Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555
De Capo
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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Gallus a
castratione vocatus est. nam inter aves caeteras huic soli testiculi
adimuntur. veteres autem abscissos vocabant gallos, Isidorus[1].
Ne nimis exhausto macresceret inguine gallus, | Amisit testes: nunc mihi
gallus erit, Martialis lib. 13. sub lemmate Capo[2].
Et mox de eodem, Succumbit sterili frustra gallina marito, |
Hanc matris Cybeles esse decebat avem. id est, haec potius et proprie
debebat vocari gallus. Capus videri posset dictus quasi captus testibus,
ut captum oculis et auribus dicimus, pro visu et auditu privatum. ut
caper etiam dicitur proprie de hoedo vel hirco castrato[3].
sed syllabae primae quantitas prohibet, quae producitur. Alius coactos
non amare capones, Martialis lib. 3[4].
est autem senarius scazon. Ex recentioribus quidam capum
gallinaceum dixit per pleonasmum. Capum enim dixisse sat est. Gallus
spado[5]
pro capone, apud Petronium Arbitrum. ¶ Barbur vocem Hebraicam aliqui
capum interpretantur. Vide in: Gallinaceo A[6].
Italice nominatur capon vel capone. Gallice chappon. Germanice Kappun/ Kapaun/ Kaphan. Anglice capon. |
Il
gallo ha preso il nome dalla castrazione.
Infatti tra tutti gli altri uccelli solo a lui vengono asportati i
testicoli. In effetti gli antichi chiamavano castrati i galli, Isidoro.
Il gallo, allo scopo di non dimagrire troppo per aver prosciugato
il basso ventre, | rinunciò ai testicoli; ora per me sarà un Gallo
– un sacerdote di Cibele,
Marziale
libro 13 degli epigrammi, al lemma Cappone. E subito dopo: Invano la
gallina soggiace allo sterile marito, | conveniva che questo uccello
fosse della madre Cibele. Cioè, è quest'uccello che doveva chiamarsi
più propriamente gallo. Potrebbe sembrare che il cappone sia stato così
chiamato come se fosse privo di testicoli, così come diciamo privo di
occhi e di orecchie per dire che una persona è priva della vista e
dell'udito. Come pure si dice in modo appropriato caper – il
capro – per il capretto o per il caprone castrato. Ma lo impedisce la
quantità – lunga o breve - della prima sillaba (di capus), che
è lunga. Un altro - offre - capponi costretti a non amare, Marziale
libro 3. Infatti è un senario giambico
scazonte.
Qualcuno tra i più recenti ha detto gallo cappone attraverso un
pleonasmo.
A dire il vero è più che sufficiente aver parlato di capus. In
Petronio Arbitro
si trova gallus spado per il cappone. ¶ Alcuni traducono con
cappone il termine ebraico barbur.
Vedi nel paragrafo A del gallo. In italiano si dice capo oppure capone.
In francese chappon. In tedesco Kappun/ Kapaun/ Kaphan.
In inglese capon. |
B. |
B |
De alectoria
lapide, leges in Gallinaceo B. circa finem[7]. |
A
proposito della pietra alettoria potrai leggere nel capitolo del gallo,
paragrafo B, verso la fine. |
C. |
C |
Capi etiam
epilepsiae obnoxii feruntur, Aloisius Mundella[8].
Plura quae partim huc referri poterant, partim ad D. leges mox in E. |
Si
dice che anche i capponi sono soggetti all'epilessia,
Luigi Mondella.
Molte cose che in parte potevano riferirsi in questo paragrafo, in parte
in un paragrafo D, le leggerai tra poco nel paragrafo E. |
E. |
E |
Castrantur
gallinacei parte novissima suae alvi, quae cum coeunt, concidit. hanc
enim si duobus aut tribus ferramentis adusseris, capos facies, quod si
perfectus est qui castratur, crista pallescit, et cucur<r>ire
desinit, neque coitum venereum repetit. sed si adhuc pullus est, ne
inchoari quidem ex iis quicquam potest, cum accrescit, Aristot.[9]
Desinunt canere castrati: Quod duobus fit modis, lumbis adustis candente
ferro, aut imis cruribus, mox ulcere oblito figulina creta. Facilius ita
pinguescunt, Plin.[10]
Gallos castrant ut sint capi, candenti ferro inurentes calcaria ad
infima crura, usque dum rumpantur (ignea vi consumantur, Columel.[11])
atque extet ulcus, quod obliniunt figlina creta, (dum consanescant,
Colum.) Varro[12].
