Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Ovo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Nicandri[1] [454] Scholiastes ova ἀνόστρακα nominat quae sine putamine redduntur. Ostracoderma ova dicuntur putamine contecta testaceo, (ova testea Macrobius dixit[2]) malacoderma vero quae molli obducuntur cute, Caelius. Ἀλλ’ὥσπερ ὠόν νή Δι’ἀπολέψαντα χρὴ | Ἀπὸ τῆς κεφαλῆς τὸ λέμμα κἀθ’οὕτω φιλεῖν, Aristophanes in Avibus[3] de formosa muliere vel meretrice, quae larvata (personata) in scenam prodierat, quam quidam osculari se cupere dixerat. Lecython, id est vitellum ovi quidam sic dictum conijciunt, διὰ τὸ λέπει κεύθεσθαι. Videtur et pro putamine lecythos accipi Artemidoro, nisi potius corrupta est lectio, ut superius dictum est[4]. Annara (alibi Amiantus) id est testa ovorum unde pulli excluduntur, Sylvaticus.

Lo scoliaste di Nicandro denomina  anóstraka le uova che vengono deposte senza guscio. Vengono dette ostracoderma le uova ricoperte da un guscio come se fosse di terracotta (Macrobio disse testea - invece di testacea), invece sono dette malacoderma quelle che sono ricoperte da un involucro molle, Lodovico Ricchieri. All'høsper øón në Di'apolépsanta chrë | Apò tês kephalês tò lémma kàth'hoútø phileîn - Certo, per Zeus, ma bisogna che venga tolta dalla testa la buccia come se fosse un uovo e quindi baciarla, Aristofane negli Uccelli a proposito di una donna o meretrice di bell'aspetto che stregata (mascherata) era comparsa sulla scena, e un tale aveva detto che desiderava baciarla. La lékythos, cioè il tuorlo dell'uovo, alcuni ritengono che è così chiamato in quanto viene nascosto grazie al guscio - dià tò lépei keúthesthai. Sembra che da Artemidoro di Daldi lékythos venga inteso come guscio, a meno che il testo sia errato. Annara (in altri punti amianto), cioè il guscio dell'uovo da cui nascono i pulcini, Matteo Silvatico.

Algarichi sunt cortices (membranae potius) subtiles interiores ovorum et arundinum, Andr. Bellunensis. Hippocrates ὑμένας vocat in libro de nat. pueri.

¶ Algarichi sono le sottili bucce (o meglio, le membrane) interne delle uova e delle canne, Andrea Alpago. Ippocrate nel libro De natura pueri le chiama hyménas - pellicole, membrane.

c. Ovum in testatis, (ut ostreis, echinis, pectinibus) improprie vocatur. tale enim quid est, quale est pingue in sanguineo genere cum vigent, Aristot. de partib. 4. 5.[5] ¶ Incubare ovis vel pullis gallina dicitur plerunque cum dativo: Plinius libro 9.[6] cum accusativo etiam dixit incubare ova, Graece ἐπώζειν Aristophanes, Athenaeus ἐπωάζειν, Porphyrius θάλπειν. Ἐπικαθεζεμένης τῆς μητρός θερμαίνεται τ ὠόν, Hippocrates in libro de nat. pueri. Ἤ κα ἀφαυρά | Τέκνα τιθαιβώσσουσιν ὑπὸ πλευρῇσι θέρουσαι, Nicander. ¶ Exeunt ova a rotundissima sui parte dum pariuntur, Plinius[7]. Idem gallinas incubantes dixit ova excludere, et foetum educere[8]. Aves ex ovis excudunt pullos, Cicero 2. de nat.[9] Varro[10] etiam et Columella[11] ova excludere dixerunt, et anserculum excussum. Καὶ ὁπόταν ὄρνις αἴσθηται τὸν νεοττόν κινηθέντα ἰσχυρῶς, κολάψασα ξέλεψεν, Hippocrates. Οἱ ἄῤῥενες τῶν περιστερῶν ταῖς θηλείαις συνεκλέπουσι τὰ ὠά, Porphyrius libro 3. de abstinendo ab animatis. Ἐκβάλλειν τοὺς νεοττούς, et ἐκγλύφειν τὰ ὠά legimus apud Varinum in Alcyone. et in eadem significatione ἐκκολάπτειν verbum in Lexico Graecolatino vulgari: et nomen ἐκκόλαψις τῶν ὠῶν.

