Lessico
Chioccia con 7 pulcini
di Teodolinda
Ecco un rompicapo che metto a disposizione degli appassionati di antichità come possibile passatempo. Le notizie fornite da Aldrovandi a pagina 305 del II volume di Ornitologia (1600) sono in disaccordo con quanto oggi è conservato nel Museo Serpero o Museo del Duomo di Monza. Aldrovandi parla di una gallina fatta eseguire da Teodorico (454-526), quindi risalente al V-VI secolo, ma non precisa il numero dei pulcini che l'accompagnano. Poi, attraverso Paolo Morigia, dice che questa gallina con 12 pulcini è stata voluta da Theogilla - Teodolinda - e pertanto risalirebbe al VI-VII secolo.
Vale la pena mettere subito in evidenza come la vita di Teodolinda sia soffusa di avvenimenti e date che lasciano spazio a discussioni per ora irrisolte e che forse non lo saranno mai. Le notizie disponibili relative a questo pregevole manufatto verranno esposte dopo l'analisi del testo di Paolo Morigia e dopo i fantasmagorici dati storici relativi a Teodolinda.
Analisi del testo
di Paolo Morigia
La
pitta di Teodolina
con 12 - docici - pulcini
Il Dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini (1865-1879) riferisce che pitta equivale a gallina: s. f. Per Gallina è voce fanciullesca, ma su per la Montagna pistojese lo dicono anche gli adulti. In dialetto valenzano (Valenza – AL) e nelle aree circostanti si usa pita con una sola t per indicare la chioccia. Potrebbe trattarsi di un vocabolo di origine onomatopeica che rispecchia il continuo petulante richiamo emesso della chioccia ai suoi pulcini. Che pita indichi petulanza lo conferma ciò che si dice a una persona noiosa: Fa nijnta la pita – Non fare la chioccia ~ A t'è nuius acmé na pita – Sei noioso come una chioccia.
Da non confondere la pitta di Morigia con pitta (voce di origine telugu, lingua dravidica parlata nell'India centro-orientale) che identifica un genere di uccelli passeriformi con una ventina di specie diffuse in Africa, Asia e Australia, come per esempio la Pitta del Bengala, Pitta brachyura.
La notizia degli inesistenti 12 pulcini, che in realtà sono 7, è stata desunta da pagina 305 di Ornithologiae tomus alter (1600) di Ulisse Aldrovandi che si è fidato di Morigia, il quale ne scrisse nella sua Historia dell'antichità di Milano (1592).
Aldrovandi abitava a Bologna, distante 203 km in linea d'aria da Monza dove la chioccia è conservata, per cui non si può pretendere che Ulisse si recasse a Monza per verificare il numero di pulcini.
Paolo Morigia abitava a Milano, a 14 km in linea d'aria da Monza (lui specifica 10 miglia), ma non si prese la briga di bearsi gli occhi con questo manufatto altomedievale. è proprio vero ciò che scrisse di lui Girolamo Tiraboschi: le sue opere sono assolutamente mancanti di spirito critico. Se non bastasse, l'Enciclopedia Biografica Universale Treccani (2007) aggiunge: scrisse moltissimo, accompagnando a un'estrema credulità la cura di raccogliere il maggior numero possibile di notizie e fatti.
Io aggiungerei: gli antichi aforismi sono sempre veri.
Chi troppo vuole nulla stringe!
Dati
storici aleatori
circa Teodolinda
A - Non si conoscono fonti altomedievali che attestino il luogo di morte di Teodolinda né si conoscono fonti altomedievali che attestino la sua data di morte, probabilmente avvenuta tra 616 e 626. L'obituario monzese del secolo XII/XIII riporta la data del 22 gennaio 627.