E gallis apud nos evulsis testiculis per posteriora modico vulnere
capones fiunt, Grapaldus. Vulnus quidem tantum fit, quantum digito
immittendo et testibus singulis extrahendis sufficit, quo testes lumbis
superius adhaerentes inquiruntur sub intestinis galli supini, inventique
digiti summitate revelluntur. iis extractis vulnus filo consuitur, et
cinis infricatur, tum etiam crista resecatur, ut virilitas omnis absit.
Sunt qui in cristae abscissae locum calcar e crure exectum inserant,
quod coalito vulnere etiam crescere solet. Galli castrati forma quidem
maris sunt, sed animo foemineo praediti. pinguescunt ita citius, etiamsi
fartura non obesantur. videasque quosdam in eam plenitudinem corporis
perductos, ut de magnitudine cum ansere facile certent, Gyb. Longolius[13].
Cum gallinis pascuntur: sed non defendunt eas, non cantant, nec horam
diei vel noctis discernunt, ad nihil praeter cibum utiles, Author libri
de nat. rerum. |
I
galli vengono castrati nella parte estrema del loro addome, quella che
si abbassa quando si accoppiano – vicino alla cloaca, al di sotto
dell'uropigio.
Quindi, se l’avrai cauterizzata con due o tre ferri, otterrai dei
capponi, e se quello che viene castrato lo è a dovere, la sua cresta
impallidisce e smette di cantare, né cerca ancora di accoppiarsi. Ma se
è ancora un pollastro, nulla di tutto ciò può avere inizio mentre
cresce, Aristotele.
Smettono di cantare una volta che sono castrati, il che avviene in due
modi, dopo che i lombi sono stati cauterizzati con un ferro
incandescente, oppure sono state cauterizzate le parti più basse delle
zampe, e subito dopo la ferita viene spalmata con creta da vasai.
Così ingrassano più facilmente, Plinio.
Castrano i galli affinché
diventino dei capponi, cauterizzando con un ferro incandescente gli
speroni nella parte più bassa delle zampe fino a quando non si
staccano, (fino a quando non vengono distrutti dalla forza del fuoco,
Columella)
e non si forma un’ulcera, che spalmano con creta da vasai (fintanto
che non sono guariti, Columella), Varrone.
Presso di noi dai galli si ottengono dei capponi dopo averne asportati i
testicoli attraverso la zona posteriore con una piccola ferita,
Francesco Mario Grapaldi.
In realtà si pratica una ferita che deve essere grande quanto
basta per introdurvi un dito ed estrarre i testicoli uno per volta, con
il quale si va alla ricerca dei testicoli che aderiscono superiormente
alla regione lombare e che sono posti al di sotto degli intestini del
gallo che sta supino, e dopo che sono stati individuati vengono
strappati via con l'estremità del dito. Dopo averli estratti, la ferita
viene suturata con del filo e vi si strofina della cenere, quindi si
taglia via anche la cresta affinché non ci sia alcun segno di virilità.
Alcuni, là dove la cresta è stata recisa, inseriscono uno sperone
reciso dalla gamba, in quanto solitamente una volta che la ferita si è
rimarginata si allungherebbe pure. In realtà i galli castrati hanno la
conformazione di un maschio, ma sono dotati di un carattere femminile.
Così ingrassano più in fretta, anche se attraverso l'ingrasso non
diventano obesi. E potresti vedere che alcuni sono stati condotti a un
grado tale di corpulenza che per la mole potrebbero facilmente
gareggiare con un'oca, Gisbert Longolius.
