Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Ovo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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¶ Livia Augusta prima sua iuventa, Tiberio Caesare ex Nerone gravida, cum parere virilem sexum admodum cuperet, hoc usa est puellari augurio, ovum in sinu fovendo, atque cum deponendum [456] haberet, nutrici per sinum tradendo ne intermitteretur tepor. Nec falso augurata proditur, Plinius[1]. Gallinam cum lauri ramulo cecidisse ferunt in sinum Liviae Drusillae, etc. Niphus[2]. Ad {Gallinam} <Gallinas> villa Caesarum fuit ad Tyberim via Flaminia. quae ab eo dicta est, quod Augustae ex alto abiecit in gremium aquila conspicui candoris gallinam. lauri ramum suis baccis foetum rostro tenentem, quam servari iusserant aruspices, ramum vero inseri diligenter: quod ad villam factum est, quae hac de causa Ad {gallinam} <gallinas> dicta fuit. Vide etiam infra in Proverbio, Albae gallinae filius. Alia quaedam leges in Gallo h.

¶ Livia Drusilla - o Giulia Augusta - quando era giovincella, gravida del futuro imperatore Tiberio grazie a Tiberio Claudio Nerone, poiché desiderava assolutamente mettere al mondo un maschio, si servì di questo metodo di predizione, tipico delle giovani donne, scaldando un uovo nel suo seno e, quando lo doveva deporre, lo dava a una balia che doveva metterlo tra le mammelle, affinché non venisse meno il calore. E si tramanda che questo tipo di auspicio non le si rivelò fallace, Plinio. Riferiscono che in grembo a Livia Drusilla cadde una gallina con un rametto di alloro etc., Agostino Nifo. Sulle rive del Tevere, sulla via Flaminia, c’era una villa dei Cesari intitolata Alle Galline. La quale era stata così denominata dal fatto che un’aquila aveva gettato dall’alto in grembo a Giulia Augusta - o Livia Drusilla - una gallina di un candore estremo. La quale teneva col becco un ramo di alloro che era carico delle proprie drupe, e gli aruspici avevano ordinato di conservarla, mentre il ramo doveva essere piantato con cura: cosa che fu fatta nei pressi della villa, la quale, come dissi, per questo motivo è stata detta Alle Galline. Vedi anche più avanti nel proverbio Figlio di una gallina bianca. Alcune altre cose puoi leggerle nel paragrafo h del Gallo.

Orpheus scripsit Ooscopica, Ὠοσκοπικά, Suidas[3]. hoc est de divinatione ex ovis. Ovorum quondam purgandis piaculis, lustrationibusque quotidianus erat usus: et in Bacchi Orgiis aliorumque deorum sacrificiis, ubi pro homine solvendum aliquid deo esset, adhibebantur. Omittimus quae in Orphicis et Bacchi Orgiis, in hac ipsa re observata ab antiquis traduntur. id solum ex eis repetemus, ideo religioni ova inservi<i>sse, et in tanto honore cunctis gentibus fuisse, quod capiente omni mundo tot animalium naturas et genera, nullum fere est in quo non ex ovo species aliqua nascatur. Volucres passim ovum gignunt. aquatilia in mari pene infinita. in terrestribus lacertae<,> in ambiguis et quibus in terra aeque quam in aqua victus est, crocodili. in bipedibus aves. in carentibus pedibus, angues. in multipedibus attelabi[4]: et ne longiores simus, in pluribus generibus aliis plura alia. Ob quae totam referre naturam credita fuerunt: et in religione ad placanda exorandaque numina gratiorem habere potestatem: Marcellus Vergilius, nimirum ex Saturnalibus Macrobii 7. 16.[5] cuius verba superius retuli. Καὶ εἴπου εὕροι ἐν τῇ τριόδῳ ἑκάτης δεῖπνον κείμενον, ὠόν ἐκ καθαρσίου, Lucianus in dialogis mortuorum. id est, Sicubi comperiat in triviis[6] Hecates coenam iacentem. aut ex catharsio ovum.

