Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

236

 


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[236] Quorum verborum sensum, atque vim, nemo, quod sciam, omnium quotquot in Plautum commentati sunt, hactenus {assequutus} <assecutus> est. Audio autem apud Hollandos eiusmodi loquendi modum frequentissimum esse, ut videlicet scriptionem parum legibilem Hennescrapsel, hoc est, Gallinarum ruspationem vocent. Hetrusci pro ruspare dicunt sparnazzare, et metaphorice utuntur in prodigos sua abijcientes inutiliter.

Per quanto ne so, nessuno di tutti coloro che hanno commentato le opere di Plauto è riuscito a comprendere abbastanza il significato e la forza di tali parole. Ma sento dire che tra gli Olandesi siffatto modo di esprimersi è molto frequente, tant’è che un modo di scrivere poco leggibile lo chiamano Hennescrapsel, cioè il ruspare delle galline. I Toscani dicono sparnazzare al posto di ruspare, e se ne servono metaforicamente nei confronti degli scialacquatori che gettano via inutilmente le proprie cose.

MAGNANIMITAS. PUGNA.

CORAGGIO - COMBATTIVITÀ

Laus item Gallo maxima in animo plus< >quam regio, adeo ut Oppianus[1] avium omnium pugnacissimum vocare non sit veritus: cuius nimirum tam excelsus animus est, tanta animi constantia, ut non vitae, quae omnibus animalibus carissima est, pericula tantum subire, sed perdere etiam eam malit, quam alterius imperium, iugumque vel ad unicum tantummodo temporis momentum pati. Scivit hoc Themistocles[2], sciverunt maiores nostri, qui anniversariis {solennibusque} <sollemnibusque> Gallorum pugnis {solenni} <sollemni> ritu institutis perpetuos nos esse voluerunt Gallorum imitatores. Aiunt vero non Leonem modo ad eorum cantum, sed basiliscum etiam expavescere: quod an verum sit, ut parvi refert, ita certum est nullum animal maiori animo, et excelsiori vel caput cristatum, et caudam erectam falcatamque gerere, vel certamen inire, in quo frequenter ante moritur, quam adversario cedat. Quare iure merito Marti bellorum, pugnarumque Deo sacer habitus fuerit, et proverbialiter Ἄρεως νεοττός, hoc est Martis pullus[3] vocatur: quasi ad bella, pugnasque magnopere propensus.

Parimenti bisogna lodare moltissimo il gallo per quanto riguarda il suo spirito più che regale, tant’è che Oppiano di Apamea non ha esitato a definirlo come il più combattivo di tutti gli uccelli: il suo coraggio è appunto tanto grande, tanta è la sua fermezza d’animo che non solo preferisce andare incontro ai pericoli per la vita, che è molto cara a tutti gli animali, ma anche perderla, anziché dover subire l’autorità e il giogo altrui anche per un solo breve spazio di tempo. Di ciò ne fu al corrente Temistocle, ne furono al corrente i nostri antenati, i quali con l’istituzione in rito solenne di combattimenti annuali di galli vollero che noi fossimo dei perpetui imitatori dei galli. Ma dicono che non solo il leone si spaventa in occasione del loro canto, ma anche il basilisco: come poco ce ne importa se ciò sia vero, altrettanto è certo che nessun animale con maggiore e più spiccato coraggio porta una testa fornita di cresta e una coda eretta e falcata, oppure ingaggia un combattimento nel quale spesso muore prima di cedere all’avversario. Per cui a buon diritto sarà stato considerato sacro a Marte, dio delle guerre e delle battaglie, e proverbialmente viene chiamato Áreøs neottós, cioè pulcino di Marte: come per dire che è estremamente incline alle guerre e alle battaglie.

