Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Idem alibi[1] cibaria alba, seu leucophaga, delicatissima ex pectore Capi parare docet: Cibarium album, inquit, quod aptius Leucophagum dicetur, hoc modo pro duodecim convivis condies: Amygdalarum libras duas per noctem aqua maceratas, ac depilatas in mortario bene tundes, inspergendo [350] modicum aquae, ne oleum faciant. Deinde Capi pectus exossatum in eodem mortario conteres, indesque excavatum panem, agresta prius, aut iure macro remollitum. Zinziberis praeterea unciam, ac saccari selibram addes, miscebisque omnia simul, mixtaque per excretorium farinaceum in ollam mundam transmittes. Efferveat deinde in carbonibus lento igne facies, cochlearique saepe agitabis, ne seriae adhereat. Coctum ubi fuerit, aquae rosaceae uncias tres infundes. Ad mensam, aut in patinis ubi caro fuerit, aut seorsum, aut minoribus mittes. Quod si in Capos fundere institueris, quo lautius videatur, mali Punici grana superinspergito.

Sempre il Platina in un altro punto insegna a preparare con il petto di cappone dei cibi in bianco, o leucophaga, assai delicati. Dice: Per dodici commensali condirai nel modo seguente un cibo in bianco che in modo più appropriato dovrebbe essere detto leucofago: Pesterai per bene in un mortaio due libbre [circa 700 g] di mandorle fatte macerare in acqua durante la notte e spellate, spruzzandoci sopra un pochino di acqua in modo che non mandino fuori olio. Quindi pesterai nello stesso mortaio del petto disossato di cappone, e vi aggiungerai del pane senza mollica prima rammollito con agresta o con brodo magro. Inoltre vi aggiungerai un’oncia [27,28 g] di zenzero. e mezza libbra [163,72 g] di zucchero, e mescoleraitutto insieme, e facendola passare attraverso un setaccio per farina trasferirai la miscela in una pentola pulita. Quindi farai in modo che giunga all’ebollizione a fuoco lento sui carboni e mescolerai spesso con un cucchiaio in modo che non aderisca alla pentola. Quando sarà cotto vi metterai tre once [circa 75 g] di acqua di rose. Lo manderai in tavola o nei piatti dove prima c’era la carne, o separatamente, oppure in recipienti più piccoli. Ma se avrai deciso di versarlo su dei capponi, affinché il tutto sembri più raffinato spargici sopra dei semi di melagrana.

Idem subsequenti capite cibarium album Catellonicum ex pectore Capi describit, hoc modo: Farinam optimi risi cum duabus metretis[2] lactis caprini in cacabo ad ignem ponito, procul flamma, ne {cibum} <fumum>[3] concipiat. Pectus deinde Capi eodem die mortui, ac semicocti in quaedam quasi subtilissima fila dividito, inditaque in mortario duobus eo amplius, tribus ictibus, {pastillo} <pistillo> contundito. Ubi lac dimidium horae efferbuerit, hoc idem pectus in fila redactum cum libra saccari indes, effervereque horas quatuor patieris, agitando semper condituram cochleari, cui haerebit, ut terebinthina, ubi decoctum fuerit. Aquam postremo rosaceam, ut in superiore infundes, patinasque facies. Nec erit ab re si saccari aliquid {inspergas} <insperges>[4]: nulli enim cibariorum, ut aiunt, {saccarum} <saccaron> adversatur.

Sempre lui nel capitolo successivo descrive nel modo seguente un cibo catalano in bianco ottenuto dal petto di cappone: Metti sul fuoco lontano dalla fiamma, in modo che non incameri fumo, farina di ottimo riso insieme a due metrete [circa 18 l] di latte di capra dentro a una pentola. Quindi dividi in alcune strisce sottilissime il petto di un cappone morto lo stesso giorno e semicotto, e dopo averle messe in un mortaio dagli due o meglio ancora tre colpi di pestello. Quando il latte avrà bollito mezz’ora vi aggiungerai questo stesso petto ridotto in strisce insieme a una libbra [327,45 g] di zucchero e pazienterai che bolla quattro ore, mescolando sempre il condimento con un cucchiaio, al quale aderirà come resina di terebinto quando sarà giunto a cottura. Infine come nella precedente ricetta vi metterai dell’acqua di rose e ne farai dei piatti da portata. E non sarà inopportuno se vi spruzzerai sopra un po’ di zucchero: infatti, come dicono, non c'è cibo cui lo zucchero sia controindicato.

