Lessico
Parti
Guerriero
catafratto Parto rivestito di catafratta
armatura costituita da una maglia di ferro ricoperta di scaglie o placche
metalliche
mentre combatte contro un leone.
Londra
- British Museum.
Popolo seminomade dell'antico Iran che, secondo la tradizione, intorno alla metà del sec. III aC, guidato da Arsace, si stabilì nella Partia (donde il nome), una regione settentrionale dell'Iran. Falliti i tentativi dei Seleucidi di riconquistare la Partia (228 e 208 aC), Mitridate I passò all'offensiva nei decenni intorno al 150 conquistando i territori che si estendono dalla Mesopotamia all'India. Mentre poterono respingere facilmente gli ultimi contrattacchi dei Seleucidi, i Parti furono impegnati duramente dai nomadi Saci.
L'eredità dei Seleucidi fu raccolta dai Romani, che a partire dal primo decennio del sec. I aC divennero gli antagonisti dei Parti. La lotta tra i due imperi conobbe fasi alterne, spesso legate, sul versante partico, a contese dinastiche e alla pressione dei nomadi sui confini orientali. Nel 53 aC Crasso, che si era intromesso nella lotta di successione tra Orode II e Mitridate III e che aveva invaso la Mesopotamia, fu sconfitto e ucciso a Carre (antica città della Mesopotamia, presso l'odierno villaggio turco di Haran); una quindicina di anni dopo toccò al parto Pacoro, che era entrato in Siria, subire una serie di pesanti sconfitte a opera di Ventidio Bosso (39-38 aC).
Ma nel 34 aC Antonio fallì nell'impresa di cacciare i Parti dall'Armenia. Seguirono con Augusto anni di relazioni pacifiche, interrotte però nel 35 dC da una crisi legata al problema dell'Armenia, stato-cuscinetto tra i due imperi; i Romani se ne assicurarono il controllo nel 63. Nuove offensive romane si ebbero sotto Traiano (114-116), Marco Aurelio (163-166) e Settimio Severo (197-198): per due volte fu distrutta la capitale Ctesifonte (sul fiume Tigri, di fronte all'antica Seleucia, 32 km a SE di Baghdad).
Nel 216 Caracalla penetrò nella Media, ma gli eserciti romani finirono poi per essere debellati. Circa otto anni dopo Artabano V, l'ultimo dei sovrani dei Parti, fu ucciso da Ardashir I, il fondatore della dinastia dei Sassanidi o Sasanidi, dinastia che regnò sulla Persia dal 224 al 636 e che prese il nome da Sasan, antenato del fondatore Ardashir I il quale, dopo aver sconfitto Artabano V, assunse nel 224 il titolo di “Re dei re” e nel 226 occupò Ctesifonte, facendone la capitale dell’impero.
L'impero dei Parti fu uno Stato feudale dominato da grandi famiglie. Tolleranti in materia religiosa, i Parti subirono una forte influenza ellenistica. A partire dal sec. I dC si appoggiarono maggiormente sulle tradizioni iraniche, preparando così la strada alla rinascita religioso-nazionale dei Sassanidi.
Parti
Cavalere
Parto
Torino - Palazzo Madama
La dinastia arsacide regnò sul popolo dei Parti in Persia dal 253 aC al 224 dC, quando fu soppiantata dai Sasanidi. L'impero parto, così chiamato dalla regione originaria della dinastia, la Partia, si estendeva su tutto l'Iran, l'Iraq, l'Armenia e su parte del Caucaso e dell'Asia Centrale. L'impero dei Parti costituì sempre una seria minaccia per l'Impero romano fino alla caduta degli Arsacidi per opera dei Sasanidi.
La Partia era una regione del Medio Oriente che più o meno corrispondeva all'attuale parte nord-orientale dell'Iran (a sud-est del Mar Caspio). Il clima caldo, l'ambiente quasi totalmente montuoso e occupato da steppe non erano molto adatti all'agricoltura e per questa ragione l'economia della popolazione di questa regione era basata essenzialmente sulla pastorizia e sui commerci con l'Oriente (era infatti una zona di transito per la Via della Seta).