Orfeo scrisse Øoskopiká, il lessico Suida. Cioè, sulla divinazione dalle uova. In passato per espiare le colpe e per i rituali di purificazione esisteva un uso quotidiano delle uova: le uova venivano impiegate anche nelle orge di Bacco e durante i sacrifici di altri dei, quando era necessario pagare qualcosa al dio in favore degli esseri umani. Tralascio ciò che su questo stesso argomento viene tramandato dagli antichi a proposito delle orge orfiche e di Bacco. Da essi citerò solo quanto segue, che le uova sono servite alla religione e sono state tanto onorate da tutti i popoli in quanto, anche se tutto il mondo contiene così tante forme e generi di animali, non esiste quasi nessun genere di animale la cui specie non nasca dall’uovo. Ovunque gli uccelli partoriscono un uovo. Gli animali acquatici marini ne depongono quasi un numero infinito. Tra gli animali terrestri le lucertole, tra quelli di incerta classificazione e che trovano cibo sia sulla terra che in acqua, i coccodrilli. Gli uccelli tra i bipedi. I serpenti tra quelli senza zampe. Le locuste senz’ali tra quelli con molte zampe: e per non dilungarci troppo, parecchi altri in parecchi altri generi. Per questi motivi le uova sono state ritenute capaci di riprodurre tutti gli esseri viventi: e che in campo religioso hanno un potere più favorevole nel placare e nel commuovere gli dei: Marcello Virgilio Adriani, senz'altro dai Saturnalia VII,16 di Macrobio le cui parole ho citato in precedenza. Kaì eípou  heúroi en tëi triódøi hekátës deîpnon keímenon, ë øón ek katharsíou, Luciano in Dialoghi dei morti, cioè, Se da qualche parte trovasse nei trivi il pranzo di Ecate che giace, oppure un uovo che proviene da un sacrificio di purificazione.

Catharsium in Graecorum doctrina videtur purificatio quaedam dici. Morem quippe Athenis fuisse produnt, conciones expurgandi, atque theatra, et omnino quemlibet populi conventum. id vero minutis fiebat porcellis, quos nominabant catharsia. eiusmodi obibant munus, qui dicebantur a collustratione peristiarchi. Ova expiationibus apta monstrat Iuvenalis illud[7], Nisi se centum lustraverit ovis. Sed et in arte[8] Ovidius, ova haec lustralia indicat illis versibus: Et veniat quae lustret anus, lectumque locumque | Praeferat, et tremula, sulphur et ova manu. Eius autem ab recentioribus ratio promitur, quod ex animalium generibus adeo multiformibus, plurima {a}edantur ovis, quae velut media sint inter animal et non animal. proinde pergrata diis censuere veteres, Caelius{,}<.> In purgationibus praeterea notamus ova adhiberi solita, et sulphura, taedas, lauros et similia, ut ex Plinio, Iuvenale, Ovidio, Apuleio poetis caeteris colligimus, Gyrald.[9] Ovi quod in Cereali pompa solitum fuerit esse primum, meminit Varro de re rust. 1. 2.[10] Gallinae luteo rostro pedibusque ad rem divinam purae non videntur: ad opertanea sacra, nigrae, Plin.[11]

In base al modo di pensare dei Greci sembra che venga detto kathársion un certo tipo di purificazione. Infatti tramandano che ad Atene era costume purificare i sensali e i teatri e assolutamente qualsiasi assemblea di popolo. In verità ciò avveniva con dei piccoli maiali che chiamavano sacrifici di purificazione. Si assumevano un siffatto incarico coloro che a causa della purificazione erano detti oblatori di sacrifici lustrali. Le uova adatte alle purificazioni ce le indica quel verso di Giovenale: Se non si sarà purificata con cento uova. Ma anche Ovidio in Ars amatoria indica queste uova espiatorie con questi versi: E venga quella vecchia che possa purificare il letto e la stanza, e con la mano tremula porti lo zolfo e le uova. In effetti dagli autori più recenti viene propugnato il suo pensiero, in quanto da specie animali tanto multiformi vengono generate con le uova moltissime cose che sarebbero quasi una via di mezzo tra un animale e un non animale. Perciò gli antichi ritennero che fossero oltremodo gradite agli dei, Lodovico Ricchieri. Inoltre notiamo che nelle purificazioni abitualmente le uova vengono impiegate, come anche gli zolfi, i rami di pino, i rami di alloro e cose simili, come deduciamo da Plinio, Giovenale, Ovidio, Apuleio e da altri poeti, Giglio Gregorio Giraldi. Varrone in Rerum rusticarum I,2 ha fatto menzione dell'uovo che nella processione di Cerere abitualmente era in prima fila. Per i servizi divini non sono ritenute incontaminate le galline con becco e zampe gialli: quelle nere sono adatte per i riti segreti, Plinio.