B - Non si conoscono fonti altomedievali che attestino il luogo di sepoltura di Teodolinda. Appare comunque probabile che essa sia stata sepolta a Monza, San Giovanni, benché le prime attestazioni del suo sepolcro nella chiesa risalgano solo ai secoli XII/XIII, dato che nessuna altra chiesa rivendica nel medioevo il sepolcro di Teodolinda, e poiché appare probabile che Teodolinda abbia fondato San Giovanni per esservi seppellita.
C - Parte del tesoro di Monza (copertina dell'evangeliario, corona votiva di Teodolinda, gruppo della chioccia) viene datato tra la fine VI-inizio VII, in quanto ritenuto a priori parte del presunto corredo di Teodolinda o doni della regina per la basilica. Anche le corone votive attribuite a Teodolinda e Agilulfo sono state variamente datate dall'età gota a quella carolingia: in particolare la cosiddetta corona ferrea è stata attribuita all'età gota, longobarda, carolingia, ottoniana o ritenuta un assemblamento di epoca bassomedievale. In realtà non esiste alcun nesso provato da fonti tra la regina e l'attuale tesoro di Monza: le datazioni degli oggetti del tesoro sono state compiute solo in base a confronti stilistici senza alcun esame dei metalli.
D - La tomba di Teodolinda viene traslata da terra e posta in un sarcofago collocato nella cappella di San Vincenzo nel transetto nel 1308 per il Necrologio monzese, e nel 1310 per Galvano Fiamma. Dopo la traslazione dell'inizio del XIV secolo, tra la metà del XIV e il XVI secolo il sarcofago di Teodolinda viene rimosso dalla cappella di Teodolinda e collocato a ridosso di una delle pareti del transetto. Dopo il 1889 il sarcofago viene ricollocato nella cappella di Teodolinda e innalzato su quattro colonne.
E - Il sarcofago di Teodolinda viene aperto nel 1941: vi viene trovato un tubo fittile datato alla "tarda antichità-altomedioevo"; chiodi; elementi decorativi in oro e altro forse guarnizioni di fodero di coltello; fili di broccato e punta di lancia in ferro. Non vi sono dubbi sull'appartenenza del corredo alla tomba di Teodolinda e perciò il corredo viene datato inizio VII secolo. Haseloff data il sarcofago di Teodolinda come tardoantico o comunque fine VI/inizio VII; il pettine e la chioccia sono ritenuti parte del corredo estratto dalla tomba nel 1308; vi si ritiene sepolto forse anche Adaloaldo, a causa del ritrovamento di un dente di uomo. In realtà non esiste alcuna relazione accertata tra gli oggetti ritrovati e un ipotetico corredo longobardo della regina.
©
2006
Piero Majocchi - Università degli Studi di Padova
http://sepolture.storia.unipd.it
Notizie oggi disponibili
circa il manufatto
Oggi nel Museo Serpero è conservata una chioccia con 7 pulcini. Di che pietre siano fatti gli occhi della chioccia e dei pulcini sembrerebbe un’altro busillis. Infatti vedremo che gli occhi della chioccia sono granati oppure rubini e quelli dei pulcini sono zaffiri oppure smeraldi. Tra i vari brani reperiti nel web riguardanti questo capolavoro avvolto nel mistero, penso che il più interessante dal punto di vista storico sia il seguente:
Nucleo originario della raccolta sono le reliquie e le oreficerie appartenute a Teodolinda fra le quali spicca la Chioccia con i sette pulcini, in argento dorato e gemme, gli occhi della chioccia sono granati, quelli dei pulcini zaffiri. La critica ritiene che l’opera sia stata realizzata nel IV secolo e i pulcini nel VII: un indizio per la curiosa storia, durata secoli, di questo capolavoro, starebbe nel procedimento di esecuzione, a sbalzo per la prima, a fusione per i secondi. Il significato simbolico dell’opera sarebbe quello della rinascita della vita, secondo il costume bavaro (Teodolinda era figlia di re Garibaldo di Baviera). - www.touringclub.it
La Guida breve al Museo e Tesoro del Duomo di Monza (Silvana Editoriale, 2007) riferisce quanto segue: A orafi milanesi educati al gusto bizantino è invece attribuito il gruppo della Chioccia con i sette pulcini rinvenuto nel Medioevo nella tomba di Teodolinda. Realizzato in lamina d’argento dorato, lavorata a sbalzo e a punzone, con gli occhi di rubini e zaffiri, presenta un trattamento naturalistico delle forme, specie nella chioccia, che risale forse al IV secolo, mentre i pulcini, più schematici, sono dell’inizio del VIl. Il significato del gruppo è oscuro ma potrebbe simboleggiare la Chiesa che protegge i fedeli oppure la regina Teodolinda circondata dai duchi longobardi.