Un tratto della Via della Seta - in nero. Descritta in parte anche da Marco Polo, percorsa da tempi immemorabili da lunghe carovane per mezzo delle quali non solo merci di valore, ma anche culture e religioni, piante e animali si diffusero da est a ovest e viceversa. Partendo da Singan-fu (l'antica capitale della Cina) e più tardi da Pechino, la Via della Seta, protetta dalla Grande Muraglia, attraversava il passaggio obbligato della Porta di Giada (che metteva in comunicazione le alte vallate della Cina con gli altopiani centro-asiatici). L’abituale punto di partenza sul confine della Cina vera e propria era Tunhuang. Poi la pista si divideva in due rami, di cui uno scorreva a sud e l’altro a nord del deserto di Taklamakan, e che si ricongiungevano a Kashgar, continuando poi attraverso il Pamir fino a Samarcanda e quindi a Merv. Un’altra pista meno frequentata, e utilizzabile solo quando l’Asia Centrale di trovava in condizioni di pace eccezionali, partiva da Anhsi e passava a nord dei monti T’ienshan, per ricongiungersi con la carovaniera principale a Kokand. (da Il Grande Atlante storico, Mondadori-The Times, 1979 - modificato)
La Partia era originariamente una Satrapia (divisione amministrativa ) dell'Impero persiano che venne conquistata da Alessandro Magno intorno al 330 a.C. Dopo la caduta della dinastia achemenide ad opera di Alessandro Magno, la Persia fu governata dai Seleucidi. Dopo la morte di Alessandro Magno, il governo della Partia fu affidato a Nicanor, alla Spartizione di Babilonia nel 323 aC. Alla Spartizione di Triparadiso nel 320 aC il governo della Partia venne affidato a Filippo. A Filippo successe Peitone.
Dal 311 aC la Partia divenne parte dell'Impero seleucide, venendo governata da vari satrapi (nome attribuito ai governatori delle circoscrizioni amministrativo-militari) sotto un re seleucide. Lo scarso interesse di questi monarchi per i loro territori orientali si concretizzò subito nello spostamento della capitale da Seleucia, in Mesopotamia, ad Antiochia, in Siria, accentuando quindi la divisione tra l'elemento greco e quello persiano dell'impero. Ne approfittarono alcuni satrapi delle province più orientali, Partia e Battriana, che si resero indipendenti.
Moneta di Andragora
Andragora (m. 238 aC) fu l'ultimo satrapo Seleucide della provincia di Partia, sotto i regni di Antioco I Sotere e Antioco II Theos (Giustino, XII. 4). Andragora approfittò del fatto che i seleucidi erano impegnati in un conflitto con l'Egitto per ottenere l'indipendenza dall'Impero seleucide.
Nel frattempo la tribù nomade scitico-iranica dei Parni, guidata dal loro re
Arsace I, invase la Partia, rovesciò Andragora nel 238 aC e si impadronì
della nazione.
« Hic solitus latrociniis et rapto vivere accepta opinione Seleucum a Gallis
in Asia victum, solutus regis metu, cum praedonum manu Parthos ingressus
praefectum eorum Andragoran oppressit sublatoque eo imperium gentis invasit.
» (IT)
« (Arsace) era dedito a una vita di saccheggi e di ruberie quando, ricevuta
la notizia della sconfitta di Seleuco contro i Galli, non avendo più paura
del re, attaccò i Parti con una banda di predoni, rovesciò il loro prefetto,
e, dopo averlo ucciso assunse il comando sulla nazione » (Giustino, xli. 4)
Una spedizione seleucide contro di loro si risolse in un disastro che consentì ai Parni di conseguire il controllo dell'Ircania. Il primo re dei Parti (come furono da allora chiamati i Parni) fu il già citato Arsace I, che stabilì la capitale a Hecatompylos.
Nel 209 aC il re seleucide Antioco III il Grande invase la Partia e occupò la capitale Hecatompylos. Il re parto Arsace II firmò un trattato di pace in cui i Parti, oltre a riconoscere la supremazia dei re seleucidi, si impegnavano anche a pagare un tributo come vassalli. Antioco III in seguito si mosse più a est in Battriana, dove combatté il re dei Greco-battriani Eutidemo I per tre anni, e si diresse poi verso l'India.