De Termini sacrificio Prudentius contra Symmachum[12] ita canit: Et lapis illic | Si stetit[13] antiquus, quem cingere sueverat error | Fasceolis[14], vel gallinae pulmone[15] rogare, | Frangitur, et nullis violatur Terminus extis. Aesculapio gallinae immolabantur, Festus. vide in Gallo h[16]. Libet expectare quis aegram | Et claudentem oculos gallinam impendat amico | Tam sterili, (pauperi,) Iuvenalis Sat. {2.} <12.>[17] immolabant enim nimirum diis, praesertim Aesculapio, pro salute et sanitate donanda gallinas. Magi Zoroastren secuti canes, gallinas (ὄρνιθας) et terrestres echinos bono deo attribuunt, aquaticos autem malo, Plutarchus in libro de Iside et Osiride[18]. Ex animatis olim sex sacrificia in usu erant, de ove, sue, bove, capra, gallina et ansere, Suidas. vide in Ove h. Orpheus scripsit Oothytica, Ὠοθυτικά, Suidas[19]. id est de sacrificiis ex ovis. Ovorum hecatombe, Ὠῶν ἑκατόμβη ab Ephippo nominatur. (per iocum,) Athenaeus[20].

Prudenzio in Contra Symmachum canta così a proposito del sacrificio di Termino - la divinità dei confini: E lì se si troverà una pietra antica, che l’errore si era abituato a cingere con bende, o a supplicare con un polmone di gallina, essa viene rotta, e Termino non viene violato dalle interiora delle vittime. A Esculapio venivano immolate delle galline, Festo. Vedi al paragrafo h relativo al Gallo. Fa piacere stare ad aspettare che qualcuno sacrifichi una gallina ammalata e che sta chiudendo gli occhi per un amico tanto improduttivo (povero), Giovenale Satira XII. Infatti senza dubbio immolavano le galline agli dei, soprattutto ad Esculapio, affinché venisse elargita la salute e il benessere. I Magi, i sacerdoti persiani che si sono conformati Zoroastro, attribuiscono al dio buono i cani,  le galline (órnithas) e i ricci terrestri, ma quelli d'acqua al dio cattivo, Plutarco nel trattato Iside e Osiride. Un tempo si usava fare sei tipi di sacrifici impiegando esseri viventi: con la pecora, il maiale, il bue, la capra, la gallina e l'oca, il lessico Suida. Vedi in Pecora paragrafo h. Orfeo scrisse Øothytiká, il lessico Suida. Cioè, sui sacrifici fatti con le uova. Da Efippo (scherzando) viene citata un’ecatombe di uova, Øôn hekatómbë, Ateneo.

proverbia a gallina. Feliciter natum, Albae gallinae filium dicimus. Quia tu gallinae filius albae, Iuvenalis Sat. 13.[21] Vel quod laeta atque auspicata Latini alba vocant, vel quod proverbium alludit ad fatalem illam gallinam, de qua meminit Suetonius Tranquillus in Galba[22], his quidem verbis: Liviae olim statim post Augusti nuptias Veientanum suum revisenti, praetervolans aquila, gallinam albam, ramulum laureum in rostro tenentem demisit in gremium. Cumque nutriri alitem, ac pangi ramulum placuisset, tanta pullorum soboles provenit, ut hodie quoque ea villa Ad gallinas vocetur. Tale vero lauretum, ut triumphaturi Caesares inde laureas decerperent. Fuitque mos triumphantibus, alias confestim eodem loco pangere. Et observatum est, sub cuiusque obitum, arborem ab ipso institutam elanguisse. Ergo novissimo Neronis anno, et sylva omnis exaruit radicitus: et quicquid ibi gallinarum erat, interiit. Conveniet igitur adagium in eos, qui rara et fatali quaedam felicitate successuque rerum utuntur. Huic diversum est illud apud eundem Iuvenalem[23], Nati infelicibus ovis.

Proverbi tratti dalla gallina. Uno che è nato felicemente lo chiamiamo Figlio di una gallina bianca. Perché tu sei figlio di una gallina bianca, Giovenale Satira XIII. O perché i Latini chiamano bianche le cose liete e con favorevoli auspici, oppure perché il proverbio allude a quella gallina voluta dal fato di cui ha fatto menzione Svetonio Tranquillo in Galba e con queste parole: Una volta a Livia, che subito dopo il matrimonio con Augusto era andata a rivedere il suo podere nel territorio di Veio, un'aquila passando in volo lasciò cadere in grembo una gallina bianca che teneva nel becco un ramoscello di alloro. E siccome le venne il desiderio di nutrire il volatile e di piantare il ramoscello, ne scaturirono così tanti pulcini che ancora oggi quella residenza di campagna è detta Alle galline. E il ramoscello diede vita a un tale boschetto di allori che i Cesari prossimi al trionfo ne coglievano le corone di alloro. E divenne abitudine per coloro che avevano celebrato il trionfo il piantare subito nello stesso luogo altri allori. E si osservò che, in prossimità della morte di ciascuno, l'albero da lui piantato aveva perso vigore. Pertanto, durante l'ultimo anno della vita di Nerone, sia tutto quanto il bosco si disseccò fino alle radici, sia qualsiasi cosa avesse un collegamento con le galline morì. Pertanto il proverbio si addice a coloro che godono di una felicità rara e voluta dal fato nonché di un successo nelle cose. Diverso da questo proverbio è il seguente, che troviamo sempre in Giovenale: Nati da uova sventurate.

