ut tacita
corporis molitione solaris cursus det significationem. |
Ma
qualcuno potrebbe chiedere: se non esiste alcuna utilità di questo
uccello per mostrare o per aiutare quelle cose che vengono espresse dal
simbolo di Arpocrate, perché è chiamato a prenderne parte? Affinché
non venga omesso nulla che attiene all’argomento, perché non chiamate
piuttosto a farne parte parimenti le gazze, le cornacchie, i corvi, gli
usignoli, e gli altri uccellini di questo genere garruli o canori? E
senza dubbio se si desidera un silenzio notturno, si sarebbe dovuto
eliminare l’usignolo anziché il gallo, in quanto solo il primo
cantando rende quasi tutte le notti insonni, mentre il secondo emette
appena tre volte una voce stridula e che dura pochissimo. Come in
precedenza abbiamo dimostrato, questa è in effetti una verità, che il
gallo è un animale solare, e fra tutti gli animali solari detiene il
primato, tant’è che non sembra ergere le creste senza ragione.
Pertanto, osservando attentamente l’avvicendarsi del tempo diurno, e
incitando gli esseri umani ad agire, non gli fu possibile rimanere per
Arpocrate come uno che non paga la sua quota. Infatti dal momento che
uno che sta riposando sembra che faccia con estrema cupidigia ciò che
compie, come dimostrano le armi di Eros
- o Cupido, che cosa avrebbe potuto avere di più gradito che tenere un
animale sotto al gomito, nella cui gola che già stava preparando la
voce veniva percepito un stimolo silenzioso e interno? Infatti
nonostante non riuscisse a emettere la voce si ostinava tuttavia a
emettere la voce, e siccome non gli era possibile farlo all’esterno,
la preparava con i muscoli e con gli strumenti vocali: il che era facile
da percepire per colui che teneva stretta la gola con il gomito.
Pertanto in questa raffigurazione il gallo è posizionato in maniera
tale da non poter cantare e da non rompere il silenzio, ma tuttavia che
possa offrire quell’impiego per dare un’indicazione del percorso del
sole attraverso un tacito sforzo del corpo. |
Quia
vero Gallus, inquit Pierius Valerianus[4],
a prima mediae noctis inclinatione {explandentibus} <explaudentibus>,
ut Lucretius[5]
ait, alis Auroram
clara consuetus voce vocare matutino
crepusculo, matutinis astris Deum item laudantibus quotidie commodulatur,
excubiarum, et vigiliarum signum apud antiquos fuit, eaque de causa
Mercurio dicatus ferebatur. |
Giovan
Pietro Bolzani
dice che poiché il gallo a partire dal primo volgere della mezzanotte
sbattendo le ali, come dice Lucrezio È
solito chiamare l’aurora con voce squillante dà
tutti i giorni il ritmo al crepuscolo del mattino e agli astri del
mattino che parimenti lodano Dio, presso gli antichi fu il simbolo dei
servizi e dei turni di guardia, e per tale motivo si diceva che era
sacro a Mercurio. |
Et
rursus: Neque praetereundum est illud, quod ex imagine Gallinacei
impietas ipsa hieroglyphice figuratur. Is enim matrem salit, ut
Hippopotamus: et patrem etiam immaniter incessit: eaque de causa
sapientissimi legum latores Gallum una cum vipera, simia, et cane in
parricidae culeum[6]
includendum censuerunt, ut qui eius criminis rei sunt eodem supplicio
simul afficerentur, et poenas pares luerent. Notum illud apud
Aristophanem, quod {Philippides} <Phidippides>, qui patrem
verberaverat, exemplo Galli factum tuetur suum: patrem enim ille male
mulctat. |
E
poi: Né bisogna tralasciare che attraverso l’immagine del gallo viene
simbolicamente rappresentata l’empietà stessa. Infatti lui si
accoppia con la madre come l’ippopotamo: e assale in modo terribile
anche il padre: e per tale motivo i sapientissimi legislatori
decretarono che il gallo venisse rinchiuso nel culleo
del parricida insieme alla vipera, alla scimmia e al cane, affinché
coloro che sono colpevoli di quel crimine subissero insieme lo stesso
supplizio e scontassero la stessa pena. In Aristofane
- Le nuvole - è celebre il fatto che Fidippide,
che aveva percosso il padre - Strepsiade
- sull’esempio del gallo salvaguarda il proprio interesse: infatti
punisce malamente il padre. |
Mulierem
tribadem, vel quae maris officium aggredi non erubescit, vel etiam, quae
viro dominari affectat, per Gallinam, quae cristam, caudamque erigit,
cuique etiam parva calcaria prominent, intelligi veteres tradiderunt. Ea
siquidem ubi marem, quod nonnullae faciunt, pugnando vicerit,
cucu<r>rire incipit, et exemplo marium tentat coitu supervenire,
Gallinasque reliquas perinde ac si rem peragere possit, solicitat, {at}
<et>[7]
saliendo fatigat, cristam caudamque tollit, ac ea incedit specie, ut non
facile inde sit, utrum mas, an faemina sit, internoscere. |
Gli
antichi hanno tramandato che una donna lesbica, o quella che non si
vergogna di intraprendere il compito di un maschio, o anche quella che
simula di essere dominata da un uomo, viene intesa come una gallina, che