c. Viene detto impropriamente uovo negli animali dotati di guscio (come le ostriche, i ricci di mare, i pettini - molluschi bivalvi dell'ordine Ostreoida). Infatti è un qualcosa di simile a ciò che è il grasso negli animali sanguigni, Aristotele in De partibus animalium IV,5. ¶ Per lo più si dice che la gallina sta sopra alle uova o ai pulcini usando il dativo: Plinio nel libro IX scrisse anche incubare le uova con l'accusativo, in greco Aristofane scrive epøzein, Ateneo epøázein, Porfirio thálpein - riscaldare, quindi, covare. Epikathezeménës tês mëtrós thermaínetai tò øòn - l'uovo della madre che sta sopra viene scaldato, Ippocrate nel libro De natura pueri. É kaì aphaurá | Tékna tithaibøssousin hypò pleurêisi thérousai - Oppure nutrono anche dei figli deboli scaldandoli sotto i fianchi, Nicandro. ¶ Le uova, quando vengono deposte, fuoriescono con la loro estremità assai arrotondata, Plinio. Sempre lui ha detto che le galline che covano fanno schiudere le uova e fanno uscire il pulcino. Gli uccelli fanno uscire i pulcini dalle uova, Cicerone nel II libro di De natura deorum. Anche Varrone nonché Columella dissero schiudere le uova, e l'ochetta dischiusa - solo Columella. Kaì hopótan hë órnis aísthëtai tòn neottón kinëthénta ischyrøs, kolápsasa exélepsen - E non appena la gallina si accorge che il pulcino si muove con forza, dopo aver dato dei colpi di becco tolse il guscio, Ippocrate. Hoi árrhenes tøn peristerøn taîs thëleíais syneklépousi tà øà - I maschi dei piccioni aiutano le femmine a far schiudere le uova, Porfirio libro III del De abstinentia ab animalibus. In Guarino alla voce alcione - alkyøn, forse il martin pescatore, Alcedo atthis - leggiamo ekbállein toùs neottoús - far uscire i pulcini, e ekglýphein tà øá - far schiudere le uova. E con lo stesso significato il verbo ekkoláptein nel comune lessico grecolatino, nonché il sostantivo ekkólapsis - rottura del guscio delle uova - tøn øøn.

Italis  chioccia vocatur gallina quae pullos alit, hoc est glociens vel glocitans. nostris ein Gluggere eadem origine: incubans vero ein Brütere. Illam Latine matricem dixeris, Matricem glocitatricem Grapaldus nominat. Gallina gracillat, Author Philomelae[12]. Gybertus Longolius gallinas crocitantes dixit[13]. Κακκάζειν verbum est Atticum de gallinis vocem {a}edentibus circa partum, Hesychius[14] et Varinus. huic simile est illud nostrum, gaggsen. Vocibus crebrum singultat acutis parturiens, Politianus de gallina[15]. Pollux hoc verbum de Meleagridum voce in usu esse scribit. Ἀλεκτορίς γὰρ βοῶσα συνεχῶς λυπηρόν ἄκουσμα: δὲ μιμούμενος ἀλεκτορίδα βοῶσαν εὐφραίνει, Plutarchus. Sunt qui hoc dictum inter Germanos instar {paroemiae} <paromoei> usurpent, So mancher schzey / so manches ey thüt unsere henne leggen. hoc est, Gallina nostra toties parit, quoties clamârit. Τὰς ἀλεκτορίδας ἀπέκτειναν, τε μὴ κελαδούσας καὶ ᾀδούσας ἐπὶ τοῖς ὠοῖς μηνύσαι τὸν μοιχόν, Suidas ex innominato. Vinum in quo trigle viva suffocata fuerit, viris impotentiam ad Venerem, mulieribus ut gallinis (ὄρνισι) quoque sterilitatem adfert, Athenaeus[16].