Non abhorret huic quod scribit M. Tullius libro Epistolarum familiarium septimo ad {Curionem} <Curium>[24]: Quum enim salutationi nos dedimus amicorum, quae fit {ex} hoc etiam frequentius quam solebat, quod quasi avem albam {videtur} <videntur> bene sentientem civem videre, abdo me in bibliothecam. Veteres enim quod inauspicatum haberi volebant, atrum aut nigrum vocabant: quod felix, album. Unde apud Senecam[25] Asinius Pollio, Albutii sententias, quod inaffectatae essent et apertae, solitus est {albos} <albas> appellare. Quin et Graecis λευκότερον εἰπεῖν dicitur, qui clarius rem explicat, Erasmus. Idem alibi in Proverbio Alba avis, λευκός ὄρνις, eadem quae nunc recitavimus Ciceronis verba repetit. interpretantur autem pro re nova atque auspicata. Quadrabit etiam (inquit) in rem admodum raram et inusitatam, quod aves perpaucae sint hoc colore. Ita Iuvenalis[26], Corvo quoque rarior albo.

Non si discosta da questo ciò che Cicerone scrive a Curio nel VII libro delle lettere ai familiari e agli amici: Non appena ho ricevuto la visita degli amici che in questo luogo si verifica anche più spesso del solito, perché a essi sembra quasi di vedere un uccello bianco in un cittadino che ha dei buoni pensieri, mi apparto in biblioteca. Infatti gli antichi ciò che affermavano dover essere ritenuto infausto lo chiamavano tetro oppure nero: bianco ciò che era fausto. Per cui Asinio Pollione in Controversiae di Seneca il Vecchio è solito chiamare bianche le sentenze di Tito Albucio in quanto erano spontanee e schiette. A dire il vero anche dai Greci si dice leukóteron eipeîn - dice qualcosa di piuttosto bianco colui che spiega una cosa in modo piuttosto chiaro, Erasmo da Rotterdam. Sempre lui in un altro punto, a proposito del proverbio Uccello bianco - leukós órnis - riporta le stesse parole di Cicerone che abbiamo appena riferito. In effetti viene interpretato come una cosa estremamente rara e inusuale, in quanto pochissimi uccelli sono di questo colore. Giovenale scrive così: Anche più raro di un corvo bianco.


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[1] Naturalis historia X,154: Quin et ab homine perficiuntur. Iulia Augusta prima sua iuventa Tib. Caesare ex Nerone gravida, cum parere virilem sexum admodum cuperet, hoc usa est puellari augurio, ovum in sinu fovendo atque, cum deponendum haberet, nutrici per sinum tradendo, ne intermitteretur tepor; nec falso augurata proditur. Nuper inde fortassis inventum, ut ova calido in loco inposita paleis igne modico foverentur homine versante, pariterque et stato die illinc erumperet fetus.

