Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

272

 


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[272] AENIGMATA.

INDOVINELLI

Poetarum nostri aevi coryphaeus Scaliger de Gallina bina haec condidit aenigmata: quorum primum tale est.

Cui lux ante diem, tenebrae sunt ante tenebras,

Sic {utrunque} <utrumque> simul sedula segnis erit.

Quaerere posterius, natone, priusve parente

Possumus, hoc quod nunc est quod et ante fuit.

Fit melior peior, generique tuoque suoque:

Sed peior melior post modo vita tibi est.

Giulio Cesare Scaligero, corifeo dei poeti del nostro secolo, ha formulato questi due indovinelli sulla gallina, il primo dei quali suona così:

Colei che ha la luce prima del giorno, ha le tenebre prima delle tenebre,

Così sarà allo stesso tempo sia zelante che pigra.

Possiamo chiederci se il genitore è nato prima o dopo,

Questo che c’è adesso c’è stato anche prima.

La peggiore diventa migliore, sia per la tua che per la sua discendenza:

Ma almeno successivamente la vita peggiore per te è la migliore.

Etsi in primis Gallo istaec omnia, ac ea in primis, quae priori disticho dicuntur, competant, maluit tamen poeta id de Gallina dixisse, quod ea, non autem Gallus ad mensas lautiores saginetur. Est vero primi distichi sensus: Cum hoc animal lucem ante diem, et noctem ante noctem agnovit, non tamen ante lucem ad pastum, nec ante noctem ad quietem sese recipit; ad utrumque opus merito deses dicitur: etsi alias naturaliter sedula, quo enim noctu in tenebris sese recipiat? Cur longe ante noctem vesperi cubitum eat? Secundum ad communem eam tritamque quaestionem, quam nos etiam antea[1] obiter attigimus, alludit, nempe num Gallina prius, an ovum extiterit. Tertium mea quidem sententia ita intelligendum: Quae Gallina pinguior, et esui aptior est, ea tuo, suoque generi, hoc est, soboli nasciturae, quae tam tua est, quam eius, peior est aliis, quia scilicet Gallinam occidendo spem futurae prolis auferas: atque ita haec suae, tuaeque proli peior est, et tibi melior postea vita, quoniam scilicet tam lauto cibo nutritus vitae tuae incolumitati consulas.

Anche se innanzitutto tutte queste cose, e soprattutto quelle che vengono dette nel primo distico, riguardano il gallo, tuttavia il poeta ha preferito dirlo a proposito della gallina, in quanto è lei, e non il gallo, a venir ingrassata per le mense più laute. In verità il significato del primo distico è questo: Siccome questo animale ha riconosciuto la luce prima del giorno e la notte prima della notte, tuttavia non si dedica al cibo prima della luce, né al riposo prima della notte, giustamente viene detto pigro nei riguardi di ambedue le attività: anche se per altri versi l'animale è per natura zelante, a che scopo infatti si rifugerebbe nottetempo nelle tenebre? Perché andrebbe ad appollaiarsi di sera molto prima della notte? Il secondo distico allude a quell’argomento comune e trito che anche prima abbiamo toccato per inciso, e cioè se sia esistita prima la gallina o l’uovo. Il terzo distico a mio avviso va inteso così: Quella gallina che è più pingue, e più adatta a essere mangiata, essa è peggiore delle altre per la tua e la sua discendenza, cioè per la prole che nascerà, che è tanto tua che sua, in quanto è evidente che uccidendo la gallina annulli la speranza di una prole futura: e così costei è peggiore per la sua e la tua prole, e successivamente per te la vita sarà migliore, in quanto è ovvio che nutrito da un così lauto cibo puoi provvedere all’incolumità della tua vita.

aliud

Magnanimam gentem imbelli de pectore promet.

Tantum posteriora piger tibi textor habeto

Quae tamen ut sapido lucro tibi prima putabit.

Magnanimam Galli. Posteriora Lina. Prima posteriora Gallinae.

Secondo indovinello

Trarrà fuori da un cuore imbelle una stirpe magnanima.

O pigro tessitore tieni per te solo le parti posteriori

Che tuttavia lei giudicherà come primizie a causa di un gustoso guadagno per te.

Magnanima = del gallo. Parti posteriori = tessuti. Primizie = parti posteriori della gallina.

EPITAPHIUM.

EPITAFIO

In Gallinaceum Anytes epitaphium in epigrammati{bu}s Graecis[2].

 Οὐκ ἔτι μὡς τὸ πάρος πυκιναῖς πτερύγεοσιν ἐρέοσων

Ὄρσεις δ’Εὐνῆς, ὄρθριος ἐγρόμενος.

Ἧ γὰρ σ'ὑπνώοντα σίνις λἀτρηδὸν ἐπελθὼν

Ἔκτεινεν λαιμῷ ῥίμφα καθεὶς ὄνυχα.

Epitafio di Anite dedicato al gallo, contenuto tra gli epigrammi greci:

Ouk éti m'høs tò páros pykinaîs pterýgessin eréssøn

Órseis ex Eunês, órthrios egrómenos.

Ê gàr s'hypnøonta sínis lathrëdòn epelthøn

Ékteinen laimøi rhimpha katheìs ønycha.

Non più ti svegli così presto, non batti con fitte ali | come prima e mi spaventi su dal letto: Ah! Ti | uccise un ladro, che di nascosto ti avvicinò nel sonno e | ti abbattè le sue unghie nella gola all'improvviso.