Vanno a pascolare con le galline: ma non le difendono, non cantano, né
suddividono le ore del giorno e della notte, utili a nient'altro che
come cibo, l'Autore del trattato sulla natura delle cose. |
¶ Capos et
gallinas saginare ligur<r>itores ipsi invenere, quo unctius ac
lautius devorarent, Platina. Pinguescunt capi milii farina cum melle,
praesertim et turundis in cibo datis. nam {Plinius} <Varro>[14]
eo nomine vocat bucceas, quibus farcire saginareque gallinas, anseres et
capones solemus, Grapaldus. Sunt apud nos qui capos saginant hoc modo.
includunt eos loco angusto, et e farina milii turundos faciunt,
magnitudine fere et longitudine articuli digiti mediocris: e quibus ab
initio circiter denos eis in fauces inserunt: et per aliquot deinceps
dies quotidie plures paulatim aucto numero. qui postea minuitur etiam
paulatim. dandum est autem eis plus minus pro concoctione, quae tactu
explorata ingluvie animadvertitur. Debent autem turundi mox inserendi
prius in aquam aut lac immitti ut facilius descendant, et leniter
digitis per collum premendo deduci. In defectu milii, furfur cum pauca
de frumento farina et milii etiam pauca, in turundos redigitur. Sic fere
viginti diebus obesantur, mero quidem milio quatuordecim. Sunt qui
gallinas et capones brevi pinguescere scribant, si cerevisia eis bibenda
apponatur pro aqua. Capus gliscens, lo capone impastato, nutrito de
pasta, Scoppa in Dictionario Latinoitalico[15].
videtur autem pastae nomine turundos intelligere. De gallina farcienda
privatim scribemus infra in Gallina E. Videtur autem ratio eadem
farciendis utrisque convenire. |
¶
Sono stati gli stessi ghiottoni
a inventare l’ingrassamento dei capponi e delle galline, in modo da
ingozzarsi in modo più prelibato e sontuoso, Platina.
I capponi ingrassano usando farina di miglio
con miele, soprattutto dando loro da mangiare anche dei pastoni. Infatti
Varrone chiama con tale nome i bocconi coi quali siamo soliti rimpinzare
e ingrassare le galline, le oche e i capponi, Grapaldi. Alcuni di noi
ingrassano i capponi in questo modo: li rinchiudono in uno spazio
angusto e confezionano dei bocconcini quasi della grandezza e della
lunghezza della falange di un dito di media grandezza: inizialmente
gliene ficcano in bocca dieci per seduta: e successivamente per alcuni
giorni gliene danno parecchi al giorno, aumentando poco a poco il
numero. Che poi viene pure diminuito gradualmente. Infatti bisogna
dargliene più o meno a seconda della digestione, che viene rilevata con
l’esplorazione tattile del gozzo. I bocconi che stanno per essere
somministrati vanno prima messi in acqua o nel latte affinché scendano
con maggiore facilità, e debbono essere aiutati a scendere premendo
delicatamente con le dita lungo il collo. Se il miglio scarseggia si
confeziona in bocconi della crusca con poca farina di frumento e anche
con poca farina di miglio. In questo modo diventano grassi nel giro di
venti giorni, ma in quattordici con solo miglio. Alcuni scrivono che le
galline e i capponi ingrassano in breve tempo se viene data loro da bere
della birra al posto dell’acqua. Capus gliscens - il cappone
che aumenta di peso, lo capone impastato, nutrito de pasta, Lucio
Giovanni Scoppa
in Dictionarium Latinoitalicum. Infatti pare che intenda dire
bocconi col vocabolo pasta. Sulla gallina da ingrassare scriverò
separatamente più avanti nel paragrafo E del capitolo relativo alla
gallina. In realtà sembra che lo stesso metodo si addica all'ingrasso
di ambedue. |
¶ Capus
ventre et pectore deplumatus et perfricatus urticis, pullos fovere et
pascere solet, etc. ut recitavimus in Gallo D. Sunt qui hoc modo
affectum, non pullos modo curare, sed ova etiam incubare dicant:
praesertim si pane vino madente inebrietur, et mox ebrius in loco
obscuro ovis imponatur. sic enim cum ad se redierit, ova propria
existimantem, perficere aiunt. ¶ Fabae semina Graeci asserunt capi
sanguine macerata adversantibus herbis liberari, Ruellius. Ego in
Geoponicis adhuc nihil tale reperi. |
¶
Il cappone, dopo che è stato spiumato a livello del ventre e del petto
e che è stato strofinato con le ortiche, è solito riscaldare e
allevare i pulcini, etc., come ho scritto nel paragrafo D. riguardante il gallo. Alcuni affermano che, dopo essere stato trattato in questo
modo, non solo si prende cura dei pulcini, ma che cova anche le uova:
specialmente se viene inebriato con pane inzuppato nel vino, e non
appena ubriaco viene collocato sopra alle uova in un posto buio. Dicono
infatti che così, quando è tornato in sé, giudicando le uova come
sue, le porta alla schiusa. ¶ I Greci affermano che i semi della
fava
macerati in sangue di cappone vengono liberate dalle erbe nocive, Jean
Ruel.
