Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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In prioribus tribus Ursinus[1] Herculem Aesculapio ad aram sacrificare putat, dum dextra pateram libatoriam exhibeat: sed forte eiusmodi iudicium ex quarto numo desumit, in quo, ut diximus, apertissima Herculis imago est, cum tauro dimicantis. Nam ubi ex professo de populorum istorum colonia, et rebus gestis scribit, secus sentire videtur, dum ab altera numismatum parte in bigis Apollini sagittario Galeoten filium, aut Empedoclem, aut Herculem latus existimat claudere. Scribit autem in haec verba: Urbi stagnum, sive aestuarium imminebat, quod aestate quum pestilentem ob Solis ardorem, aerem exalaret, civitati {pernitiosissimum} <perniciosissimum> erat, cumque pestilitas[2] ob eam causam crassando evulgaretur, Empedocles Agrigentinus sapientia clarus, ut {Selinotinis} <Selinusiis/Selinuntiis> remedium afferret, derivata ex {Selinonte} <Selinunte>, et Hypsa fluminibus, fossa, et unico alveo, ac maximo impetu utriusque fluvii aquis in stagnum irrumpentibus quum pigras prius, limo torpescentes, salsas stagni aquas motu copiaque dulcium aquarum diluisset, civitatem suo ingenio, et sumptibus ab ea lue liberavit; quo beneficio meritus est, ut {Selinontini} <Selinusii/Selinuntii> tanquam civium liberatori, alterique velut Aesculapio divinos honores tribuerent. Hinc forsitan in {Selinontinorum} <Selinuntiorum> numismatibus sacra faciente aut Empedocle, aut Hercule Alexicaco Gallus, et Parias serpens ad aras Aesculapii adsculpitur: ad haec num in altera numismatum parte in curribus Apollini Sagittario, Galeotes filius, aut Empedocles, an denique Hercules latus claudat, liberam cuique coniecturam, et opinionem relinquo. Haec itaque Ursinus opinionis suae, ut vides, incertus. Quod si mihi meum interponere liceat iudicium, putarim Empedoclis imaginem esse, et Aesculapii vice cultum illum fuisse ob allatam causam.

Fulvio Orsini ritiene che nelle prime tre monete è Ercole che all’altare sta sacrificando a Esculapio mentre con la destra mostra la coppa per le libagioni: ma forse desume siffatta congettura dalla quarta moneta nella quale, come abbiamo detto, si trova un più che evidente ritratto di Ercole che sta combattendo con il toro. Infatti quando scrive in modo chiaro circa la colonia e le imprese di queste popolazioni, sembra pensarla diversamente quando ritiene in base all’altro lato delle monete che sulle bighe al fianco di Apollo arciere stanno il figlio Galeote, oppure Empedocle, oppure Ercole. Scrive infatti usando queste parole: Vicino alla città si trovava uno stagno, o una laguna, che d’estate, quando appestava l’aria a causa del calore del sole, era estremamente funesto per la popolazione, e siccome per tale motivo la pestilenza - la malaria - si diffondeva diventando sempre maggiore, Empedocle di Agrigento, famoso per la sua intelligenza, allo scopo di recare aiuto agli abitanti di Selinunte, dopo aver scavato un fossato che partiva dai fiumi Selinunte e Ipsas – oggi Belice, e avendo diluito con un unico alveo e con le acque assai impetuose di ambedue i fiumi che irrompevano nello stagno le acque salate prima pigre e stagnanti nella fanghiglia servendosi del movimento e dell’abbondanza delle acque dolci, liberò la popolazione da quel flagello con la sua ingegnosità e a sue spese, e per questo aiuto si guadagnò che gli abitanti di Selinunte gli tributassero onori divini come liberatore dei cittadini e come novello Esculapio. Forse per questo nelle monete degli abitanti di Selinunte viene rappresentato vicino agli altari di Esculapio il gallo e il serpente parias - il Colubro di Esculapio - mentre Empedocle o Ercole Scacciamali stanno compiendo i riti sacri: a questo proposito lascio a ciascuno libertà di ipotesi e di giudizio se sull’altro lato delle monete sui carri stiano a fianco di Apollo arciere il figlio Galeote, oppure Empedocle, o infine Ercole. Queste pertanto le parole di Fulvio Orsini che, come puoi vedere, è incerto circa la propria opinione. Se mi è concesso di interpolare il mio modo di vedere, sarei dell’avviso che si tratta della figura di Empedocle, e che si trattò di un culto al posto di quello per Esculapio per il motivo che è stato addotto.

