Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555
De Gallina
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
Si raccomanda l'opzione visualizza -> carattere -> medio del navigatore
Nostri milvum
aut accipitris genus a gallinarum praeda vocant den huenerdieb, id est
gallinarum furem. Rubetarium esse credo accipitrem illum (inquit
Turnerus) quem Angli hen harroer nominant. Porro ille apud nostros a
dilaniandis gallinis nomen habet. palumbarium magnitudine superat, et
coloris est cinerei. Humi sedentes aves in agris, et gallinas in oppidis
et pagis repente adoritur. Praeda frustratus, tacitus discedit, nec
unquam secundum facit insultum. hic per humum omnium (accipitrum) volat
maxime. Urticarum genera quaedam mortifera pullis, gallina rostro
nititur evellere: in quo conatu tantum aliquando laborat, ut rumpatur
interius, Albertus. |
I
nostri chiamano den huenerdieb il nibbio
o il genere degli uccelli rapaci, cioè ladro di galline. Credo che lo
sparviero dei roveti sia quello sparviero
(dice William Turner)
che gli Inglesi chiamano hen harroer.
Infatti presso di noi riceve il nome dal fatto che dilania le galline.
Supera in dimensioni l’accipiter palumbarius
- sparviero dei colombi selvatici - ed è di color cenere. L’Albanella
reale - Circus cyaneus, hen harroer - assale all’improvviso gli
uccelli che nei campi vivono a terra, nelle città e nei villaggi le
galline. Se viene delusa dalla preda si allontana in silenzio e non
sferra mai un secondo attacco. Fra tutti (i rapaci) è quella che vola
maggiormente a bassa quota. La gallina si dà da fare per sradicare col
becco alcune specie di ortiche micidiali per i pulcini: talora si
impegna talmente in questo sforzo da andare incontro a lacerazioni
interne, Alberto. |
¶ Quae nam
animalia gallinis infesta sint, dictum est paulo ante, et supra etiam in
Gallo D. diceturque amplius infra in E. Gallinam ferunt eo die quo ovum
peperit, a serpente laedi non posse: et tum carnem quoque eius a
serpente morsis remedio esse, Albert. Qui serpentium canisve dente
aliquando laesi fuerint, eorum superventus gallinarum incubitus, pecorum
foetus abortu vitiant, Plin.[1] |
¶
Infatti quali siano gli animali pericolosi per le galline lo si è detto
poc'anzi e anche precedentemente nel paragrafo D del capitolo relativo
al gallo e se ne parlerà ancor più in abbondanza qui sotto nel
paragrafo E. Dicono che la gallina non può essere lesa dal serpente nel
giorno in cui ha deposto un uovo: e che pertanto anche la sua carne
rappresenta un rimedio per coloro che sono stati morsicati da un
serpente, Alberto. A causa dell’arrivo improvviso di coloro che per caso sono stati
feriti dal dente dei serpenti o di un cane, essi fanno andare a male le
covate delle galline e i feti del bestiame provocandone l’aborto,
Plinio. |
E. |
E |
Electio.
Mercari porro nisi foecundissimas aves non expedit. eae sint rubicundae
vel fuscae plumae nigrisque pennis, ac si fieri poterit, omnes huius, et
ab hoc proximi coloris eligantur: sin aliter, evitentur albae, quae fere
cum sint molles, ac minus vivaces, tum ne foecundae quidem facile
reperiuntur, atque sunt conspicuae. propter quod insigne candoris ab
accipitribus et aquilis saepius abripiuntur. sint ergo matrices probi
coloris, robusti corporis, quadratae, pectorosae, magnis capitibus,
rectis rutilisque cristulis, albis auribus: et sub hac specie quam
amplissimae, nec paribus ungulis, generosissimaeque creduntur, quae
quinos habent digitos, sed ita ne cruribus emineant transversa calcaria.
nam quae hoc virile gerit insigne, contumax ad concubitum dedignatur
admittere marem, raroque foecunda, etiam cum incubat, calcis aculeis ova
perfringit, Columella[2].
Sint praecipue nigrae aut flavi coloris, Palladius[3].