erge la cresta e la coda e alla quale sporgono anche dei piccoli
speroni. E poi se per caso, cosa che alcune fanno, ha sconfitto il
maschio combattendo, comincia a fare chicchirichì, e sull’esempio dei
maschi cerca di scopare, e incalza le altre galline come se potesse
realizzarlo, ma scopando le rende spossate, erge la cresta e la coda, e
cammina con un fare che non è facile dedurne se si tratti di un maschio
o di una femmina. |
Virum
vero, qui opulentissimas divitias dilapidavit, et, ut apud Horatium est[8],
res maternas, atque paternas fortiter absumpsit, significare volentes,
Gallinam aureos nummos depascentem pingunt: de qua miraculum illud
proditur[9],
quod si auro liquescenti eius membra misceantur, illud in carnes eius
consumi deprehendatur, atque ita sit, ut Gallina sit auri venenum. |
Ma
quando vogliono indicare un uomo che ha dilapidato delle enormi
ricchezze e, come sta scritto in Orazio,
ha profondamente dissipato gli averi della madre e del padre, disegnano
una gallina che sta mangiando delle monete d’oro: a proposito della
quale si tramanda quel miracolo per cui se all’oro mentre sta fondendo
ne vengono mescolati dei pezzi, esso viene catturato per essere
assorbito all’interno delle sue carni, e sarebbe per questo motivo che
la gallina sarebbe un veleno dell’oro. |
Coniectores
autem autumant eum, qui per somnium Gallinarum gregem ad se venientem,
et domum ingredientem inspexerit, et divitiis, et honoribus auctum iri:
quin etiam addunt, si per quietem ita visae Gallinae pusillae admodum
apparuerint, earundem rerum tenuitatem praesagiri. Qui fabulas
delectabili philosophandi genere commenti sunt, {Sirenas}
<Sirenes> confinxere blanditiis amatoriis, et voluptuosa nequitia
[270] homines ad se trahere, illecebrisque irretire, ita ut apud eas
mollitudinis omnifariae luto inhaesitantes foede computrescerent. |
Ma
gli interpreti dei sogni sostengono che colui che in sogno ha visto un
gruppo di galline dirigersi verso di lui ed entrare in casa, crescerà
in ricchezze e onori: ma anzi aggiungono che, se durante il sonno le
galline così viste appariranno estremamente piccole, si prevede una
penuria di quelle stesse cose. Coloro che si sono inventati delle favole
che appartengono al piacevole genere del filosofeggiare, hanno inventato
che le Sirene
attraggono a sé gli esseri umani con lusinghe amorose e con una
dissolutezza voluttuosa, e che li irretiscono con delle lusinghe,
cosicché coloro che presso di loro si trovano invischiati in ogni tipo
di seduzione vanno in putrefazione in modo orribile. |
[1]
Vite parallele, Marcello
22,5: And it is worth our while to notice that the Spartan lawgiver
appointed his sacrifices in a manner opposite to that of the Romans. For in
Sparta a returning general who had accomplished his plans by cunning
deception or persuasion, sacrificed an ox; he who had won by fighting, a
cock. For although they were most warlike, they thought an exploit
accomplished by means of argument and sagacity greater and more becoming to
a man than one achieved by violence and valour. How the case really stands,
I leave an open question. (Loeb Classical Library, 1917)
[2]
Vite parallele, Agesilao:
Agesilaus being now in years, gave over all military employments; but his
son, Archidamus, having received help from Dionysius of Sicily, gave a great
defeat to the Arcadians, in the fight known by the name of the Tearless
Battle, in which there was a great slaughter of the enemy without the loss
of one Spartan. Yet this victory, more than anything else, discovered the
present weakness of Sparta; for heretofore victory was esteemed so usual a
thing with them that for their greatest successes they merely sacrificed a
cock to the gods. (translated by John Dryden)
[3] A pagina 265.
[4] Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum literis commentarii lib. 24. (Aldrovandi)
[5] De rerum natura IV,712-713: Quin etiam gallum noctem explaudentibus alis | auroram clara consuetum voce vocare, [...]
[6][6] Aldrovandi ha già parlato del culleo a pagina 236 e 240.
[7] Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum literis commentarii lib. XXIV – Tribas Cap. XI: [...] et saliendo defatigat [...] (Hieroglyphica, Sive De Sacris Aegyptiorum Aliarumque Gentium Literis Commentarii - Francofurti ad Moenum Sumptibus Christiani Kirchneri, Typis Wendelini Moewaldi, 1678).
[8] Epistulae I, XV,26-28: Maenius, ut rebus maternis atque paternis | fortiter absumptis urbanus coepit haberi | scurra, vagus non qui certum praesepe teneret,[...].
[9] Già a pagina 243 viene citato questo miracolo, e la fonte è Plinio, Naturalis historia XXIX,80: Non praeteribo miraculum, quamquam ad medicinam non pertinens: si auro liquescenti gallinarum membra misceantur, consumunt id in se; ita hoc venenum auri est. at gallinacei ipsi circulo e ramentis addito in collum non canunt.