Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555
De Gallina - De Ovo
trascrizione
di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
revisione dell'ebraico di Padre Emiliano Vallauri OFM Cap
Si raccomanda l'opzione visualizza -> carattere -> medio del navigatore
Ad
sanguinis e naribus profusionem: Ovi putamen integrum comburito, et
liquorem ex eo extractum cum fissili arsenico permisceto, in naresque
patientis immittito. si arsenicum praesto non fuerit, solus ovi liquor
sufficiet, Galenus Euporiston 3.97. Ad sanguinem fluentem e
naribus, aliqui thuris farinam cum calicis ovi cinere et vermiculato
gummi, ex ovi candido, linamento in nares conijciunt, Incertus. Putaminis
cinis in vino potus sanguinis eruptionibus medetur. sic fit et
dentifricium, Plin.[1]
Dentifricium praestat cinis ex ovis, sed non sine vino, Serenus. atqui
Plinius in verbis iam recitatis scribens, Sic fit et dentifricium,
intelligere videtur, non quasi id quoque cum vino fiat, ut medicamentum
proxime ab eo memoratum in vino bibendum contra sanguinis eruptiones:
sed usto similiter putamine, et absque membrana ut de proximo remedio
dixerat. Cortex ovi ustus collutus (forte affrictus: nisi cum vino
colluendum dicas, ut Serenus sentire videtur) dentes purgat, Kiranides. |
Contro
un'epistassi abbondante: Fa abbrustolire un guscio integro d'uovo e
mescola il liquido che ne estrai con dell'arsenico
sminuzzato, e mettilo nelle narici del paziente. Se
l’arsenico non sarà disponibile, il solo liquido dell’uovo sarà
sufficiente, Galeno -
Oribasio - Euporista III,97. Alcuni, in
caso di epistassi, servendosi di una garza mettono nelle narici della
polvere d’incenso insieme a cenere di guscio d’uovo e a gomma a
forma di vermicelli fatta con bianco d’uovo, fonte incerta. La
cenere di guscio d'uovo bevuta con vino blocca le emorragie. In questo
modo si fa anche un dentifricio, Plinio.
La
cenere delle uova fornisce anche un dentifricio, ma non senza vino,
Sereno Sammonico. Eppure Plinio scrivendo così si può fare anche
un dentifricio nella frase appena citata, sembra quasi voglia dire
non che lo si può fare anche con il vino, come il medicamento da lui
appena ricordato da bere con il vino contro i sanguinamenti: ma dopo
aver incenerito allo stesso modo il guscio, e senza le membrana testacea,
come aveva detto circa il rimedio immediatamente precedente. Il guscio
d'uovo incenerito usato come sciacquo (forse strofinato: a meno che tu
dica da usare come sciacquo insieme al vino, come sembra intendere
Sereno) ripulisce i denti, Kiranide. |
¶
Ventris dolori: Praeterea nivei sterilis testa uritur ovi, | Quae
postquam in tetram fuerit conversa farinam, | Ex calidis potatur aquis,
et pota medetur, Serenus. ¶ Recentiores ad geniturae profluvium
corticis ovi cinerem laudant, Alex. Benedictus. ¶ Si ramex in scrotum
descenderit, utiliter illinitur cinere de testis ovorum mixto cum vino.
sic enim intestina in locum suum redeunt, Obscurus. ¶ Idem cinis
mulierum menses cum myrrha illitus sistit, Plinius[2].
Ad profluvium mulieris, Gallinae ovum totum (cum testa scilicet)
comburas, et conteras, et in vino mixtum illinies, restringit, Sextus.