[2] Ammesso - ma non concesso vista la difficoltà della ricerca - che l'episodio venga tramandato da Agostino Nifo, le sue fonti furono senz'altro Svetonio e Plinio. § Svetonio De vita Caesarum - Galba 1: Progenies Caesarum in Nerone defecit; quod futurum, compluribus quidem signis, sed vel evidentissimis duobus apparuit. Liviae, olim post Augusti statim nuptias Veientanum suum revisenti, praetervolans aquila gallinam albam ramulum lauri rostro tenentem, ita ut rapuerat, demisit in gremium; cumque nutriri alitem, pangi ramulum placuisset, tanta pullorum suboles provenit, ut hodieque ea villa ad Gallinas vocetur, tale vero lauretum, ut triumphaturi Caesares inde laureas decerperent; fuitque mox triumphantibus, illas confestim eodem loco pangere; et observatum est, sub cuiusque obitum arborem ab ipso institutam elanguisse. Ergo novissimo Neronis anno et silva omnis exaruit radicitus, et quidquid ibi gallinarum erat interiit; ac subinde tacta de caelo Caesarum aede, capita omnibus simul statuis deciderunt, Augusti etiam sceptrum e manibus excussum est. § Plinio Naturalis historia XV, 136-137: Sunt et circa Divum Augustum eventa eius digna memoratu. Namque Liviae Drusillae, quae postea Augusta matrimonii nomen accepit, cum pacta esset illa Caesari, gallinam conspicui candoris sedenti aquila ex alto abiecit in gremium inlaesam, intrepideque miranti accessit miraculum. Quoniam teneret in rostro laureum ramum onustum suis bacis, conservari alitem et subolem iussere haruspices ramumque eum seri ac rite custodiri: [137] quod factum est in villa Caesarum fluvio Tiberi inposita iuxta nonum lapidem Flaminiae viae, quae ob id vocatur Ad Gallinas, mireque silva provenit. Ex ea triumphans postea Caesar laurum in manu tenuit coronamque capite gessit, ac deinde imperatores Caesares cuncti. Traditusque mos est ramos quos tenuerunt serendi, et durant silvae nominibus suis discretae, fortassis ideo mutatis triumphalibus.

[3] Alla voce Orfeo.

[4] Il greco attélabos, con la variante ionica attélebos, indica una locusta senza ali. Si tratta di un termine derivato dal semitico oppure dall'egiziano. In Plinio Naturalis historia XXIX,92 troviamo attelebus: Noctua apibus contraria et vespis crabronibusque et sanguisugis; pici quoque Martii rostrum secum habentes non feriuntur ab iis. Adversantur et locustarum minimae sine pinnis, quas attelebos vocant. § Nessun'altra ricorrenza di attelebus è segnalata nei lessici di latino classico, tantomeno di attelabus. che venne impiegato da Marcello Virgilio Adriani in una rielaborazione dei Saturnalia di Macrobio VII,16 dove costui disquisisce se sia nato prima l'uovo o la gallina. Tale rielaborazione appartiene al commento all'uovo di Dioscoride, libro II capitolo 43 De ovo, ma attelabus è presente anche nel commento al libro II capitolo 45 De locustis (Pedacii Dioscoridae Anazarbei de Medica materia libri sex a Marcello Virgilio Secretario Florentino latinitate donati cum eiusdem commentationibus, 1523)

[5] Saturnalia VII,16: Nec inportune elementis, de quibus sunt omnia, ovum conparaverim: in omni enim genere animantium quae ex coitione nascuntur invenies ovum aliquorum esse principium instar elementi. Aut enim gradiuntur animantia aut serpunt aut nando volandove vivunt. In gradientibus lacertae et similia ex ovis creantur: quae serpunt ovis nascuntur exordio: volantia universa de ovis prodeunt excepto uno quod incertae naturae est: nam vespertilio volat quidem pellitis alis, sed inter volantia non habendus est qui quattuor pedibus graditur formatosque pullos parit et nutrit lacte quos generat: nantia paene omnia de ovis oriuntur generis sui, crocodilus vero etiam de testeis, qualia sunt volantium. Et, ne videar plus nimio extulisse ovum elementi vocabulo, consule initiatos sacris Liberi patris: in quibus hac veneratione ovum colitur, ut ex forma tereti ac paene sphaerali atque undique versum clausa et includente intra se vitam mundi simulacrum vocetur: mundum autem consensu omnium constat universitatits esse principium.

[6] Nell'incrocio di tre strade, luogo di culto di Ecate (spesso luogo di ritrovo di indovini e fannulloni,),  da cui l'epiteto latino Trivia riservato alla dea e l'aggettivo italiano triviale del XVII secolo col significato di proprio del trivio, e quindi volgare, scurrile, sguaiato. Nel trivio il trenta del mese veniva messo il pranzo di Ecate per i poveri.

[7] Satira VI, 518.

[8] Ars amatoria II,329-330.

[9] Historiae Deorum Gentilium Syntagma XVII De sacrificiis (Basileae, Oporinus 1548).

[10] L'edizione Aldina del 1533, forse quella usata da Gessner, contiene cereali. Anche una citazione a piè di pagina in Description of the circus in Via Appia near Rome (Rev. Richard Burgess, London, 1828) riporta Cereali con c maiuscola come Gessner. § La mia fonte elettronica - Rerum rusticarum I,2 www.thelatinlibrary.com - recita qualcosa che è alquanto discordante da Gessner: Illi interea ad nos, et Stolo, Num cena comessa, inquit, venimus? Nam non L. videmus Fundilium, qui nos advocavit. Bono animo este, inquit Agrius. Nam non modo ovom illut sublatum est, quod ludis circensibus novissimi curriculi finem facit quadrigis, sed ne illud quidem ovom vidimus, quod in cenali pompa solet esse primum.