Cibarium croceum ex eodem[5]: Pro duodecim, inquit, convivis libram amygdalarum cum membranulis tundes, his Capi elixi, aut cuiusvis bonae alitis pectus, ovorum vitella quatuor, saccari selibram, Cinnami, Zinziberis parum, croci plusculum contraria addes, ac iure pingui, ac agresta dissolves. Dissoluta in cacabum per setaceum excretorium infundes, facitoque procul flamma in carbonibus efferveant, agitando semper cochleari. Ad horam ebulliant necesse est. Sunt qui inter ebullendum duas uncias liquaminis, aut butyri recentis indant. Patinis aromata insperges. Alit hoc, etsi tarde concoquitur, obesat, venerem ciet, hepaticis, et cardiacis prodest.

Sempre dal suo trattato, un cibo allo zafferano. Dice: Per dodici commensali pesterai una libbra [327,45 g] di mandorle con la loro pellicina, vi aggiungerai il petto di un cappone bollito o di qualunque buon volatile, quattro tuorli d’uovo, mezza libbra [163,72 g] di zucchero, poca cannella e zenzero, al contrario un po’ più di zafferano, e farai stemperare con brodo grasso e agresta. Dopo averle fatte sciogliere le passerai in una pentola servendoti di un setaccio di crine, e fa in modo che bollano sui carboni lontano dalla fiamma sempre mescolando con un cucchiaio. È necessario che bollano per circa un’ora. Alcuni durante l’ebollizione aggiungono due once [circa 50 g] di salsa di pesce oppure di burro fresco. Cospargerai aromi sui piatti. Questo piatto è nutriente, anche se viene digerito con fatica, fa ingrassare, è afrodisiaco, giova ai malati di fegato e di cuore.

Eodem item libro[6] esitium ex carne praescribens, Sunt etiam, inquit, qui pectus Capi tunsi non incommode addant. Id vero esitium tale est: Pro decem convivis libram abdominis porcini, aut vitulini bene elixato, coctam, ac concisam cum selibra casei veteris, pauco etiam et pingui addito, cumque herbis odoriferis bene concisis, pipere, zinzibere, {caryophillo} <caryophyllo> misceto. Haec omnia farina bene subacta, ac in tenuissimum folium redacta ad castaneae magnitudinem involvito, involuta in iure pingui, ac croceo decoquito. Parum cocturae requirunt. In patinas traducta caseo trito, et aromatibus dulcioribus aspergito{,}<.> Fieri, et hoc edulium ex pectore Phasiani, Perdicis, aliarumve altilium potest.

Parimenti, sempre libro VII, quando prescrive una portata a base di carne dice: Giustamente alcuni aggiungono anche il petto di un cappone pestato. E questa portata è come segue: Per dieci commensali fa bollire per bene una libbra [327,45 g] di pancetta di maiale o di vitello, e dopo averla cotta e tagliata a pezzi uniscila a mezza libbra di formaggio stagionato e aggiungi anche un po’ di grasso, e mescola con delle erbe aromatiche tagliate fini, con pepe, zenzero e chiodi di garofano. Avvolgi nelle dimensioni di una castagna tutti questi ingredienti usando farina bene impastata ridotta a sfoglia molto sottile, fa cuocere gli involtini in brodo grasso allo zafferano. Richiedono poca cottura. Dopo averli messi in un piatto spruzzali con del formaggio grattugiato e con aromi piuttosto dolci. Anche questa portata può essere preparata con petto di fagiano, pernice o di altri volatili d'allevamento.