Ad alba mulierum profluvia, cineris corticis ovi, cineris cornus cervi,
farinae succini, seminis anethi, singulorum drachmas duas misce, cribra,
fiat pulvis, utatur cum aqua. |
¶
Per il mal di pancia: Inoltre si
fa incenerire il guscio vuoto di un uovo bianco come la neve | Il quale,
dopo che si sarà trasformato in una polvere scura, | Viene bevuto con
acqua calda, e dopo essere stato bevuto fa guarire, Sereno Sammonico. ¶
Gli autori più recenti lodano la cenere di guscio d'uovo per aumentare
la quantità del liquido seminale, Alessandro Benedetti. ¶ Se un'ernia
è scesa nello scroto, viene
spalmata con successo con cenere ottenuta da gusci d’uovo mista a
vino. Infatti in questo modo l’intestino ritorna alla sua sede, un
autore sconosciuto. ¶ Sempre la
stessa cenere cosparsa insieme alla mirra fa cessare le mestruazioni,
Plinio. Contro le metrorragie: Devi incenerire un uovo intero di gallina
(quindi con il guscio) e ridurlo in polvere, e lo spalmerai mescolato a
vino, fa da astringente, Sesto Placito Papiriense. Contro la leucorrea
mescola due dracme ciascuno [circa 7 g] di cenere di guscio d’uovo, di
cenere di corno di cervo, di polvere di ambra gialla, di seme di
aneto, passa al setaccio, se ne faccia una polvere, la si usi con
acqua. |
Remedia de
testis ovorum unde pulli exclusi sunt. Nicolaus Florentinus in
difficultate urinae mirifice commendat corticem ovi e quo pullus
exclusus est, cuius a pellicula sua repurgati drachmam propinat. ego
eundem cum nobili cuidam foeminae exhibuissem, emisit duodecim (vasa)
vitrea urina plena. est enim hoc summum remedium, Gatinaria. Alii
simpliciter testam ovi e vino propinant. Eosdem cortices, a quibus
pullus exierit, et eodem pondere Leonellus cum aqua saxifragae bibi
consulit ad provocandam urinam. Idem remedium bestiis etiam et pecoribus
prodesse reperio. ¶ Si mulieri matrix prociderit, abluat eam aqua, et
linteo abstergat. et ungat unguento quod Martiatum[3]
appellant, et postremo inspergat testas ovorum tritas e quibus pulli
exclusi fuerint, Obscurus. |
Rimedi
ottenuti da gusci di uova da cui sono nati i pulcini. Niccolò Falcucci
in caso di disuria raccomanda come rimedio meraviglioso il guscio di un uovo da cui è nato un pulcino, e ne somministra una
dracma [3,41 g] dopo averlo ripulito dalle membrane testacee. Dopo
averlo somministrato a una nobile signora, costei emise dodici
recipienti di vetro (vasi) ricolmi di urina. Infatti è il massimo dei
rimedi, Marco Gattinara. Altri somministrano semplicemente guscio
d'uovo con vino. Leonello Vittori è dell’avviso che questi gusci da
cui il pulcino è uscito e per lo stesso peso vadano bevuti con acqua di
sassifraga per provocare la fuoriuscita di urina. Trovo scritto che
lo stesso rimedio giova anche agli animali e al bestiame. ¶ Se
a una donna capitasse di avere un prolasso uterino, lo lavi con acqua e
lo deterga con un panno di lino, e lo unga con un unguento profumato che
chiamano Martiatus, e infine lo cosparga con gusci d’uovo
sminuzzati dai quali sono nati i pulcini, autore sconosciuto. |
H. |
H |
a.
Volucrum pleraeque a suis vocibus dictae sunt, ut anser, gallina,
Varro[4].
Gallinula diminutivum, apud Avienum Arati interpretem. Thrax est
{gallina} <Gallina> Syro par<?>, Horatius Serm. 2. 6.[5]
Cortis aves pro gallinis dixit Martialis[6].
Ova gallina, id est gallinarum, Lampridius[7].
Myricae semen cum altilium pingui furunculis imponitur, (gallinarum
intelligo,) Plinius[8].
Pumiliones aves (id est
gallinas, ut et Graeci pro gallinis simpliciter aves dicunt) non nimium
probo, Columella[9].