[11] Naturalis historia X,156: Gallinarum generositas spectatur crista erecta, interim et gemina, pinnis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus, aliquando et super IIII digitos traverso uno. Ad rem divinam luteo rostro pedibusque purae non videntur, ad opertanea sacra nigrae. Est et pumilionum genus non sterile in his, quod non in alio genere alitum, sed quibus centra, fecunditas rara et incubatio ovis noxia.

[12] Contra Symmachum II, 1005-1008 - a pagina 664 di Aurelii Prudentii Clementis opera interpretate e annotate da Stephanus Chamillard SJ, Parisiis, apud Viduam Claudii Thiboust et Petrum Esclassan, 1687.

[13] Stephanus Chamillard, pag. 664 - Lapis illic si stetit: Terminorum Deus, de quo hic loquitur, colebatur sub figura rudis ac informis lapidis, vel stipitis. Ovid, Fast. lib. 2: Termine, sive lapis sive es defossus in agro/stipes, ab antiquis tu quoque numen habes. Et Tibull. lib. 1 eleg. 1: Nam veneror, sed stipes habet desertus in agris, seu vetus in trivio florida serta lapis. In nummis tamen gentis Calpurniae, quae originem a Numa ducebat, modo caput Termini expressum est, modo integrum simulachrum.

[14] Stephanus Chamillard, pag. 664 - Cingere fasciolis: Terminales lapides floribus, fasciisque donavit antiquitas, tanquam judices et arbitros finium, ac proinde pacis et amicitiae custodes. Siculus Flaccus de conditionib. agror.: Cum Terminos disponerent, ipsos quidem lapides in solidam terram collocabant, proxime ea loca, quibus fossis factis defixuri eaos erant, et unguento, velaminibusqe, et coronis eos ornabant.

[15] Stephanus Chamillard, pag. 664 - Gallinae pulmone: Neminem repperi, qui Prudentio astipularetur. Nam Ovidius lib. 2 Fast. ubi loquitur de Terminalibus, quae fiebant 23 Februarii, quo nempe ita annum quoque terminare viderentur, immolari agnum Termino, seu suillam asserit: Spargitur et caeso communis Terminus agno,/nec queritur lactans cum sibi porca datur. Quod si Plutarcho credimus: Termino apud Romanos frugibus ignem jactis, et favis, et vino litabatur.

[16] Parlando del gallo, e specificamente nel paragrafo h a pagina 408, Gessner non riporta questa citazione di Festo, riferita invece da Giraldi  in Historiae Deorum Gentilium (1548) Syntagma XVII: Aesculapio de capra res divina in primis fiebat, quoniam capra nunquam sine febre esse dicitur: salutis vero deus Aesculapius. Sed et gallus illi immolabatur, ut est alibi a me dictum. Sunt qui gallinas scribant, et has quidem rostro nigro, nigrisque pedibus, et digitis imparibus. Si enim luteo essent rostro, vel pedibus, impurae putabantur ab aruspicibus. § Festo parla di galline immolate a Esculapio alla voce In Insula del suo De verborum significatione: In Insula – Aesculapio facta aedes fuit, quod aegroti a medicis aqua maxime sustententur. Eiusdem esse tutelae draconem, quod vigilantissimum sit animal: quae res ad tuendam valetudinem aegroti maxime apta est. Canes adhibentur eius templo, quod is uberibus canis sit nutritus. Bacillum habet nodosum, quod difficultatem significat artis. Laurea coronatur, quod ea arbor plurimorum remediorum. Huic gallinae immolabantur.

[17] Satira XII, 95-97: Libet expectare quis aegram | et claudentem oculos gallinam inpendat amico | tam sterili;.