A scopo destabilizzante per gli appassionati, riporto anche quanto segue: Chioccia coi pulcini - È un tuttotondo in lamina d’argento dorato su un piatto di rame del diametro di cm 46; secondo la tradizione la chioccia simboleggia Teodolinda e i pulcini i sette ducati di Lombardia; si suppone che fosse collocata nella tomba della regina; gli occhi della chioccia sono rubini e quelli dei pulcini smeraldi.
Ma, quando nel 589 Teodolinda divenne regina dei Longobardi, i ducati della Langobardia Major – escludendo i due della Langobardia Minor – erano ben più di 7. Tralasciando quelli a datazione incerta, assommavano a 11. Aggiungendo Spoleto e Benevento salivano a 13. Quando Teodolinda morì, mettiamo nel 616, i ducati erano 14+2 = 16. Ovviamente si esclude Pavia in quanto, salvo un breve intervallo milanese e monzese voluto da Teodolinda, fu sede dei re longobardi dal 572 al 774.
Elenco dei ducati longobardi e data di costituzione
Ducato
del Friuli - 569
Ducato di Ceneda – 568/667
Ducato di Treviso - 568
Ducato di Vicenza - 569
Ducato di Verona - 568
Ducato di Trento - 568
Ducato di Parma – 579/593
Ducato di Reggio – 584/593
Ducato di Piacenza – ca. 593
Ducato di Brescia – 568/569
Ducato di Bergamo – 570/575
Ducato di San Giulio Isola del lago d’Orta – ca. 575
Ducato di Torino – 568/569
Ducato di Asti - 569
Ducato di Tuscia – 574
Ducato di Spoleto - 571/576
Ducato di Benevento – 570/576
Il 15 giugno 1994 Giancarlo Grossini scriveva sul Corriere della Sera: Ma la sovrana lascerà altre prove della sua passione: dal gruppo in argento della "Chioccia con sette pulcini" (come dire Teodolinda e le sette province lombarde) alla "Legatura" in oro smalti e gemme, alla "Corona votiva", tutte opere di orafi milanesi.
Oggi, 2008, le province Lombarde sono 12. Nel 1995 erano 11, passate a 12 nel 2002 con l'aggiunta di Monza & Brianza nel 2004. Quelli di Grossini erano i ducati? Ma essi erano ben più di 7!!!
E finiamo la carrellata con un riferimento alle Pleiadi che vengono citate a pagina 450 da Conrad Gessner e a pagina 186 da Ulisse Aldrovandi. - Brianza Chicks - La mia interpretazione è che questa opera orafa sia la metafora delle Pleiadi, la costellazione boreale detta popolarmente chioccia (chioccetta infatti la chiama il Pascoli, nominandola nel Gelsomino Notturno), e i sette pulcini siano le sette maggiori stelle della costellazione medesima (le sette sorelle). Se vi interessa, eccovi un bel link (www.moebiusonline.eu) che parla delle Pleiadi, sia dal punto di vista astronomico che antropologico e mitologico. - www.splinder.com
Il Duomo di Monza, dedicato a San Giovanni Battista, è stato edificato tra il VI e il VII secolo e si trova nella piazza omonima della città lombarda. Il Duomo, dal quale dipendono tutte le altre Chiese della città, è retto da un arciprete che, per antiche concessioni papali, è equiparato a un vescovo. Attuale Arciprete di Monza è Monsignor Silvano Provasi (dal 1° settembre 2007).