Avitia ova pro gallinaceis Caelius Rhodig.[10]
dixit, ut Graeci ὀρνίθεια.
¶ Ἀλεκτορίς,
θρίξ ἡ ὑπὸ
τῆς
κεφαλῆς
τρεφομένη,
καὶ ὄρνις ἡ
θήλεια, id est, capillus et
gallina, Varinus. sed melius legetur ἀλεκτορίς,
ut Hesychius habet[11].
Alectoridas Persae etiam corvos vocant, Hermolaus[12].
mihi quidem mendum subesse videtur. Ὄρνις,
ὄρνιθος
communiter (Dorice ὄρνιξ
ὄρνιχος. quanquam Alcman in
recto ὄρνις
dixit) masc. et foem. genere apud veteres dicebatur de quavis ave, non
de gallina tantum ut recentiores vulgo utuntur. Menander tamen ὄρνιθας et
ὄρνεις, τὰς,
dixit pro gallinis, et Antiphanes ὄρνιν θήλειαν
pro gallina. Ὄρνιθας et
ὀρνίθια
(Cratinus etiam ὀρνίθια
dixit) consuetudo nunc solum gallinas vocat, gallos vero ἀλεκτρυόνας
et ἀλεκτορίδας. |
a.
La maggior parte degli uccelli è stata denominata in base alla loro
voce, come l'oca, la gallina, Varrone. Troviamo il diminutivo
gallinella in Avieno, traduttore dei Fenomeni di Arato di
Soli.
Il gladiatore con armatura tracia – piccolo scudo rotondo, spada
ricurva, schinieri – di nome Gallina è pari al gladiatore che si
chiama Siro? Orazio, Satire
II,6. Marziale ha detto uccelli da
cortile al posto di galline. Ova gallina – ova pullina,
cioè, uova di galline, Lampridio. Sui
foruncoli si applicano semi di tamerice con grasso di volatili
domestici (io ritengo di galline), Plinio. I
volatili nani (cioè le galline, come anche i Greci semplicemente dicono
volatili al posto di galline), non li apprezzo eccessivamente, Columella. Lodovico
Ricchieri ha detto uova di volatili anziché di
galline, come i Greci dicono ornítheia, degli uccelli, del
pollame. ¶ Alektorís, thríx hë hypò tës kephalës
trephoménë, kaì órnis hë thëleia – Alektorís, il
capello che viene generato dalla testa, e órnis il pollo
femmina, cioè, capello e gallina, Guarino. Ma suonerà meglio la voce alektorís
come viene riferita da Esichio – che non aggiunge femmina, in quanto
órnis equivale sia a gallo che, in questo caso,
a gallina. I Persiani chiamano alectoridas – galline –
anche i corvi, Ermolao Barbaro. A dire il vero a me pare che sotto ci
sia un errore. Órnis, genitivo órnithos (in dorico órnix,
órnichos, anche se Alcmane giustamente ha detto órnis)
presso gli antichi veniva generalmente detto al maschile e al femminile
a proposito di qualsiasi uccello, non solamente a proposito della
gallina come solitamente usano servirsi gli autori più recenti.
Tuttavia Menandro disse órnithas e órneis, tàs
– le, per indicare le galline e Antifane disse órnin thëleian
– l'uccello femmina – per indicare la gallina. La consuetudine
adesso chiama órnithas e orníthia (anche Cratino disse
orníthia) solamente le galline, invece i galli li chiama alektryónas
e alektorídas. |
Reperitur
et ἀλεκτρυών
et ἀλεκτρύαινα
quoque apud Comicum[13]
pro gallina: et apud Nicandrum στρουθός,
per excellentiam scilicet. non enim de passere modo, sed de quavis ave στρουθόν Graeci dicunt. Βοσκάς ὀρταλίς[14],
gallina domestica vel altilis Nicandro: qui etiam gallinarum ova ὀρταλίχων ἁπαλήν ὠδῖνα appellavit.