Describit denique esitium ex pelle Caporum. Capum ubi elixaveris, pellem circumquaque abscindes, et eam maxime, qua collum integitur. Concisam, ac in frusta divisam rursum in iure pingui per semihoram decoques, addito croco, quo coloratius fiat: in patinam translatum aromatibus, et caseo trito consperges. Baltasar Stendelius scriptor Magiricae Germanicus docet, quomodo pastillus e Capo fiat, de quo ante[7] egimus. Apicius[8] in minutal Apicianum testiculos Caponum adijcit, Gallis nimirum, dum castrantur exemptos.

Infine descrive una portata fatta con pelle di cappone. Dopo aver fatto bollire un cappone gli taglierai via la pelle tutt’intorno, e soprattutto quella che ricopre il collo. Dopo averla tagliata e fatta a strisce la farai nuovamente cuocere per mezz’ora in brodo grasso con l’aggiunta di zafferano affinché diventi più colorato: dopo averlo trasferito in un piatto lo cospargerai con aromi e formaggio grattugiato. Balthasar Staindl, scrittore tedesco di arte culinaria, insegna come si possa preparare un pasticcio di cappone, del quale ho parlato in precedenza. Apicio nella fricassea all’Apicio mette i testicoli dei capponi, ovviamente asportati ai galli quando vengono castrati.

USUS IN MEDICINA.

IMPIEGO IN MEDICINA

Sunt qui tanquam ex Dioscoride, aliisque authoribus medicas facultates Capo attribuant, quas illi Gallinaceo ascripserant, obscuri nempe authores, quos per linguae Latinae imperitiam pro Gallinaceo Capum interpretari diximus[9]. Et quamvis eiusmodi vires Capus quodammodo subministrare possit, tamen ad victus rationem idoneam tantummodo vulgo a medicis tum caro, tum ius eius in quocunque ferme morborum genere, maxime in quibus virium ratio habenda est, praescribitur: medici enim quotiescunque deiectas vires aegrotantium excitare volunt, medicamentum dant, quod ex carnibus Caporum, et Perdicum conficitur. Sunt qui, inter quos est Aloysius Mundella doctissimus inter neotericos[10] medicus facile corrumpi dicant, si aliquo notabili tempore moretur, neque ita aegrotos alere, sed is vel id de extreme laborantibus, qui carnem hanc masticare nequeunt, dixerit, vel sibi ipsi adversatur, ut qui scribat, se aegroto cuidam maligno laboranti morbo, cum iam signa concoctionis apparerent, modo Turdum, modo unum, aut alterum ovi vitellum, modo Caponis carnem contusam concessisse potius, quam vituli. {Item} <Idem>[11] describens historiam iuvenis cuiusdam biliosi febricitantis continue a se curati. Victus ratio, inquit, fuit caro Caponis iuvenis per diem ante mactati cum seminibus melonum contusa, necnon panis in eiusdem iure optime incoctus ad virium, (quae debiles in eo valde erant) robur conservandum.

Alcuni attribuiscono al cappone delle facoltà medicinali desumendole per esempio da Dioscoride e da altri autori che le avevano attribuite al gallo, in realtà autori non eccessivamente noti, e abbiamo detto che a causa di una scarsa conoscenza della lingua latina essi traducono cappone invece di gallo. E nonostante il cappone sia in grado di offrire in qualche modo siffatte proprietà, tuttavia di solito dai medici ne viene prescritta sia la carne che il brodo, come se fossero adatti solamente a scopo alimentare, quasi in qualunque tipo di malattia, soprattutto in quelle in cui bisogna tener conto delle energie: infatti i medici tutte le volte che vogliono stimolare le energie prostrate dei malati prescrivono un medicamento preparato con carne di cappone e di pernice. Alcuni, tra i quali Luigi Mondella, medico assai preparato tra li appartenenti alla corrente neoterica - moderna, sono dell’avviso che si guasta facilmente se rimane inutilizzato per troppo tempo, e che così non nutre i malati, ma Mondella avrà detto ciò a proposito di coloro che sono estremamente defedati e che non riescono a masticare questa carne, oppure contraddice sè stesso, in quanto scrive di aver concesso a un malato affetto da un morbo incurabile ora un tordo, ora uno o due tuorli d’uovo, ora carne di cappone tritata anziché di vitello, siccome stavano ormai manifestandosi i segni del marasma. Sempre Mondella, nel descrivere il decorso clinico di un giovane itterico con febbre continua che lui aveva curato, dice: La base dell’alimentazione è stata carne di giovane cappone ucciso il giorno prima tritata con semi di melone, nonché pane stracotto sempre nel brodo di cappone allo scopo di conservare il vigore delle energie (che in tale malato erano molto affievolite).