Monza esce dal panorama nebuloso dei centri minori del territorio milanese durante il regno ostrogoto: Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, ne sottolinea la prossimità a Milano e la salubrità del clima, ragioni che indussero Teodorico a costruirvi un palazzo. Successivamente Monza conosce nuova importanza quando viene scelta come residenza estiva dalla regina Teodolinda, principessa bavarese, vedova di Autari e sposa di Agilulfo, re dei Longobardi, che ha fondato un "oraculum" dedicato a San Giovanni Battista nel 595. La regina fa edificare a Monza anche un palazzo, magnificamente decorato con le imprese dei Longobardi, e accanto al palazzo fonda una basilica, che dedica a San Giovanni Battista, dotandola di molti ornamenti d'oro e d'argento e di rendite sufficienti. Le informazioni disponibili sul tempio originario sono scarsissime e l'unica fonte disponibile è ancora la Historia Langobardorum, che Paolo Diacono compose al crepuscolo del regno Longobardo.
Il San Giovanni monzese, nato come cappella palatina, nel 603 è usato eccezionalmente anche come luogo di battesimo per Adaloaldo, figlio di Teodolinda e Agilulfo ed erede al trono longobardo. Il battesimo viene celebrato da Secondo di Trento (o di Non), abate benedettino consigliere della Regina. In quella e in altre occasioni papa Gregorio I manifesta con doni e lettere la propria approvazione per il progetto politico di Teodolinda, mirante alla normalizzazione dei rapporti con la sede pontificia e alla conversione del popolo longobardo dall'eresia ariana al cattolicesimo. Alla sua morte, avvenuta nel 627, Teodolinda è sepolta all'interno della Basilica.
Il luogo della sepoltura è subito fatto segno di devozione, sino al 1308, quando i resti della sovrana vengono traslati in un sarcofago, oggi collocato all'interno della Cappella della Regina. Anche il sarcofago diviene oggetto di venerazione e per secoli, ogni anno, nell'anniversario della morte di Teodolinda, il 22 gennaio, si svolge una cerimonia all'altare di quella cappella, presso il sepolcro. La riedificazione del Duomo, nelle forme come lo vediamo noi oggi, risale al 1300, quando l'arciprete Avvocato degli Avvocati, nell'anno del primo giubileo della storia della cristianità, depone la prima pietra del nuovo tempio. Dal transetto di destra, attraverso il grazioso chiostro del settecentesco cimiterino, si accede al Museo Serpero, ove si conserva il Tesoro del Duomo.
Fino al XVI secolo il Duomo di Monza era amministrativamente autonomo dalla diocesi di Milano, e l'arciprete del Duomo aveva persino una parte dei poteri propri di un vescovo; nei documenti d'epoca si parla di "curia" di Monza, proprio come se fosse stata una sede vescovile. Questa situazione fu sanata da San Carlo Borromeo; per la forte opposizione dei monzesi, egli dovette tuttavia rinunciare a imporre il rito ambrosiano per la celebrazione della messa, che vige nel resto della diocesi. Tuttora a Monza e dintorni si celebra secondo il rito romano, e all'Arciprete spettano prerogative vescovili.
L’Arciprete di Monza è un presbitero che presiede il Capitolo del ed è a capo della comunità cattolica della Città. Il Duomo, sin dalla sua fondazione da parte della Regina Teodolinda, è retto da un arciprete (dal tardo latino archipresbyter) che, per antiche concessioni papali, è equiparato a un vescovo. L’Arciprete ancora oggi indossa, oltre alla talare violacea, i segni distintivi del vescovo: anello, croce pettorale, mitria e pastorale. A lui spetta il titolo di monsignore, ed è infatti sempre appellato “Monsignor Arciprete”. Nelle maggiori solennità (Natale, Epifania, Pasqua, Natività di San Giovanni Battista, Corpus Domini, Festa dell’Esaltazione della Croce) presiede la Messa Pontificale propria dei vescovi.
