Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

197

 


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[197] Obscurus quidam de natura rerum huiusmodi spicula, seu calcaria in Gallinis errore potius, quam opere naturae quandoque dari tradit: verum quamvis mihi raro Gallinas calcaribus praeditas {videri} <videre> contigerit, tamen Aristoteles[1] id affirmat ita scribens: Gallinae cum mares vicerint, cucu<r>riunt: cristaque etiam, caudaque erigitur, ita ne facile praeterea sit, an faeminae sint, cognoscere: nonnunquam etiam calcaria parva iis enascuntur. Et Iulius Alexandrinus[2], nescio nunquid ex propria observatione, an potius Aristotelis authoritate super hac re ita scribit: Quid? an non Aristotelem authorem habemus, vidimusque partim aliquando ipsi idem nos, Gallinas, quae maris animum induissent, experta semel de Gallis victoria, supervenire mares coitu solitas, irrito quidem conatu, sed solitas tamen: et quod dicta in primis nostra confirmat, atque author idem est, crista, caudaque Gallorum in morem erecta visas, tanta marium similitudine, ut discernere non facile fuerit. Iisdem observatum parva quoque nata calcaria quaedam locis suis. Haec ille. Aristoteles[3] naturam arbitratur calcaria addidisse in avium genere iis, quae ob corporis molem sunt ad volandum minus idoneae. Sed haec propositio, quod pace tanti viri dixerim, quo minus vera sit, Gallopavo, Otis, ac id genus aves aliae ostendunt, quae licet ad volandum aeque ineptae sint, calcaribus nihilominus carent. Calcaria cum ab aliis Atticis, tum potissimum ab Aristotele πλῆκτρα appellantur: Dorice πλᾶκτρα, communiter κέντρα.

Un naturalista sconosciuto riferisce che nelle galline tali formazioni acuminate, o speroni, sono talora presenti più per errore che per opera della natura: in verità, nonostante mi sia successo raramente di osservare galline fornite di speroni, tuttavia Aristotele lo afferma scrivendo così: Le galline, allorché hanno avuto la meglio sui maschi, fanno chicchirichì: si drizza anche la cresta così come la coda, cosicché poi non è facile riconoscere se siano femmine: talvolta spuntano loro anche dei piccoli speroni. E Iulius Alexandrinus, non so se in base a una sua osservazione o piuttosto in base alla testimonianza di Aristotele, scrive così: E che? Forse che non abbiamo Aristotele come testimone, e noi stessi in parte abbiamo visto qualche volta delle galline, quelle che avevano indossato l’istinto del maschio, dopo aver sperimentato la vittoria sui galli, erano solite montare i maschi nel coito, con un tentativo invero privo di successo, ma tuttavia lo facevano abitualmente: e a conferma di quello che abbiamo detto all’inizio, e lui stesso è testimone, sono state viste con la cresta e con la coda erette alla maniera dei galli, in un modo tanto simile ai maschi che non sarebbe stato facile distinguerle. In esse si sono osservati anche dei piccoli speroni che sono spuntati nella loro sede. Queste le sue parole. Aristotele pensa che in seno al genere degli uccelli la natura ha fornito di speroni quelli che a causa della mole corporea sono meno idonei a volare. Ma, dicendolo senza offendere un così grand’uomo, che questa affermazione non sia assolutamente vera lo dimostrano il tacchino, l’otarda e altri uccelli di quel tipo, i quali, sebbene siano allo stesso modo inetti al volo, ciononostante sono privi di speroni. Gli speroni, sia da altri abitanti dell’Attica, sia soprattutto da Aristotele vengono detti plêktra: in dorico plâktra, generalmente kéntra.

Caeteras partes cum aliis plerisque avibus communes habent: Siquidem quod Plinius[4] Gallinas probet imparibus digitis, id non de numero dicere voluisse videri posset, sed quod non debeant aeque longi esse, nisi etiam post subiungeret, aliquando et super quatuor digitos transverso uno: nam inde quinque digitos intellexisse, non autem calcar illud quod aliquando eis adnasci ex Aristotele diximus, aperte videmus: et Columella[5] etiam Gallinas probat, quae quinque digitos habent, ita tamen ne cruribus emineant transversa calcaria. Quare quid de eiusmodi digitis dicam, plane ignoro: cum alioqui pedes {pentadactili} <pentadactyli> neque in avium hoc genere, nec in alio observari, nisi in monstris ex abundantia materiae videamus: qualis ille pes {penctadatilos} <pentadactylus> est, quem mihi olim nescio a quo donatum in musaeo meo reservo.