In {Tianensium} <Tyanorum> quodam numo etiam Gallus conspicitur erectae figurae ceu cucu<r>ritum edens, cui supra cristam granum tritici, et a tergo astrum: ante talis inscriptio: {ΤΙΑΝΟ} <ΤΥΑΝΩΝ>. Ab altera parte Martis caput galeratum. Credendum ergo Gallum in tali numo expressisse, quoniam Martis ales est, et granum tritici fertilitatis ex agricultura symbolum esse. Quod ad stellam attinet, quae pariter in aliquot aliis vicinorum populorum numis conspicitur, nonnulli eo referendum putant, quod magna Graecia prius Hesperia dicta sit: Hesperum itaque sive vesperuginem (quam Venerem non sine ratione quidam opinati sunt) his nummis exprimi.

In una moneta degli abitanti di Tiana si vede un gallo con un atteggiamento eretto come se stesse cantando, sulla cui cresta si trova un chicco di frumento e sulla schiena un astro: sul recto si trova questa iscrizione: tyanøn. Sul verso c’è la testa di Marte con elmo. Bisogna quindi pensare che abbiano rappresentato il gallo in tale moneta in quanto è l’uccello di Marte, e il chicco di frumento secondo l’agricoltura è un simbolo di fertilità. Per quanto riguarda la stella, che ugualmente si può osservare in alcune altre monete di popolazioni vicine, alcuni ritengono che vada riferita al fatto che la Magna Grecia fu prima chiamata Esperia: pertanto su queste monete viene raffigurato Vespero o stella della sera (che non senza motivo alcuni hanno ritenuto essere Venere).

Calenorum item duo visuntur numismata Galli imaginem ferentia, quorum primum, quod aereum est, ab uno latere sex pilas habet sine inscriptione, ab altero Gallum erectum cum inscriptione ΚΑΛΕΝΩ. Alterum pariter aereum ab una caput galeratae Minervae, ab altera Gallum cum astro a tergo, et inscriptione ante pectus ϹΑΛΕΝΩ. Reperitur quoddam Antonini {pii} <Pii> Augusti numisma, in quo tribus Gallis totidem simulacra velut abblandiri videntur, quod ad mansuetissimum Antonini ingenium spectare crediderim, ut qui pugnacitatem commitigare procuraret, omnemque belli ferociam, quanto posset studio emolliret, utpote qui mallet vivum civem servare, quam mille hostes interficere solusque omnium principum sine civili sanguine, et hostili etiam, quantum ad se pertineret, viveret. Denique Suessanorum numo, ut inscriptio indicat, Gallus est erectae staturae cum Phosphoro a tergo stella addita.

Si possono parimenti vedere due monete degli abitanti di Cales che recano la figura di un gallo, la prima delle quali, che è di bronzo, da una parte ha sei pilastri senza iscrizione, dall’altro lato un gallo dritto in piedi con l’iscrizione kalenø. L’alta che è pure di bronzo da un lato reca la testa di Minerva con elmo, sull’altro lato un gallo con un astro alle spalle e con la scritta calenø davanti al petto. Si può reperire una moneta dell’imperatore Antonino Pio in cui sembra che tre galli vengono come accarezzati da altrettante figure, cosa che sarei propenso a credere come riferita all’indole assai mansueta di Antonino in quanto era una persona che cercava di mitigare l’aggressività e con quanto più impegno gli era possibile cercava di addolcire ogni tipo di ferocia durante una guerra, in quanto era uno che preferiva conservare vivo un cittadino che uccidere mille nemici, e per quanto lo riguardava era l’unico fra tutti i sovrani che cercava di vivere senza spargimento di sangue dei cittadini, anche dei nemici. Infine in una moneta degli abitanti di Suessa Aurunca, come indica la scritta, c’è un gallo in posizione eretta con l’aggiunta alle sue spalle della stella Lucifero.

