Lessico
Vulcano il cornuto
Marte
e Venere in alcova osservati dagli Dei
Joachim Wtewael (Utrecht 1566-1638)
olio su rame
Aldrovandi, a pagina 230 del II volume di Ornitologia (1600), è reo di un madornale errore d’interpretazione del testo di Eliano.
Innanzitutto Eliano non afferma affatto che Efesto - o Vulcano - venne imprigionato con una catena invisibile. Inoltre Eliano dice solamente che Efesto fu l’artefice di una catena invisibile - o rete che dir si voglia - senza specificarne il motivo, senz'altro perché il movente era di dominio comune.
Sappiamo infatti dalla mitologia che Vulcano con questa sua opera d’arte irretì Ares nonché Afrodite - cioè Marte e Venere - che lo cornificavano a iosa mentre Alettrione montava di guardia affinché il Sole non potesse riferirlo a Efesto.
Sandro
Botticelli
- Venere e Marte - 1483
Londra, National Gallery
Ecco il testo di Eliano tratto da La natura degli animali II,30:
“Se desiderate aggiungere alla schiera dei vostri animali o mettere tra gli uccelli domestici un gallo che avete comprato o avuto in dono, non dovete lasciarlo andare in giro libero, né permettere che vada a suo piacimento dove gli capita; se lo fate, fuggirà subito nella casa dove si trovava prima, tra i suoi vecchi compagni, anche se è adesso a grande distanza da loro. È necessario dunque mettergli vicino un custode e legarlo con una catena ancora più invisibile di quella di Efesto nel poema di Omero [Odissea 8, 274 sgg.]. Io suggerisco un provvedimento del genere: poni all’aperto la mensa dove sei solito mangiare, poi prendi il gallo e, dopo avergli fatto fare tre giri attorno alla tavola, lascialo andare libero assieme agli altri uccelli domestici della tua casa. Vedrai che non si allontanerà più, come se fosse incatenato.” (traduzione di Francesco Maspero, 1998)
Ma Aldrovandi - sempre a pagina 230 - è reo anche del fatto di mettere nel dimenticatoio un dialogo di Luciano da lui già citato a pagina 186 per altri motivi. Si tratta de Il sogno ovvero il gallo - Òneiros ë alektryøn - in cui il calzolaio Micillo narra la tresca amorosa fra Venere e Marte con la complicità di Alettrione. Per fortuna Aldrovandi si redime a pagina 275, quando la fatidica tresca viene narrata in modo corretto ricorrendo proprio a Luciano.
Ecco il testo di Luciano:
3: Micillo: Ecco, ho sentito qualcosa del genere per i tempi andati, al vostro proposito: un ragazzo, un tal Alettrione, era amico di Ares e partecipava alle bevute e ai festini di quel dio, ed era complice delle sue avventure d’amore. Così, tutte le volte che Ares andava a incontrare Afrodite, si portava dietro Alettrione, e siccome diffidava più d’ogni altro della persona del Sole, nel timore che vedesse e andasse a raccontare a Efesto, lasciava sempre il giovane fuori sulla porta per dare l’allarme tutte le volte che il Sole faceva capolino. Poi un giorno successe che Alettrione cadde addormentato, e, involontariamente, non rispettò il suo incarico di vigilanza: il Sole, senza farsi notare, si accostò ad Afrodite e ad Ares che riposava tranquillo nel letto, convinto che Alettrione avrebbe dato l’allarme se fosse arrivato qualcuno. Così Efesto, informato dal Sole, li catturò avvolgendoli e intrappolandoli nelle catene che da tempo aveva pronte per loro. Ares, non appena liberato, nel modo in cui fu liberato, montò in collera con Alettrione e lo trasformò in questo volatile qui (indicando il gallo) insieme con le sue armi, sicché tuttora porta in testa il ciuffo dell’elmo. Ed è per questo motivo che voi, per riparare il torto fatto ad Ares ora che non conta più, quando sentite che il sole sta per levare, lo anticipate di un buon margine con il canto, per segnalare che sorge. (traduzione di Claudio Consonni, 1994)
Se non bastasse, sempre a pagina 230 Aldrovandi dà la prova di misconoscere il sacro testo omerico dell’Odissea in cui tutta la vicenda viene narrata nei minimi dettagli: infatti Omero non viene assolutamente citato.