Moneta di Mitridate I
Dopo la morte di Antioco III il Grande, i Parti avviarono una nuova fase di espansione. Mitridate I conquistò il regno di Battriana e si volse quindi a ovest conquistando la Mesopotamia (141 aC), la Media e l'Elam (138 aC). Nel 139 aC catturò addirittura il monarca Seleucide Demetrio II Nicatore, tenendolo in cattività per 10 anni.
A partire dal 130 aC circa i Parti dovettero subire numerose incursioni da parte dei nomadi Sciti, nel corso delle quali i re Fraate II e Artabano I vennero successivamente uccisi. Gli Sciti invasero di nuovo la Partia intorno al 90 aC mettendo sul trono parto Sanatruce, un re nominato da loro.
Ciò che dell'impero seleucide non fu conquistato dai Parti, fu assorbito dai Romani, con i quali gli Arsacidi conclusero un trattato che stabiliva il fiume Eufrate quale confine tra i due imperi. Il conflitto tra le due potenze era però inevitabile e nel 53 aC Marco Licinio Crasso, in cerca disperata di oro per finanziare le campagne militari romane, guidò contro i Parti una spedizione che si concluse con la disastrosa sconfitta di Carre (odierna Haran, nella Turchia sudorientale) ad opera del generale Surena. Fu l'inizio di un conflitto che durò almeno tre secoli.
L'impero dei Parti alla sua massima espansione - ca 60 aC
I Parti utilizzavano in combattimento unità di cavalleria pesante corazzata, i catafratti, appoggiata da arcieri a cavallo. Ai Romani, che si affidavano alla fanteria pesante, ciò causò notevoli problemi. La mancanza di fanteria, d'altro canto, non permetteva ai Parti di assediare i centri abitati, ben difesi dai Romani. Questo spiegherebbe la situazione d'equilibrio che si verificò almeno inizialmente.
Negli anni successivi alla battaglia di Carre i Romani vennero divisi da una guerra civile in due fazioni: i seguaci di Gneo Pompeo Magno e quelli di Giulio Cesare; per questo in quegli anni non ci furono guerre tra Parti e Romani. Alla fine Cesare uscì vittorioso dalla guerra contro Pompeo e salì al potere. Cesare aveva intenzione di condurre guerra ai Parti, ma questo non si realizzò a causa del suo assassinio, che tra l'altro condusse a un'altra guerra civile. Il generale romano Quinto Labieno, che aveva supportato gli assassini di Cesare, avendo paura di venire sconfitto e condannato a morte dagli eredi di Cesare, Marco Antonio e Ottaviano (poi Augusto), si alleò con i Parti. Nel 41 aC la Partia, guidata da Labieno, invase Siria, Cilicia e Caria e attaccò la Frigia in Asia Minore. Un secondo esercito intervenne in Giudea e catturò il suo re Ircano II. I saccheggi furono immensi, ma vennero usati bene: il Re Fraate IV li investì per costruire Ctesifonte.
Nel 39 aC Antonio mandò il generale Publio Ventidio Basso e alcune legioni a riconquistare i territori perduti. Pacoro I, figlio del re parto Orode II, venne ucciso insieme a Labieno, e l'Eufrate tornò di nuovo a essere il confine tra i due imperi. Per vendicare la morte di Crasso, Antonio invase la Mesopotamia nel 36 aC con la Legione VI Ferrata e altre unità. Con l'aiuto della cavalleria, Antonio raggiunse l'Armenia, ma la campagna si concluse con un nulla di fatto.
La campagna militare di Antonio fu seguita da una pausa delle lotte tra i due imperi poiché a Roma scoppiò un'altra guerra civile. Quando Ottaviano sconfisse Marco Antonio e salì al potere, ignorò i Parti, essendo più interessato all'occidente. Il suo genero e futuro successore Tiberio Claudio Nerone negoziò un trattato di pace con Fraate IV nel 20 aC.
Catafratto parto mentre combatte contro un leone
Londra - British Museum
Nel frattempo, intorno all'anno 1, i Parti rivolsero la loro attenzione alla valle dell'Indo, dove iniziarono la conquista dei regni di Gandhara. Uno dei comandanti Parti fu Gondofare, re di Taxila; secondo un'antica e diffusa leggenda cristiana, fu battezzato dall'apostolo Tommaso.