Monza Cathedral (Italian: Duomo di Monza) is the main religious building of Monza, near Milan, in northern Italy. According to the legend, the church was commissioned by the Lombard Queen of Italy, Theodelinda. She had made a vow to build a church entitled to St. John, and when riding along the Lambro River, she was halted by a dove who told her Modo, Latin for "here", to which she replied Etiam ("yes") . Monza itself was initially known as Modoetia.
In 595, she had a oraculum (Queen's chapel) built on the Greek Cross plan; of this chapel only the walls exist today. The Queen was buried here, in what is now the central left aisle. On the remains of the oraculum, a new church was erected in the 13th century. The basilica was again rebuilt, starting from 1300, in a Latin Cross plan with octagonal tiburium. In the late century, the side chapels were added and, as designed by Matteo da Campione, the Pisan-Gothic style façade in white and green marble was begun.
Starting from the 16th century, the choir and the ceiling were restored. Subsequently, the walls and the vaults were decorated with frescoes and stuccoes. The bell tower was erected in 1606 while, in the 18th century, a cemetery was annexed on the left side.
The massive façade is divided into five parts by six lisens. Each of the latter is surmounted by a tabernacle housing a statue. The façade has several mullioned windows with, in the centre, a large rose window framed by a motif inspired to Roman antique ceilings, decorated by rosettes, masks and star motifs.
The façade is considered Romanesque in the structure and Gothic in the decoration. Typical of the latter is the porch, with 14th century gargoyles on the sides and the 13th century lunette with the 16h century busts of Theodelinda and King Agilulf. Over the porch is the statue of St. John the Baptist (15th century). Over the portal is depicted the Baptism of Jesus, assisted by St. Peter, the Holy Virgin, St. Zachary and St. Paul. In the upper section is portrayed Theodelinda offering to St. John the Baptist the Iron Crown, together by his kneeling husband Agilulf and their son Adaloald and Gundeberga.
The
church has a nave and two aisles, separated by octagonal columns with
Romanesque capitals and round columns with Baroque capitals. It ends with
large apses, and has a series of chapels opening in the aisles. The wall
decoration is overwhelmingly Baroque. Other artworks include a choir by Matteo
da Campione, the high altar by Andrea Appiani, the presbytery and transept
frescoes by Giuseppe Meda and Giuseppe Arcimboldi. In the right transept is
the entrance to the Serpero Museum, housing the Cathedral's Treasure with the
Iron Crown.
Apart the Iron Crown, the most famous attraction of the Cathedral is the
Chapel of Theodelinda. It has 15th frescoes from the Zavattari workshop. The
depict the stories of the Queen's life, such as the dove episode, her marriage
proposal, her meeting with Authari, the latter's death in battle, and the new
marriage with Agilulf. All the figures are portrayed with rich garments
typical of the Visconti era. The vault is decorated by 14th century figures of
saints and evangelists enthroned. On the outer arch is instead Theodelinda
with her court homaging St. John the Baptist.