Κύμβαι, ὄρνιθες,
Hesych. et Varinus. videntur autem aves simpliciter intelligendae:
quoniam cymbateutae etiam aucupes Varino sunt. Κόρκορα, ὄρνις,
Pergaeis, Iidem[15].
Κίκκα,
gallina, Iidem. κικκός
etiam gallus[16]
est Hesychio. Gallinas Comici aliquando mylacridas vocant.
quanquam Aristophanes[17]
ita appellat bestiolam inter molas nascentem, Hermolaus. Σὺ δὲ δεῦρ’ἡ
κιθαρῳδός (Scholiastes
gallinam[18]
interpretatur) ἔξιθι,
| Πολλάκις
ἀναστήσασα μ’εἰς
ἐκκλησίαν |
Ἀωρὶ νυκτῶν διὰ
τὸν ὄρθριον
νόμον,
Vir quidam in Ecclesiazusis Aristophanis. Plura de Graecis gallinae
nominibus leges in Gallo a. ¶
עיש, aijsch, vel עוש, Hebraicum nomen {syderis}
<sideris> est, quod alii draconis {sydus} <sidus>, alii
Pleiades seu gallinam (Germani vocant die Glugghenn[19])
interpretantur, Munsterus. |
Si
trova sia alektryøn che alektrýaina anche nel poeta
comico Aristofane al posto di gallina: e in
Nicandro strouthós,
indicando cioè per eccellenza la gallina, non solo il passero, ma i
Greci dicono strouthón per qualsiasi uccello. Per Nicandro la
gallina domestica o da allevamento è la boskás ortalís: il
quale ha pure chiamato le uova di gallina ortalíchøn hapálën ødîna
– frutto soave del parto di piccoli uccelli. Kýmbai, órnithes
– cimba, uccelli, Esichio e Guarino. In effetti sembra che bisogna
semplicemente intendere uccelli, in quanto per Guarino i cymbateutae
sono anche gli uccellatori. Kórkora
è un uccello per gli
abitanti di Perge, ancora loro. Kíkka,
la gallina, ancora loro. Per Esichio kikkós è anche il gallo. Talora i comici chiamano le galline mylakrídas.
Sebbene Aristofane chiami così un insetto che nasce tra le macine,
Ermolao Barbaro. Sù dè deûr'hë kitharøidós - E tu,
suonatrice di cetra (lo
scoliaste la interpreta come gallina) – éxithi,
Pollákis anastësasa m'eis ekklësían Aørì nyktøn dià tòn órthrion
nómon - esci di qui, che tante volte mi hai svegliato nel cuore
della notte con il canto dell'alba per andare all'assemblea, un uomo
nell'Ecclesiazuse di Aristofane. Potrai leggere parecchie cose a
proposito dei nomi greci della gallina nel paragrafo a - pag. 402 -
del capitolo dedicato al gallo. ¶ עיש, aijsch, oppure עוש,
è il nome ebraico di una stella, che alcuni
traducono costellazione del Dragone, altri
Pleiadi o Gallina (i
Tedeschi la chiamano Glugghenn - Chioccia), Sebastian
Münster. |
¶
Dic me tuum passerculum, gallinam, coturnicem, Plautus Asin.[20]
¶ Gallinarius, gallinaceus, et alia derivata a Gallina in
utraque lingua reperis in Gallo a. et stirpium quoque nomina ab hac
alite facta. |
¶
Dimmi che sono il tuo passerotto, la tua gallina, la tua quaglia, Plauto in Asinaria. ¶ Gallinarius, gallinaceus e
altri derivati da gallina in ambedue le lingue li troverai nel capitolo
dedicato al gallo al paragrafo a – pag. 402 - nonché gli etimi
derivati da quest'uccello. |
¶ Epitheta. Ὀρταλίς
βοσκάς
Nicandro, gallina altilis. Legitur et ὄρνις
κατοικίς, id est gallina
domestica, et ὄρνις
φιαρά, id est gallina pinguis apud
eundem. ¶ Tenera, cohortalis, glociens, glocitans, querula, apud
Textorem[21]. |
¶
Epiteti. Ortalís boskás
in Nicandro è la gallina d'allevamento. Sempre in Nicandro si legge
anche órnis katoikís, cioè gallina domestica, e órnis
phiará, cioè gallina grassa. ¶ Tenera, da cortile, chiocciante,
pigolante, lamentosa, in Jean Tixier. |
DE
OVO ET
SI IN PRAECEDENTIBUS IN
A. B. ET D. NIHIL
dictum
sit: visum est tamen hic in Philologia, eodem de ovo ordine pertractare,
quem in ipsis alioqui animalibus servamus: ut in a. conferantur,
quae
ad nomina et denominationes pertinent, in b. partes etc.