Il machiavellismo di Zanichelli
Anche a Elio Corti sarebbe accaduto non solo di misconoscere, ma di non conoscere affatto il sacro testo dell'Odissea, se si fosse basato sull’unica edizione da lui posseduta fin dai tempi del ginnasio, un'edizione che dovrebbe essere integrale, ma che tale non è.
Quest'edizione inspiegabilmente tronca - per motivi morali? per pudicizia? - è quella del 1954 di Nicola Zanichelli (Bologna) che ospita la prestigiosa traduzione di Ettore Romagnoli in cui vengono saltati a pie' pari i cento e più versi omerici che a noi interessano. Il canto VIII, giunto al verso 263, salta di botto al verso 267, per poi slittare impercettibilmente con soli due versi al verso 370. Se non ci fosse l'annotazione numerica, manco ti accorgeresti del taglio. Il discorso fila perfettamente e il lettore viene machiavellicamente turlupinato, così:
Grazie alla collaborazione di Andrea Bertolazzi abbiamo recuperato i versi mancanti e abbiamo tappato un grosso black hole che purtroppo nell'edizione di Zanichelli del 1954 non è l'unico. Infatti, quando Omero accenna al sesso, ecco che il testo viene amputato con un bisturi affilato e impietoso.
Andrea ha cominciato il confronto tra la mia e la sua edizione, che invece è integrale, come puntualizzato nel frontespizio. Questa traduzione con testo greco a fronte è di Mario Giammarco, con la revisione di Enrico Maltese, e viene presentata in ottima veste tipografica da Newton & Compton editori, Roma, 1997.
Da un primo rapido confronto risulta che i tagli di Romagnoli - voluti non si sa da chi - sono assai numerosi. Quando Andrea avrà ultimato l'indagine, i risultati saranno pubblicati in questa pagina. Io spero che Andrea riesca pure a identificare colui che volle perpetrare questa carneficina della poesia omerica.
Il 18 luglio 2006 Andrea concludeva il confronto tra la mia e la sua edizione dell'Odissea, un confronto che è stato sì intrigante, ma che ha richiesto pazienza e accuratezza da Certosino.
Ecco i risultati, dai quali emerge in modo lampante che si tratta di un vero massacro della poesia omerica dettato da un falso e subdolo moralismo, nonché da una mancanza di rispetto nei confronti di Omero e dei lettori del XX secolo.
Una carneficina senz'altro dettata da intenti antimasturbatori. Ma da sempre l'uomo ne inventa una più del diavolo! Infatti proprio un anno prima - dicembre 1953 - il compito di titillare alla masturbazione la giovane e non più giovane popolazione mondiale veniva assunto da Hugh Hefner con il suo primo numero di Playboy andato letteralmente a ruba: 53.991 le copie della prima tiratura, tutte vendute a 50 centesimi di US$ ciascuna.
Hefner non proponeva - agli sguardi vogliosi - antichi e banali versi poetici , bensì Marilyn Monroe, la prima playmate - compagna di gioco (sessuale) - cui toccò in sorte di accaparrarsi appunto il primo paginone centrale di tale abominio editoriale ispirato da un qualche dio omerico al fine di smantellare una volta per tutte il VI Comandamento di cattolici e luterani che sancisce: non fornicare, neppure con te stesso.
Insomma, con Playboy ormai nelle edicole, non aveva né ebbe più senso castigare la poesia omerica, come adeguatamente profetizzato nello stesso 1953 da Mondadori, scotomizzato invece da Zanichelli nel 1954. Il tragico consiste nel fatto che, anche se letta di corsa, la tresca fra Venere e Marte non ha nulla di pornografico. E se non bastasse, Omero non si esime dall'esprimere un giudizio negativo sulla vicenda, un giudizio morale senz'altro applicabile a ogni modello di comportamento umano e tale da riecheggiare o da aggiungersi ai 10 Comandamenti, addolcito però da una serenità tutta greca. Infatti al verso 329 così sentenzia:
οὐκ
ἀρετᾷ κακὰ
ἔργα
non dà gioia il mal fare
Questa mia conclusione sul positivo valore educativo di Omero - in un brano del tutto inaccettabile secondo ignoti pseudomoralisti del 1954, ma in netta antitesi con l'antieducativa pubblicità di Vodafone 2006 che, per una spesa = 0, ci spiattella una sposa senz'altro inaffidabile - il positivo valore educativo di Omero, dicevamo, emerge da un confronto fra il mio punto di vista e quello di amici autentici, quelli che dicono ciò che pensano: Andrea, suo nonno Fernando Civardi, Mario Ivaldi primario cardiologo all'ospedale di Casale Monferrato, il futuro cardiologo Simone Savastano nonché il Professor Roberto Ricciardi revisore della mia traduzione di Aldrovandi. Anch'essi concordano appieno con le mie deduzioni.
