Lessico


Ratto
Ratto delle chiaviche
Pantegana

De maiore domestico mure quem vulgo rattum vocant
Il ratto di Conrad Gessner – Historia animalium I – 1551
presumibile indiretto responsabile della sua morte
avvenuta per peste a Zurigo il 13 dicembre 1565

Lo spunto per questa pagina del lessico dedicata al ratto, in particolare al ratto delle chiaviche e alla peste, è scaturito dalla traduzione relativa al pollo dei testi di Gessner (pag. 456) e di Aldrovandi (pag. 256) dove viene citato Plutarco, il quale in Iside e Osiride riferisce che i seguaci di Zoroastro – ancor oggi animalisti per eccellenza – attribuivano al dio buono i cani,  le galline e i ricci terrestri, ma quelli d'acqua al dio cattivo.
A seconda dei codici greci troviamo che si trattava di ricci di mare (
τοὺς ἐνύδρους – quelli d'acqua) oppure di ratti delle chiaviche (μῦς ἐνύδρους - topi acquatici). Gessner in questa pagina relativa al pollo contenuta in Historia animalium III (1555) non adduce commenti al testo greco di Plutarco e adotta la versione τοὺς ἐνύδρους – quelli d'acqua, cioè i ricci di mare, seguito pedissequamente da Aldrovandi, oddio, non molto pedissequamente, in quanto il nostro bolognese omette i cani.

Quando tradussi il brano mi sorse una domanda spontanea: perché i seguaci di Zoroastro aborrivano dai ricci di mare attribuendoli al dio cattivo? Magari per gli aculei. Ma per lo più gli aculei dei vari ricci di mare sono dannosi tanto come quelli del porcospino, cioè pungono e basta. Non è che magari disprezzavano i topi d'acqua essendo nocivi all'uomo sotto molteplici punti di vista?

Dovetti affidarmi a Gessner per cercare di capire quanto affermato da Plutarco in Iside e Osiride, in quanto l'esattezza di τοὺς ἐνύδρους anziché μῦς ἐνύδρους non aveva riscontri pratici dotati di sicura logicità, pur ammettendo l'animalismo ad oltranza dei seguaci di Zoroastro.

La precisione di Gessner è davvero encomiabile, tanto quanto il suo acume mentale, in quanto deve essersi posto la mia stessa domanda. E la soluzione al dilemma l'ho trovata in Historia animalium I (1551) al capitolo De maiore domestico mure quem vulgo rattum vocant.

Mi limito a riportare il brano di nostro interesse senza tradurlo e ne faccio una sintesi. Non vi viene citata alcuna pericolosità di questo ratto sotto il profilo sanitario e in base ai Simposi di Plutarco i seguaci di Zoroastro hanno un'estrema riverenza per il porcospino mentre odiano i topi d'acqua, e più un seguace ne uccide di questi ratti, più è benvoluto dalla divinità  Quindi Gessner passa a citare il brano di Iside e Osiride in cui i codici a sua disposizione riportano i ricci d'acqua, ma, con estrema lungimiranza, Gessner ritiene che si debba leggere i topi d'acqua, e ciò in base a quanto contenuto nei Simposi. Poi però cade in un tranello, non sapendo che morirà proprio grazie ai ratti delle chiaviche che tenta di salvare. Il tranello è il seguente: per completezza aggiunge – ed è vero – che chiamavano mures/μῦς le testuggini d'acqua, per cui lui propende che anziché trattarsi di ricci di mare oppure di topi d'acqua si trattasse di testuggini acquatiche.

Questa sinonimia di μῦς per καπρίσκος (inteso come testuggine d'acqua) è contenuta nei Dipnosofisti di Ateneo VIII,51,f - 355f. Per completezza, non per generare confusione, possiamo aggiungere che oggi per caprisco s'intende un pesce marino (Capros aper) detto anche pesce cinghiale o pesce tamburo, della famiglia Caproidi.

Conrad Gessner Historia animalium I (1551) pagina 830 De mure aquatico. Magos qui Zoroastren sectantur, imprimis colere aiunt herinaceum terrestrem, maxime vero odisse mures aquaticos (μῦς ἐνύδρους,) & quo quisque plures occiderit, eo chariorem deo felicioremque existimare, Plutarchus Symposiacorum quarto quaestione ultima. Et mox, Quare Judaei etiamsi execrarentur suem, occidere deberent, ut magi mures. Caeterum in Commentario de Iside, magos scribit animalia quaedam boni daemonis esse putare, ut canes & gallinas, & terrestres echinos: mali autem aquaticos esse, τοὺς ἐνύδρους εἶναι: lego τοὺς ἐνύδρους μῦς, ex superioribus locis. An vero aquaticos mures intelligat illos de quibus hic scribimus, incertum est; ego testudines aquaticas potius, (nam has quoque mures appellant,) intellexerim.

Plutarco Convivialium disputationum Liber IV Quaestio V Utrum suem venerantes Iudaei, an potius aversantes, carne eius abstineant. Magos autem, qui a Zoroastre descendunt, terrestrem echinum quam maxime venerari, mures aquatiles [τοὺς ἐνύδρους μῦς] odisse, diisque carum et beatum judicare eum qui plurimos interfecerit. Existimo autem Judaeos, si abominarentur porcum, interfecturos eum fuisse, sicut mures [τοὺς μῦς] necant magi: nunc tam interficere, quam edere suem iis est religio. (Plutarchi Scripta moralia Grace et Latine – Fredericus Dübner – Parisiis - Firmin Didot – 1868)

Ratto

Rattus norvegicus - ratto delle chiaviche - pantegana

Ratto – Il termine ratto è di etimologia incerta. Potrebbe essere una voce di origine onomatopeica in cui la r- ricorderebbe il rosicchiare, oppure c'è chi ritiene trattarsi di ratto nel senso di rapido, derivato dal latino rapidus (da rapio = saccheggiare, portar via, prendere con forza).

Chiavica - Col termine chiavica si intende il luogo lurido in cui convergono le acque piovane presenti nelle strade. Esso deriverebbe dal latino tardo clavica per il classico clovaca nel senso di cloaca, cioè la grande fogna o canale sotterraneo destinato a ricevere e scaricare altrove le acque luride di una città. La Cloaca Maxima era la più grande di Roma antica, lunga 600 m. L'etimologia di cloaca è discussa e incerta: sarebbe l'equivalente di cluaca (da cluo = purificare) oppure di colluaca (da colluo = sciacquare)  A Napoli, quando si dice 'A zoccola si intende il ratto da fogna che nella chiavica regna incontrastato. Dato il significato di chiavica, il termine viene spesso usato a Napoli per offendere una persona: Si proprio na' chiavica. In senso figurato è detta chiavica una persona che mangia o beve smodatamente, come una fogna.