Verum non in pugna tantum animositas maxima eius elucescit, sed in coitu etiam: a quo (taceo modo, quod salacissimus sit, et unus multis uxoribus satisfaciens) cum omne animal tristari soleat, solus ipse exhilarescit, et cantu alacritatem spiritus attestatur: et Plato[4] author est, Gallum degenerem ignavumque antequam vicerit, canere. Nec fere ob aliam causam, quam propter uxorem pugnam init, veritus ne alius amplexus earum illi clam suffuretur: unde scribit Athenaeus Gallinaceum alteri mari cum Gallina coitum absque pugna non permittere: quare Alberto neutiquam crediderim, Gallos scribenti, si multi sint, nimio coitu Gallinas enecare. Haud tamen interim inficias iverim eas a diversis Gallis iniri: nam id furtim fieri putaverim: simul vero degere, vel saltem simul cum Gallinis coire, quod ille supponit, nunquam crediderim: quinim<m>o illud ego ex inspectione didici Gallum unicum semper in uno loco imperium habere, et in alios, si forte clam, ut dixi, cum uxorum suarum aliqua coierint, vel coire tentaverint, acriter animadvertere: unde item adagium extat satis triviale, Gallus in suo sterquilinio plurimum potest, quod scriptum est in ludicro Senecae[5]: videtur autem innuere quemlibet in alieno solo timidiorem esse, et in suo regno ferociorem, et animosiorem. In quo pariter sensu et illud notum est: Domi pugnans more Galli[6] in illos, qui domi rixantur, quum foris sint placidissimis moribus: unde dicebat Plinius[7]: Imperitant suo generi, et regnum in quacunque domo sunt, exercent. Dimicatione {pariter} <paritur> hoc {quoque} inter ipsos velut ideo tela agnata cruribus suis intelligentes, nec finis saepe {nisi} <com>morientibus. Quod vero ait sapientissimus virorum Salamon: Gallus ambulans inter Gallinas laetus: id pariter Eucherius imperii significationem esse dicit.

A dire il vero il suo grandissimo ardore non rifulge solamente nel combattimento, ma anche durante il coito: mentre qualsiasi animale ne viene rattristato, solo lui se ne rallegra (accenno appena al fatto che è estremamente lussurioso e uno solo è in grado di soddisfare molte femmine), e testimonia l’ardore del suo spirito attraverso il canto: anche Platone il commediografo riferisce che un gallo vile e codardo canta prima di aver vinto. E di solito non intraprende un combattimento per nessun’altro motivo se non a causa della sua femmina, nel timore di venir derubato a sua insaputa di un altro accoppiamento con loro: per cui Ateneo scrive che un gallo non concede a un altro maschio di accoppiarsi con una gallina senza un combattimento: per cui non sono assolutamente disposto a credere ad Alberto quando scrive che i galli, se sono in troppi, uccidono le galline con un coito eccessivo. Tuttavia nel contempo non sarei disposto a negare che esse vengono montate da galli diversi: infatti sarei dell’avviso che ciò accade di nascosto: ma non sarei mai disposto a credere quello che lui aggiunge, che cioè vivono insieme, o che perlomeno si accoppiano con le galline insieme: ma anzi dall’osservazione ho imparato questo, che cioè un solo gallo ha sempre il predominio in un solo luogo, e punisce severamente gli altri nel caso che, come dissi, si fossero accoppiati di nascosto con qualcuna delle sue femmine, oppure avessero tentato di accoppiarsi: da cui deriva egualmente un adagio abbastanza comune, Un gallo è estremamente potente nel suo letamaio, che si trova scritto nel componimento satirico di Lucio Anneo Seneca: sembra infatti voler indicare che chiunque sul terreno altrui è più timido, più baldanzoso e più coraggioso quando è nel suo regno. Con lo stesso significato è noto anche quell’altro: Combatte in casa sua come un gallo, rivolto a coloro che in casa propria si azzuffano, mentre fuori casa hanno un comportamento estremamente tranquillo: per cui Plinio diceva: Dominano sugli animali del loro genere ed esercitano, in qualsiasi casa si trovano, una sorta di signoria. Il potere viene ottenuto con una lotta tra di loro, come se fossero consapevoli delle armi che sono spuntate sulle loro zampe, né il combattimento ha una fine, in quanto spesso muoiono insieme. E questo lo dice Salomone il più sapiente degli uomini: Il gallo che cammina contento tra le galline: parimenti Sant’Eucherio dice che ciò è un segno di supremazia.

