Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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[233]
Pluma omnis in capite, sub alis, atque clunibus {detergatur}
<detergetur[1]>,
illic ne pediculos creet, hic ne stercore naturalia laedantur. Varro[2]
ex alis, et cauda pennas evelli iubet. Florentinus extremas, quare et
hae{c} eximi poterunt. Substernatur mundissima palea, vel molle foenum.
Nam si dure cubent, non facile pinguescunt. |
Devono
essere tenute pulite tutte le piume sulla testa, sotto le ali e sulle
natiche, affinché non diano luogo ai pidocchi nei primi due punti,
nell’ultima area affinché le parti genitali non vengano lese dallo
sterco. Varrone consiglia che vengano strappate le penne dalle ali e
dalla coda. Florentino quelle più periferiche, per cui si potranno
togliere anche queste. Venga stesa sotto della paglia molto pulita,
oppure del fieno soffice. Infatti se stanno coricate sul duro non
ingrassano facilmente. |
At
non obesas tantum, sed in cibo etiam longe suaviores fore promittunt
omnes ferme rei rusticae scriptores, si farina hordeacea recenti aqua
mulsa conspersa exhibeatur. Unde Columella[3],
postquam, ut videtur, ex Varrone, apud quem eadem leges, nisi quod
simplicem eam aquam dulcem vocet, simplici eam aqua conspergit, et ita
offas ex eadem fieri iussit, primisque diebus dari parcius, donec plus
concoquere consuescant: quod cruditas
vitanda sit maxime, tantumque praebendum, quantum digerere possint:
neque ante recens exhibenda, quam tentato gutture apparuerit nihil
veteris escae remansisse. Nam illi,
inquit, qui volunt non solum opimas,
sed etiam teneras aves efficere, mulsa {recente} <recenti> aqua
praedicti generis farinam
conspergunt, {atque infarciunt} <et ita farciunt>. |
Ma
quasi tutti gli scrittori di agricoltura garantiscono che diventeranno
non solo obese, ma anche di gran lunga più gustose al palato se viene
data da mangiare della farina di orzo bagnata con idromele fresco. Per
cui Columella, che come sembra l’ha dedotto da Varrone nel quale
potrai leggere le stesse cose, dopo aver chiamato semplicemente acqua
quell’acqua dolce, la bagna con acqua semplice, e dopo aver prescritto
di farne delle pallottole, che ne vengano date con una certa parsimonia
nei primi giorni finché non si sono abituate a digerirne in maggior
quantità: in quanto bisogna ad ogni costo evitare l’indigestione, e
che bisogna dare da mangiare tanto quanto sono in grado di digerire: e
che non bisogna dare dell’altro cibo prima che, dopo aver palpato il
gozzo, non risulterà che nulla è rimasto del cibo precedente. Egli
dice: Infatti coloro che vogliono rendere le galline non solo grasse,
ma anche tenere, bagnano con idromele fresco la farina del tipo
anzidetto, e così le ingrassano. |
Nonnulli,
teste Varrone[4],
pane triticeo, vino optimo ac odorato madefacto, et aqua praedicta
opimant, ita ut viginti diebus pingues reddant, et teneras. Alii, inquit
Columella, tribus aquae partibus unam boni vini miscent, madefactoque
eodem pane obesant: et hoc modo farctam avem, quae prima Luna (quoniam
id quoque custodiendum est) saginari {caepta} <coepta>, vigesima
pergliscere tradit. Varro[5] turundis hordeaceis
partim {admistis} <admixtis> {ex} farina {hordeacea} <lolleacia>,
aut semine lini ex aqua dulci farciri scribit, idque facere iubet usque
ad dies vigintiquinque tum denique pingues fieri. Laudatur Florentino
etiam milium. Et panicum ad Gallinarum Columbarumque saginam potius
datur, quam ad hominum alimentum. Cardanus author est, Gallinas si
pingui lacertae salnitro cyminoque farinam tritici miscueris et hoc cibo
eas saginaveris, adeo pinguescere hominesque qui eis aluntur, ita