Pantegana – Il termine pantegana è usato in Italia settentrionale e soprattutto nel Veneto per indicare il grosso topo di fogna. Questa voce veneta deriverebbe dall'aggettivo greco Pontikós, del Ponto, del Mar Nero e delle regioni circostanti, sottinteso topo o ratto.

Conrad Gessner - Historia animalium I - 1551

Rattus è un genere di roditori comprendente 56 specie. I ratti sono affini ai topi (genere Mus), ma di dimensioni generalmente maggiori. Le due specie più comuni, il ratto nero (Rattus rattus) e il ratto marrone (Rattus norvegicus) sono diffuse in gran parte del mondo. I ratti possono essere addomesticati; il ratto marrone, in particolare, è un animale da compagnia molto diffuso nel mondo occidentale. Il ratto è un animale in grado di correre molto velocemente e di compiere salti particolarmente audaci. A differenza di altri mammiferi, si adatta a qualsiasi condizione di vita ed è in grado di digerire sostanze di diverso tipo.

Diffusione

Le due specie più comuni di ratti sono il Rattus rattus ("ratto nero" o "ratto dei tetti") e il Rattus norvegicus ("ratto marrone", "surmolotto" o "ratto delle chiaviche"). Sono entrambe di dimensioni maggiori rispetto ai topi, ma raramente superano i 500 g di peso. Il ratto nero è di dimensioni leggermente inferiori a quello marrone, ed è meno diffuso. Entrambe le specie sono originarie dell'Asia, e giunsero in Europa e in Africa in momenti diversi; in particolare, il norvegicus, oggi comunissimo, giunse in Europa solo nel tardo Medioevo (a dispetto del suo nome, non sembra fosse presente in Norvegia prima della metà del XVIII secolo). I ratti approdarono infine nelle Americhe, in Australia e altrove a bordo delle navi dei coloni. A causa della loro storia, sono detti talvolta "ratti del Vecchio Mondo".

Esclusi i ratti comuni (rattus e norvegicus), la maggior parte delle altre specie del genere Rattus è endemica e alcune di esse sono a rischio di estinzione. La parola "ratto", e i suoi equivalenti in altre lingue, sono anche usati informalmente per riferirsi ad altri mammiferi simili ma che non appartengono al genere Rattus, quali il Bandicota bengalensis.

Convivenza con l'uomo

La convivenza dei ratti con l'uomo può essere molto problematica. Il ratto è un animale estremamente prolifico e in assenza di predatori può giungere rapidamente alla sovrapopolazione. Essendo un onnivoro, e opportunista nella ricerca di cibo, può causare danni alle coltivazioni, a riserve alimentari come magazzini o dispense; ma può anche creare danni di altri generi (per esempio, è noto che i ratti spesso danneggiano i cavi elettrici masticandoli). Da questo punto di vista, i ratti non si distinguono in modo sostanziale da altri roditori.

Nella percezione comune, il principale pericolo associato ai ratti è legato all'igiene. Un ratto selvatico, che viva nelle fogne, può essere affetto da oltre 30 malattie trasmissibili all'uomo, inclusi il tifo e la peste bubbonica, e la febbre da morso di ratto. Si ritiene comunemente (sebbene la questione sia talvolta messa in discussione) che l'epidemia della Peste Nera, che devastò l'Europa nel XIV secolo, fosse dovuta al microrganismo Gram-negativo Yersinia pestis, portato dalla pulce Xenopsylla cheopis, a sua volta parassita del Rattus rattus.

I ratti selvatici moderni possono portare la leptospirosi (sebbene la trasmissione della malattia all'uomo richieda circostanze molto specifiche). L'idea che i ratti possano "contaminare" l'uomo o l'ambiente è anche legata al fatto che, in contesti urbani e suburbani, sono spesso abitatori di fognature e depositi di rifiuti. A dispetto di questi luoghi comuni, il ratto, in natura, è generalmente un animale estremamente robusto e sano, molto pulito se vive in un ambiente che lo permetta (e dunque lontano dalle fogne).

Sia il Rattus norvegicus che il Rattus rattus (meno diffuso) sono stati addomesticati e sono animali da compagnia piuttosto diffusi. Come nel caso dei cani o dei gatti, i ratti domestici si sono differenziati nel tempo in numerose razze con caratteristiche morfologiche differenti. Le razze principali sono il manx (ratto senza coda), il satin (dal pelo lucente e vellutato), l'hairless (ratto nudo, senza pelo, usato per testare cosmetici), i dumbo (di grandi dimensioni). I colori sono molto vari e vanno dal nero al marrone al bianco passando per i pezzati, i siamesi e gli albini.

Il ratto domestico è noto per la sua intelligenza e socievolezza, e risulta essere un animale estremamente pulito, si può addestrare e va più d'accordo con i suoi simili di tanti altri roditori (ad esempio i criceti). I ratti domestici vengono anche spesso utilizzati per nutrire serpenti tenuti in cattività (soprattutto boidi).

Ricerca scientifica sui ratti

I ratti, come molti altri roditori, sono spesso utilizzati come animali da laboratorio. In particolare, il Rattus norvegicus è un modello animale molto utilizzato in tossicologia e in studi sul sistema nervoso. L'affinità genetica fra l'uomo e il ratto è molto superiore a quella fra l'uomo e il topo.

I ratti nella cultura

Vittime della peste bubbonica - La peste bubbonica prende il nome dagli ascessi, o bubboni, con cui si manifesta. Essi compaiono sull'inguine, sotto le ascelle e sul collo, a causa dell'infiammazione dei linfonodi causata dalla malattia. In questa miniatura del XV secolo, tratta dalla Bibbia di Toggenburg (1411), è raffigurata una coppia di appestati. Toggenburg è la parte superiore della valle del fiume Thur nel cantone svizzero di San Gallo, fiume che confluisce da sinistra nel Reno a valle di Sciaffusa.

Nel mondo occidentale, al ratto sono associate quasi esclusivamente immagini negative, come "sporcizia", "putridume", "malattia"; spesso viene usato metaforicamente come emblema di corrispondenti morali di queste immagini (per esempio disonestà e falsità). È possibile che questa visione del ratto abbia le sue radici anche nel trauma subito dall'Europa durante la Peste Nera.

Poiché la presenza di ratti viene percepita come un'infestazione, viene considerata accettabile la pratica di avvelenare i ratti con pesticidi, mentre questo non vale per i cani randagi o altri animali che potrebbero causare problemi simili a quelli imputabili ai ratti.

Spesso la distinzione fra "topo" e "ratto" viene trascurata, e il ratto viene percepito come un "grosso topo" (già gli Antichi Romani si limitavano a distinguere fra mures maximi e mures minimi, "topi grandi" e "piccoli"). Quando viene fatta una distinzione, il ratto è di solito rappresentato come una controparte infida e aggressiva del più mite "topolino".