Gallinarum generositas spectatur, crista erecta, interdum et gemina,
pennis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus[4],
aliquando et super quatuor digitos transverso uno, Plin.[5]
Qui villaticas gallinas parat, eligat foecundas, plerunque rubicunda
pluma, nigris pennis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta
ampla[6],
hae enim ad partiones sunt aptiores, Varro[7]. |
Scelta.
Inoltre non conviene comperare volatili se non fecondissimi. Questi
volatili debbono avere piume rosse o nerastre e le penne nere, e se sarà
possibile vengano scelti tutti di questo colore o di un colore molto
simile. Se non è possibile fare altrimenti, si evitino i soggetti
bianchi, i quali non solo sono per lo più deboli e meno longevi, ma
neppure è facile trovarli che siano prolifici, e inoltre sono ben
visibili. A causa della caratteristica del candore più spesso vengono
rapiti dai falchi
e dalle aquile.
Le riproduttrici siano dunque di colore adeguato, di corporatura
robusta, tarchiate, posseggano un petto largo, la testa grande, la
piccola cresta dritta e rosso splendente, gli orecchioni bianchi: e
sotto questo aspetto li abbiano quanto più grandi possibile, e non
debbono avere le dita pari, e sono ritenute molto fertili quelle con
cinque dita, ma non debbono avere speroni che sporgano di traverso sulle
zampe. Infatti, quella che porta questo segno di mascolinità, restia
all’accoppiamento, è sdegnosa nell’accettare il maschio, ed è
raramente feconda e poi quando cova rompe le uova con gli speroni della
zampa, Columella.
Debbono essere prevalentemente nere o fulve, Palladio.
La buona razza delle galline si riconosce dalla cresta eretta, talvolta
anche doppia, dalle piume nere, dalla faccia rossa, dalle dita di
differente lunghezza, e talvolta anche dalla presenza di un dito
disposto obliquamente oltre agli altri quattro, Plinio. Chi si procura
galline da cortile, scelga quelle prolifiche, che per lo più hanno
piume rossicce, penne nere, dita dispari, testa grande, una cresta
dritta e ampia, queste infatti sono più adatte alla riproduzione,
Varrone. |
Gallinas
educaturus eligat foecundissimas: quas nimirum ex usu rerum et
experientia dignoscet: im<m>o vero ex pluribus aliis indiciis. In
universum enim quae colore flavescunt, et sortiuntur digitos impares,
quaeque magna possident capita (τὰς ὄψεις
μεγάλας, oculos magnos,
Cornarius[8])
cristamque erigunt: nec non nigriores et corpulentiores. Eae omnes
gallinae facile mares ferent: multo erunt praestantiores ad partum, ova
maxima {a}edent: ac breviter, generosos excludent pullos, Florentinus[9].
{Mox} <Mos> quoque sicut in caeteris pecoribus eligenda quaeque
optima, et deteriora vendenda: servetur etiam in hoc genere, ut per
autumni tempus omnibus annis, cum fructus earum cessat, numerus quoque
minuatur. Summovebimus autem veteres, id est quae trimatum excesserunt.
Item quae aut parum foecundae, aut parum bonae nutrices sunt, et
praecipue quae ova vel sua, vel aliena consumunt. Nec minus, quae velut
mares cantare, atque etiam calcare coeperunt. Item serotini pulli, qui
ab solstitio nati capere iustum incrementum non poterunt. In masculis
autem non eadem ratio servabitur, sed tandiu custodiemus generosos,
quandiu foeminam implere potuerint. Nam rarior est in his avibus mariti
bonitas, Columella[10]. |
Chi
dovrà allevare delle galline scelga le più feconde: senza dubbio sarà
in grado di riconoscerle in base alla pratica e all’esperienza: anzi,
in base a numerosi altri indizi. Infatti generalmente lo sono quelle che
sono di colore fulvo, e che ricevono in sorte le dita dispari, e quelle
che hanno la testa grande (tàs ópseis megálas, gli occhi
grandi, in base alla traduzione di Janus Cornarius)
e che tengono la cresta dritta: nonché quelle che sono di colore più
scuro e che sono più corpulente. Tutte queste galline sopporteranno
facilmente i maschi: saranno di gran lunga superiori riguardo alla
deposizione, faranno delle uova molto grandi: e in breve volgere di
tempo daranno alla luce dei pulcini di buona qualità, Florentino.