Finora nei geoponici
non ho trovato alcunché di simile. |
F |
|
In Gallinaceo
F.[16]
permulta a nobis recitata sunt, quae omni gallinaceo generi tum
salubritatis in cibo tum apparatus ratione communia sunt: hic ea quae ad
capos privatim pertinent afferemus. Omnium avium laudes, quantum ad
obsonia pertinet, una caro gallinacea comprehendit. Quid enim popinis
afferunt reliquae altiles, quod non unus capus in se habeat, sive elixum,
sive assum velis? Huius avis patina stomachum iuvat, pectus lenit, vocem
sonoram facit, corpus obesat, Platina. Capi in cibis gratiores sunt,
utpote remoto Veneris usu facti pinguiores, et salubrioris nutrimenti,
Grapaldus. |
Nel
paragrafo F relativo al gallo ho riferito un'infinità di cose che sono
in comune a tutto quanto il genere dei gallinacei sia riguardo alla
salubrità come cibo che al modo di preparali: a
questo punto riferirò solo ciò che riguarda in modo specifico i
capponi. Per quanto riguarda i cibi, la sola carne di pollo raduna in sé
le lodi di tutti i volatili. Infatti che cosa forniscono alle osterie
gli altri volatili d'allevamento che non lo possiede già un solo
cappone, sia che tu lo voglia bollito oppure arrosto? Un piatto
preparato con questo volatile fa bene allo stomaco, allevia lo spirito,
rende la voce sonora, fa ingrassare il corpo, Platina. I capponi come
cibo sono più gustosi, in quanto avendo messo da parte il sesso sono
diventati più paffuti e si sono trasformati in un nutrimento più
salubre, Grapaldi. |
[1] Etymologiae XII,7: Gallus a castratione vocatus; inter ceteras enim aves huic solo testiculi adimuntur. Veteres enim abscisos gallos vocabant. Sicut autem a leone leaena et a dracone dracaena, ita a gallo gallina. Cuius membra, ut ferunt quidam, si auro liquescenti misceantur, consumi.
[2] Epigrammata 13, 63: Capones: Ne nimis exhausto macresceret inguine Gallus, | Amisit testes, nunc mihi Gallus erit. 13,64 Idem: Succumbit sterili frustra gallina marito. | Hunc matris Cybeles esse decebat avem. - Nelle edizioni critiche odierne si accetta sia hunc riferito a marito che hanc riferito ad avem. – Il punto di riferimento sia di Marziale che di Isidoro sono i Galli, sacerdoti di Cibele, che si castravano. L’etimologia di gallus – il volatile - non ha nulla a che fare con tali sacerdoti. Il termine latino gallus sarebbe in relazione con lo slavo golos = voce e con l’inglese call = richiamo. Anche l’antico francese geline, gallina, deriva da gallus.
[3] Diversamente da quanto comunemente si intende per capro o becco (maschio della capra non castrato), di avviso opposto era Aulo Gellio che chiama a suo testimone nientemeno che Varrone in Noctes Atticae IX,9,10: quem Theocritus enorchan appellavit - auctore enim M. Varrone is demum Latine "caper" dicitur, qui excastratus est -:[...].
[4] Epigrammata 3,58,33-40: Nec venit inanis rusticus salutator: | fert ille ceris cana cum suis mella | metamque lactis Sassinate de silua; | somniculosos ille porrigit glires, | hic vagientem matris hispidae fetum, | alius coactos non amare capones; | et dona matrum vimine offerunt texto | grandes proborum virgines colonorum.
[5] Spado, al genitivo spadonis, deriva dal greco σπάδων che significa eunuco, cavallo castrato, a sua volta derivato dal verbo σπάω che significa tirare, estrarre, strappare. – Cappone deriverebbe da κόπτειν, battere, tagliare, recidere. Un termine greco per indicare castrato è appunto ἀπόκοπος.