Quando il regno d'Armenia divenne vassallo di Roma (seconda metà del I secolo), il re parto Vologase I vi mise sul trono un principe da lui nominato, provocando l'immediata reazione di Nerone, che invase l'Armenia. Si giunse a un accordo, che però durò fino al 110: il re di Armenia sarebbe stato un principe parto ma la sua nomina a re doveva essere approvata dai Romani.
Durante il I secolo aC i Parti iniziarono a fare incursioni nei territori orientali che erano stati occupati dagli Indosciti e dagli Yuezhi. I Parti annessero parte della Battriana e il Pakistan, dopo aver sconfitto monarchi locali come Kujula Kadphises, imperatore dell'impero kushano, nella regione di Gandhara. Intorno al 20 la Partia perse però questi territori per iniziativa di Gondofare (uno dei conquistatori parti) che dichiarò la sua indipendenza dall'Impero Partico e fondò in questi territori il Regno Indo-parto.
Nel 50 dC Nerone inviò il Generale Domizio Corbulone a sedare alcuni conflitti che si andavano sistematicamente diffondendo nel regno dei Parti. In realtà fino al 60 dC non vi fu una vera guerra se non piccole scaramucce. Nel 60 fu collocato al trono dei Parti re Tigrane IV il quale però non era molto condiscendente con i Romani di Corbulone, fino a che attraverso un accordo di protettorato assurse al trono il fratello di Tigrane, Tiridate I il quale, nel 64 dC fu invitato a Roma da Nerone che lo incoronò re dei Parti con grandi onori: l'Evento si connetteva con i festeggiamenti del 300° anniversario della prima chiusura delle porte del Tempio di Giano Gemino. Nerone, garantendo una ecumenica pace in tutto l'impero, aveva raggiunta la gloria che spettava, alla guisa di Alessandro il Grande, all'Imperator Pacator. Fece così coniare una moneta fregiandosi, per primo e per la prima volta imperatore. Sul dritto appare la figura di Nerone con il mento all'insù, la testa laureata, e con la scritta: IMP NERO CAESAR AUG GERM; sul rovescio appare il tempio di Giano Gemino a porte chiuse con la scritta: P.R. UBI PARTAIANUM CLUSIT PACE SC (Senatus consulto)
Nel 110 Vologase III cercò di conquistare il regno caucasico. L'imperatore romano Traiano invase la Partia e sconfisse sonoramente gli asiatici, catturando la nuova capitale Ctesifonte e conquistando, oltre all'Armenia, l'Assiria e Babilonia, che divennero province romane, anche se per breve tempo.
Fu l'inizio della decadenza, accelerata dal fatto che ormai l'impero dei Parti aveva assunto una struttura di tipo feudale, con la nobiltà divenuta sempre più potente e recalcitrante mentre il potere degli Arsacidi si indeboliva. Il conflitto con Roma si riaccese quando l'imperatore Marco Aurelio mandò in oriente il fratellastro Lucio Vero e il generale Avidio Cassio. La causa della guerra fu ancora il controllo dell'Armenia, almeno sulla carta, poiché Roma aspettava da tempo un pretesto per condurre una nuova guerra contro il regno orientale. Il conflitto si concluse con la dura sconfitta dei Parti, i quali furono annientati da Avidio Cassio nella battaglia di Doura-Europos (Zaugma) nel 164, e persero nuovamente Ctesifonte nel 165, oltre all'Assiria e alla Media, che tornarono così in mano romana. Vologese III dovette firmare una pace umiliante. Ancora nel 198 Settimio Severo espugnò per la terza volta Ctesifonte, abbandonata dalle forze romane pochi anni prima, e portando così a Roma un favoloso bottino di guerra, celebrato poi nell'arco trionfale dell'imperatore. Nel 224 un vassallo persiano, Ardashir, si ribellò e due anni dopo catturò la capitale partica, mettendo fine alla storia dei Parti e instaurando il regno dei Sasanidi.
Statua metallica di un principe dei Parti (forse Surena)
conservata al
Museo Nazionale dell'Iran - Tehran.