¶ Dagli Italiani viene chiamata chioccia la gallina che alleva i pulcini, cioè quella che fa la voce da chioccia - glociens o glocitans in latino. Dagli Svizzeri viene detta ein Gluggere che ha la stessa etimologia: ma quella che cova è detta ein Brütere. La prima in base al latino dovresti chiamarla allevatrice, e Francesco Mario Grapaldi la chiama allevatrice che fa la voce da chioccia. La gallina fa la voce da chioccia - gracillat, l'autore di Filomela. Gisbert Longolius disse galline che schiamazzano. Kakkázein - schiamazzare, chiocciare, fare la voce della pernice o della civetta - è un verbo attico relativo alle galline che emettono una voce quando stanno per deporre l'uovo, Esichio e Guarino. A questo è simile quell'altro nostro termine, gaggsen. Mentre sta partorendo più volte singhiozza con suoni penetranti, Poliziano a proposito della gallina. Giulio Polluce scrive che questo verbo si usa per la voce delle galline faraone. Alektorís gàr boøsa sunechøs lypërón ákousma: ho dè mimoúmenos alektorída boøsan euphraínei - Infatti la gallina emettendo senza interruzione una voce dolorosa: lui imitando la gallina che gridava si rallegra, Plutarco. Vi sono alcuni tra i Tedeschi che userebbero il seguente detto come se fosse un'assonanza: So mancher schzey / so manches ey thüt unsere henne leggen. Cioè: La nostra gallina partorisce tante volte quante avrà gridato. Tàs alektorídas apékteinan, te më keladoúsas kaì aidoúsas epì toîs øoîs mënýsai tòn moichón - Uccisero le galline, che non facevano rumore e non cantavano sulle uova denunciando il seduttore, il lessico Suida traendolo da un autore di cui non si sa il nome. Il vino, in cui sarà stata soffocata una tríglë - una triglia - viva, causa nei maschi un'impotenza sessuale, alle donne come pure alle galline (órnisi) la sterilità, Ateneo.

Ovum ὑπηνέμιον[17], id est subventaneum, aliqui ἀνεμίδιον vocant, ut Plato in Theaeteto, Scholiastes Aristophanis. Eadem et ἀνεμιαῖα vocabant, Athenaeus[18]. Amorem sive Cupidinem Aristophanes in Avibus natum fingit ex ovo hypenemio a Nocte {a}edito. ¶ Semina omnia aliquid in se alimenti continent, quod una cum generandi principio natura profundit, sicut in ovis. Qua de causa non inepte Empedocles, Ova solent excelsis gignere ramis, inquit. (φάσκων ὠοτοκεῖν μακρά δένδρα.) Enimvero natura seminum ovis proxima est, Theophrastus.

¶ L'uovo hypënémion, cioè pieno di vento, alcuni lo chiamano anemídion, come Platone nel dialogo Teeteto, lo scoliaste di Aristofane. Queste uova le chiamavano anche anemiaîa, Ateneo. Aristofane negli Uccelli architetta il fatto che l'Amore o Cupido è nato da un uovo pieno di vento partorito dalla dea Notte. ¶ Tutti i semi contengono in sé del nutrimento, in quanto la natura ve lo ha riversato insieme con il principio generatore, come nelle uova. Motivo per cui Empedocle correttamente dice: Le uova sono solite nascere dai rami posti più in alto (pháskøn øotokeîn makrá déndra - dicendo che le grandi piante generano uova). In verità la costituzione dei semi è molto simile a quella delle uova, Teofrasto.

d. Gallinae instar volui congregare filios tuos o Ierusalem, ut pullos sub alas, et noluisti, Matthaei 23[19]. Ut gallina pullos suos sub alas suas, sic vos ego collegi ingratos, Esdrae 4. 1[20]. ¶ Serpentes pinguescunt ovis, Plinius[21].