Hoc item ceu magnificentiam, animique celsitudinem arguit, quod nunquam sui ineundi copiam faciat absque atrocissimo certamine, ut Athenaeus[8] author est. Denique et illud quod idem author ibidem testatum reliquit, et quotidiana experientia comprobat, quod scilicet quascunque aedium fores ingressurus, cristam submittat. Quod ab Aeliano[9] fortassis mutuatus Athenaeus fuerit, quia ita scribit: Illud item in eo mirificum, cum limen intrat, tametsi superum altissimum existit, is tamen sese inclinat: quod quidem ipsum superbia inductus facere videtur, ne scilicet crista uspiam offendatur.

Parimenti dimostra, per così dire, nobiltà e grandezza d’animo in quanto giammai dà la possibilità di essere montato senza un combattimento molto violento, come dice Ateneo. Infine anche ciò che lo stesso autore ha lasciato attestato nella stessa composizione, e che l’esperienza quotidiana conferma, e cioè che abbassa la cresta quando sta per entrare attraverso qualsiasi porta di un edificio. Forse Ateneo l’avrà preso in prestito da Eliano, in quanto costui scrive così: Parimenti in lui è straordinaria una cosa, che quando varca una soglia, anche se la parte superiore si trova molto in alto, tuttavia lui si inclina: ma sembra che lo faccia in quanto indotto dalla superbia, cioè affinché la cresta non venga danneggiata in qualche punto.

His, si placet, adde, quod pro caris uxoribus, pignoribusque suis adversus serpentes, Milvos, mustelas, et eiuscemodi feras alias, viriliter decertet, et nos ad simile certamen, ubi sese occasio offerat, invitet. Hieronymus Cardanus[10] Gallum ideo decantatissimo illi parricidarum culeo, una cum serpente, cane, et simia inseri a Romanis existimabat, quod superbissimus sit, vel ob gentis similitudinem: quod ipsum Scaliger[11] ex inscitia historiarum credidisse tradit, quoniam Gallis nondum notis illa lex scripta fuisset: sed nec hic rem acu tetigit. Quomodo enim Gallum includere potuere Romani nondum notum? Quare ego post suo loco[12] veram, ni fallor, eius rationem assignabo.

Se ti va, aggiungi a queste cose il fatto che per le sue amate consorti e per i suoi amati figli combatte con coraggio i serpenti, i nibbi, le faine e altri siffatti animali feroci, e ci invita a un simile combattimento quando se ne offre l’occasione. Gerolamo Cardano riteneva pertanto che il gallo venisse rinchiuso dai Romani in quel famosissimo culleo dei parricidi insieme al serpente, al cane e alla scimmia in quanto è molto superbo o a causa di una somiglianza con il popolo dei Galli: Giulio Cesare Scaligero riferisce che proprio ciò è stato ritenuto vero a causa dell’ignoranza dei fatti storici, in quanto quella legge sarebbe stata scritta quando i Galli non erano ancora conosciuti: ma neanche costui ha messo il dito nella piaga. Infatti, in che modo i Romani avrebbero potuto rinchiudere un Gallo che non era ancora conosciuto? Per cui successivamente, al momento opportuno, ne fornirò la vera ragione, se non mi sbaglio.

Quod vero ad pugnam Gallorum attinet, ad quam vel imago eorum in speculo tantum conspecta eos invitat, teste Athenaeo[13], ea singulari non caret artificio.