Hanno le rimanenti parti accomunabili a quelle della maggior parte degli altri uccelli: dal momento che Plinio apprezza le galline dalle dita impari, sembrerebbe che egli non abbia voluto riferirsi al loro numero, quanto piuttosto al fatto che non debbono essere della stessa lunghezza, senonché appena dopo aggiunge anche: talvolta anche dalla presenza di un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro: infatti da ciò possiamo chiaramente dedurre che voleva intendere cinque dita e non quello sperone che in esse, in base a quanto riferito da Aristotele, abbiamo detto talora spuntare: e Columella apprezza anche quelle galline che hanno cinque dita in modo tale che tuttavia degli speroni non sporgano di traverso sulle zampe. Per cui non so assolutamente cosa dire di tali dita: dal momento che, peraltro, possiamo constatare da un’abbondanza di dati che zampe pentadattile non si osservano né in questo genere di uccelli né in un altro, se non nei mostri: come è quel piede pentadattilo che un giorno mi fu dato non so da chi e che conservo nel mio museo.

Ut vero modo quoad fieri licet breviter Gallum nostrum describamus, itaque doctissimi Angeli Politiani[6] elegantissimos hosce versus prius citabimus.

Comes it merito plebs caetera Regi

Formoso regi, cui vertice purpurat alto

{Factigiatus} <Fastigiatus> apex, dulcique errore coruscae

Splendescunt cervice iubae, perque aurea colla,

Perque humeros it pulcher honos, palea ampla decenter

Albicat ex rutilo, atque torosa in pectora pendet

Barbarum in morem: stat adunca cuspide rostrum,

Exiguum spatii rostrum. Flagrantque tremendum

Ravi oculi, niveasque caput late explicat aur{e}is.

Crura pilis hirsuta rigent, iu<n>cturaque nodo

vix distante sedet, durus vestigia mucro

Armat: in immensum, pinnaeque, hirtique lacerti

Protenti excurrunt, duplicique horrentia vallo

Falcatae ad Caelum tolluntur acumina caudae.

Hactenus ille.

Per quanto è possibile, vediamo di descrivere brevemente il nostro gallo, e pertanto citeremo dapprima questi elegantissimi versi del dottissimo Angelo Poliziano.

Il resto della plebe cammina come sèguito del re che lo è a buon diritto

dello splendido re, al quale sul capo risplende intensamente di porpora

la cresta appuntita, e nel suo piacevole vagare

risplendono sul collo le brillanti criniere, e attraverso il collo dorato,

e attraverso le spalle si dispiega la stupenda bellezza, l’ampio bargiglio rosso è armoniosamente

soffuso di bianco, e pende sul petto muscoloso

a mo’ di barbe: il becco sporge con un apice adunco,

un becco di lunghezza esigua. E risplendono in modo terribile

gli occhi grigio-gialli, e la testa estesamente dispiega degli orecchioni bianchi come la neve.

Le gambe si ergono irte di peli, e sulle gambe

con le articolazioni appena divaricate sta appollaiato: un duro spuntone arma i pedi:

le ali e le braccia irsute quando vengono dispiegate

si allungano smisuratamente, e rese terribili da una doppia palizzata

le punte della coda falcata vengono sollevate verso il cielo.

Fin qui le sue parole.

Probus vero, et laudabilis Gallus esto eiusmodi. Corpore sit procero et elato, quales in primis Varro[7] laudat, in certamine sit pertinax, quin im<m>o qui pugnam ipse non prius auspicetur tantum, si pugnandum est, et aggredientibus aliis fortiter repugnet, verumetiam acriter sese de illis ulciscatur, et animalia, quae nocent Gallinis, non modo non pertimescat, sed pro eisdem illa oppugnet: alioqui Columella[8] pugnaces, et rixosae libidinis Gallos improbat, quod plerunque caeteros infestent, et non patiantur inire faeminas, cum ipsi interim pluribus sufficere nequeant. Unde et alibi dicebat[9]. {Mores} <Mares> autem, quamvis non ad pugnam, neque ad victoriae laudem praeparentur: maxime tamen generosi probantur, ut sint elati, alacres, vigilaces, et ad saepius canendum prompti, nec qui facile terreantur. Nam interdum resistere debent, et protegere coniugalem gregem: quin attollentem minas serpentem vel aliud noxium animal interficere. Florentinus pugnacissimos eligi vult, eosque cum usu, atque experientia, tum signis quibusdam internosci ait: sed tales ob allatam a Columella rationem potius improbantur.