La società partica mescolava le tradizioni dell’antica civiltà di origine della Partia, elementi greci presi dal precedente governo dei Seleucidi, i discendenti dei generali di Alessandro Magno, e infine antiche tradizioni achemenidi. Plinio il Vecchio parlava del regno partico come un insieme di regni, e la sua analisi non si scosta di molto dalla realtà. Difatti le regioni assoggettate dal regno partico è vero sì che erano sottomesse al Gran Re sia sul piano fiscale che militare, ma in verità gli stati vassalli godevano di una grandissima autonomia, e a volte anche una politica a sé stante. Ciò favoriva il mantenimento delle tradizioni religiose e culturali delle singole regioni, che non deve essere visto come un segno di debolezza da parte dei Re, poiché se le province fossero state turbolente ci sarebbe stato bisogno di farle sentire più “partiche”, quindi di cambiarne le tradizioni. Questo non è accaduto, ed è sintomo della lungimiranza e della forza dei Re dei Parti, che riuscirono a mantenere delle regioni molto diverse culturalmente sotto un unico regno.
L'aristocrazia era composta dai grandi proprietari terrieri, divisi in tre classi di rango, ovvero i megistanes, gli iberi e gli eleutheroi. Formavano il consiglio del Re, invece, i parenti del re stesso, i "saggi" e i "maghi". La classe nobiliare era svincolata politicamente grazie al potere sull’incoronazione del re e la loro indipendenza economica. Tuttavia il re esercitava il suo potere non vincolato da questi ultimi: egli possedeva grandi terreni, le colonie, e grandi strumenti di “persuasione”, come i mercenari. Gli interessi del re e dell’aristocrazia coincidevano abbastanza spesso, e la rivalità fra le famiglie nobiliari permetteva al re di manovrarle come meglio credeva.
Il re aveva diversi appellativi ed epiteti, come quello usato dagli antichi sovrani achemenidi: re dei re. Altri epiteti erano ephanites, “colui che risplende”, dikaios (giusto), o philellen, “amico dei greci”, e molti altri. Dapprima erano usati con cognizione di causa, mentre poi divennero solo espressioni di circostanza. Si sa poco delle forme di comportamento che adottava il Re. Sicuramente esistevano paramenti e insegne regali, come il Doppio Diadema, ed egli dimostrava la sua generosità e benevolenza con lauti banchetti e cerimonie fastose. Il sovrano portava avanti l’idea iranica che il Re fosse sul trono per volere divino. D’altra parte egli si presentava come un uomo con qualità divine, tradizione ereditata dai Seleucidi e dalla loro influenza ellenica. Durante il loro regno le saghe eroiche dell’Iran orientale, che inglobarono anche le gesta dei principi vassalli arsacidi, fecero scomparire il ricordo delle imprese degli Achemenidi e dei Medi, e si sovrapposero alle altre tradizioni locali e regionali.
Young man with Parthian costume
Palmyra, Syria, 1st half of the 3rd century CE
Decoration of a funerary stela
Paris - Musée du Louvre
Parthia is a region of north-eastern Iran, best known for having been the political and cultural base of the Arsacid dynasty, rulers of the Parthian Empire. The name "Parthia" is a continuation from Latin Parthia, from Old Persian Parthava, which was the Parthian language self-designator signifying "of the Parthians".
Parthia roughly corresponds to the western half of (Greater) Khorasan. It was bordered by the Kopet Dag mountain range in the north (today the border between Iran and Turkmenistan) and the Dasht-e-Kavir desert in the south. It bordered Media on the west, Hyrcania on the north west, Margiana on the north east, and Aria on the south east.
During Arsacid times, Parthia was united with Hyrcania (which today lies partly in Iran and partly in Turkmenistan) as one administrative unit, and that region is therefore often (subject to context) considered a part of Parthia proper.
As the region inhabited by Parthians, Parthia first appears as a political entity in Achaemenid lists of governates ("satrapies") under their dominion. Prior to this, the people of the region seem to have been subjects of the Medes, and 7th century BCE Assyrian texts mention a country named Partakka or Partukka (though this "need not have coincided topographically with the later Parthia"). At any rate, a year after Cyrus the Great's defeat of the Median Astyages, Parthia became one of the first provinces to acknowledge Cyrus as their ruler, "and this allegiance secured Cyrus' eastern flanks and enabled him to conduct the first of his imperial campaigns – against Sardis." According to Greek sources, following the seizure of the Achaemenid throne by Darius I, the Parthians united with the Median king Phraortes to revolt against him. Hystaspes, the Achaemenid governor of the province (said to be father of Darius I), managed to suppress the revolt, which seems to have occurred around 522/521 BCE.