[1] Naturalis historia XXIX,46: Membrana putamini detracta sive crudo sive cocto labrorum fissuris medetur, putaminis cinis in vino potus sanguinis eruptionibus. Comburi sine membrana oportet. Sic fit et dentifricium. – Citazione parzialmente presente anche a pagina
[2] Naturalis historia XXIX,46: Membrana putamini detracta sive crudo sive cocto labrorum fissuris medetur, putaminis cinis in vino potus sanguinis eruptionibus. Comburi sine membrana oportet. sic fit et dentifricium. Idem cinis et mulierum menses cum murra inlitus sistit. Firmitas putaminum tanta est, ut recta nec vi nec pondere ullo frangantur nec nisi paulum inflex rotunditate.
[3] Nella farmacopea il termine marziale significa impiego terapeutico del ferro, essendo Marte il dio della guerra e le armi essendo state finalmente costruite in ferro anziché in bronzo. Ancor oggi quando si inietta ferro in vena – a causa della sua carenza nell'organismo umano e per la sua importanza nella generi dei globuli rossi - si parla di terapia marziale. L'aggettivo martiatus, assente nel latino classico, significava contenente ferro. È da vedersi se effettivamente questo unguento profumato contro il prolasso uterino, proposto dall'autore sconosciuto, contenesse ferro. § In un trattato di Farmacologia - Jahresbericht über die Fortschritte der gesammten Medicin in allen Ländern im Jahre 1845 (Erlangen, 1846) - viene per esempio citato il Tartarus martiatus o Globuli martiales / Eisenweinstein Stahlkugeln ad uso sia interno che esterno.
[4] De lingua latina V,11: Quod ad immortalis attinet, haec; deinceps quod ad mortalis attinet videamus. De his animalia in tribus locis quod sunt, in aere, in aqua, in terra, a summa parte ad infimam descendam. Primum nomina omnium: alites ab alis, volucres a volatu. Deinde generatim: de his pleraeque ab suis vocibus ut haec: upupa, cuculus, corvus, hirundo, ulula, bubo; item haec: pavo, anser, gallina, columba. Sunt quae aliis de causis appellatae, ut noctua, quod noctu canit et vigilat, lusciniola, quod luctuose canere existimatur atque esse ex Attica Progne in luctu facta avis. Sic galeritus et motacilla, altera quod in capite habet plumam elatam, altera quod semper movet caudam. Merula, quod mera, id est sola, volitat; contra ab eo graguli, quod gregatim, ut quidam Graeci greges gergera. Ficedulae et miliariae a cibo, quod alterae fico, alterae milio fiunt pingues.
[5]
Sermones / Satirae II,6,40-46:
Septimus octavo propior iam fugerit annus, 40
ex quo Maecenas me coepit habere suorum
in numero, dumtaxat ad hoc, quem tollere raeda
vellet iter faciens et cui concredere nugas
hoc genus: 'hora quota est?' 'Thraex
est Gallina Syro par?'