Come negli altri tipi di bestiame anche in questo tipo si osservi
l’abitudine di scegliere i capi migliori e conservarli e vendere i
peggiori, affinché tutti gli anni in autunno, quando cessa il guadagno
che ne deriva, diminuisca anche il numero. Elimineremo infatti le
galline vecchie, cioè quelle che hanno superato i tre anni. Parimenti
quelle che sono poco feconde o chiocce poco buone, e specialmente quelle
che divorano le uova proprie o altrui. Ugualmente quelle che hanno
cominciato a cantare e così pure a montare come i galli. Lo stesso si
dica dei pollastri tardivi che, nati a partire dal solstizio d’estate,
non hanno potuto raggiungere una giusta crescita. Per i maschi non si
seguiranno gli stessi criteri, ma terremo quelli di buona razza fino a
quando saranno in grado di fecondare le femmine. Infatti in questi
volatili una buona qualità del marito è piuttosto rara, Columella. |
¶
Gallinarium. Aedicula ista cuius parietibus corbes (quos Varro
gallinarum cubilia appellat[11])
affixos vides, in iisque gallinas incubantes, officina cohortalis ob id
appellatur, quod non aliter ac in officinis nostris cuncta parantur,
quae in usum humanum veniunt, ita istic ova et pulli, quae in cibum.
Iste qui in gallinarum scandit, et ova manibus versat, gallinarius
curator vel custos recte dicetur, Gyb. Longolius in dialogo de avibus[12]. |
¶
Il pollaio. Questa piccola
costruzione alle cui pareti vedi attaccate delle ceste (che Varrone
chiama nidi delle galline), dentro le quali le galline stanno covando,
viene detta laboratorio del cortile in quanto non diversamente da quanto
accade nei nostri laboratori si prepara tutto ciò che serve agli esseri
umani, e così qui vengono preparati uova e polli che servono come cibo.
Costui che sale sul pollaio e rigira le uova con le mani, giustamente
verrà chiamato responsabile o custode del pollaio, Gisbert Longolius
nel Dialogus de avibus. |
¶ Non sunt
plures quam quinquaginta in uno aviario nutriendae. labefactantur
siquidem in angusto arctatae. porro numeri gallinarum pars sexta sint
gallinacei galli, Florentinus. Parandi matrices modus est ducentorum
capitum, quae pastoris unius curam dispendant: dum tamen anus sedula vel
puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiosorum
animalium diripiantur, Columella[13].
Si ducentas alere velis, locus septus attribuendus, in quo duae caveae
coniunctae magnae constituendae, quae spectent ad exorientem versus,
utraeque in longitudinem circiter decem pedes, latitudine dimidio
minores (latitudine paulo minus, Crescenti.) et altitudine paulo
humiliores. Utriusque fenestrae latitudine tripedali, et co(uno)pede
altiores, e viminibus factae raris, ita ut lumen praebeant multum, neque
per eas quicquam ire intro possit quod nocere solet gallinis. Inter duas
ostium sit, qua gallinarius
curator earum ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint, ut
omnes sustinere possint gallinas. Contra singulas perticas in pariete
exculpta sint cubilia earum. Ante sit (ut dixi) vestibulum septum, in
quo diurno tempore esse possint, atque in pulvere volutari. Praeterea
sit cella grandis, in qua curator habitet, ita ut in parietibus circum
omnia posita sint cubilia gallinarum, aut exculpta, aut affixa firmiter.