I ratti nella finzione

I ratti nella narrativa e nel cinema occidentali sono in genere rappresentati in modo consistente con gli stereotipi comuni propri di questa cultura, e non raramente con riferimenti impliciti o espliciti alla peste.

Nella fiaba del Pifferaio di Hamelin, un'infestazione di ratti dà inizio a una catena di eventi che causeranno la "morte" di tutti i bambini del paese.

In 1984 di George Orwell, la fobia dei ratti viene usata come strumento di tortura.

Nel romanzo horror The Rats di James Herbert, ratti mutanti diventano divoratori di uomini.

Nella serie di Redwall di Brian Jacques i ratti sono i principali "cattivi".

Alcuni autori hanno giocato su questo pregiudizio nei confronti dei ratti, ribaltandolo a effetto. Per esempio, ratti "buoni" sono protagonisti di opere come il film di animazione Brisby e il segreto di Nimh, la serie televisiva Ratz, il romanzo Il prodigioso Maurice e i suoi geniali roditori di Terry Pratchett e il film di animazione della Pixar Ratatouille. Anche Splinter, il maestro delle Tartarughe Ninja, è un ratto.

Cultura orientale

Ganesha che cavalca il suo ratto. Scultura nel tempio indù di Vaidyeshwara a Talakkadu, Karnataka, India - Nella mitologia indiana e nell'induismo Ganesha è il dio della saggezza e del successo, figlio di Shiva e Parvati o, secondo alcuni miti, della sola Parvati. Nelle molte rappresentazioni, è raffigurato con quattro braccia e con la testa di un elefante, che il padre gli pose sul collo dopo averlo decapitato per errore in un accesso d'ira. Una zanna è mozza da quando Ganesha stesso la recise e la utilizzò per scrivere il Mahabharata sotto la dettatura del saggio Vyasa. Chiamato anche Ganapati, gode di una grande devozione molto diffusa in tutta l'India e in particolare nelle regioni meridionali.

La cultura orientale è generalmente più benevola verso il ratto; per esempio, esso è il primo dei dodici animali dello zodiaco cinese, e le caratteristiche che gli corrispondono includono creatività, onestà, generosità, ambizione e velocità nelle decisioni.

Nel mondo induista il ratto è la cavalcatura di Ganesha, e generalmente è considerato con rispetto o addirittura devozione. Nella città indiana di Deshnoke, per esempio, è diffuso un particolare culto dei ratti, visti come la reincarnazione dei Sadhu, i santi della religione indù. I fedeli offrono cibo a questi animali, e considerano una benedizione poter mangiare a loro volta cibo toccato dai ratti.

Tassonomia del genere Rattus

Il genere Rattus appartiene alla vastissima sottofamiglia Murinae. La famiglia comprende numerosi altri generi che sono talvolta considerati sottogeneri di Rattus: Abditomys, Aethomys, Anonymomys, Apomys, Berylmys, Bullimus, Bunomys, Dephomys, Diplothrix, Heimyscus, Hylomyscus, Kadarsanomys, Komodomys, Lenomys, Lenothrix, Leopoldamys, Limnomys, Margaretamys, Mastomys, Maxomys, Millardia, Myomys, Nesoromys, Niviventer, Palawanomys, Paruromys, Praomys, Srilankamys, Stenomys, Stochomys,Sundamys, Taeromys, Tarsomys e Tryphomys.

Specie di ratti

Rattus norvegicus

Inteso in senso proprio, il genere Rattus comprende 56 specie note, elencate di seguito in ordine alfabetico.

adustus - annandalei - argentiventer - baluensis - bontanus - burrus - colletti - elaphinus - enganus - everetti - exulans - feliceus - foramineus - fuscipes - giluwensis - hainaldi - hoffmani - hoogerwerfi - jobiensis - koopmani - korinchi - leucopus - losea - lugens - lutreolus - macleari - marmosurus - mindorensis - mollicomulus - montanus - mordax -  morotaiensis -  nativitatis -  nitidus -  norvegicus -  novaeguineae -  osgoodi -  palmarum -  pelurus -  praetor -  ranjiniae -  rattus -  sanila -  sikkimensis -  simalurensis -  sordidus -  steini -  stoicus -  tanezumi -  tawitawiensis -  timorensis -  tiomanicus -  tunneyi -  turkestanicus -  villosissimus -  xanthurus.

Rattus rattus

Rat

Rattus norvegicus

Rats are various medium sized, long-tailed rodents of the superfamily Muroidea. "True rats" are members of the genus Rattus, the most important of which to humans are the black rat, Rattus rattus, and the brown rat, Rattus norvegicus. Many members of other rodent genera and families are also called rats and share many characteristics with true rats. Rats are distinguished from mice by their size; rats generally have bodies longer than 12 cm (5 in).

Species and description

The best-known rat species are the Black Rat (Rattus rattus) and the Brown Rat (Rattus norvegicus). The group is generally known as the Old World rats or true rats, and originated in Asia. Rats are bigger than most Old World mice, which are their relatives, but seldom weigh over 500 grams (1 lb) in the wild.

The term "rat" is also used in the names of other small mammals which are not true rats. Examples include the North American pack rats, a number of species loosely called kangaroo rats, and others. Rats such as the Bandicoot rat (Bandicota bengalensis) are murine rodents related to true rats, but are not members of the genus Rattus. The widely distributed and problematic commensal species of rats are a minority in this diverse genus. Many species of rats are island endemics and some have become endangered due to habitat loss or competition with the Brown, Black or Polynesian rat.

In Western countries, many people keep domesticated rats as pets. These are of the species Rattus norvegicus, which originated in the grasslands of China and spread to Europe and eventually, in 1775, to the New World. Pet rats are Brown Rats descended from those bred for research, and are often called "fancy rats", but are the same species as the common city "sewer" rat. Domesticated rats tend to be both more docile than their wild ancestors and more disease prone, presumably due to inbreeding.

The common species are opportunistic survivors and often live with and near humans. The Black Plague is traditionally believed to have been caused by the micro-organism Yersinia pestis, carried by the Tropical Rat Flea (Xenopsylla cheopis) which preyed on R. rattus living in European cities of the day; these rats were victims of the plague themselves.

While modern wild rats can carry Leptospirosis and some other "zoonotic" conditions (those which can be transferred across species, to humans, for example), these conditions are in fact rarely found (not true in neotropical countries). Wild rats living in good environments are typically healthy and robust animals. Wild rats living in cities may suffer from poor diets and internal parasites and mites, but do not generally spread disease to humans. The normal lifespan of rats ranges from two to five years, and is typically three years.