APOPHTHEGMATA.

SENTENZE

Platonem legimus hominem definivisse animal {biceps} <bipes>[3] sine plumis: Diogenem vero Cynicum irridendi gratia in academiam eius Gallinaceum deplumatum immisisse, hunc hominem Platonis esse inclamitando, quare postea Platonem πλατυόνυχον, id est latis unguibus praeditum, differentiae causa addidisse.

Leggiamo che Platone definì l’essere umano un animale a due zampe senza piume: e Diogene Cinico per beffarsi di lui gettò nella sua Accademia un gallo spiumato, gridando che questo era l’uomo di Platone, per cui successivamente Platone per differenziarlo - dal gallo - aggiunse platyónychon, cioè fornito di unghie larghe.

Diogenes Cynicus {citharaedum} <citharoedum>, qui quoties canebat, ab auditoribus deserebatur, obvium ita salutabat; Salve Galle. Quum ille offensus salutationis novitate diceret, Quid ita? Quoniam, inquit, cantu tuo excitas omnes. Iocum captavit ex ambiguitate verbi Graeci. Ἀναγείρειν enim dicitur, et qui excitat dormientem, quod solent Galli Gallinacei male canentes, et qui sedentem excitat, ut surgat, ut ille solet.

Diogene Cinico, quando lo incontrava, salutava così un citaredo che tutte le volte che cantava veniva abbandonato dagli ascoltatori: Salve o gallo. Per cui lui, colpito dalla novità del modo di salutare, avrebbe detto: Perché così? Diogene disse: perché col tuo canto svegli tutti. Dedusse la burla dall’ambiguità di una parola greca. Infatti si dice anageírein sia quando qualcuno sveglia uno che dorme, come sogliono fare quei galli che cantano male, sia quando qualcuno fa alzare uno che sta seduto, come lui – il citaredo - è solito fare.

C. Iulius Hel<v>io (alii apophthegma hoc Crasso ascribunt) mancipi saepius obstrepenti sibi dixit, etiam ostendam qualis sis: et Hel<v>io instanti, ut ostenderet, qualis esset, Iulius digito demonstravit Gallum in Mariano scuto Cimbrico depictum, nodis distortum, erecta lingua, buccis fluentibus, cui manceps tunc simillimus est visus. Taberna autem erat apud forum, ac scutum illud signi gratia positum[4]. Ingens omnium risus {consequutus} <consecutus> est.

Gaio Giulio Cesare (altri riferiscono questa battuta a Lucio Licinio Crasso) disse all’impresario di opere pubbliche Elvio, che piuttosto frequentemente lo importunava schiamazzando, ti farò anche vedere come sei: e Giulio mostrò col dito a Elvio che lo incalzava un gallo raffigurato su uno scudo che Gaio Mario aveva conquistato ai Cimbri, deformato da nodi, con la lingua eretta, le guance cascanti, al quale l’impresario in quel momento sembrò assai somigliante. Nelle vicinanza del Foro c’era una bottega e quello scudo vi fu messo per insegna. Ne seguì un’enorme risata da parte di tutti.


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[1] A pagina 219.

[2] L. 3 sect. 24. (Aldrovandi) - Vedere Antologia Palatina. § Lo stesso epigramma è riportato da Conrad Gessner Historia animalium III (1555) a pagina 407: Epitaphium Anytes in gallinaceum, Epigrammatum Graecorum lib. 3. sect. 24. Οὐκ ἔτι μὡς τὸ πάρος πυκιναῖς πτερύγεοσιν ἐρέοσων | Ὄρσεις δ’Εὐνῆς, ὄρθριος ἐγρόμενος. | Ἧ γὰρ σ'ὑπνώοντα σίνις λἀτρηδὸν ἐπελθὼν | Ἔκτεινεν λαιμῷ ῥίμφα καθεὶς ὄνυχα.

[3] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 407: Platonem legimus hominem definivisse animal bipes, sine plumis: et cum Diogenes Cynicus irridendi gratia in academiam eius gallinaceum deplumatum immisisset, hunc hominem Platonis esse clamitans, illum postea platyónychon, id est latis unguibus praeditum, differentiae causa addidisse.

[4] Cicerone De Oratore II,266: Valde autem ridentur etiam imagines, quae fere in deformitatem aut in aliquod vitium corporis ducuntur cum similitudine turpioris: ut meum illud in Helvium Manciam "iam ostendam cuius modi sis," cum ille "ostende, quaeso"; demonstravi digito pictum Gallum in Mariano scuto Cimbrico sub Novis distortum, eiecta lingua, buccis fluentibus; risus est commotus; nihil tam Manciae simile visum est; ut cum Tito Pinario mentum in dicendo intorquenti: "tum ut diceret, si quid vellet, si nucem fregisset." - Quintiliano Institutio oratoria VI,3,38: Rarum est ut oculis subicere contingat, ut fecit C. Iulius: qui cum Helvio Manciae saepius obstrepenti sibi diceret: "iam ostendam qualis sis", isque plane instaret interrogatione qualem tandem se ostensurus esset, digito demonstravit imaginem Galli in scuto Cimbrico pictam, cui Mancia tum simillimus est visus: tabernae autem erant circa forum ac scutum illud signi gratia positum.