[18] Il testo greco di Plutarco (Iside e Osiride 46,267-268), cui fa riferimento la citazione di Gessner, si presenta in due versioni diverse. In una versione troviamo quanto proposto da Gessner, nell'altra quanto proposto dalla traduzione inglese del testo di Plutarco pubblicata dalla Loeb Classical Library. Si tratta di accettare τοὺς ἐνύδρους (quelli d'acqua) oppure μῦς ἐνύδρους (topi d'acqua). È un problema che Gessner già si era posto in Historia animalium I (1551) pagina 830 disquisendo De mure aquatico e che troveremo dopo le citazioni inerenti il brano in discussione. Vedremo che quasi per ironia della sorte Gessner salva dalle grinfie degli Zoroastriani il ratto delle chiaviche (che forse collaborò nel farlo morire di peste il 13 dicembre 1565) per sostituirlo, da un esatto punto di vista linguistico, con la tartaruga d'acqua. L'analisi di questi dati è presente nel lessico alla voce ratto. § Andiamo con ordine e vediamo i vari testi in sequenza, nei quali compariranno ricci di mare oppure topi d'acqua. Non stiamo a discutere se ὄρνιθας va tradotto con polli/galline oppure più genericamente con uccelli. § Fredericus Dübner: Καὶ γὰρ τῶν φυτῶν νομίζουσι τὰ μὲν τοῦ ἀγαθοῦ θεοῦ, τὰ δὲ τοῦ κακοῦ δαίμονος εἶναι· καὶ τῶν ζῴων, ὥσπερ κύνας καὶ ὄρνιθας καὶ χερσαίους ἐχίνους, τοῦ ἀγαθοῦ· τοῦ δὲ φαύλου, τοὺς ἐνύδρους εἶναι· διὸ καὶ τὸν κτείναντα πλείστους εὐδαιμονίζουσιν. - Nam et de stirpibus ita judicant, quasdam boni dei esse, mali quasdam genii: et animalium alia, ut canes, aves, et echinos terrestres, bono, aquaticos malo adjudicant; itaque et beatum eum praedicant, qui plurimos interfecerit. (Plutarchi Scripta moralia Graece et Latine – Fredericus Dübner – Parisiis - Firmin Didot – 1868) § W. Sieveking: Καὶ γὰρ τῶν φυτῶν νομίζουσι τὰ μὲν τοῦ ἀγαθοῦ θεοῦ, τὰ δὲ τοῦ κακοῦ δαίμονος εἶναι, καὶ τῶν [369.F] ζῴων ὥσπερ κύνας καὶ ὄρνιθας καὶ χερσαίους ἐχίνους τοῦ ἀγαθοῦ, τοῦ [δὲ] φαύλου μῦς ἐνύδρους εἶναι· διὸ καὶ τὸν κτείναντα πλείστους εὐδαιμονίζουσιν.  (ed. W. Sieveking, Plutarchi moralia, vol. 2.3, Leipzig 1935) § Loeb Classical Library: In fact, they believe that some of the plants belong to the good god and others to the evil daemon; so also of the animals they think that dogs, fowls, and hedgehogs, for example, belong to the good god, but that water-rats belong to the evil one. (published in the Loeb Classical Library, 1936) § Conrad Gessner Historia animalium I (1551) pagina 830 De mure aquatico. Magos qui Zoroastren sectantur, imprimis colere aiunt herinaceum terrestrem, maxime vero odisse mures aquaticos (μῦς ἐνύδρους,) & quo quisque plures occiderit, eo chariorem deo felicioremque existimare, Plutarchus Symposiacorum quarto quaestione ultima. Et mox, Quare Judaei etiamsi execrarentur suem, occidere deberent, ut magi mures. Caeterum in Commentario de Iside, magos scribit animalia quaedam boni daemonis esse putare, ut canes & gallinas, & terrestres echinos: mali autem aquaticos esse, τοὺς ἐνύδρους εἶναι: lego τοὺς ἐνύδρους μῦς, ex superioribus locis. An vero aquaticos mures intelligat illos de quibus hic scribimus, incertum est; ego testudines aquaticas potius, (nam has quoque mures appellant,) intellexerim. § Plutarco Convivialium disputationum Liber IV Quaestio V Utrum suem venerantes Iudaei, an potius aversantes, carne eius abstineant. Magos autem, qui a Zoroastre descendunt, terrestrem echinum quam maxime venerari, mures aquatiles [τοὺς ἐνύδρους μῦς] odisse, diisque carum et beatum judicare eum qui plurimos interfecerit. Existimo autem Judaeos, si abominarentur porcum, interfecturos eum fuisse, sicut mures [τοὺς μῦς] necant magi: nunc tam interficere, quam edere suem iis est religio. (Plutarchi Scripta moralia Graece et Latine – Fredericus Dübner – Parisiis - Firmin Didot – 1868)

[19] Alla voce Orfeo.

[20] Deipnosophistaí II,50,58a. § And Ephippus says: Cakes made of sesame and honey, sweetmeats, | Cheese-cakes, and creamcakes, and a hecatomb | Of new-laid eggs, were all devoured by us. (translated by C. D. Yonge in Deipnosophists or Banquet of the learned, London, Henry G. Bohn, 1854 – traduzione basata sull'edizione del testo greco di Schweighäuser, Strasburg, 1801-1807)

[21] Satira XIII,141.