Motus enim cum incubant nocet, Varro. Gallinaria constitui debent parte
villae, quae hybernum spectat orientem: iuncta sint ea furno, vel
culinae, ut ad avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue
salutaris. Totius autem officinae, id est ornithonis, tres continuae
extruuntur cellae, quarum, sicuti dixi, perpetua frons orienti sit
obversa. In ea deinde fronte exiguus detur unus omnino aditus mediae
cellae, quae ipsa tribus minima esse debet in altitudine, et
quoquoversus pedes septem: in ea singuli dextro, [425] laevoque pariete
aditus ad utranque cellam faciendi sunt, iuncti parieti, qui est
intrantibus adversus.[14] |
¶
In un pollaio non bisogna allevarne più di cinquanta. Infatti essendo
pigiate allo stretto si indeboliscono. Inoltre i galli debbono
rappresentare la sesta parte del numero delle galline, Florentino. La
quantità di galline che bisogna procurarsi è di 200 capi, che debbono
tenere impegnata la gestione di un solo custode: tuttavia quando se ne
vanno in giro si utilizzi una vecchietta attenta oppure un ragazzino
affinché non vengano sottratte dalle insidie degli uomini o degli
animali che stanno in agguato, Columella. Se
vuoi allevare 200 soggetti bisogna assegnare un luogo recintato in cui
vanno costruiti due grandi locali contigui che debbono essere rivolti a
oriente, ambedue della lunghezza di circa 10 piedi, più piccoli in
larghezza della metà (Pier de' Crescenzi
dice
di larghezza un poco minore), e poco più bassi in altezza. Le finestre
di ciascun locale debbono avere la larghezza di 3 piedi, e debbono
essere più alte di un piede, fatte di vimini a trama larga, in modo da
fornire molta luce senza che attraverso di loro possa entrare qualcosa
che abitualmente nuoce alle galline. Fra i due ambienti ci sia
un’apertura attraverso cui possa passare l’addetto al pollaio che si
prende cura di esse. Dentro ai locali debbono trovarsi numerose pertiche
che li attraversano in modo tale che possano sorreggere tutte le
galline. Di fronte alle singole pertiche debbono trovarsi i loro nidi
che sono stati scavati nella parete. Sul davanti ci deve essere (come ho
detto) uno spazio recintato in cui possano stare durante il giorno e
rotolarsi nella polvere. Inoltre vi deve essere un locale ampio in cui
possa stare l’addetto, in modo che tutt’intorno sulle pareti si
trovino tutti i nidi delle galline, o scavati, o saldamente fissati.
Infatti quando covano il movimento è nocivo, Varrone. I pollai
devono essere costruiti nella parte della fattoria che guarda
l’oriente invernale: debbono essere congiunti al forno o alla cucina,
in modo che il fumo giunga al pollame, che è molto salutare per questa
specie di volatili. La costruzione del pollaio, cioè dell'ornithøn,
deve essere complessivamente di tre ambienti contigui, con tutta
quanta la fronte, come ho detto, rivolta verso oriente. Quindi su tale
fronte si dia un solo e piccolo ingresso alla cella mediana, la quale
deve essere la più piccola in altezza delle tre e misurare sette piedi
in qualsivoglia direzione: in essa, su ogni singola parete destra e
sinistra si devono far gli ingressi ad ambedue gli altri ambienti,
contigui alla parete che si trova di fronte a coloro che entrano,
Columella. |
[1] Naturalis historia XXVIII,31-32: [31] Signum eius familiae est, si modo adhuc durat, vernis temporibus odoris virus. atque eorum sudor quoque medebatur, non modo saliva. Nam in insula Nili Tentyri nascentes tanto sunt crocodilis terrori, ut vocem quoque eorum fugiant. Horum omnium generum insita repugnantia interventum quoque mederi constat, sicuti adgravari vulnera introitu eorum, qui umquam fuerint serpentium canisve dente laesi. [32] Iidem gallinarum incubitus, pecorum fetus abortu vitiant; tantum remanet virus ex accepto semel malo, ut venefici fiant venena passi. Remedio est ablui primus manus eorum aquaque illa eos, quibus medearis, inspergi. rursus a scorpione aliquando percussi numquam postea a crabronibus, vespis apibusve feriuntur.
[2] De re rustica VIII,2,7-8: Parandi autem modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam distendant, dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiatorum animalium diripiantur. Mercari porro nisi fecundissimas aves non expedit. Eae sint rubicundae vel infuscae plumae nigrisque pinnis, ac si fieri poterit, omnes huius et ab hoc proximi coloris eligantur. Sin aliter, vitentur albae, quae fere cum sint molles ac minus vivaces, tum ne fecundae quidem facile reperiuntur, atque etiam conspicuae propter insigne candoris ab accipitribus et aquilis saepius abripiuntur. [8] Sint ergo matrices robii coloris, quadratae, pectorosae, magnis capitibus, rectis rutilisque cristulis, albis auribus, et sub hac specie quam amplissimae, nec paribus unguibus: generosissimaeque creduntur quae quinos habent digitos, sed ita ne cruribus emineant transversa calcaria. Nam quae hoc virile gerit insigne, contumax ad concubitum dedignatur admittere marem, raroque fecunda etiam cum incubat, calcis aculeis ova perfringit.