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[1] De honesta voluptate L. 6 c. 41 et 42. (Aldrovandi) § In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine (Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499) libro VI il cap. 40 è intitolato Cibaria alba e il cap. 41 Cibarium album catellionicum. Il testo a disposizione di Aldrovandi - o meglio, di Gessner, dal quale Aldrovandi sta desumendo - era discordante da quello edito da Platonide circa la numerazione dei capitoli.

[2] Per motivi di ragionevolezza adottiamo come metreta culinaria quella egiziana per il vino, pari a circa 8,73 litri.

[3] Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499 - giustamente ha fumum, e non cibum.

[4] Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine, Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499 - giustamente ha insperges, e non inspergas.

[5] De honesta voluptate L. 7. (Aldrovandi) - In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine (Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499) libro VII il cap. 69 è intitolato Cibarium croceum.

[6] In Libellus platine de honesta voluptate ac valitudine (Bononiae, per Johannem Antonium Platonidem, 1499) libro VII cap. 49 Esicium ex carne.

[7] A pagina 297.

[8] L. 4 c 3. (Aldrovandi) - Apicio De re coquinaria IV,3,3: Minutal Apicianum: oleum, liquamen, vinum, porrum capitatum, mentam, pisciculos, isiciola minuta, testiculos caponum, glandulas porcellinas. haec omnia in se coquantur. teres piper, ligusticum, coriandrum viridem vel semen. suffundis liquamen, adicies mellis modicum et ius de suo sibi, vino et melle temperabis. facies ut ferveat. cum ferbuerit, tractam confringes, obligas, coagitas. piper aspargis et inferes.

[9] Molto più chiara e intelligibile è la stessa frase di Gessner che Aldrovandi ha tortuosamente elaborato. Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 413: Obscuri quidam authores caponi attribuunt vires medicas ex Dioscoride et aliis authoribus, quas illi gallinaceis adscripserant: quoniam per imperitiam linguae Latinae gallinaceum interpretantur caponem.

[10] L'Accademia Fiorentina osteggiava i medici neoterici, cioè innovatori: Novae Academiae Florentinae Opuscula: adversus Avicennam, et medicos neotericos, qui Galeni disciplina neglecta, barbaros colunt...- Lugduni: apud Seb. Gryphium, 1534

[11] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 413: Aloisius Mundella Dialogo 3. scribit se aegroto cuidam febri continua maligna laboranti, cum iam signa concoctionis apparerent, modo turdum, modo unum aut alterum ovi vitellum, modo caponis carnem contusam concessisse, potius quam vituli. Idem Dialogo 1. describens historiam iuvenis cuiusdam biliosi febricitantis continue a se curati, Victus ratio (inquit) fuit caro caponis iuvenis, per diem ante mactati, cum seminibus melonum contusa: nec non panis in eiusdem iure optime incoctus, ad virium (quae debiles in eo valde erant) robur conservandum. […] Medici quidam quoties deiectas vires aegrotantium excitare volunt, medicamentum dant quo ex carnibus caponum et perdicum conficitur, quod facile corrumpitur, si aliquo notabili tempore moretur: neque etiam in aegrotos alit, neque ut quae prius diximus, (vinum, ova sorbilia, testes gallinacei,) Aloisius Mundella Dialogo 3.