As pets

Specially bred rats have been kept as pets at least since the late 19th century. Pet rats are typically of variants of the species Brown rat, but Black rats and Giant pouched rats are also known to be kept. Pet rats behave differently than their wild counterparts depending on how many generations they have been kept as pets. Pet rats do not pose any more of a health risk than pets such as cats and dogs. Tamed rats are generally friendly and can be taught to perform selected behaviors.

As subjects of scientific research

In 1895, Clark University in Worcester, Massachusetts (United States) established a population of domestic white brown rats to study the effects of diet and for other physiological studies. Over the years, rats have been used in many experimental studies, which have added to our understanding of genetics, diseases, the effects of drugs, and other topics that have provided a great benefit for the health and wellbeing of humankind. Laboratory rats have also proved valuable in psychological studies of learning and other mental processes (Barnett 2002). A 2007 study found rats to possess metacognition, a mental ability previously only documented in humans and some primates.

Domestic rats differ from wild rats in many ways. They are calmer and less likely to bite; they can tolerate greater crowding; they breed earlier and produce more offspring; and their brains, livers, kidneys, adrenal glands, and hearts are smaller (Barnett 2002).

Brown rats are often used as model organisms for scientific research. When conducting genetic research rats are much rarer than mice. When it comes to conducting tests related to intelligence, learning, and drug abuse, rats are a popular choice due to their high intelligence, ingenuity, aggressiveness, and adaptability. Their psychology, in many ways, seems to be similar to humans. Entirely new breeds or "lines" of brown rats like the Wistar rat have been bred for use in laboratories. Much of the genome of Rattus norvegicus has been sequenced.

As food

Rats, like all mammals, are edible by humans and are sometimes captured and eaten in emergency situations. For some cultures, rats are considered a staple. Bandicoot rats are an important food source among some peoples in Southeast Asia. Reasons why rat meat is not more widely eaten include the strong prohibitions against it in Islamic and Jewish dietary laws, and the rat's bad reputation in many cultures.

As a food, rats are often a more-readily available source of protein than other fauna. Some African slaves in the American South hunted wood rats (among other animals) to supplement their food rations. The Aborigines along the coast in Southern Queensland, Australia, regularly included rats in their diet. In the Mishmi culture of India, rats are essential to the Mishmi traditional diet, as Mishmi women may eat no meat except fish, pork, wild birds and rats. The United Nations Food and Agriculture Organization estimates that rat meat makes up half the locally produced meat consumed in Ghana, where cane rats are farmed and hunted for their meat.

In some cultures, rats are or have been limited as an acceptable form of food to a particular social or economic class. In the traditional cultures of the Hawaiians and the Polynesians, rat was a common food. When feasting, the Polynesian people of Rapa Nui could eat rat, but the king was not allowed to due to the islanders' belief in a "state of sacredness" called tapu. In studying pre-contact archaeological sites in Hawaii, archaeologists have found that the concentration of the remains of rats associated with commoner households counted for three times the animal remains associated with elite households. The rat bones found in all sites are fragmented, burned and covered in carbonized material, indicating that rats were eaten as food. The greater occurrence of rat remains associated with commoner households may indicate that the elites of pre-contact Hawaii did not consume them as a matter of status or taste.

The taboo against consuming rats as food is not unique to the world's major religions or Western cultures. Both the Shipibo people of Peru and Sirionó people of Bolivia have cultural taboos against the eating of rats.

Rats are a common food item for snakes, both in the wild, and as pets. Captive-bred ball pythons in particular, are fed a diet of mostly rats. Rats, as food items, are available from many suppliers who supply to individual snake owners as well as to large reptile zoos.

In culture

Ancient Romans did not generally differentiate between rats and mice, instead referring to the former as Mus Maximus (big mouse) and the latter as Mus Minimus (little mouse). On the Isle of Man (British Protectorate) there is a taboo against the word "rat."

In Imperial Chinese culture, the rat (sometimes referred to as a mouse) is the first of the twelve animals of the Chinese zodiac. People born in this year are expected to possess qualities associated with rats, including creativity, honesty, generosity, ambition, a quick temper and wastefulness. People born in a year of the rat are said to get along well with "monkeys" and "dragons," and to get along poorly with "horses."

The indigenous rats are allowed to run freely throughout the Karni Mata temple

In Indian tradition rats are recognized as the vehicle of Lord Ganesha and a rat's statue is always found in a temple of Ganesha. In the northwestern Indian city of Deshnoke, the rats at the Karni Mata Temple are held to be destined for reincarnation as Sadhus (Hindu holy men). The attending priests feed milk and grain to the rats, of which the pilgrims also partake. Eating food that has been touched by rats is considered a blessing from god.

Western associations with the rat are generally negative. For instance, "Rats!" is used as a substitute for various vulgar interjections. These associations do not draw, per se, from any biological or behavioral trait of the rat, but possibly from the association of rats (and fleas) with the 14th-century medieval plague called the Black Death. Rats are seen as vicious, unclean, parasitic animals that steal food and spread disease. However some people in Western cultures keep rats as pets and conversely find them to be tame, clean, intelligent, and playful.

Rats are often used in scientific experiments; animal rights activists allege that treatment of rats in this context is cruel. The term "lab rat" is used, typically in a self-effacing manner, to describe a person whose job function requires that they spend a majority of their work time engaged in bench-level research (i.e. a scientist or research assistant).

Rat in terminology

Rats are frequently blamed for damaging food supplies and other goods, or spreading disease. Their reputation has carried into common parlance: in the English language, rat is often an insult. It is a term (noun and verb) in criminal slang for an informant - "to rat on someone" is to betray them by denouncing to the authorities a crime or misdeed they committed. Describing a person as "rat-like" usually implies he is unattractive and suspicious.

Among unions, "rat" is a term for non-union employers or breakers of union contracts, and this is why unions use inflatable rats.

Rat Poker Tours are poker tournaments where common courtesy rules are banned. Chip stealing, insults, physical violence are common and accepted as part of the game.

In Leviticus 11:29, rats are prohibited as food.

The Wind in the Willows by Kenneth Grahame features literature's most famous 'rat', Ratty. Ironically, the character is not actually a bona fide rat, but rather a European Water Vole - otherwise known as a water rat, hence Ratty's given name.
Suzanne Collins's series The Underland Chronicles is about a land underneath the surface of the earth where rats are about 6 feet (1.8 m) tall and are generally evil.
Roland Rat was a major TV personality in 1980s Britain.

Mutant, man-eating rats are the monsters in James Herbert's horror novel The Rats and its sequels.

A phobia of rats is used as a torture device in the novel Nineteen Eighty-Four by George Orwell.

Rats are the most common enemy in Brian Jacques's Redwall series of anthropomorphic fantasy novels.

In Robin Jarvis's Deptford Mice trilogy of books, many of the villains are sewer rats.