'matutina parum cautos iam frigora mordent', 45
et quae rimosa bene deponuntur in aure.
[6]
Epigrammata XIII,45:
Si
Libycae nobis volucres et Phasides essent,|acciperes, at nunc accipe chortis
aves.
[7] Lampridio scrisse le vite di Alessandro Severo, Commodo ed Eliogabalo contenute in Historia Augusta. Solo nella vita di Eliogabalo troviamo un passo che è simile a quello citato da Gessner, ma invece di ova gallina troviamo ova pullina. Non si emenda Gessner, in quanto la sua fonte potrebbe aver riportato ova gallina. § Vita di Eliogabalo XXII. 1 Sortes sane convivales scriptas in coclearibus habuit tales, ut alius exiret "decem camelos", alius "decem muscas", alius "decem libras auri", alius "decem plumbi", alius "decem strusiones", alius "decem ova pullina", ut vere sortes essent et fata temptarentur. – Non si emenda strusiones in strutiones, che forse è la dizione esatta, forse ancor più esatto sarebbe struthiones.
[8] Naturalis historia XXIV,71: Semen drachmae pondere adversus phalangia et araneos bibitur, cum altilium vero pingui furunculis inponitur, efficax et contra serpentium ictus praeterquam aspidum.
[9] De re rustica VIII,2,14:
Pumileas aves, nisi quem humilitas earum delectat, nec propter fecunditatem
nec propter alium reditum nimium probo, tam hercule quam nec pugnacem nec
rixosae libidinis marem. Nam plerumque ceteros infestat, et non patitur inire feminas, cum ipse
pluribus sufficere non queat.
[10]
Lectiones antiquae XIV,50:
Inter ova pavoninis primatem locum tribuunt plerique. Chenalopeciis secundam
sibi notam vendicantibus, tertiam avitiis.
[11] Esichio riporta la stessa frase di Guarino, ma senza ἡ θήλεια, cioé: Ἀλεκτορίς, θρίξ ἡ ὑπὸ τῆς κεφαλῆς τρεφομένη, καὶ ὄρνις. § Dico la verità: il tutto suona quasi come un rebus della Settimana Enigmistica, al quale ho cercato di dare un'interpretazione nonché una traduzione cerebralmente accettabile.
[12]
Corollarium in Dioscoridem II,ccliii
Gallinaceus: Sed et iubas et capillum Graeci alectoridas appellant,
Persae et corvos hoc nomine significant.
[13]
A pagina 401 Gessner già riferisce questa trovata di Aristofane: Socrates
sane in Nebulis Aristophanis Strepsiadem docens, reprehendere videtur quod
ἀλεκτρυόνα
in utroque sexu proferat, itaque iubet eum foeminam
ἀλεκτρύαιναν vocare,
ficto vocabulo et poëtico, ut a λέων
scilicet fit λέαινα:
marem vero ἀλέκτορα.
[14] Alexipharmaca 293-294: τοῖὰ τε βοσκὰς | ὀρταλίς αἰχμητῆσιν ὑπευνηθεῖσα νεοσσοῖς. - edizione di Jean de Gorris (Parigi, 1557). – Già citato da Gessner a pagina 401 e 402. § Il termine βοσκάς usato come aggettivo significa ben pasciuto in Nicandro e deriva dal verbo βόσκω che significa condurre al pascolo, pascere, alimentare. Il sostantivo femminile ὀρταλίς significa sia pollo in generale che gallina, nonché pulcino e gallo a seconda degli autori. Potrebbe derivare dal verbo ὄρνυμι che significa in prima istanza far alzare o far sorgere, destare, far levare, per cui se così fosse ὀρταλίς dovrebbe significare in prima istanza gallo. Altre ipotesi etimologiche vengono addotte, per le quali si rimanda al Dictionnaire étymologique de la langue grecque di Pierre Chantraine (1968).