Grazie a Tiziano Zemola di Alessandria, ora Andrea ha tra le mani l'edizione di Mondadori del 1953 tradotta da Ippolito Pindemonte. Anche qui i nostri 100 e più versi dell'adulterio si sono volatilizzati - è quasi superfluo annotarlo - e alla fine del confronto dell'intera opera vedremo se i criteri di amputazione sono stati gli stessi che hanno guidato la mano a Zanichelli.
Oddio! Mi sorge un sospetto. Non è che a Bologna ben prima di Zanichelli - cioè ai tempi di Aldrovandi - fosse d'uopo castrare il sesso omerico su ingiunzione del papato? In tal caso Ulisse non sarebbe colpevole di aver misconosciuto il testo omerico, in quanto a Bologna la pornografia non poteva assolutamente circolare. Io non posseggo un'edizione dell'Odissea dei tempi di Ulisse. Per cui il nostro Ulisse rimane per ora incriminato.
E lo rimarrà fino a prova contraria. Infatti il 26 giugno 2006 abbiamo appurato che dal 1488 in Italia grazie a Bernardo Nerli era disponibile l'editio princeps di Omero il cui testo fu approvato da Demetrio Calcondila. Edita in Firenze il 13 gennaio 1488, questa editio princeps non è assolutamente monca e credo che anche Aldrovandi l'abbia potuta avere tra le mani. Questo intonso brano curato da Bernardo Nerli viene riportato a fondo pagina e messo agli atti.
L'adulterio in greco e in italiano
Ed ecco finalmente il famigerato stralcio dell’Odissea relativo all'adulterio tra Marte e Venere, in cui manca Alettrione. Si tratta del canto VIII versi 266-369 (bello questo 69! come finale ci sta a pennello!). Come abbiamo detto, si tratta dell'edizione di Newton & Compton (1997).
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Grazie a www.gregorys.it ecco la traduzione anche in versione
elettronica
seguita dalla trascrizione elettronica del testo greco.
Ma il poeta divin, citareggiando, |
Spettacol che oggi sostener m'è forza. |
αὐτὰρ
ὁ φορμίζων
ἀνεβάλλετο
καλὸν
ἀείδειν |
Editio
princeps di Omero
testo approvato da Demetrio Calcondila
edita a Firenze il 13 gennaio 1488 a cura di Bernardo Nerli
indirizzata a Piero de' Medici
Odissea
canto VIII - versi 266-369
editio princeps del 1488
Odissea
Confronto tra Edizioni scolastiche
Mondadori - 1953
e Grandi tascabili economici Newton - 1997
a
cura di Andrea Bertolazzi
indagine conclusa il 24 dicembre 2006
Tutti i canti delle due edizioni collimano per integrità, eccetto il canto VIII dell'edizione Mondadori che presenta una vasta decurtazione dal verso 351 al 495 corrispondente ai versi 266/369 di Zanichelli relativa all'adulterio tra Marte e Venere, una tresca che già sappiamo essere integra e presente nell'edizione di Newton del 1997.
È molto strano che l'edizione Mondadori contenga un solo taglio invece delle numerose amputazioni di Zanichelli, 25 per l'esattezza. Essendo l'edizione Zanichelli di un anno più giovane rispetto a quella di Mondadori, ci si aspetterebbe un adeguamento dell'editrice bolognese ai criteri di Playboy del dicembre 1953, forse già debitamente preannunciati da Mondadori.
Per scoprire se le numerose mutilazioni di Zanichelli e l'eliminazione del solo passo del canto VIII di Mondadori siano opera di due editori senza scrupoli culturali, o se invece la versione italiana del famigerato passo del canto VIII fosse venuta alla luce solo di recente, ma subito bollata e debitamente occultata, ci siamo messi alla ricerca di un’edizione italiana più vecchia dell’Odissea,.magari risalente al 1800!