pinguefieri, ut disrumpantur[6]. |
Alcuni,
testimone Varrone, le ingrassano con pane di grano intriso di vino
ottimo e profumato, nonché con l’acqua anzidetta, in modo da renderle
pingui e tenere nel giro di 20 giorni. Altri, dice Columella, mescolano
a 3 parti di acqua una parte di vino buono e le ingrassano con lo stesso
tipo di pane inzuppato: e dice che la gallina ingrassata in questo modo,
che si è cominciato a ingrassare all’inizio della luna nuova (in
quanto bisogna attenersi anche a questo), ha ultimato il periodo
dell’ingrassamento al ventesimo giorno. Varrone scrive che vengono
rimpinzate con pastone di orzo che in parte contiene miscelata farina di
loglio o semi di
lino, impastati con acqua di fonte, e prescrive di
fare ciò per 25 giorni e che allora finalmente diventano grasse. Da
parte di Florentino si loda anche il miglio. Anche il
panico viene
dato per l’ingrasso delle galline e delle colombe anziché come
alimento per gli esseri umani. Gerolamo Cardano sostiene che le
galline, se dopo aver fatto una miscela di farina di grano con una
lucertola ben pasciuta, con del salnitro e con del cumino, le nutrirai
con questo cibo, ingrassano talmente tanto, come pure gli uomini che le
mangiano diventano così grassi da scoppiare. |
Io.
Iacobus Weckerus[7]
eiusmodi sese secretum ab Hollando quodam accepisse tradit, ut Gallinae
pinguescant. In culina, inquit, facias tibi capsam, pluribus
interstinctam capsulis, singulis cum suis foraminibus, per quae capita
extrudere foras possint Gallinae, cibumque capere. His itaque capsulis,
Gallinae iuvenes, vel pulli incarcerentur, singulae singulis: cibusque
singulis horis offeratur, parum pro vice potu interdicto. Cibus autem
sit triticum in aqua modice elixum. Oportet autem capsulas inferius esse
pervias, ut excrementa permeare possint singulis diebus diligenter
auferenda. Caeterum ultra duas hebdomadas inclusas Gallinas esse non
oportet: prae nimia enim pinguedine interirent. Haec ille. Audio etiam
apud eosdem populos insigniter pinguescere, et cito, si cervisia eis in
potu apponatur pro aqua, item si reliquiis eiusdem cervisiae pascantur,
sed et ova ita plura, maioraque, parere. |
Johann
Jacob Wecker riferisce di
essere venuto a conoscenza da un Olandese del seguente segreto su come
le galline diventano grasse. Egli dice: in cucina devi costruirti una
cassa suddivisa in molti scomparti, ciascuno con la propria apertura,
attraverso la quale le galline possano mettere fuori la testa e assumere
il cibo. Quindi in questi scomparti vengano incarcerate delle galline
giovani oppure dei galletti, un soggetto per ogni scomparto: e venga
dato del cibo a ogni ora, invece il bere deve essere vietato poco per
volta. Inoltre il cibo deve consistere in grano un po’ inzuppato in
acqua. È opportuno poi che gli scomparti siano aperti inferiormente,
cosicché gli escrementi possano passare attraverso, da rimuovere con
cura tutti i giorni. Peraltro non conviene che le galline stiano
rinchiuse più di due settimane: infatti morirebbero a causa di
un’obesità eccessiva. Queste le sue parole. Sento anche dire che
presso quelle stesse popolazioni ingrassano in modo spiccato, e in
fretta, se viene loro data da bere della birra al posto dell’acqua,
parimenti se si nutrono dei resti della lavorazione della birra stessa,
ma così depongono anche uova in numero maggiore e più grandi. |
Columella[8],
Plinius, et Florentinus[9],
cum ad partum promovendum, tum ad saginandum, Cytisum miro modo {comedant}
<commendant>, eamque propterea in agro haberi plurimum referre.
Paucae enim regiones sunt, e quibus non possit eiusmodi arbuscula haberi.