Nuovo
Museo del Duomo di Monza
Monza - Duomo
Dall'8 novembre 2007
San
Giovanni Battista - Inizi XV secolo
Rame sbalzato e dorato
Monza - Museo e Tesoro del Duomo
Un nuovo, emozionante Museo ipogeo per presentare, per la prima volta in modo organico, tutti i capolavori del celeberrimo Tesoro del Duomo di Monza. Sarà presentato alla stampa il prossimo 8 novembre 2007, dopo 10 anni di lavori durante i quali il nuovo Museo è stato scavato e realizzato sotto il complesso dell'antica Cattedrale voluta da Teodolinda, Regina dei Longobardi. A "firmare" la nuova architettura è Cini Boeri, con l'apporto, per l'immagine coordinata, di Pierluigi Cerri e di due "maghi" dell'illuminotecnica come Serena e Francesco Iannone. Il nuovo Museo, direttamente accessibile dall'esterno, è articolato su due livelli modellati al loro interno con grande sensibilità da Cini Boeri, che ha sapientemente interpretato il desiderio della committenza di poter contare su di una struttura il più flessibile e polivalente possibile che, oltre alle collezioni permanenti, potesse ospitare anche mostre temporanee, eventi musicali, conferenze e incontri.
Corona
Ferrea, metà del IX secolo - Oro, gemme e smalti
diametro 15 cm - altezza 3,5 cm
Monza - Duomo
A farsi integralmente carico della complessa opera sono stati Franco e Titti Gaiani, mecenati monzesi che hanno voluto garantire una nuova "casa" ai tesori accumulati durante i millecinquecento anni di storia della Cattedrale di Monza. Il percorso del nuovo Museo - che sarà tra i più importanti al mondo del suo settore - inizia dalla stessa Cattedrale ed esattamente dall'altare nel quale è custodita la Corona Ferrea, con cui furono incoronati imperatori e re, da Federico Barbarossa a Napoleone Bonaparte.
Storia e leggenda si intrecciano alle origini del Tesoro del Duomo di Monza che, con i suoi pezzi di raffinata bellezza e di incomparabile valore storico e artistico, rappresenta da secoli l'orgoglio della città insieme alla basilica cui fu donato e che lo ha custodito - dopo sottrazioni e restituzioni - fino ad oggi. Basilica che, proprio per la presenza del Tesoro, fu teatro di avvenimenti religiosi e politici narrati nei rilievi, negli affreschi e nell'apparato decorativo dell'intero edificio.
Lo straordinario complesso degli oggetti d'oro e d'argento donati dalla regina Teodelinda alla fondazione della chiesa longobarda e da Papa Gregorio Magno al battesimo del figlio Adaloaldo (603), si è arricchito nel tempo con ulteriori donazioni da parte di importanti regnanti e uomini di chiesa, quali Berengario I, re d'Italia nell'888, e Ariberto da Intimiano, arcivescovo di Milano dal 1018. Il complesso di oggetti venne trasferito dalla sacrestia nel quale giaceva da anni al Museo Filippo Serpero, spazio espositivo voluto dalla Parrocchia nel 1963.
La nuova area espositiva è di complessivi 1400 mq e trasforma il "Serpero" - del quale si prevede in futuro il restauro integrale - nella sezione d'apertura di un più vasto e complesso percorso di visita che confluisce in un unico grande vano. La scelta e l'ordinamento delle opere prevede due nuclei espositivi ben armonizzati tra loro, anche se strutturalmente distinti, che riflettono la ripartizione del patrimonio in altrettante sezioni, assumendo come spartiacque il 1300, anno in cui la famiglia Visconti decide di rifondare l'edificio voluto da Teodolinda nel VI secolo, in occasione del primo Giubileo di papa Bonifacio VIII. Pertanto, nella prima parte del percorso sono esposte le opere provenienti dalla prima basilica, mentre nella seconda è testimoniata la storia del Duomo e del Tesoro dal Trecento a oggi. Due vicende che continuano a intrecciarsi ancor oggi, anche grazie all'importanza storica e simbolica nei secoli sia della regina Teodelinda sia della Corona Ferrea, uno dei simboli religiosi e politici dell'occidente almeno fino al XX secolo.