The characters of Mrs. Frisby and the Rats of NIMH, the television series Ratz, Rizzo the Rat from The Muppets and Terry Pratchett's The Amazing Maurice and his Educated Rodents are all positive rat characters.

Rats also appear in numerous video and computer games as killable monsters. In many of these games, rats appear much larger than normal. Examples of games where rats and giant rats are found as monsters include Baldur's Gate (I and II), Everquest, and Runescape. In these games rats are the lowest form of threat faced by new characters and are used as a form of combat training.

Graffiti artist Banksy frequently uses the image of rats in his work as a symbol of disobedience to authority.

Splinter of Teenage Mutant Ninja Turtles fame is a mutated rat.

Templeton of E. B. White's children's book, Charlotte's Web, is a Brown rat, devoid of morals, that lives on the farm, underneath Wilbur's food trough.

A media frenzy developed in New York City 23 Feb. 2007, when a dozen rats invaded a Taco Bell, and ran unimpeded.

A Transformers character called Rattrap can transform into a rat.

Malevolent rats in H. P. Lovecraft's short story "The Rats in the Walls"

In DreamWorks and Aardman Animations' 2006 film, Flushed Away, a pet rat is flushed down the toilet into a city in the London sewer populated by other rats.

Disney's Pixar release, Ratatouille, features a rat named Remy seeking to become a fine chef.

In the 1971 film Willard and the 2003 remake Willard (2003 film).

In the Animorphs book series by K. A. Applegate, the character David is trapped in rat morph by the other Animorphs after he betrays them.

Spike aired Gary the Rat, an animated series revolving around a debauched attorney named Gary Andrews who mysteriously transforms into an anthropomorphic gray rat.

In early episodes of South Park, Kenny McCormick's corpse was frequently gnawed upon and dragged away by rats after he died.

In the TV series House, House has a pet rat named Steve McQueen that he caught at his ex-girlfriend, Stacy Warner's home. He's first seen in the episode, Hunting, and later appears in Euphoria, Part 2.

In the Belgian comics book Le Bal du rat mort [14], which means the ball of the dead rat, police inspector Jean Lamorgue is like a pied piper who has to deliver the city of Ostend of thousands of invading rats who attack people and kill them, but in the end he fails because he is possessed by his own demons.

In the Deltora Quest series there is a city called Hira, nicknamed the "City of Rats" because its rat population grew so much that its people were forced to flee. These rats were used by the villains to feed a giant snake monster that took control of the city.

In the Harry Potter books, a character named Peter Pettigrew can transform at will into a rat, for which he is nicknamed Wormtail.

In the Disney movie Lady and the Tramp, a rat craws into the baby's room, and Tramp runs into the house to save the child. The rat also squeaks in pain when Tramp bites him, like a real rat does when hurt.

In Thomas Pynchon's novel V., a female rat named Veronica is introduced in chapter five as part of a sub-plot in which Father Linus Fairing lives in the sewers and preaches to a congregation of rats.

In season 3 of Buffy the Vampire Slayer, Amy Madison, a witch, briefly turns Buffy into a rat. Later Amy turns herself into a rat, and Willow keeps her as a pet until she learns the spell to return Amy to human form in season six.

In the Afghan children's books series (by Assad Eslam), rats were seen as god like creatures.

In the tabletop wargame Warhammer, the Skaven are a race of intelligent, malevolent humanoid rats.

The Pokemon Ratata and Raticate are based on rats.

In The Tale of Despereaux by Kate DiCamillo, Chiaroscuro is an evil rat that loves light.

Taxonomy of Rattus

The genus Rattus is a member of the giant subfamily Murinae. There are several other murine genera that are sometimes considered part of Rattus: Lenothrix, Anonymomys, Sundamys, Kadarsanomys, Diplothrix, Margaretamys, Lenomys, Komodomys, Palawanomys, Bunomys, Nesoromys, Stenomys, Taeromys, Paruromys, Abditomys, Tryphomys, Limnomys, Tarsomys, Bullimus, Apomys, Millardia, Srilankamys, Niviventer, Maxomys, Leopoldamys, Berylmys, Mastomys, Myomys, Praomys, Hylomyscus, Heimyscus, Stochomys, Dephomys, and Aethomys.

The genus Rattus proper contains 56 species. A subgeneric breakdown of the species has been proposed, but does not include all species. The five groups are:

norvegicus group
rattus group
Australian native rat species
New Guinea native rat species
xanthurus group

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Peste

Immagine al microscopio elettronico di una ammasso di Yersinia pestis

Peste deriva dal latino pestis che significa peste, strumento di distruzione o di morte, malattia, rovina, flagello, calamità. Incerta l'etimologia di pestis: potrebbe derivare da perestis a sua volta derivato da peredo, divorare, oppure dal greco pêma, sventura, sciagura, disgrazia, malanno.

La peste è una malattia infettiva di origine batterica causata dalla Yersinia pestis. È una malattia quarantenaria e per il Regolamento Sanitario Internazionale è assoggettata a denuncia internazionale all'OMS, sia per i casi accertati che per quelli sospetti.

Effetti e contagi

Esistono tre forme principali di peste: la differenza si può determinare analizzando l'interno dei bubboni infetti o attraverso un'emocoltura. Ancora è oscuro perché si trasmetta in una forma piuttosto che in un'altra.

Xenopsilla cheopis

Peste bubbonica - La trasmissione nell'uomo può avvenire attraverso la puntura della pulce dei ratti, in particolare la Xenopsilla cheopis, o tramite il morso dei ratti stessi o di altri roditori. La pulce dell'uomo (Pulex irritans) e i pidocchi, in forma minore, permettono di trasmettere la peste bubbonica anche da uomo a uomo. Insorge violentemente dopo un periodo d'incubazione da 2 a 12 giorni. Si presenta con febbre alta, cefalea, grave debolezza, nausea, fotosensibilità, dolore alle estremità, vomito e delirio. Si formano pustole nelle zone punte dalla pulce infetta; i linfonodi delle zone colpite (generalmente la zona inguinale e quella ascellare) si infiammano, gonfiandosi fino a formare uno o più bubboni. Possibile formazione di petecchie. Nei casi gravi, l'infezione si propaga nell'organismo provocando insufficienza cardiocircolatoria, complicazioni renali o emorragie interne, sintomi che possono facilmente portare alla morte. Altrimenti, nei casi meno gravi, la febbre cessa dopo circa due settimane, i bubboni gettano fuori del pus sgonfiandosi e lasciando una cicatrice.