Columella eius folia {ieiunis}[10],
seminaque maxime probari ait: et alibi[11]
etiam non Gallinis tantum, sed omni pecudum generi utilissimum praedicat,
quod ex eo cito pinguescat. Plinius {Aristomachum[12]}
<Amphilochum> viridem cytisum Gallinis dari iubere scribit, aut si
aruerit, madefactum. Denique Florentinus[13]
eius semina, et folia arida aqua perfusa offerri praecipit quippe quae
non minus quam viridia eas nutriant. Eiusmodi Gallinas, quae hoc modo
saginabantur, altiles, et farctas vocant, earumque nutritionem
saginationem. Iam vero non omnes aptas censebant teste Plinio[14],
sed eas tantum, quae pinguem in cervice cutem haberent. Sed quia nostra
aetas Capos potius, quam Gallinas saginet, itaque eiusmodi victus Capis
etiam praescribi poterit, de quibus suo loco[15]
post fusius dicemus. |
Columella,
Plinio e Florentino raccomandano in modo speciale il citiso sia per
promuovere la produzione di uova, sia per far ingrassare, e che pertanto
conviene moltissimo averne nel podere. Infatti sono poche le zone dalle
quali non si riesce a ottenere un siffatto arbusto. Columella dice che
le sue foglie e i suoi semi sono apprezzati moltissimo: e in un altro passo dichiara anche che è utilissimo non solo
alle galline, ma a ogni genere di animali, in quanto grazie ad esso
ingrassa in fretta. Plinio scrive che Anfiloco di Atene - non
Aristomaco di Soli - prescrive che venga dato alle galline del citiso
verde, o bagnato qualora fosse secco. Infine Florentino consiglia di
dare i suoi semi e le sue foglie secchi dopo averli messi a bagno in
acqua, in quanto le nutrono non meno di quelli verdi. Tali galline, che
venivano ingrassate in questo modo, le chiamano altiles e farctae,
e la loro nutrizione saginatio. Ma d’altra parte, come dice
Plinio, non ritenevano che fossero tutte quante adatte, ma solo quelle
che avevano la cute pingue a livello del collo. Ma poiché la nostra
generazione ingrassa preferibilmente i capponi rispetto alle galline, si
potrà dunque prescrivere un vitto siffatto anche ai capponi, dei quali
a tempo debito parleremo poi più ampiamente. |
Quod
si cibum respuant, fastidiantve, totidem diebus, inquit Varro[16],
minuere oportebit quot iam farturae processerint: ita tamen ne tempus
omne opimandi quintam, et vigesimam lunam superveniat. Idem Columella,
Cato[17],
et reliqui Geoponici bis die cibum offerunt. Parum tamen refert, si
pluries dederis: modo id observes, ut cruditatem vites, quod praestabis,
si cum iterum cibum oblaturus, guttur examines: si enim prior descendit,
iterum dandus alius, si non, nequaquam. Qui itaque saepe offerre volunt,
ut Hollandus ille, de quo diximus, faciebat, parum exhibeant, idque
facilis digestionis. |
Ma
se dovessero rifiutare il cibo o provarne avversione, Varrone dice che
sarà opportuno diminuirlo per tanti giorni quanti sono quelli da quando
ormai hanno cominciato a essere ingrassate: tuttavia in modo tale che
tutto il tempo dedicato all’ingrasso non superi 25 giorni lunari. Gli
stessi Columella, Catone e gli altri
geoponici danno il cibo due volte
al giorno. Tuttavia poco importa se glielo darai più volte: devi solo
fare attenzione a questo, cioè di evitare una indigestione, e ci
riuscirai se, quando stai per dare di nuovo del cibo, controlli il
gozzo: infatti se il precedente è sceso, bisogna darne dell’altro,
altrimenti niente affatto. Pertanto coloro che vogliono darne spesso,
come faceva quell’Olandese del quale abbiamo parlato, ne diano poco e
che sia di facile digestione. |
Quod
vero ad potum attinet: si farciantur, Cato meridie tantum dari praecipit,
aquamque non plus, quam unam horam ante sinendam. Quae pariunt, et in
corte divagantur, potum tota die postulant, isque nequaquam negandus,
maxime, si aestus fuerit: sitis enim non aliter ac nobis hisce avibus
nocet. Aqua autem mundissima sit[18].