Chioccia
con sette pulcini - secolo VI e interventi successivi
Anonimo - Argento sbalzato e dorato
Monza - Museo e Tesoro del Duomo
Il percorso è stato ripartito in quattro grandi sezioni. Mantenuto l'asse cronologico come presupposto essenziale, il patrimonio è stato aggregato secondo "temi forti", che aiutassero a contestualizzare gli oggetti, a legarli tra loro e a metterli in relazione con il Duomo e con il tessuto urbano. Quindi, dopo la parte dedicata al tesoro medievale, la prima sezione ha per oggetto l'età dei Visconti. Ad accogliere il visitatore è il ritratto di Giovanni Visconti, l'arcivescovo e signore di Milano che rese possibile la restituzione del Tesoro al Duomo dopo il trasferimento di quest'ultimo ad Avignone in conseguenza del trasferimento della sede papale. Si passa poi all'opera di Matteo da Campione, l'architetto al quale spetta - tra 1350 e 1396 - la rielaborazione della facciata, la realizzazione del battistero oggi scomparso e quella del pulpito per le incoronazioni imperiali che tuttora campeggia nella navata centrale. Il museo presenta una scelta delle lastre figurate a traforo e le celebri "testine" provenienti dai 'gugliotti' della facciata. Il grande affresco della Messa di San Michele introduce il tema della "fortuna" di Teodelinda nel Trecento monzese e del mito delle incoronazioni imperiali. Accanto al dipinto sono collocati il frammento di Crocifissione attribuito a Michelino da Besozzo e i due capolavori dell'oreficeria tardogotica lombarda: il calice di Gian Galeazzo Visconti e la statuetta devozionale in argento di San Giovanni Evangelista, che ripete in scala minore il grande San Giovanni in rame proveniente anch'esso dalla facciata.
La seconda sezione - dal dominio degli Sforza alla metà del Cinquecento - presenta una sceltissima selezione di pitture su tavola - tra le quali svetta il polittico della Madonna in trono -; "L'ancona della Vergine", uno dei più singolari incunaboli lombardi della pittura su tela, e il ricostituito polittico di terracotta di S. Pietro Martire. Una speciale attenzione è stata riservata alla grande vetrata del rosone di facciata, realizzato alla fine del Quattrocento e sostituito nel XIX, oggi ricomposto nel museo al centro di una parete di ben 12 metri di altezza.
Tra le testimonianze più
straordinarie di questo periodo, anche in termini quantitativi, sono
probabilmente le ricche serie di arazzi: i due grandi capolavori da cartoni di
Arcimboldi con le storie di San Giovanni e i Millefleurs fiamminghi
recentemente restaurati dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
La terza sezione è dedicata all'età dei Borromei, dei Durini e degli Asburgo
c quindi al fiorire della grande decorazione barocca e tardobarocca. Accanto
ai bozzetti del Legnanino e del Borroni è così ordinata una selezionata ed
esemplificativa quadreria, mentre in bacheche sono disposti gli oggetti
liturgici più significativi.
La quarta e conclusiva sezione è aperta dai bozzetti in gesso realizzati da Angelo Pizzi su disegno di Andrea Appiani per il ciborio neoclassico dell'altare maggiore, realizzato tra lo scadere della dominazione asburgica e la prima età francese quando il Tesoro prende la via di Parigi (i codici verranno tutti rilegati in marocchino rosso con le insegne di Napoleone) e la Corona Ferrea torna simbolo delle antiche incoronazioni imperiali, prima con Napoleone e poi con Ferdinando I d'Asburgo.
A sottolineare il legame con il presente, ampio spazio è stato dato sia all'arte contemporanea che alla recenti donazioni, a partire dal riordino degli avori medievali della collezione Durini-Trotti o all'esposizione della Crocifissione lignea concessa dai Fossati. Tra le opere di artisti contemporanei esposti nel nuovo Museo, la Crocifissione di Lucio Fontana, il Cristo Risorto di Luciano Minguzzi e i cartoni di Sandro Chia per le vetrate dedicate a Sant'Ambrogio e a San Carlo Borromeo, vetrate che saranno collocate in Duomo in occasione dell'apertura del nuovo Museo.
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