Oripsylla montana vettore della Yersinia pestis negli Stati Uniti

Peste polmonare - Forma decisamente più grave rispetto alla precedente in quanto attacca i polmoni e può presentarsi anche come suo aggravamento. Il periodo d'incubazione va da 1 a 7 giorni e determina un notevole abbassamento della temperatura corporea, dispnea (difficoltà respiratorie), tosse, cianosi (colorazione bluastra della pelle e delle mucose, sintomo di disturbi circolatori o respiratori) e grave debolezza. Caratterizzante è l'insorgenza di gravi disturbi neurologici. Se non viene curata in tempo, porta quasi sicuramente alla morte per edema polmonare acuto. La peste polmonare è trasmissibile anche senza l'azione di pulci per via aerea: attraverso, cioè, tosse e starnuti di persone infette.

Peste setticemica - È la forma più rara ma certamente fatale. Dopo la puntura il bacillo infetta il sangue, la vittima denota un arrossamento della pelle a causa della rottura dei capillari e muore dopo poche ore dal contagio. La morte estremamente rapida dei contagiati non permette la propagazione endemica del batterio, ma pulci umane e pidocchi che infestano il corpo diventano portatori in grado di contagiare il loro prossimo ospite.

Altre forme di Peste - La Yersinia pseudotuberculosis si manifesta con sintomi simili alla tubercolosi mentre la Yersinia enterocolitica colpisce essenzialmente il basso tratto digerente.

Terapia

Per combattere la peste sono necessari degli antibiotici, fra cui la streptomicina, le tetracicline e il cloramfenicolo. Importante è l'isolamento dei malati per evitare ulteriori contagi. Esistono dei vaccini antipestosi, ma a causa della brevità del loro effetto sono somministrati solo in casi di rischio evidente e programmabile di contagio (per esempio per le figure professionali di biologi, ricercatori, ecc.).

Yersinia pestis

Yersinia pestis (della famiglia delle Enterobacteriaceae) è l'agente eziologico della peste. Il batterio infetta i tessuti linfoidi dell'uomo, facendo in modo di annullare la capacità di difesa dei linfociti. Ma per far questo il batterio deve evitare di essere fagocitato dai macrofagi, le cellule del sistema immunitario che distruggono gli agenti esterni: Yersinia pestis risolve questo problema producendo delle proteine che penetrano nei macrofagi e li disattivano. Alcune di queste proteine provocano danni diretti alla cellula, altre invece (come YopH) fanno in modo di annullare la rete di comunicazioni interne dei macrofagi.

Jack E. Dixon, in uno studio portato avanti alla Purdue University, ha scoperto che YopH fa parte di una classe di enzimi che rimuove i fosfati aggiunti dai macrofagi, facendo sì che questi ultimi perdano la loro efficienza e che Yersinia pestis possa prosperare. Alcune specie di Yersinia, inoltre, usano i sistemi di comunicazione dei macrofagi per scopi proprî: per esempio si fanno inglobare dai macrofagi per essere trasportate attraverso l'organismo.

Nel 1894 il medico svizzero Alexandre John-Émile Yersin (Rougemont, Losanna, 1863 - Ukatrang, Annam, 1943), durante l'epidemia di Hong Kong, isola il bacillo che per millenni ha seminato la morte nel mondo. Lo battezza Pasteurella pestis, in onore di Louis Pasteur (Dole 1822 - Villeneuve-l'Étang 1895), l'uomo che con le sue teorie ha reso possibile la concezione batterica. Lo stesso anno anche il medico giapponese Shibasaburo Kitasato, che già nel 1889 aveva isolato il bacillo del tetano, ottiene indipendentemente gli stessi risultati del collega svizzero. Ma la Storia si ricorderà solo di Yersin, in quanto solo in suo onore il bacillo della peste verrà mutato da Pasteurella in Yersinia pestis.

La peste nella storia

La peste di Ashdod  - 1630
di Nicolas Poussin (Villers, Normandia, 1594 - Roma 1665)

Nel Primo libro di Samuele si racconta di come Dio abbia inviato una pestilenza ai Filistei, colpevoli di aver rubato l'Arca dell'Alleanza ebraica. Gli studiosi dicono si tratti di peste bubbonica e datano l'evento al 1030 aC o, secondo altre fonti, al 1076 aC. Il pittore Nicolas Poussin immortala questo passo biblico nel suo dipinto La peste di Ashdod o, secondo altre fonti, La peste di Azoth (1630 circa), conservato al Museo del Louvre a Parigi.

Secondo antiche testimonianze la peste esisterebbe da tempi immemorabili negli altopiani dell'Asia centrale, che sarebbe la culla dell'infezione. La peste è nota da almeno 3000 anni. In Cina sono state registrate epidemie fin dal 224 aC. Non è certo che le epidemie riportate dalla Bibbia o dagli storici antichi (come la famosa peste di Atene del 429 aC descritta da Tucidide) fossero proprio epidemie di peste, dato che il termine peste era usato dagli antichi per indicare qualsiasi forma morbosa a diffusione epidemica. La prima pandemia certa è pertanto quella cosiddetta di Giustiniano che nel sec. VI infierì nell'area del Mediterraneo.

La grande peste del Medioevo, la peste nera, costituisce la seconda pandemia; giunta dall'India, si stabilì nelle regioni mediterranee da dove si diffuse tra il 1346 e il 1353 in tutta Europa facendo circa 25 milioni di vittime, ma provocando fra il 1349 e il 1352 un parto eutocico, il Decamerone di Giovanni Boccaccio. Dopo aver dedicato, nel Proemio, la sua opera alle donne per consolarle dei dolori d'amore, Boccaccio descrive, nell'introduzione alla prima giornata, la terribile pestilenza abbattutasi su Firenze nel 1348.

"Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn'altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de' corpi superiori o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d'inumerabile quantità de' viventi avendo private, senza ristare d'un luogo in uno altro continuandosi, verso l'Occidenate miserabilmente s'era ampliata.

E in quella non valendo alcuno senno né umano provedimento, per lo quale fu da molte immondizie purgata la città da oficiali sopra ciò ordinati e vietato l'entrarvi dentro a ciascuno infermo e molti consigli dati a conservazion della sanità, né ancora umili supplicazioni non una volta ma molte e in processioni ordinate, in altre guise a Dio fatte dalle divote persone, quasi nel principio della primavera dell'anno predetto orribilmente cominciò i suoi dolorosi effetti, e in miracolosa maniera, a dimostrare. E non come in Oriente aveva fatto, dove a chiunque usciva il sangue del naso era manifesto segno di inevitabile morte: ma nascevano nel cominciamento d'essa a' maschi e alle femine parimente o nella anguinaia o sotto le ditella certe enfiature, delle quali alcune crescevano come una comunal mela, altre come uno uovo, e alcune più e alcun' altre meno, le quali i volgari nominavan gavoccioli. E dalle due parti del corpo predette infra brieve spazio cominciò il già detto gavocciolo mortifero indifferentemente in ogni parte di quello a nascere e a venire: e da questo appresso s'incominciò la qualità della predetta infermità a permutare in macchie nere o livide, le quali nelle braccia e per le cosce e in ciascuna altra parte del corpo apparivano a molti, a cui grandi e rade e a cui minute e spesse. E come il gavocciolo primieramente era stato e ancora era certissimo indizio di futura morte, così erano queste a ciascuno a cui venieno.