¶ d. Gerusalemme, ho voluto radunare i tuoi figli come fa la gallina coi suoi pulcini sotto le ali, e non lo volesti, Matteo 23:37. Come una gallina i suoi pulcini sotto le sue ali, così io ho radunato voi ingrati, Esdra 4.1. ¶ I serpenti diventano grassi con le uova, Plinio.

e. Qui gallinas alere permultas quaestus causa solerent, Cicero Academicarum libro {3}<2>[22]. Gallinam altilem nominat Macrobius 3. 13[23]. Pascales, id est pascuales, et oves et gallinae appellantur, quod passim pascantur, Festus[24]. Graece nomades dixeris. Ὄρνιθες σιτευτοί vel σιτιστοί nominatur ab Athenaeo libro 14.[25] quae etiam foem. g. efferuntur, σιτευταί, σιτισταί. Plumulae saginandis gallinis vel capis sub cauda et clunibus detrahendae, vulgo dicuntur mastfädern.

¶ e. I quali - gli abitanti di Delo - allevavano abitualmente numerosissime galline per motivi di lucro, Cicerone nel libro II degli Academica. Macrobio nei Saturnalia III,13 cita la gallina da ingrassare. Vengono dette pascales, cioè pascuales - che pascolano - sia le pecore che le galline in quanto se ne vanno qua e là a pascolare, Festo. In greco potresti dire nomádes. Da Ateneo nel libro XIV vengono detti polli ben nutriti - órnithes siteutoí oppure sitistoí, che vengono declinati anche al femminile, siteutaí, sitistaí. Le piccole piume che bisogna asportare dal sottocoda e dalle natiche alle galline da ingrassare oppure ai capponi, vengono abitualmente dette mastfädern.

Vocibus interea crebrum singultat acutis | Parturiens coniunx: quae scilicet ova subinde | Tollit anus, signatque dies, vigilem lucernam | Consulit: et Lunae crescentis tempora servans, | Ut primum gallina glocit, numero {impare} <impari> subdit. | Versatisque diu, solers auscultat an intus, | Pipiat involucer pullus, tenerumque putamen | Pertunderit molli rostro, atque erumpere tentet,

Politianus in Rustico.

La compagna mentre sta partorendo più volte singhiozza con suoni penetranti, e naturalmente l’anziana donna subito dopo prende quelle uova e vi segna la data, ed esamina la sempre accesa lucerna: e rispettando il periodo della luna crescente, non appena una gallina è chioccia le mette a covare in numero dispari, e dopo averle maneggiate lentamente, con abilità ascolta se all’interno il pulcino ancora incapace di volare sta pigolando, e se col molle becco ha bucato il tenero guscio, e se sta tentando di uscire, Poliziano nel Rusticus.

Ut equi ferocitatem deponant, pennam gallinae quo volueris modo eis deglutiendam praebe, Eumelus. Graece legitur, Πτερόν ὀρνιθίου οἴνῳ (lego ποίῳ) βούλει πρόπῳ δίδου καταπιεῖν. Σκιμαλίζειν, tactu minimi digiti experiri an gallinae ova gerant. Vide Varinum, ex Scholiaste Aristoph. in Acharnenses, et Caelium 9. 37.  Aristophanes utitur pro contemnere, ἐξουθενίζειν, χλευάζειν. ¶ Supponere ova gallinis, Cicero[26]. ¶ Gallinarum pullos eo colore enasci aiunt, quo ova incubanda tincta fuerint, ut in libello quodam Germanico manuscripto legimus. Sunt qui ovo inscribunt quaecunque velint intus, quod cortex sit pervius et admittat colores. Gallas cum alumine tritas aceto subige. inde inscribe hoc liquore quod velis cortici: et siccatum impone muriae. vel cera obline ovum, et inscriptis literis stylo, ut cera dehiscat maneantque liturae, in quibus humor imponatur, siccum ovum coquito, donec durescat. inde acri aceto infunde. sic enim literae fiunt penetrabiles, quas cortice detracto videbis in ovo, Cardanus ex Africano in Geoponicis Graecis. 