In verità, un gallo di buona qualità e pregiato deve essere come segue. Deve avere un corpo alto e slanciato, come quelli che in modo speciale loda Varrone, deve essere tenace in combattimento, capace anzi non solo di dare avvio alla tenzone se bisogna ingaggiare battaglia e di respingere con forza coloro che lo attaccano, ma anche di vendicarsi nei loro confronti con accanimento, e non solo in grado di non temere gli animali che nuocciono alle galline, ma di affrontarli a loro difesa: d’altra parte Columella disapprova i galli bellicosi e di libidine litigiosa, in quanto per lo più molestano gli altri e non permettono loro di accoppiarsi con le femmine, mentre nel contempo essi stessi non sono in grado di soddisfarne parecchie. Laonde in un altro punto diceva anche: I maschi, anche se non vengono preparati al combattimento né alla gloria che consegue alla vittoria, vengono tuttavia giudicati di ottima qualità se sono alti, vivaci, vigili e pronti a cantare con più frequenza, e non si spaventano facilmente. Infatti talora debbono opporre resistenza e proteggere lo stuolo coniugale, fino a uccidere un serpente minaccioso o un altro animale nocivo. Florentino vuole che vengano selezionati quelli molto combattivi, e dice che li si riconosce sia con la pratica e l’esperienza che da alcuni elementi distintivi: ma tali soggetti vengono alquanto biasimati a causa del motivo addotto da Columella.

Deliaci, qui Gallorum educationem praecipue celebravere, Tanagricum genus, et Rhodium probabant, nec minus Chalcidicum, et Medicum (quod ab imperito vulgo litera mutata Melicum appellatur) quoniam procera corpora, et animos ad praelia pertinaces requirebant; author est idem Columella[10].

Gli abitanti di Delo, che più degli altri hanno abitualmente allevato galli, apprezzavano la razza di Tanagra e di Rodi, e inoltre quella di Calcide e della Media (che dalla gente incompetente, con lo scambio di una lettera, viene detta Melica) in quanto ricercavano dei corpi di alta statura e spiriti ostinati nei combattimenti; ne è testimone lo stesso Columella.


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[1] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 382: Calcar cum habeant mares, foeminae magna ex parte non habent, Aristot. Et rursus, Gallinae cum mares vicerint, cucur<r>iunt. crista etiam eis caudaque erigitur, ita, ne facile praeterea sit, an foeminae sint cognoscere. nonnunquam etiam calcaria parva iis enascuntur. Galli spiculis adversis in cruribus armantur. habent et quandoque spicula gallinae: sed hoc errore potius quam opere naturae, Obscurus de nat. rerum. Natura calcar addidit in avium genere iis, quae ob corporis molem sint ad volandum minus idoneae, cuiusmodi sunt galli, Aristot. - La notizia sul comportamento delle galline quando hanno sconfitto un maschio proviene da Aristotele Historia animalium IX 631b 8.

[2] Julius Alexandrinus, De Salubritate, XXII, 7 [Salubrium; sive de Sanitate Tuenda, libri 33, Cologne, 1575]. (Lind, 1963)

[3] Historia animalium II 504b 7: Certi generi di uccelli hanno poi degli speroni: nessuno però possiede contemporaneamente artigli e speroni. I rapaci, dotati di artigli, fanno parte dei buoni volatori, mentre gli uccelli provvisti di speroni vanno annoverati fra quelli pesanti. (traduzione di Mario Vegetti)

[4] Naturalis historia X,156: Gallinarum generositas spectatur crista erecta, interim et gemina, pinnis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus, aliquando et super IIII digitos traverso uno. Ad rem divinam luteo rostro pedibusque purae non videntur, ad opertanea sacra nigrae. Est et pumilionum genus non sterile in his, quod non in alio genere alitum, sed quibus centra, fecunditas rara et incubatio ovis noxia. - La buona razza delle galline si riconosce dalla cresta eretta, talvolta anche doppia, dalle penne nere, dalla faccia rossa, dalle dita di differente lunghezza, talvolta anche dalla presenza di un dito disposto obliquamente oltre agli altri quattro. Per i servizi divini non sono ritenute incontaminate quelle con becco e zampe gialli, quelle nere sono adatte per i riti misterici. Fra queste vi è anche una razza di galline nane non sterile, non presente in altre specie di volatili, ma le galline dotate di speroni sono raramente feconde e il loro covare è nocivo alle uova.