The first indigenous Iranian mention of Parthia is in the Behistun inscription of Darius I, where Parthia is listed (in the typical Iranian clockwise order) among the governates in the vicinity of Drangiana. The inscription dates to circa 520 BCE. The center of the administration "may have been at [what would later be known as] Hecatompylus". The Parthians also appear in Herodotus' list of peoples subject to the Achaemenids; the historiographer treats the Parthians, Chorasmians, Sogdians and Areioi as peoples of a single satrapy (the 16th), whose annual tribute to the king he states to be only 300 talents of silver. This "has rightly caused disquiet to modern scholars."
At the Battle of Gaugamela in 331 BCE between the forces of Darius III and those of Alexander the Great, one such Parthian unit was commanded by Phrataphernes, who was at the time Achaemenid governor of Parthia. Following the defeat of Darius III, Phrataphernes surrendered his governate to Alexander when the Macedonian arrived there in the summer of 330 BCE. Phrataphernes was reappointed governor by Alexander.
Following the death of Alexander, in the Partition of Babylon in 323 BCE, Parthia became a Seleucid governate under Nicanor. Phrataphernes, the former governor, became governor of Hyrcania. In 320 BCE, at the Partition of Triparadisus, Parthia was reassigned to Philip, former governor of Sogdiana. A few years later, the province was invaded by Peithon, governor of Media major, who then attempted to make his brother Eudamus governor. Peithon and Eudamus were driven back, and Parthia remained a governate in its own right.
In 316 BCE, Stasander, a vassal of Seleucus I Nicator and governor of Bactria (and, it seems, also of Aria and Margiana) was appointed governor of Parthia. For the next 60 years, various Seleucids would be appointed governors of the province.
Coin of Andragoras, the last Seleucid satrap of Parthia.
He proclaimed
independence around 250 BC.
In 247 BCE, following the death of Antiochus II, Ptolemy III seized control of the Seleucid capital at Antioch, and "so left the future of the Seleucid dynasty for a moment in question." Taking advantage of the uncertain political situation, Andragoras, the Seleucid governor of Parthia, proclaimed his independence and began minting his own coins. Meanwhile, "a man called Arsaces, of Scythian or Bactrian origin, [was] elected leader of the Parni", an eastern-Iranian peoples from the Tajen/Tajend River valley, south-east of the Caspian Sea. Following the secession of Parthia from the Seleucid Empire and the resultant loss of Seleucid military support, Andragoras had difficulty in maintaining his borders, and about 238 BCE - under the command of "Arsaces and his brother Tiridates" - the Parni invaded Parthia and seized control of Astabene (Astawa), the northern region of that territory, the administrative capital of which was Kabuchan (Kuchan in the vulgate). A short while later the Parni seized the rest of Parthia from Andragoras, killing him in the process. Although an initial punitive expedition by the Seleucids under Seleucus II was not successful, the Seleucids under Antiochus III recaptured Arsacid controlled territory in 209 BCE from Arsaces' (or Tiridates') successor, Arsaces II. Arsaces II sued for peace and accepted vassal status, and it was not until Arsaces II's grandson (or grand-nephew) Phraates I, that the Arsacids/Parni would again begin to assert their independence.
Parthian horseman, now on display at the Palazzo Madama, Turin.
From their base in Parthia, the Arsacid dynasts eventually extended their dominion to include most of Greater Iran. Even though the Arsacids only sporadically had their capital in Parthia, their power base was there, among the Parthian feudal families, upon whose military and financial support the Arsacids depended. In exchange for this support, these families received large tracts of land among the earliest conquered territories adjacent to Parthia, which the Parthian nobility then ruled as provincial rulers. The largest of these city-states were Kuchan, Semnan, Gorgan, Merv, Zabol and Yazd. From about 105 BCE onwards, the power and influence of this handful of Parthian noble families was such that they frequently opposed the monarch, and would eventually be a "contributory factor in the downfall" of the dynasty.
Coin of Mithridates I (R. 171-138 BCE).