[3] Opus agriculturae I,27 De gallinis - Sint praecipue nigrae, aut flavi coloris, albae vitentur.
[4] Plinio, nonostante la sua ampia cultura, purtroppo non è di valido aiuto quando siamo a caccia di particolari. Infatti, per analogia con quanto affermato da Varrone (Rerum rusticarum III,9,4-5: Qui spectat ut ornithoboscion perfectum habeat, scilicet genera ei tria paranda, maxime villaticas gallinas. E quis in parando eligat oportet fecundas, plerumque rubicunda pluma, nigris pinnis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta, amplas; [5] hae enim ad partiones sunt aptiores.), dopo le penne nere, ci dovremmo aspettare le piume rossicce. Invece la lezione del testo a noi tramandata - e accettata - parla di ore rubicundo invece che di colore rubicundo, per cui anziché quelle con piume rossicce siamo costretti a ritenere come ottime galline quelle dalla faccia rossa. Plinio fu un grandissimo arraffone e ha fuso le notizie in modo tale che anche il suo digitis imparibus, se non vogliamo incorrere in una stolta ripetitività, siamo costretti a tradurlo con dita di differente lunghezza, visto che appena dopo Plinio afferma che le galline di buona razza sono talora caratterizzate da un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro. Io sono dell’avviso che Plinio abbia raggranellato la notizia delle dita dispari da due fonti diverse e che il suo digitis imparibus corrisponde all’imparibus digitis di Varrone. Non credo che si possa risalire alla fonte da cui Plinio ha tratto la palese e inutile ripetizione costituita da aliquando et super IIII digitos traverso uno. In sintesi: senza tema di smentita, anche digitis imparibus di Plinio corrisponde a dita dispari, quindi alla pentadattilia. – Per la lunga disquisizione storica relativa alla pentadattilia si veda Summa Gallicana.
[5] Naturalis historia X,156: Gallinarum generositas spectatur crista erecta, interim et gemina, pinnis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus, aliquando et super IIII digitos traverso uno. Ad rem divinam luteo rostro pedibusque purae non videntur, ad opertanea sacra nigrae. Est et pumilionum genus non sterile in his, quod non in alio genere alitum, sed quibus centra, fecunditas rara et incubatio ovis noxia.
[6] Non si emenda ampla che non è separata con una virgola da erecta. I codici in voga nel XX secolo riportano invece amplas riferito a gallinas, per cui le galline odierne, più che avere la cresta grossa, debbono essere corpulente. Forse Varrone era un futurista, relegato nel suo tempo da qualche amanuense che scrisse ampla invece di amplas omettendo anche la virgola. A parte gli scherzi: amplas sembrerebbe più appropriato visto che nella breve frase Varrone non ha ancora accennato alle dimensioni corporee.
[7] Rerum rusticarum III,9,4-5: Qui spectat ut ornithoboscion perfectum habeat, scilicet genera ei tria paranda, maxime villaticas gallinas. E quis in parando eligat oportet fecundas, plerumque rubicunda pluma, nigris pinnis, imparibus digitis, magnis capitibus, crista erecta, amplas; [5] hae enim ad partiones sunt aptiores.
[8] Elio Corti, in base a motivi linguistici che si accordano con i criteri di scelta di un allevatore, traduce tàs ópseis megálas con "quelle che hanno un aspetto grande". Le galline di razza debbono avere sì la testa grande, ma soprattutto non debbono presentarsi mingherline nel resto del corpo, e questo in vista dei ripetuti assalti sessuali quotidiani da parte dei galli. Un concetto, quello della mole massiccia e della sua utilità sessuale, che Florentino subito ribadisce anche per le galline dal piumaggio nero. Per una disquisizione più dettagliata si veda il lessico alla voce Florentino.