A cura delle quali infermità né consiglio di medico né virtù di medicina alcuna pareva che valesse o facesse profitto: anzi, o che natura del malore nol patisse o che la ignoranza de' medicanti (de' quali, oltre al numero degli scienziati, così di femine come d'uomini senza avere alcuna dottrina di medicina avuta giammai, era il numero divenuto grandissimo) non conoscesse da che si movesse e per consequente debito argomento non vi prendesse, non solamente pochi ne guarivano, anzi quasi tutti infra 'l terzo giorno dalla apparizione de' sopra detti segni, chi più tosto e chi meno e i più senza alcuna febbre o altro accidente, morivano.

E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi di quella per lo comunicare insieme s'avventava a' sani, non altramenti che faccia il fuoco alle cose secche o unte quando molto gli sono avvicinate. E più avanti ancora ebbe di male: ché non solamente il parlare e l'usare cogli infermi dava a' sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità nel toccator transportare.

Maravigliosa cosa è da udire quello che io debbo dire: il che, se dagli occhi di molti e da' miei non fosse stato veduto, appena che io ardissi di crederlo, non che di scriverlo, quantunque da fededegna udito l'avessi. Dico che di tanta efficacia fu la qualità della pestilenzia narrata nello appiccarsi da uno a altro, che non solamente l'uomo all'uomo, ma questo, che è molto più, assai volte visibilmente fece, cioè che la cosa dell'uomo infermo stato, o morto di tale infermità, tocca da un altro animale fuori della spezie dell'uomo, non solamente della infermità il contaminasse ma quello infra brevissimo spazio uccidesse. Di che gli occhi miei, sì come poco davanti è detto, presero tra l'altre volte un dì così fatta esperienza: che, essendo gli stracci d'un povero uomo da tale infermità morto gittati nella via publica e avvenendosi a essi due porci, e quegli secondo il lor costume prima molto col grifo e poi co' denti presigli e scossiglisi alle guance, in piccola ora appresso, dopo alcuno avvolgimento, come se veleno avesser preso, amenduni sopra li mal tirati stracci morti caddero in terra.

Dalle quali cose e da assai altre a queste simiglianti o maggiori nacquero diverse paure e immaginazioni in quegli che rimanevano vivi, e tutti quasi a un fine tiravano assai crudele era di schifare e di fuggire gl'infermi e le lor cose; e così faccendo, si credeva ciascuno medesimo salute acquistare."

La peste rimase presente in Europa per tre secoli, lasciando tristi ricordi a Zurigo dove Conrad Gessner ne morì il 13 dicembre 1565, a Venezia (1575-77) e Pierandrea Mattioli ne morì a Trento nel gennaio/febbraio 1577, Lione (1628), Milano (1576-77 nonché 1629-32 quando Alessandro Manzoni ambientò i Promessi Sposi, 1628-30), Londra (1665), Marsiglia (1720).

All'inizio dell'Ottocento diminuì e scomparve. Una terza pandemia iniziò a Hong Kong nel 1894 e si diffuse in India, Madagascar (1898), Giappone, Africa settentrionale e Portogallo (1899), Manila, Sydney, Glasgow, San Francisco, Giava (1911), Ceylon (1914), Marsiglia (1920). Contemporaneamente a questa diffusione avvenuta per via di mare, si risvegliò un altro focolaio in Manciuria (1910), che in pochi mesi fece almeno 50.000 morti. Questa pandemia, che causò in India dal 1898 al 1948 la morte di 12 milioni di persone, ne causò in Europa soltanto un migliaio di cui la maggior parte in Portogallo e un centinaio a Parigi (1918-20). I casi di peste sono oggi in declino e sembra che il rischio di altre pandemie si possa scartare; tuttavia il carattere permanente della malattia presso i ratti e i roditori selvatici in alcuni focolai naturali – ossia dove esistono condizioni ecologiche favorevoli alla sopravvivenza dell'agente eziologico – richiede la sorveglianza costante delle autorità interessate e degli organismi internazionali.

Vittime della peste bubbonica - La peste bubbonica prende il nome dagli ascessi, o bubboni, con cui si manifesta. Essi compaiono sull'inguine, sotto le ascelle e sul collo, a causa dell'infiammazione dei linfonodi causata dalla malattia. In questa miniatura del XV secolo, tratta dalla Bibbia di Toggenburg (1411), è raffigurata una coppia di appestati. Toggenburg è la parte superiore della valle del fiume Thur nel cantone svizzero di San Gallo, fiume che confluisce da sinistra nel Reno a valle di Sciaffusa.

La peste di Atene del 430 aC

La storia dell'antichità riporta numerose descrizioni di epidemie di peste; tuttavia, dato che il termine veniva usato generalmente per indicare pandemie a letalità elevata, non si può parlare con certezza di pandemie pestose prima di quella cosiddetta di Giustiniano (VI secolo dC), che devastò il bacino del Mediterraneo. Da alcune descrizioni pare che alcuni focolai fossero già presenti nel Nord Africa intorno al III secolo dell'era cristiana. Il greco Tucidide è il primo storico a descrivere accuratamente un'epidemia che si suppone di peste anche se alcuni moderni epidemiologi ritengono dalla descrizione che possa essersi trattato anche di altre infezioni, dal morbillo al virus Ebola. Tucidide narra gli eventi di Atene durante la guerra del Peloponneso (431-430 aC).

L'epidemia si dice sia arrivata dall'Etiopia, e che abbia imperversato in Persia e in Egitto prima di raggiungere la Grecia. Arriva in un momento critico per il Peloponneso, in quanto imperversa la guerra e Atene è presa d'assedio, tanto che le proprie condizioni igienico-sanitarie sono molto scarse. Migliaia sono i morti, malgrado l'opera di medici e sacerdoti. Fra le prime vittime vi fu lo stesso Pericle, la cui morte avvenuta nel 429 aC privò Atene di una forte guida.

Comunque gli storici moderni, analizzando la descrizione di Tucidide e dopo attenti studi di paleopatologia, sono giunti alla conclusine che l'epidemia descritta non fosse altro che una forma di virus influenzale (H1N1 probabilmente) dall'elevata mortalità per la sovrainfezione polmonare da uno Staphylococcus aureus particolarmente aggressivo.