Avendo Andrea la possibilità di accedere alla biblioteca del Liceo Foscolo di Pavia, è stato facile individuarvi un’edizione ottocentesca, ma ovviamente non può mancare l’inghippo dal sapore alquanto vessatorio e dispotico: "È molto difficile consultare un testo così antico, è off-limits per tutti gli studenti."
Grazie mille per la risposta!
Vorremmo sapere a cosa serve avere una biblioteca a disposizione senza poterne consultare i volumi! Abbiamo esposto il problema dell’eliminazione dei versi anche alla professoressa Mara Aschei, responsabile della biblioteca liceale. Ci ha detto che "è facile che versi del genere, soprattutto a sfondo sessuale, vengano eliminati dalle edizioni dell’Odissea e non solo, perché sono testi destinati alle scuole. Questo problema si riscontra anche nelle satire di Orazio o di Giovenale."
Sorge un dubbio: oggigiorno l’edizione di Newton viene fatta acquistare agli studenti che si accingono allo studio di Omero, ma questa edizione contiene tutti i versi, sia quelli a sfondo sessuale che non. Allora come mai nel 1953/54 ciò non succedeva?
Negligenza editoriale? È possibile... È prevista un’incursione alla Zanichelli per trovare una risposta plausibile al fine di risolvere una volta per tutte il problema.
Fantasmi del fascismo? Censura ecclesiastica?
Forse. Omero potrebbe essere stato eccessivo nel descrivere scene di sesso, come quella del passo incriminato, ma Elio Corti ha dimostrato con ulteriori analisi del testo che Omero non era assolutamente un pornografo, anzi, era addirittura un moralista:
V,117 Così quando Demetra dai bei capelli, a Iasione, cedendo agl’impulsi del cuore, s’unì in amor coniugale in un maggese arato tre volte...
VI,126: Spezzò dalla fitta selva con mano robusta un ramo frondoso, per coprirsi nel corpo le parti virili...
VI, 217: Io poi non voglio lavarmi in vostra presenza: ho vergogna di stare nudo in mezzo a fanciulle dai bei capelli...
VIII, 328: E qualcuno guardando diceva così al vicino: "Non dà gioia il mal fare; e il tardo acciuffa lo svelto"...
Io penso che quanto è stato messo in luce dalla ricerca su Vulcano il Cornuto rappresenti un vero e proprio boicottaggio alla cultura partorito dalla collaborazione tra Case Editrici e Santa Madre Chiesa.
Le indagini per dimostrare quest'ultima affermazione ovviamente proseguono. Mai arrendersi! E se siete in possesso di un’Odissea risalente al 1800, o di qualsiasi altra fonte che renda possibile risolvere il dilemma antiomerico, non esitate a contattarci!
Un
finale da brivido del 1847
rispettoso di Omero e dei lettori
Giungiamo così all’ultimo atto di questa carneficina omerica. Il tempo è passato e il liceo è finito. L’università è tutt'altra storia: per richiedere in visione un volume, seppur antico e ben conservato, nella biblioteca della facoltà di lettere è necessario soltanto un documento d'identità.
Così, grazie a Sara Sacchi mia ex compagna del Liceo Foscolo di Pavia, che con le sue antennine da letterata si è presa la briga di sondare gli scaffali in cerca di un'Odissea ottocentesca, ho potuto immergermi nell’atmosfera surreale della biblioteca universitaria di Pavia. Dalle finestre faceva capolino un sole radioso, ma lo spettacolo attorno a me non era da meno.
Centinaia, anzi, migliaia, ma che dico! migliaia e migliaia di volumi disposti ordinatamente su tavoli, tavolini, tavoloni e scaffali mi hanno accompagnato in questa avventura. E là, esattamente nella terza sala, nell’archivio 113.G.101, la tanto agognata Odissea mi aspettava: traduzione del dott. Paolo Maspero, e nientepopodimeno che del 1847!
Mi è sorta un’esclamazione forse paragonabile a quella di Archimede quando scoprì il principio della spinta idrostatica. Con entusiastica impazienza mi sono letteralmente gettato sul volume, ma con estrema compostezza, onde evitare di essere trasferito a continuare le ricerche al Mondino in compagnia degli psicopatici, scusate, dei disabili mentali, scusate ancora, dei diversamente abili mentali.