[9] Geoponica sive Cassiani Bassi Scholastici De Re Rustica Eclogae - recensuit Henricus Beckh - Teubner – Stoccarda e Lipsia – 1994 - pagina 411 - libro 14, capitolo 7 - Περὶ ὀρνίθων. Φλωρεντίνου. paragrafi 8-9: 8 Χρὴ δὲ τὸν βουλόμενον ὀρνιθοτροφεῖν, ἐκλέγεσθαι τῶν ἀλεκτορίδων τὰς πολυγονωτάτας· καταλαμβάνεται δὲ τοῦτο ἐξ αὐτῆς τῆς χρείας καὶ τῆς πείρας, οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ ἐξ ἑτέρων τινῶν τεκμηρίων. 9 ὡς ἐπίπαν γὰρ αἱ ξανθίζουσαι, καὶ περιττοδάκτυλοι, τὰς ὄψεις μεγάλας ἔχουσαι, τόν τε λόφον ἐπῃρμένον, καὶ αἱ μελανόπτεροι, καὶ τοῖς ὄγκοις μεγάλαι, τούς τε ἄῤῥενας οἴσουσι ῥαδίως, καὶ πρὸς ὠοτοκίας κρείττους εἰσί, καὶ τὰ ὠὰ μεγάλα τίκτουσιν, ἐξ ὧν καὶ τὰ νεογνὰ γίνεται γενναῖα.- 8. Colui che vuole allevare dei polli, deve scegliere le galline più feconde; ciò lo si può dedurre in base alla pratica stessa e all'esperienza, non solo, ma anche da alcuni altri indizi. 9. Infatti lo sono per lo più quelle che biondeggiano, e con un numero di dita superiore alla norma, quelle che hanno un aspetto grande e la cresta dritta, anche quelle con le piume nere, e grandi di mole, e sopporteranno facilmente i maschi, e sono superiori nel deporre uova, e depongono le uova che sono di grandi dimensioni, dalle quali anche i pulcini nascono di buona qualità. (traduzione di Elio Corti – 16 settembre 2006)
[10] Si emenda Mox con Mos dal momento che questo sostantivo sembra più appropriato dell'avverbio. - De re rustica VIII,5,24: Mos quoque, sicut in ceteris pecudibus, eligendi quamque optimam et deteriorem vendendi servetur etiam in hoc genere, ut per autumni tempus omnibus annis, cum fructus earum cessat, numerus quoque minuatur. Summovebimus autem veteres, id est quae trimatum excesserunt, item quae aut parum fecundae aut parum bonae nutrices sunt, praecipue quae ova vel sua vel aliena consumunt, nec minus quae velut mares cantare coeperunt, item serotini pulli, qui a solstitio nati capere iustum incrementum non potuerunt. In masculis non eadem ratio servabitur, sed tamdiu custodiemus generosos quamdiu feminas inplere potuerunt. Nam rarior est in his avibus mariti bonitas.
[11] Rerum rusticarum III,9,7: Inter duas ostium sit, qua gallinarius, curator earum, ire possit. In caveis crebrae perticae traiectae sint, ut omnes sustinere possint gallinas. Contra singulas perticas in pariete exclusa sint cubilia earum.
[12] Il Dialogus de avibus et earum nominibus Graecis, Latinis, et Germanicis (1544) si svolge tra Longolius e Panfilo. In questo caso chi parla è Longolius.
[13] Non si emenda dispendant di Gessner, che oltretutto parrebbe più appropriato di distendant - De re rustica VIII,2,7: Parandi autem modus est ducentorum capitum, quae pastoris unius curam distendant, dum tamen anus sedula vel puer adhibeatur custos vagantium, ne obsidiis hominum aut insidiatorum animalium diripiantur.
[14] Columella De re rustica VIII,3,1-2: De gallinariis [1] Gallinaria constitui debent parte villae quae hibernum spectat orientem. Iuncta sint ea furno vel culinae, ut ad avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue salutaris. Totius autem officinae, id est ornithonis, tres continuae exstruuntur cellae, quarum, sicuti dixi, perpetua frons orientem sit obversa. [2] In ea deinde fronte exiguus detur unus omnino aditus mediae cellae, quae ips<a>, e tribus minima, esse debet in altitudinem et quoque versus pedes septem. In ea singuli dextro laevoque pariete aditus ad utramque cellam faciundi sunt, iuncti parieti qui est intrantibus adversus.