Sed quispiam fortassis brevitatis studiosus orationem nostram nimis crevisse accuset, ac nonnulla superflue a nobis allata historiae amplificandae gratia effudisse dicat: cui equidem responsum velim, nihil, quod scimus hic allatum esse, quod terminos nostros egrediatur, hoc est, quod vel ad Galli, vel Gallinae historiam non pertineat. Etsi enim nonnulla de ovis dicantur, quae quispiam nimium superstitiosus, aut ardelio non in Gallinae tantum, sed in aliarum etiam avium ovis locum habere obijciat, is scito Gallinae ova in omnibus orbis partibus ut principem locum obtinentia, quotidie in manibus omnium versari, et in usum cedere, non item ita alia. Cum itaque ab ovis plurimi, ac diversi cum ad esum, tum ad medicinam usus percipiantur, cur non hic potius, quam alibi nobis erat dicendum?

Ma forse qualcuno, fautore della stringatezza, potrebbe lanciare l’accusa che il nostro discorso si è troppo ampliato, e potrebbe dire che alcune cose da noi riferite in sovrappiù per ampliare la ricerca si sono dilatate: in verità vorrei rispondergli che, per quanto ne so, nulla di quanto è stato qui riferito esce dai nostri confini, cioè, in quanto non sarebbe pertinente alla ricerca relativa o al gallo o alla gallina. Infatti anche se vengono dette alcune cose relative alle uova, che qualcuno troppo altezzoso o intrigante potrebbe obiettare che trovano posto non solo a proposito delle uova di gallina, ma anche di quelle di altri uccelli, sappia costui che le uova di gallina in tutte le parti del mondo occupano il primo posto, che quotidianamente sono nelle mani di tutti e che vengono usate, e che le altre non si comportano allo stesso modo. Pertanto siccome dalle uova si ricavano moltissimi e svariati impieghi sia dal punto di vista alimentare che terapeutico, perché dovevamo parlarne non qui ma in un altro punto?

Ne tamen posthac legentium benevolentia, atque humanitate abutamur, itaque hic nunc vela contrahimus, et ad describendas Gallorum Gallinarumve diversas aliquot species nos accingimus. Cum vero multae volucres eaeque exoticae Gallinaceo generi non annumerentur duntaxat, sed eodem etiam nomine fruantur, adiecto solummodo distinctionis gratia patriae cognomine, itaque in descriptione earum ordinem hunc nobis servare placuit, ut de eis, quae cum vulgaribus nostris villaticis maiorem gerunt similitudinem exordiremur, post vero subnecteremus eas, quae magis ab illis discreparent, ne quid intactum a nobis relinquatur. Maiorem autem similitudinem cum nostratibus habent, quae calcaribus armantur, quibus exoticarum maior pars caret. Quapropter Turcicas vix in peregrinis habeo. Etenim parum a nostris differunt. Persicae quoque calcaria habent, sed cauda carent.

Tuttavia non dobbiamo abusare d’ora in poi della benevolenza e della clemenza dei lettori, e pertanto adesso serriamo le vele e ci accingiamo a descrivere alcune differenti varietà di galli e galline. Ma dal momento che parecchi uccelli e per di più esotici non solo vengono annoverati in seno al genere dei gallinacei, ma godono anche dello stesso nome, con l’aggiunta solamente dell’appellativo del luogo d’origine per poterli distinguere, ci è pertanto parso opportuno conservare nella loro descrizione l’ordine seguente, cioè vorremmo iniziare con quelli che hanno una somiglianza maggiore con i nostri comuni soggetti campagnoli, successivamente vorremmo far seguire quelli che maggiormente se ne diversificano, in modo che da parte nostra nulla rimanga di non esaminato. Hanno una maggiore somiglianza con i nostri soggetti quelli che sono armati di speroni, di cui è priva la maggior parte dei soggetti esotici. Motivo per cui colloco a stento i Turchi tra quelli esotici. Infatti differiscono poco dai nostri. Anche i Persiani hanno gli speroni, ma mancano di coda..


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[1] Aldrovandi non fornisce alcuna referenza su dove Fulvio Orsini parla di queste monete. Le uniche due opere potrebbero essere - ma non lo sono - Imagines et elogia virorum illustrium et eruditorum ex antiquis lapidibus et nomismatibus expressa cum annotationibus oppure Familiae romanae in antiquis numismatibus.

[2] Undoubtedly malaria. (Gerald Hart, Descriptions of blood and blood disorders before the advent of laboratory studies, British Journal of Haematology, 2001, 115, 719-728)