¶ Affinché i cavalli perdano l’impetuosità dà loro da ingoiare una penna di gallina nel modo che preferisci, Eumelo. In greco si legge: Pterón orníthou oínøi - col vino (io preferisco poíøi - in quale modo) boúlei prótøi dídou katapieîn. ¶ Skimalízein - beffarsi, scalciare - significa rendersi conto, toccando con il mignolo, se le galline hanno delle uova. Vedi Guarino che lo deduce dallo scoliaste degli Acarnesi di Aristofane e Lodovico Ricchieri IX,37. Per disprezzare, Aristofane si serve di exouthenízein e di chleuázein. ¶ Mettere le uova sotto alle galline, Cicerone in De natura deorum. ¶ Dicono che i pulcini delle galline nascono del colore con cui le uova da incubare sono state impregnate, come leggo in un piccolo manoscritto tedesco. Vi sono alcuni che scrivono dentro all'uovo qualsivoglia cosa desiderano, in quanto il guscio sarebbe permeabile e lascerebbe passare i colori. Immergi nell'aceto delle noci di galla tritate con dell'allume. Quindi scrivi ciò che desideri sul guscio servendoti di questo liquido; e dopo che si è asciugato mettilo in salamoia. Oppure spalma l'uovo con della cera, e dopo aver scritto le lettere con uno stilo, affinché la cera si apra e rimangano le lettere, sulle quali si mette il liquido, fa cuocere l'uovo quando è asciutto fintanto che non è diventato duro, quindi mettilo in aceto forte. Infatti in questo modo le lettere diventano penetrabili e le vedrai dentro all'uovo dopo aver rimosso il guscio. Lo riferisce Gerolamo Cardano traendolo dal testo di Sesto Giulio Africano contenuto nei Geoponica greci.


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[1] Nicander Alexipharmaca 295, with scholia. Macrobius, Saturnalia, and Artemidorus Daldianus, Onirocriticus (ed. by R. Hercher, Leipzig, 1864), are the other sources mentioned below. (Lind, 1963)

[2] Saturnalia VII,16: In gradientibus lacertae et similia ex ovis creantur: quae serpunt ovis nascuntur exordio: volantia universa de ovis prodeunt excepto uno quod incertae naturae est: nam vespertilio volat quidem pellitis alis, sed inter volantia non habendus est qui quattuor pedibus graditur formatosque pullos parit et nutrit lacte quos generat: nantia paene omnia de ovis oriuntur generis sui, crocodilus vero etiam de testeis, qualia sunt volantium.

[3] Sia la versione di Ettore Romagnoli che quella dell'anonimo traduttore inglese pubblicata da Electronic Texts Collection di Adelaide (http://etext.library.adelaide.edu.au) attribuiscono la frase a Euelpide. L'edizione greca di Aldo Manuzio del 1498 la attribuisce a Pistetero. Ciò ha reso estremamente stressante la ricerca del testo greco originale. Ma chi la dura la vince! A voi la soluzione del dilemma circa l'esatta identificazione del personaggio della commedia.

[4] Pagina 453: Caeterum Artemidorus lib. 5. somnio 85. λέκυθον ovi testam appellat, nisi corrupta est lectio, et κέλυφος (aut λέπυρον) fortasse legendum. Verba eius haec sunt: Ἔδοξέ τις δοῦλος παρὰ τῆς δεσποίνης ὠόν λαβεῖν ἑφθόν, καὶ τὸν μὲν λέκυθον ἀποῤῥίψαι, τῷ δὲ ὠῷ καταχρήσασθαι, Haec fere Cornarius.