The reverse shows Heracles, and the
inscription
ΒΑΣΙΛΕΩΣ ΜΕΓΑΛΟΥ ΑΡΣΑΚΟΥ ΦΙΛΕΛΛΗΝΟΣ
Great King Arsaces
friend of Greeks.
From about 130 BCE onwards, Parthia suffered numerous incursions by various nomadic tribes, including the Sakas, the Yeuchi, and the Massagatae. Each time, the Arsacid dynasts responded personally, doing so even when there were more severe threats from Seleucids or Romans looming on the western borders of their empire (as was the case for Mithridates I). Defending the empire against the nomads cost Phraates II and Artabanus I their lives.
Around 32 BCE, civil war broke out when a certain Tiridates rebelled against Phraates IV, probably with the support of the nobility that Phraates had previously persecuted. The revolt was initially successful, but failed by 25 BCE. In 8/9, the Parthian nobility succeeded in putting their preferred king on the throne, but Vonones proved to have too tight a budgetary control, so he was usurped in favor of Artabanus II, who seems to have been a non-Arsacid Parthian nobleman. But when Artabanus attempted to consolidate his position (at which he was successful in most instances), he failed to do so in the regions where the Parthian provincial rulers held sway.
Reproduction of a Parthian archer
as depicted on Trajan's Column.
By the 2nd century CE, the wars with Rome and with the nomads, and the infighting among the Parthian nobility had weakened the Arsacids to a point where they could no longer defend their subjugated territories. The empire fractured as vassalaries increasingly claimed independence or were subjugated by others, and the Arsacids were themselves finally vanquished by the Persian Sassanids, a formerly minor vassal from southwestern Iran, in April 224.
Under Sassanid rule, Parthia was folded into a newly formed province, Khorasan, and henceforth ceased to exist as a political entity. Some of the Parthian nobility continued to resist Sassanid dominion for some time, but most switched their allegiance to the Sassanids very early. Several families that claimed descent from the Parthian noble families became a Sassanid institution known as the "Seven houses", five of which are "in all probability" not Parthian, but contrived genealogies "in order to emphasize the antiquity of their families."
The Parthians spoke Parthian, a north-western Iranian language related to Median. No Parthian literature survives from before the Sassanid period in its original form, and they seem to have written down only very little. The Parthians did however have a thriving oral minstrel-poet culture, to the extent that their word for minstrel – gosan – survives to this day in many Iranian languages and Armenian. These professionals were evident in every facet of Parthian daily life, from cradle to grave, and they were entertainers of kings and commoners alike, proclaiming the worthiness of their patrons through association with mythical heroes and rulers. These Parthian heroic poems, "mainly known through Persian and Arabic redactions of the lost Middle Persian Xwaday-namag, and notably through Firdausi's Shahnameh, [were] doubtless not yet wholly lost in the Khurasan of [Firdausi's] day."
In Parthia itself, attested use of written Parthian is limited to the nearly 3,000 ostraca found (in what seems to have been a wine storage) at Nisa, in present-day Turkmenistan. A handful of other evidence of written Parthian have also been found outside Parthia; the most important of these being the part of a land-sale document found at Avroman (in present-day Iranian Kurdistan), and more ostraca, graffiti and the fragment of a business letter found at Dura-Europos in present-day Syria. The Parthian Arsacids do not seem to have used Parthian until relatively late, and the language first appears on Arsacid coinage during the reign of Vologases I (51-58 CE). Evidence that use of Parthian was nonetheless widespread comes from early Sassanid times; the declarations of the early Persian kings were – in addition to their native Middle Persian – also inscribed in Parthian.
Parthian waterspout, 1-2nd century CE.
City-states of "some considerable size" existed in Parthia as early as the first millennium BCE, "and not just from the time of the Achaemenids or Seleucids." However, for the most part, society was rural, and dominated by large landholders with large numbers of serfs, slaves, and other indentured labor at their disposal. Communities with free peasants also existed. By Arsacid times, Parthian society was divided into the four classes (limited to freemen). At the top were the kings and near family members of the king. These were followed by the lesser nobility and the general priesthood, followed by the mercantile class and lower-ranking civil servants, and with farmers and herdsmen at the bottom. Little is known of the Parthian economy, but agriculture must have played the most important role in it. Significant trade first occurs with the establishment of the Silk road in 114 BCE, when Hecatompylos became an important junction.