Per quanto riguarda il combattimento dei galli, al quale li incita come un’immagine di loro stessi vista solo in uno specchio, come riferisce Ateneo, esso non è privo di un’abilità straordinaria.


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[1] Ixeutica.

[2] Eliano Varia historiae Libri XIIII - II,28: Unde certamen gallorum gallinaceorum initium traxerit – Post devictos Persas, Athenienses lege posuerunt, ut galli gallinacei quotannis uno die certamen in theatro inirent. Unde vero sumpserit occasionem haec lex, planum faciam. Cum Themistocles civicum exercitum adversus barbaros educeret, gallos gallinaceos vidit pugnantes: neque ille spectatorem sese oscitantem eius pugnae praebuit. Sed totum exercitum cohibens, inquit ad ipsos: At hi neque pro patria, neque pro dijs familiaribus, neque vero pro avitis heroibus periculum subeunt, neque pro gloria, neque pro libertate, neque pro liberis: sed tantum, ne alter ab altero superetur, aut alter alteri cedat. Quibus verbis Atheniensium animum confirmavit. Quod ergo tunc eis incitamentum ad virtutem extitit, voluit ad similium rerum et factorum memoriam sempiternam consecrare. (Claudii Aeliani opera quae extant omnia Graece Latineque, Tiguri, apud Gesneros Fratres, 1556, pagina 394 – Iusto Vulteio VVetterano interprete)

[3] In base a quanto riferito da Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 407, Áreøs neottós proviene da Aristofane: Gallus sacer erat Marti, et in templis dedicabatur, Eustathius. Hinc forte Aristophanes in Avibus gallum Ἄρεως νεοττόν, hoc est Martis pullum cognominat. Scholiastes quidem sic vocari ait, tanquam fortem et pugnacem. – Aristofane Aves 834-35. Platone commediografo fr. 104 K a proposito di Pisandro.

[4] Forse nel frammento 104 kock.

[5] Apocolocyntosis 7,3: Claudius ut vidit virum valentem, oblitus nugarum intellexit neminem Romae sibi parem fuisse, illic non habere se idem gratiae: gallum in suo sterquilino plurimum posse.

[6] Confronta Pindaro Olimpiche XII 20-21 ἐνδομάχας ἅτ'ἀλέκτωρ | συγγόνῳ παρ’ἑστίᾳ.

[7] Naturalis historia X,46: Imperitant suo generi et regnum in quacumque sunt domo exercent. Dimicatione paritur hoc inter ipsos velut ideo tela agnata cruribus suis intellegentium, nec finis saepe commorientibus.

[8] Liber 9. (Aldrovandi) – IX,46,391e: [...] combattono fra loro e il vincitore monta continuamente il vinto [cfr. Aristotele HA IX 614 a7]. Si racconta anche che il gallo, per qualunque porta passi, piega la cresta e non permette ad altri l'accoppiamento senza combattere. - ἱστορεῖται δὲ ὅτι ... τῆς οἰχείας ἑτέρῳ δ’ίχα μάχης οὐ παραχωρεῖ.

[9] La natura degli animali IV,29: Anche questo tratto del suo carattere è indubbiamente meritevole di ammirazione: quando varca la soglia di una porta, anche se questa è molto alta, si china e lo fa con molto sussiego, come se in tal modo volesse proteggere la sua cresta.

[10] De subtilitate liber X. (Aldrovandi)

[11] Exotericarum exercitationum liber quintus decimus: de subtilitate, ad Hieronymum Cardanum (1557), exercitatio 240 An sui generis quicquam vorent animalia. Canes, alia.

[12] A pagina 240.

[13] Clearco di Soli (scrittore greco del IV-III sec. aC discepolo d'Aristotele) frammento 36W in Deipnosophistaí IX,42,389f: i galli "dalla falsa immagine riflessa <in uno specchio> sono soltanto spinti al combattimento".