La peste nera del 1348

Diffusione della peste bubbonica in Europa (1347 - 1351 e oltre)

L'epidemia arriva in Europa dall'Est, attraverso le rotte commerciali, nascendo probabilmente nel Deserto del Gobi negli anni venti del XIV secolo, colpendo gravemente la Cina, infuriando nelle pianure del Volga e del Don. Nel 1338 le comunità nestoriane di Issyk Kul vengono decimate dal morbo. Nel 1347, durante l'assedio di Caffa (l'odierna Feodosia), importante colonia e scalo commerciale genovese in Crimea, il khan tartaro Gani Bek, come ha scritto Michel Balard, fa lanciare dei cadaveri infetti all'interno delle mura cittadine, come antesignano della guerra batteriologica. Le galere genovesi trasportano così la peste prima a Pera, nel porto di Costantinopoli, poi a Messina. Genova rifiuta di accogliere le proprie navi infette, così che queste devono ripiegare sul porto di Marsiglia, ma ormai il contagio è sparso per tutti i porti del Mar Mediterraneo.

Le cause della tremenda diffusione della peste in Europa vanno però anche ricercate in una serie di avvenimenti precedenti al 1347. L'Europa del XIII secolo era stata caratterizzata da un notevole incremento demografico. Ma una mutazione climatica nel XIV secolo comportò un abbassamento della temperatura sia in occidente sia in oriente (questo periodo viene chiamato "la piccola era glaciale"). Conseguenze di ciò furono l'abbandono della coltivazione di cereali in Islanda e della coltivazione dell'uva in Inghilterra e, più in generale, una diminuzione della produzione agricola in tutta Europa. Ci furono numerose carestie e la malnutrizione comportò un indebolimento delle persone, motivo per cui, anche a causa delle scarse condizioni igieniche, assistemmo alla diffusione di malattie come la peste.

Nel 1348 la mortalità fu altissima: dato che in Europa la peste non compariva dal VII secolo, epoca in cui terminò la cosiddetta "peste di Giustiniano" descritta da Procopio di Cesarea e iniziata nel 542-543. Non esisteva più una "memoria immunitaria" per questa malattia e quindi la forma più frequente di manifestazione fu quella polmonare, a contagio interumano (cioè non mediata dalla pulce), e con una mortalità prossima al 100%. In un secondo tempo e specialmente nelle epidemie degli anni seguenti la peste si propagò nella forma bubbonica, sensibilmente meno letale.

Agli inizi del 1348 la peste raggiunge l'entroterra. Il 20 agosto raggiunge Parigi, il 29 settembre Londra. Dopo una pausa durante l'inverno, il 1349 vede la peste imperversare in tutta Europa. Fu questo l'anno di maggior contagio, tanto che in Scandinavia questo periodo (1348-1350) viene ricordato come "la peste nera". Nel 1350 muore di peste Alfonso XI il Giustiziere di Castiglia e nello stesso anno la peste raggiunge la Groenlandia dando la spallata definitiva agli insediamenti nel territorio e inducendo i coloni ad abbandonarli. Nel 1351 la peste raggiunge la Moscovia uccidendone il Granduca e il patriarca della Chiesa ortodossa.

Fra alti e bassi, la peste si presenta ogni 10-12 anni, mietendo innumerevoli vittime e slabbrando il tessuto sociale. Come Giovanni Boccaccio scrive nel suo Decameron, la peste rende nulle le leggi umane, come rende vano ogni ordine sociale e civile. «Altri, in contraria oppinion tratti, affermavano il bere assai e il godere e l'andar cantando attorno e sollazzando e il sodisfare d'ogni cosa all'appetito che si potesse e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi esser medicina certissima a tanto male; e così come il dicevano mettevano in opera a lor potere, il giorno e la notte ora a quella taverna ora a quella altra andando, bevendo senza modo e senza misura, e molto più ciò per l'altrui case faccendo, solamente che cose vi sentissero che lor venissero a grado o in piacere. E ciò potevan far di leggiere, per ciò che ciascun, quasi non più viver dovesse, aveva, sì come sé, le sue cose messe in abbandono; di che le più delle case erano divenute comuni, e così l'usava lo straniere, pure che ad esse s'avvenisse, come l'avrebbe il proprio signore usate; e con tutto questo proponimento bestiale sempre gl'infermi fuggivano a lor potere.»

Anche una volta cessata l'epidemia, le istituzioni civili rimangono profondamente colpite e le usanze dei sopravvissuti alle epidemie si fanno meno rigide. Un cronista dell'epoca, Matteo Villani, nella sua Nova Cronica riporta che «trovandosi pochi, e abbondanti per l'eredità e successioni dei beni terreni, dimenticando le cose passate come se state non fossero, si diedero alla più sconcia e disonesta vita che prima non avieno usata.»

La peste, paradossalmente, crea una forte ricchezza nella gente sopravvissuta: sia perché la crisi del mercato del lavoro ha fatto aumentare enormemente i salari sia per la questione dei testamenti: in quanto pochi muoiono lasciando delle volontà testamentarie, anche perché difficilmente i notai si recano in casa dei moribondi. Dopo la peste, i tribunali vengono intasati da centinaia di cause legate a dispute ereditarie.

La morte di massa colpisce fortemente le industrie inducendo le corporazioni a modificare i propri regolamenti (ad esempio permettendo l'arruolamento extrafamiliare). La peste porta anche all'abbandono dei territori anticamente coltivati a cereali con metodo intensivo lasciando spazio a nuove attività produttive come l'allevamento, la pastorizia e lo sfruttamento boschivo causando quindi una notevole discesa nei prezzi su prodotti quali la carne, il cuoio e il legname. Inoltre la fuga di molti fittavoli verso le città provoca il crollo in molti paesi del sistema feudale e rende necessaria l'applicazione di grandi innovazioni in grado di mantenere accettabili i livelli di produttività.

La peste del Nord Italia del 1630

Il medico della peste - acquaforte di Paulus Fürst 1656 (da J. Columbina). Durante l'epidemia di peste del 1656, a Roma, i medici ritenevano che questo abbigliamento proteggesse dal contagio. Indossavano un mantello cerato, una sorta di occhiali protettivi e guanti. Nel becco si trovavano sostanze aromatiche.

Gli anni 1628 e 1629 vedono una terribile carestia imperversare per il Nord Italia. Le città vengono prese d'assalto da vagabondi e mendicanti in cerca di condizioni di vita migliori rispetto alle campagne, scoppiano tumulti e agitazioni. Per ultimo arriva la peste, portata dalla discesa dei Lanzichenecchi in Italia.

Per evitare che il contagio dilaghi, le autorità sanitarie impongono l'isolamento dei paesi dove si hanno i primi casi di peste, mediante la chiusura della strada. Fra alti e bassi la peste imperversa per tutto il Nord Italia. A fine maggio 1630 sembra che l'epidemia si sia dissipata, ma a giugno il morbo si ripresenta, mietendo innumerevoli vittime. La peste di questi anni è descritta anche dal Manzoni nel suo celebre romanzo I Promessi Sposi.