[6] A pagina 380. Per un'analisi del significato di barbur si veda Summa Gallicana I,8,2.4.l..
[7] A pagina 382.
[8] Epistolae medicinales (1543) pag 63: Extremum illud addam, multos profecto mihi affirmasse, praesertim Totum nostrum plurimae sane lectionis, nec vulgaris iudicii virum, se videlicet propriis oculis vidisse, qualeas comitiali morbo corripi: traditum enim a Plinio de coturnicibus, a nullo vero de alpinis nostris coturnicibus, quod sciam, nec hactenus visum, nec auditum. Plinii vero sententia illa, coturnices animalium solas, praeter hominem, talem morbum sentire, nobis profecto dubitandi occasionem praebuit: nonnulla enim alia sunt animalia, quae hoc afficiuntur malo, quemadmodum quos saepe nos vidimus, catti, &, ut ab aliis accepi, capi gallinacei, alaudae, equi, picae.
[9] Historia animalium IX,50 – 631 b 25-30: Ἐκτέμνονται δ’οἱ μὲν ὄρνιθες κατὰ τὸ ὀρροπύγιον, καθ’ὅ συμπίπτουσιν ὀχεύοντες, ἐνταῦθα γὰρ ἂν ἐπικαύσῃ τις δυσὶν ἢ τρισὶ σιδηρίοις, ἐὰν μὲν ἤδη τέλειον ὄντα, τὸ τε κάλλαιον ἔξωχρον γίνεται καὶ οὐχέτι κοκκύζει οὐδ'ἐπιχειρεῖ ὀχεύειν, ἐὰν δ’ἔτι ·νεοττὸν ὄντα, οὐδὲ γίνεται τούτων οὐδὲν αὐξανομένου. - Birds are castrated at the rump at the part where the two sexes unite in copulation. If you burn this twice or thrice with hot irons, then, if the bird be full-grown, his crest grows sallow, he ceases to crow, and foregoes sexual passion; but if you cauterize the bird when young, none of these male attributes propensities will come to him as he grows up. (traduzione di D'Arcy Wentworth Thompson 1910, 1860-1948) – Da notare che ὄρνιθες viene tradotto da D'Arcy Thompson col più generico termine birds anziché roosters o cocks, sebbene tra gli uccelli il primato della castrazione - se non l'esclusiva - spettino al gallo, e nonostante solo il gallo sia dotato di una cresta che in greco e in Aristotele inequivocabilmente suona κάλλαιον, una cresta (e non un ciuffo di piume, λόφος) che dopo la castrazione da rossa si fa pallida, color ocra, ἔξωχρον. D'Arcy Thompson nel suo ineguagliabile A glossary of Greek birds (1895) esplicitamente afferma che κάλλαιον nel gallo identifica la cresta, e la definisce comb (essendo crest il ciuffo), mentre in questo passo traduce κάλλαιον con crest. Aristotele nella sua Historia animalium non parla assolutamente di uccelli castrati se non in questo passo, diversamente da quanto fa per i mammiferi, tra i quali possiamo ricordare toro, cervo, maiale. - Gessner non riferisce la fonte del suo esatto gallinacei, ma non si può escludere che abbia attinto dal De natura animalium (1498) di Teodoro Gaza, in quanto il brano di Gessner è identico a quello di Gaza, eccetto cucurire che in Gaza giustamente suona cucurrire. – Per amore della precisione dobbiamo aggiungere che ὄρνιθες si potrebbe tradurre anche con galline. Per cui con la castrazione di una gallina si otterrebbe una gallina spadonia, che in francese suona poularde. Ma ciò non collima coi tempi di Aristotele, in quanto abbiamo notizia che la castrazione delle galline veniva praticata - per esempio - da Michele Savonarola (1384-1468) che le chiamava caponissae, quindi in tempi ben più recenti rispetto a quelli dello Stagirita. Né si hanno tracce di castrazione di galline in epoca romana, come si può evincere dal paragrafo Culinarum artes desunto da Ornithologia Latina di Filippo Capponi (1979) e reperibile alla voce castrazione del lessico. Oltretutto la relazione di Capponi viene convalidata dall'affermazione di Isidoro (ca. 560-636) in Etymologiae XII,7: Gallus a castratione vocatus; inter ceteras enim aves huic solo testiculi