[22] Svetonio De vita Caesarum - Galba 1: Progenies Caesarum in Nerone defecit; quod futurum, compluribus quidem signis, sed vel evidentissimis duobus apparuit. Liviae, olim post Augusti statim nuptias Veientanum suum revisenti, praetervolans aquila gallinam albam ramulum lauri rostro tenentem, ita ut rapuerat, demisit in gremium; cumque nutriri alitem, pangi ramulum placuisset, tanta pullorum suboles provenit, ut hodieque ea villa ad Gallinas vocetur, tale vero lauretum, ut triumphaturi Caesares inde laureas decerperent; fuitque mox triumphantibus, illas confestim eodem loco pangere; et observatum est, sub cuiusque obitum arborem ab ipso institutam elanguisse. Ergo novissimo Neronis anno et silva omnis exaruit radicitus, et quidquid ibi gallinarum erat interiit; ac subinde tacta de caelo Caesarum aede, capita omnibus simul statuis deciderunt, Augusti etiam sceptrum e manibus excussum est.

[23] Satira XIII,141-142: quia tu gallinae filius albae, | nos viles pulli nati infelicibus ovis?

[24] Si emendano sia il destinatario che il testo della missiva in base a quanto reperibile in www.thelatinlibrary.com e nell'edizione di Lione del 1561. § Ad familiares VII, XXVIII. Scr. Romae (post vii. K. Sextil.) a.u.c. 708. [m.] cicero s. d. curio. Memini, cum mihi desipere videbare, quod cum istis potius viveres quam nobiscum; erat enim multo domicilium huius urbis, cum quidem haec urbs fuit, aptius humanitati et suavitati tuae quam tota Peloponnesus, nedum Patrae: nunc contra et vidisse mihi multum videris, cum prope desperatis his rebus te in Graeciam contulisti, et hoc tempore non solum sapiens, qui hinc absis, sed etiam beatus; quamquam quis, qui aliquid sapiat, nunc esse beatus potest? Sed, quod tu, cui licebat, pedibus es consecutus, ut ibi esses, "ubi nec Pelopidarum" - nostri cetera -, nos idem propemodum consequimur alia ratione; cum enim salutationi nos dedimus amicorum, quae fit hoc etiam frequentius, quam solebat, quod quasi avem albam videntur bene sentientem civem videre, abdo me in bibliothecam. § Tralasciando la numerazione dell'epistolario che non corrisponde a quella odierna, ecco le preziose notizie relative a Curio, intimo amico di Cicerone al quale è indirizzata questa lettera: manius curius, one of the most intimate friends of Cicero, who had known him from his childhood, and describes him as one of the kindest of men, always ready to serve his friends, and as a very pattern of politeness (urbanitas). He lived for several years as a negotiator at Patrae in Peloponnesus. At the time when Tiro, Cicero's freedman, was ill at Patrae, b. c. 50 and subsequently, Curius took great care of him. In b. c. 46, Cicero recommended Curius to Serv. Sulpicius, who was then governor of Achaia, and also to Auctus, his succes­sor. The intimacy between Curius and Atticus was still greater than that between Cicero and Curius; and the latter is said to have made a will in which Atticus and Cicero were to be the heirs of his property, Cicero receiving one-fourth, and Atticus the rest. Among Cicero's letters to his friends there are three addressed to Curius (vii. 23-26), and one (vii. 29) is addressed by Curius to Cicero. (www.ancientlibrary.com - William Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 1867)

[25] Controversiae VII,1: Instatis mihi cotidie de Albucio. [...] [2] [...] Splendor orationis quantus nescio an in ullo alio fuerit. Non hexis magna sed phrasis. Dicebat enim citato et effuso cursu sed praeparatus; extemporalis illi facultas, ut adfirmabant qui propius norant, non derat, sed putabat ipse sibi deesse. Sententiae, quas optime Pollio Asinius albas vocabat, simplices, apertae, nihil occultum, nihil insperatum adferentes sed vocales et splendidae. [3] Adfectus efficaciter movit, figurabat egregie, praeparabat suspiciose. Nihil est autem tam inimicum quam manifesta praeparatio; apparet enim subesse nescioquid mali. Itaque moderatio est adhibenda, ut sit illa praeparatio, non confessio. (www.thelatinlibrary.com)

[26] Satira VII,201-202: Servis regna dabunt, captivis fata triumphum. | Felix ille tamen corvo quoque rarior albo.