Nam stercorosa pituitam concitat: quare cohors per quam vagantur, non
tam stercore, quam uligine careat: quae res cum diligentissimum etiam
custodem nimia assiduitate stercus colligendi torqueret, aquam tamen
interim mundissimam esse oporteat, vasa in hunc usum fabricata clausa
habere debebit. Ea autem talia sint, qualia his verbis Columella
describit. |
Ma
per quanto riguarda il bere: se vengono ingrassate, Catone consiglia che
venga dato solamente a mezzogiorno, e che l’acqua non venga lasciata
loro davanti per più di un’ora. Quelle che depongono e che
gironzolano nel cortile cercano da bere per tutto il giorno, e non
bisogna in nessun modo negarglielo, soprattutto se fa molto caldo:
infatti a questi volatili la sete nuoce in modo non diverso da quanto
accade a noi. Ma l’acqua deve essere molto pulita. Infatti se è
sporca di feci provoca la pipita: per cui il cortile nel quale
gironzolano deve essere privo non tanto di sterco, quanto di umidità:
la qual cosa mentre dovrebbe tormentare anche il custode più diligente
nel raccogliere con grande assiduità lo sterco, tuttavia nel contempo
sarebbe necessario che facesse in modo che l’acqua sia molto pulita, e
dovrà avere a disposizione dei recipienti chiusi costruiti per questo
uso. E debbono essere tali, così come li descrive Columella con queste
parole. |
[1] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 432: Pluma omnis e capite, et sub alis atque clunibus detergetur. Illic ne pediculum creet, hic ne stercore loca naturalia exulceret.
[2] Rerum rusticarum III,9,20: Ex iis evulsis ex alis pinnis et e cauda farciunt turundis hordeaceis partim admixtis farina lolleacia aut semine lini ex aqua dulci.
[3] De re rustica VIII,7,3-4:
[3] Cibus autem praebetur hordeacea farina, quae cum est aqua consparsa et
subacta, formantur offae, quibus avis salivatur. Hae
tamen primis diebus dari parcius debent, dum plus concoquere consuescant.
Nam cruditas maxime vitanda est, tantumque praebendum quantum digerere
possint. Neque ante recens admovenda est quam temptato gutture apparuerit
nihil veteris escae remansisse. [4] Cum deinde satiata est avis, paululum
deposita cavea dimittitur, et ita ne evagetur, sed potius, si quid est quod
eam stimulet aut mordeat, rostro persequatur. Haec fere communis est cura
farcientium. Nam illi qui volunt non solum opimas sed etiam teneras avis
efficere, mulsea recenti aqua praedicti generis farinam conspargunt, et ita
farciunt. nonnulli tribus aquae partibus, unam boni vini miscent,
madefactoque triticeo pane obesant avem, quae prima luna (quoniam id quoque
custodiendum est) saginari coepta vicensima pergliscit.
[4] Rerum rusticarum III,9,21: Quidam et triticeo pane intrito in aquam, mixto vino bono et odorato, farciunt, ita ut diebus XX pingues reddant ac teneras. Si in farciendo nimio cibo fastidiunt, remittendum in datione pro portione, ac decem primis processit, in posterioribus ut deminuat eadem ratione, ut vicesimus dies et primus sint pares. Eodem modo palumbos farciunt ac reddunt pingues.
[5] Rerum rusticarum III,9,20: Ex iis evulsis ex alis pinnis et e cauda farciunt turundis hordeaceis partim admixtis farina lolleacia aut semine lini ex aqua dulci. Bis die cibum dant, observantes ex quibusdam signis ut prior sit concoctus, antequam secundum dent. Dato cibo, quom perpurgarunt caput, nequos habeat pedes, rursus eas concludunt. Hoc faciunt usque ad dies XXV; tunc denique pingues fiunt.