[5] Stralcio dal De partibus animalium IV,5 680a dove per uova si intendono le gonadi dei Molluschi e degli Echinodermi: Nei bivalvi stessi il cosiddetto uovo sta a destra, mentre dalla parte opposta è sito l’orifizio per l’uscita del residuo. Chi lo chiama «uovo» usa in effetti una denominazione non corretta: si tratta invece di una parte simile a quello che è il grasso per gli animali sanguigni in buona salute. Perciò si forma in quelle stagioni dell’anno in cui essi godono di buona salute, cioè in primavera e in autunno. Infatti tutti i gasteropodi soffrono durante il gelo e la calura, e non possono sopportare gli eccessi climatici. Ne è segno quanto accade ai ricci: appena formatisi, e soprattutto durante i pleniluni, essi hanno uova, e non perché mangino di più, come pensano alcuni, ma perché le notti sono più calde grazie alla luce della luna. Essendo privi di sangue, non sopportano infatti il freddo e hanno bisogno di calore. Questo spiega anche perché in estate stiano meglio dovunque, eccetto quelli che vivono nello stretto di Pirra: questi ultimi stanno altrettanto bene in inverno, e ne è causa il fatto che [680b] allora è per essi più facile trovar cibo, giacché i pesci abbandonano la zona in tale stagione. Tutti i ricci di mare hanno le uova in numero uguale e dispari: sono infatti cinque, altrettante quanti i denti e gli stomaci. Ne è causa il fatto che l’uovo, come si è già detto, non è un uovo ma un risultato della buona alimentazione dell’animale. Questo cosiddetto uovo si forma anche nelle ostriche, su un solo lato del corpo, ed è uguale a quello dei ricci. (traduzione di Mario Vegetti)

[6] Naturalis historia IX,164: Locustae et reliqua tenuioris crustae ponunt ova supter ipsa atque ita incubant.

[7] Naturalia historia X,145: Avium ova ex calore fragilia, serpentium ex frigore lenta, piscium ex liquore mollia. Aquatilium rotunda, reliqua fere fastigio cacuminata. Exeunt a rotundissima sui parte, dum pariuntur, molli putamine, sed protinus durescente quibuscumque emergunt portionibus. Quae oblonga sint ova, gratioris saporis putat Horatius Flaccus. Feminam edunt quae rotundiora gignuntur, reliqua marem. Umbilicus ovis a cacumine inest, ceu gutta eminens in putamine.

[8] Naturalia historia X,152: Incubationi datur initium post novam lunam, quia prius inchoata non proveniant. celerius excluduntur calidis diebus; ideo aestate undevicensimo educent fetum, hieme XXV. Si incubitu tonuit, ova pereunt; et accipitris audita voce vitiantur. Remedium contra tonitrus clavus ferreus sub stramine ovorum positus aut terra ex aratro.

[9] De natura deorum II,129: Quid dicam, quantus amor bestiarum sit in educandis custodiendisque is, quae procreaverunt, usque ad eum finem, dum possint se ipsa defendere. Etsi pisces, ut aiunt, ova cum genuerunt, relinquunt, facile enim illa aqua et sustinentur et fetum fundunt; testudines autem et crocodilos dicunt, cum in terra partum ediderint, obruere ova, deinde discedere: ita et nascuntur et educantur ipsa per sese. Iam gallinae avesque reliquae et quietum requirunt ad pariendum locum et cubilia sibi nidosque construunt eosque quam possunt mollissume substernunt, ut quam facillume ova serventur; e quibus pullos cum excuderunt, ita tuentur, ut et pinnis foveant, ne frigore laedantur, et, si est calor a sole, se opponant; cum autem pulli pinnulis uti possunt, tum volatus eorum matres prosequuntur, reliqua cura liberantur.

[10] Varrone in Rerum rusticarum in base alla mia fonte elettronica pare non usi il verbo excludo, bensì il suo equivalente excudo. Ecco due stralci. III,6,4: Praeterea ova emit ac supponit gallinis, ex quibus excusos pullos refert in testudinem eam, in qua pavones habet. III,9,2: [...] de ovis, quem ad modum incubent et excudant; de pullis, quem ad modum et a quibus educentur; hisce appendix adicitur pars quinta, quem ad modum saginentur.

[11] De re rustica VIII,14,7: Sed custodiri debet ut ovis subiciantur herbae urticarum quo quasi remedio medicantur, ne noceri possit excussis anserculis, quos enecant urticae si teneros pupugerunt. Pullis autem formandis excludendisque triginta diebus opus est cum sunt frigora, nam tepidis quinque et viginti satis est. Saepius tamen anser tricensimo die nascitur.