adimuntur. Giulio Cesare Scaligero è più esplicito: traduce ὄρνιθες con galli – il che quadra coi tempi di Aristotele - e sottolinea che invece ai suoi tempi (1484-1558) si castravano anche le galline, una pratica da lui attribuita ai tavernieri: "Etiam sic castrantur hodie gallinae a ganeis, quae mirum in modum pinguescunt." (Aristotelis historia de animalibus, Tolosa, 1619, pag. 1173) - Illuc, unde abii, redeo (Orazio Satirae I, 1, 108): D'Arcy Wentworth Thompson commette chiaramente un errore traducendo ὄρνιθες con birds. Ma non solo lui è colpevole di questa svista, in quanto è vittima dello stesso lapsus anche Mario Vegetti che ha curato la traduzione italiana dell'Historia animalium (1971). Vegetti si associa ad altri studiosi nel mettere seriamente in dubbio l'autenticità aristotelica dei libri IX e X dell'Historia animalium, per cui ne fornisce non una traduzione, bensì un sommario. Ecco come suona la sintesi di IX,50: Gli animali cambiano forma e carattere in seguito alla castrazione. — Modi ed effetti della castrazione degli uccelli. Effetti della castrazione sugli uomini, per quanto riguarda la voce e la crescita dei peli. La voce di tutti i quadrupedi castrati diviene uguale a quella della femmina; se l’operazione è effettuata in gioventù, tutti gli animali a essa sottoposti diventano più grandi e più armoniosi. Tecnica di castrazione dei vitelli, che va effettuata a un anno. — Asportazione dell’utero delle scrofe perché ingrassino più rapidamente. Analoga operazione sulle cammelle per poterle utilizzare in guerra (certi Asiatici possiedono fino a tremila di questi animali). — Note sui ruminanti in generale. – Per cui anche Vegetti come D'Arcy Thompson ha tradotto ὄρνιθες con uccelli.
[10] Naturalis historia X,50: Desinunt canere castrati, quod duobus fit modis, lumbis adustis candente ferro aut imis cruribus, mox ulcere oblito figlina creta; facilius ita pinguescunt.
[11] De re rustica VIII,2,3: Sed ex his tribus generibus cohortales feminae proprie appellantur gallinae, mares autem galli, semimares capi, qui hoc nomine vocantur cum sint castrati libidinis abolendae causa. Nec tamen id patiuntur amissis genitalibus, sed ferro candente calcaribus inustis, quae cum ignea vi consumpta sunt, facta ulcera dum consanescant, figulari creta linuntur.
[12] Rerum rusticarum III,9,3: Gallos castrant, ut sint capi, candenti ferro inurentes ad infima crura, usque dum rumpatur, et quod exstat ulcus, oblinunt figlina creta.
[13] Dialogus de avibus (1544) pag. 19-20: pamphilus. En tibi capones, ut evirati, neque vocem edunt, neque gallinis molesti sunt. - longolius. Ego illos non capones, sed cum Varrone et Columella libentius capos vocaverim. Quos ob id semimares vocant, quoniam castrati sunt. Ex forma quadam [sic!] maris, sed animo foemineo praediti sunt. Pinguescunt ita citius, etiamsi fartura non obesantur. Videasque quosdam in eam plenitudinem corporis perductos, [20] ut de magnitudine cum ansere facile certent.
[14] In Plinio non ricorre la parola turunda, che viene invece impiegata da Varrone in Rerum rusticarum III,9,20: Ex iis evulsis ex alis pinnis et e cauda farciunt turundis hordeaceis partim admixtis farina lolleacia aut semine lini ex aqua dulci.
[15] Dovrebbe corrispondere a Spicilegium seu thesaurulus latinae linguae ... atque italicae noviter ab auctore recognitus, atque ... locupletatus ... Tomus primus (-secundus). - Venetiis: apud Petrum Bosellum, 1558. - È verosimile che prima del 1555 Gessner ebbe la possibilità di consultare una precedente edizione dell'opera di Scoppa.
[16] A partire da pagina 387.