[15] L'etimologia di kórkora potrebbe essere onomatopeica come i prossimi due termini riferiti da Gessner. Infatti onomatopeico potrebbe essere anche kórax, il corvo, che potrebbe derivare da krázø, gracchiare.
[16] Sia kikkós che kíkka sarebbero di origine onomatopeica, assimilabili al
nostro chicchirichì.
[17] A seconda delle fonti: nel frammento 583 per Pierre Chantraine (1968) oppure nel frammento 600 di PCG = Poetae comici Graeci, ed. R. Kassel-C. Austin.
[18] L'edizione di Aldo Manuzio del 1498 è accompagnata dalle annotazioni dello scoliaste a bordo pagina, dove si legge: Κιθαρῳδόσ. ἡ ἀλεκτορίσ. § Il citaredo - κιθαρῳδός, colui che canta accompagnandosi con la cetra – in greco è un termine di genere maschile. Tant'è che Alcifrone, retore e sofista greco del II secolo dC di cui abbiamo 123 lettere ripartite in 4 libri, in II,31,1 per indicare una citareda scrive γυνή κιθαρῳδός, donna citaredo, mentre ad Aristofane tutto è concesso, anche di trasformare un sostantivo maschile in femminile. Tuttavia non possiamo concedere allo scoliaste di identificare la citareda di Aristofane con la gallina. Per esperienza pluriennale e pluriacustica posso affermare che in piena notte le galline assolutamente non cantano, cantano solo i galli a cadenze quasi da clessidra, con dei ritmi cronologici tanto utili e apprezzati dagli antichi. Una gallina al massimo la si potrà sentir cantare all'alba - ma non in piena notte - se ha deposto di buonora il primo uovo della serie, una sequenza che comporta più o meno un'ora di ritardo per ciascuna delle uova che si susseguiranno quotidianamente. Ettore Romagnoli non si sbilancia e traduce citaredo con citarista, termine sia maschile che femminile, mentre The Internet Classics Archive se la cava con dignità, identificando giustamente la gallina dello scoliaste con il gallo - cock – e chiudendo in bellezza con flute-girl. Non si capisce tuttavia la libertà aristofanesca di The Internet Classics Archive che trasforma uno strumento a corde qual è la cetra in uno strumento a fiato qual è il flauto, dato che in inglese flute significa solamente flauto, oltre che bicchiere, panino, ecc. di forma allungata. La cetra si dice cither / cithern / zither, anche se zither andrebbe riservato alla cetra tirolese grazie al fatto che in tedesco la c viene pronunciata z.
Esci
anche tu,
citarista, che m'hai svegliato spesso
con le tue mattinate in piena notte,
ché andassi in assemblea prima del tempo. (Ettore Romagnoli)
And
you, cock, whose morning song has so often roused me in the middle of the
night to send me hurrying to the Assembly, you shall be my flute-girl. (The
Internet Classics Archive by Daniel C. Stevenson - http://classics.mit.edu)
[19] 11 aprile 2008: vane finora le ricerche relative al significato di Glugghenn. In tedesco moderno la chioccia è detta Glucke oppure Gluckhenne, ma anche Bruthenne. Chiocciare si dice glucken nel senso di fare la voce da chioccia (gluglu), mentre il verbo brüten significa sì chiocciare, ma il vero significato è covare (vedi l'inglese to brood). Quindi, per l'analogia di Gluckhenne col termine riferito da Gessner e per il fatto che le Pleiadi erano note fin dalla più remota antichità come Gallinelle, Chioccia coi pulcini, Poussinière in francese, si decide di tradurre Glugghenn con Chioccia, con la c maiuscola per indicare le Pleiadi.
[20]
Asinaria 666-668:
Leonida servus
Dic me igitur tuom passerculum, gallinam, coturnicem,
agnellum, haedillum me tuom dic esse vel vitellum,
prehende auriculis, compara labella cum labellis.
[21] Joannes Ravisius Textor alias Jean Tixier (1480-1524) Specimen epithetorum.