[12] Auctor Carminis Philomela 25; A. Baehrens, Poetae Latini Minores V (1883), 365. (Lind, 1963) § Citazione presente in altre pagine, ma in modo più esteso: Cucurrire solet gallus, gallina gracillat - Il gallo è solito fare chicchirichì, la gallina fa la voce da chioccia.

[13] Dialogus de avibus (1544): Pamphilus Aedicula ista, quae horreo incumbit, unde nunc gallinae crocitantes devolant, putas ne veteribus nomen aliquod separatum habuisse?

[14] Kakkázein si ritrova unicamente in Esichio ed equivale a kakkabízein usato dagli scrittori attici.

[15] Rusticus, composto da Poliziano nel 1483-84.

[16] Deipnosophistaí VI,127,325d.

[17] L'aggettivo greco ὑπηνέμιος è composto da ὑπό = sotto e ἄνεμος = vento.

[18] Deipnosophistaí II,50,57e.

[19] Matteo 23:37: Hierusalem Hierusalem quae occidis prophetas et lapidas eos qui ad te missi sunt quotiens volui congregare filios tuos quemadmodum gallina congregat pullos suos sub alas et noluisti.

[20] Vulgata Sancti Ieronimi - Esdra II/IV,30: Ita vos collegi ut gallina filios suos sub alas suas. Modo autem quid faciam vobis? Proiciam vos a facie mea. § Apocrifo di Esdra - Due libri degli apocrifi dell'Antico Testamento non inclusi nel canone biblico. Al nome di Esdra sono collegate almeno dieci opere, alcune canoniche (i libri biblici di Esdra e Neemia, altre apocrife: la Vulgata conosce due testi che chiama III e IV libro di Esdra e la maggior parte degli autori moderni segue questa denominazione. I protestanti invece chiamano tali scritti I e II libro di Esdra. (Microsoft ® Encarta ® 2006. © 1993-2005) § Impossibile trovare una gallina in Esdra nelle versioni italiane a mia disposizione. Per cui non si modifica la referenza di Gessner.

[21] Naturalis historia X,197: Venenis capreae et coturnices, ut diximus, pinguescunt, placidissima animalia, at serpentes ovis, spectanda quidem draconum arte: aut enim solida hauriunt, si iam fauces capiunt, quae deinde in semet convoluti frangunt intus atque ita putamina extussiunt, aut si tenerior est catulis adhuc aetas, orbe adprehensa spirae ita sensim vehementerque praestringunt, ut amputata parte ceu ferro e reliqua, quae amplexu tenetur, sorbeant.

[22] Academica II 57: Videsne ut in proverbio sit ovorum inter se similitudo? Tamen hoc accepimus, Deli fuisse complures salvis rebus illis, qui gallinas alere permultas quaestus causa solerent: ei cum ovum inspexerant, quae id gallina peperisset dicere solebant.

[23] Saturnalia III,13: Coena haec fuit: Ante coenam echinos, ostreas crudas quantum vellent, peloridas sphondylos, turdum asparagos subtus, gallinam altilem, patinam ostrearum peloridum, balanos nigros, balanos albos: iterum sphondylos glycomaridas urticas ficedulas, lumbos capraginos aprugnos, altilia ex farina involuta, ficedulas murices et purpuras. In coena sumina, sinciput aprugnum, patinam piscium, patinam suminis, anates, querquedulas elixas, lepores, altilia assa, amulum, panes Picentes.

[24] De verborum significationePascales oves Cato posuit pro pascuales. § Assenti le gallinae pascuales nell'edizione parigina di Panckoucke del 1846.

[25] Deipnosophistaí XIV,74,656e.

[26] De natura deorum II,124: Quin etiam anitum ova gallinis saepe subponimus; e quibus pulli orti primo aluntur ab his ut a matribus, a quibus exclusi fotique sunt; deinde eas relinquunt et effugiunt sequentes, cum primum aquam quasi naturalem domum videre potuerunt: tantam ingenuit animantibus conservandi sui natura custodiam.