Trascrivo qui di seguito le caratteristiche del libro:
titolo:
Odissea
autore: Omero
anno:
1847
lingua:
Italiana (senza testo greco a fronte)
editore: Giuseppe Redaelli,
Milano
seconda edizione
traduzione: a cura del dott.
Paolo Maspero
Edizione
riveduta dal traduttore
con il discorso estetico del professor Antonio Zoncada
Ecco apparire la prima pagina del canto VIII, quello che a noi più interessa, in quanto nelle altre due edizioni analizzate il lungo passo di Vulcano bollato come osé si era dissolto come neve al sole.
Prima di procedere mi dico: se anche in quest'edizione ottocentesca dell’Odissea il brano dell’adulterio di Marte e Venere è stato amputato, senz'altro è da parecchi lustri che i responsabili di questa censura stanno giocando a golf e bevendo Martini col Creatore, e anche stavolta la ricerca si concluderà con un’ipotesi sul perché pari al mistero che avvolge sia il triangolo delle Bermude che lo scozzese Nessie.
Se invece il passo rimosso in edizioni di cinquant'anni fa (1953/54) fosse presente in questa versione dell'Odissea del 1847, mi auguro che gli autori di quel misfatto non stiano sollazzandosi col Creatore, anzi, stiano rodendosi la coscienza per essersi arrogati il diritto di fare un collage pseudo moraleggiante di quest’opera antica e impareggiabile, che immorale assolutamente non è. Ma probabilmente sotto al loro misfatto mano ci cova, una mano ben più potente e lunga della loro, una mano che va a tutti i costi identificata e sbeffeggiata.
Ormai ci siamo. Verso 351:
Per
comun voto ad ordinar trascelti
I pubblici conflitti; e, senza indugio
Apportate le turbe, ai danzatori
Un ampio agone preparar. Dal regio
Ostello fece il banditor ritorno
con l’armonica cetra; a tosto in mezzo
Della lizza Demodoco s’assise.
Allor famosi per destrezza, e tutti
Sul fior degli anni, giovani leggiadri
Teneansi in punto a lui d’intorno; e mentre
Conducevan velocissimi nel circo
Maestre danze, il folgorar de’ piedi
Stava Ulisse a guardar maraviglioso.
Posto fine alla danza, il gentil vate
Demodoco cantò del bellicoso
Marte, gli amori e della Dea di Cipro;
Quando, vinta per molti incliti doni,
Col fiero Nume giacquesi furtiva
Di Vulcan nella reggia, indegnamente
Il divin letto nuzial macchiando.
Ma commisti in amor li vide il Sole,
Che tutto vede, e l’onta abbominosa
A Vulcan raccontò.
continua con il racconto di tutta la tresca
Se
pagarti ei ricusa, io stesso in tutto
Soddisfarti prometto. – Ormai, Nettuno,
Riprese allora il generoso fabbro,
Contrastar più non deggio al tuo desio.
E in questo dire i saldi lacci infranse
Liberi dalla rete, ambo spediti
Balzar dal letto; e corse Marte in Tracia,
e in Pafo Citerea, del riso amica,
Ove una selva a lei verdeggia, e fuma
Un odorato altare. Ivi le Grazie...
Rullo di tamburi.... olé, il passo c’è! Riconsegno il libro che torna a riposare nel suo scaffale e lascio dietro di me secoli di cultura mentre mi avvio verso l’uscita.
Appena si chiude la porta mi azzardo a pensare che la ricerca è conclusa, almeno per la parte inerente al testo. Bisognerà ora vedere cosa sarà riferito a Elio Corti dalla Zanichelli e se riusciranno a intortarlo (cosa quasi impossibile) o se gli autori del misfatto (perché sono più di uno) salteranno fuori chiedendo scusa – senz'altro indirettamente, per ovvi motivi cronologici – per aver operato come quei chirurghi che asportano un rene senza nemmeno aver pronunciato il giuramento di Ippocrate... alla faccia di Omero e alla nostra!
Motta
Visconti
domenica 29 giugno 2008
sotto gli auspici dei Santi Pietro e Paolo