[5] De re rustica VIII,2,8: Sint ergo matrices robii coloris, quadratae, pectorosae, magnis capitibus, rectis rutilisque cristulis, albis auribus, et sub hac specie quam amplissimae, nec paribus unguibus: generosissimaeque creduntur quae quinos habent digitos, sed ita ne cruribus emineant transversa calcaria. Nam quae hoc virile gerit insigne, contumax ad concubitum dedignatur admittere marem, raroque fecunda etiam cum incubat, calcis aculeis ova perfringit. - Le riproduttrici siano dunque di colore rossiccio, tarchiate, posseggano un petto largo, la testa grande, la piccola cresta dritta e rosso splendente, gli orecchioni bianchi, e sotto questo aspetto li abbiano quanto più grandi possibile, e non debbono avere le dita pari: e precisamente sono ritenute molto fertili quelle con cinque dita, ma non debbono avere speroni che sporgano di traverso sulle zampe. Infatti, quella che porta questo segno di mascolinità, restia all’accoppiamento, è sdegnosa nell’accettare il maschio, ed è raramente feconda e poi quando cova rompe le uova con gli speroni acuminati.

[6] Angelo Poliziano, Rusticus, in Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite di Angelo Ambrogini Poliziano (ed. by Isidoro del Lungo, Firenze, G. Barbera, 1867), verses 599-612, pp. 323-24. (Lind, 1963) - Il Rusticus fu composto da Poliziano nel 1483-84.

[7] Rerum rusticarum III,9,5: Gallos salaces qui animadvertunt, si sunt lacertosi, rubenti crista, rostro brevi pleno acuto, oculis ravis aut nigris, palea rubra subalbicanti, collo vario aut aureolo, feminibus pilosis, cruribus brevibus, unguibus longis, caudis magnis, frequentibus pinnis; item qui elati sunt ac vociferant saepe, in certamine pertinaces et qui animalia quae nocent gallinis non modo non pertimescant, sed etiam pro gallinis propugnent. - Bisogna scegliere galli lussuriosi, che si riconoscono se sono muscolosi, se hanno cresta rossa, becco corto, grosso e aguzzo, occhi gialli o neri, bargiglio rosso con tracce di bianco, collo screziato o color d’oro, cosce pelose, zampe corte, artigli lunghi, coda grande, piume folte; così, quelli che sono alti e cantano spesso, che sono resistenti nei combattimenti e che non solo non hanno paura degli animali nocivi alle galline, ma combattono anche in loro difesa. (traduzione di Antonio Traglia)

[8] De re rustica VIII,2,14: Pumileas aves, nisi quem humilitas earum delectat, nec propter fecunditatem nec propter alium reditum nimium probo, tam hercule quam nec pugnacem nec rixosae libidinis marem. Nam plerumque ceteros infestat, et non patitur inire feminas, cum ipse pluribus sufficere non queat. - Le galline nane, salvo che a qualcuno piacciano le loro piccole dimensioni, non le apprezzo eccessivamente né per la loro fecondità né per un qualsivoglia altro tornaconto, così come certamente non apprezzo un maschio sia esso bellicoso che di libidine rissosa. Infatti per lo più molesta gli altri maschi e non permette loro di accoppiarsi con le femmine, quantunque non sia in grado di bastare a molte di loro.

[9] Columella De Re Rustica, VIII,2,11: Mares autem, quamvis non ad pugnam neque ad victoriae laudem praeparentur, maxime tamen generosi probantur, ut sint elati, alacres, vigilaces et ad saepius canendum prompti, nec qui facile terreantur. Nam interdum resistere debent et protegere coniugalem gregem, quin et attollentem minas serpentem vel aliud noxium animal interficere.

[10] De Re Rustica, VIII,2,4: Huius igitur villatici generis non spernendus est reditus, si adhibeatur educandi scientia, quam plerique Graecorum et praecipue celebravere Deliaci. Sed et hi, quoniam procera corpora et animos ad proelia pertinacis requirebant, praecipue Tanagricum genus et Rhodium probabant, nec minus Chalcidicum et Medicum, quod ab imperito vulgo littera mutata Melicum appellatur.