[6] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 455: Si pingui lacertae, halinitro cyminoque farinam tritici miscueris, gallinae hoc cibo saginatae adeo pinguefaciunt homines, ut disrumpantur, Cardanus.
[7]
De secretis liber VIII.
[8] De re rustica VIII,5,1-2: Confecta bruma parere fere id genus avium consuevit. Atque earum quae sunt fecundissimae locis tepidioribus circa Kalendas Ianuarias ova edere incipiunt, frigidis autem regionibus eodem mense post Idus. [2] Sed cibis idoneis fecunditas earum elicienda est, quo maturius partum edant. Optime praebetur ad satietatem hordeum semicoctum, nam et maius facit ovorum incrementum et frequentiores partus, et is cibus quasi condiendus est interiectis cytisi foliis ac semine eiusdem, quae maxime putantur augere fecunditatem avium. Modus cibariorum sit, ut dixi, vagis binorum cyathorum hordei. Aliquid tamen admiscendum erit cytisi, vel si id non fuerit, viciae aut milii.
[9] Aldrovandi – estremamente prolisso a proposito di certi argomenti, come quelli religiosi – stavolta è assai sintetico e non riporta il brano di Florentino citato da Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 432: Cibus illis est offerendus, elixum hordeum, aut milium aut frumenti furfur, aut zizania vocata lolium, quae quidem ad nutritionem est commodissima: ac humida folia cytisi. Haec enim eas maxime durabiles et firmas reddunt, (foecundiores potius. gonimøtera, non monimøtera,) Florentinus.
[10] Si tratta di un errore desunto da Gessner. Infatti Columella dice che se alla crusca non è rimasta attaccata affatto della farina, la crusca non è adatta e neppure gustata dalle galline, anche se digiune. Quindi ieiunis non ha nessuna attinenza con le foglie di citiso. Ecco il brano di Columella in cui compare ieiunis. De re rustica VIII,4,1-2: Cibaria gallinis praebentur optima pinsitum hordeum et vicia, nec minus cicercula, tum etiam milium aut panicum. Sed haec ubi vilitas annonae permittit; ubi vero ea est carior, excreta tritici minuta commode dantur. Nam per se id frumentum, etiam quibus locis vilissimum est, non utiliter praebetur, quia obest avibus. Potest etiam lolium decoctum obici, nec minus furfures modice a farina excreti, qui si nihil habent farris, non sunt idonei, nec tamen appetuntur ieiunis. [2] Cytisi folia seminaque maxime probantur et sunt huic generi gratissima, neque est ulla regio in qua non possit huius arbusculae copia esse vel maxima. Vinacea quamvis tolerabiliter pascant dari non debent, nisi quibus anni temporibus avis fetum non edit, nam et partus raros et ova faciunt exigua. – Ed ecco il brano di Gessner che ha coinvolto Aldrovandi nella citazione errata. Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 432: Ieiunis cytisi folia, seminaque maxime probantur, et sunt huic generi gratissima: neque est ulla regio, in qua non possit huius arbusculae copia esse vel maxima, Columella.
[11] De re rustica V,12,1: Cytisum in agro esse quam plurimum maxime refert, quod gallinis, apibus, ovibus, capris, bubus quoque et omni generi pecudum utilissimus est; quod ex eo cito pinguescit, et lactis plurimum praebet ovibus, tum etiam quod octo mensibus viridi eo pabulo uti et postea arido possis. Praeterea in quolibet agro quamvis macerrimo celeriter comprehendit; omnem iniuriam sine noxa patitur.
[12] La notizia è senz’altro tratta da Gessner il quale commette un errore in cui cade ovviamente anche Aldrovandi. L’errore di Gessner sta nell’attribuire l’impiego del citiso come se fosse una prescrizione di Aristomaco. Invece si tratta di una prescrizione di Anfiloco. Vediamo prima Gessner e poi Plinio. Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 432: Aristomachus viridem cytisum gallinis dari iubet, aut si aruerit madefactum, Plin. – Plinio Naturalis historia XIII,130-131: Frutex est et cytisus, ab Amphilocho Atheniense miris laudibus praedicatus pabulo omnium, aridus vero etiam suum, spondetque iugero eius annua HS MM vel mediocri solo reditus. utilitas quae ervo, sed ocior satias, perquam modico pinguescente quadripede, ita ut iumenta hordeum spernant. non ex alio pabulo lactis maior copia aut melio, super omnia pecudum medicina validas a morbis omnibus praestante. [131] quin et nutricibus in defectu lactis aridum atque in aqua decoctum potui cum vino dari iubet — firmiores excelsioresque infantes fore —, viridem etiam gallinis aut, si inaruerit, madefactum. apes quoque numquam defore cytisi pabulo contingente promittunt Democritus atque Aristomachus.
[13] A mio avviso in questo
momento Aldrovandi sta dando forma a un pastone, miscelando idee di
Florentino e prescrizioni personali di Gessner. Infatti costui, appena dopo
aver citato Florentino, aggiunge considerazioni personali: Conrad Gessner, Historia
Animalium III (1555), pag. 432: … non monimøtera,) Florentinus.
Cibis idoneis foecunditas earum elicienda est, quo maturius partum edant. Optime
praebetur ad satietatem ordeum semicoctum. nam et maius facit ovorum
incrementum, et frequentiores partus. Sed is cibus quasi condiendus est
interiectis cytisi foliis ac semine eiusdem, quae utraque maxime putantur
augere foecunditatem avium. Modus autem cibariorum sit, ut dixi, vagis
binorum cyathorum ordei, aliquid tamen admiscendum erit cytisi, vel si supra
etiam hoc in capite dictum est, non procul initio.
[14] Naturalis historia X,140: Feminae quidem ad saginam non omnes eliguntur nec nisi in cervice pingui cute.
[15] A pagina 348.
[16] Rerum rusticarum III,9,21: Si in farciendo nimio cibo fastidiunt, remittendum in datione pro portione, ac decem primis processit, in posterioribus ut deminuat eadem ratione, ut vicesimus dies et primus sint pares. - Se nel periodo dell’ingrasso perdono l’appetito a causa dell’eccessivo cibo, bisogna ridurne la razione proporzionatamente in maniera che negli ultimi 10 giorni esso diminuisca con la stessa gradualità con cui ne è cresciuta la dose nei primi 10, e quella dell’ultimo giorno sia identica a quella del primo.
[17]
De agricultura, 89: Gallinas
et anseres sic farcito. Gallinas teneras, quae primum parient, concludat.
Polline vel farina hordeacia consparsa turundas faciat, eas in aquam
intingat, in os indat, paulatim cotidie addat; ex gula consideret, quod
satis sit. Bis in die farciat et meridie bibere dato; ne plus aqua sita siet
horam unam. Eodem modo anserem alito, nisi prius dato bibere et bis in die,
bis escam.
[18]
Columella De re rustica VIII,3,8-9: [8] Haec erit cohortalis
officinae dispositio. Ceterum cohors ipsa, per quam vagantur, non tam
stercore quam uligine careat. Nam plurimum refert aquam non esse in
ea nisi in uno loco quam bibant, eaque mundissima; stercorosa pituitam
concitat. Puram tamen servare non possis nisi clausam vasis in hunc usum
fabricatis. Sunt autem qui aut aqua replentur aut cibo plumbei canales, quos
magis utiles esse ligneis aut fictilibus conpertum est. [9] Hi superpositis
operculis clauduntur, et a lateribus super mediam partem altitudinis per
spatia palmaria modicis forantur cavis, ita ut avium capita possint
admittere. Nam nisi operculis muniantur, quantulumcumque aquae vel ciborum
inest pedibus everritur. Sunt qui a superiore parte foramina ipsis operculis
inponant, quod fieri non oportet. Nam
supersiliens avis proluvie ventris cibos et aquam conspurcat.