Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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[192]
claudicantes enim illae licet caeteris foecundiores sint, in omnibus
passim locis reperiuntur, et genus suum non servant, aut propagant, sed
ita nanae nescio quo casu nascuntur. Praeterea verisimile mihi non
videtur, quomodo, et cur Aristoteles, qui omnes animalium differentias
diligentissime observavit, literisque mandavit, et hanc non annotaverit.
Plinius Hadrianas a nanis etiam distinguere non videtur, quamvis
diversis de his agat capitibus. Sed nanas non vocat, verum modo
Hadrianas, modo pumiliones. Postquam enim Hadrianis maximam laudem circa
foecunditatem attribuisset[1], mox sententiam fusius
explicans, de eisdem ita infit[2]:
Est et pumilionum genus non
sterile in {iis} <his> (nimirum
optimis) quod non alio in
genere alitum, sed quibus {certa}[3]
<centra> foecunditas rara, et incubatio ovis noxia: quasi
dicat: ova illis non supponenda esse, quoniam pullos suos sint
interempturae, ut dixit Aristoteles, qui colorem quoque addidit, varium[4] nempe, quem omisit
Plinius, forte quasi superfluum fuerit eum addere: quod vix crediderim.
Philosophus enim nihil frustra dicere solet. Gylbertus Longolius quasdam
Gallinas Germanice Leihennen, quasi Gallinas parturientes dicas,
appellari ait, et Hadrianas esse conijcit, colore vero varias esse, et
rostro {longiusculo} <candidiusculo[5]>,
pullos vero columbarum pipiones <colore> referre. |
ammesso
che tali galline claudicanti siano più feconde delle altre, le si trova
dappertutto in tutti i Paesi, e non custodiscono la loro prole né la
perpetuano, ma non so per quale motivo nascono così nane. Inoltre non
mi sembra verosimile come e perché Aristotele, che osservò con
estrema diligenza tutte le caratteristiche degli animali e le mise per
iscritto, non abbia annotato anche questa. Pare che anche Plinio non
faccia distinzione fra le Hadrianae e le nane anche se ne tratta
in paragrafi diversi. Ma non le chiama nane, bensì ora Hadrianae,
ora piccole. Infatti, dopo aver conferito una grandissima lode alle Hadrianae
a proposito della loro fecondità, in seguito, spiegando in modo più
esteso la sua affermazione, così prende a dire di loro: Vi è anche
una razza di nane non sterile fra queste (senza dubbio
ottime) non presente in altre specie di volatili, ma quelle con gli
speroni sono raramente feconde e il loro covare è nocivo alle uova:
come se volesse dire: non bisogna mettere sotto a loro le uova in quanto
ucciderebbero i loro pulcini, come disse Aristotele, che aggiunse anche
la colorazione, cioè variegata, che Plinio ha omesso, come se forse
fosse stato quasi superfluo aggiungerla: cosa nella quale a stento sarei
disposto a credere. Infatti il Filosofo è solito non dire nulla invano.
Gisbert Longolius dice che alcune galline in tedesco vengono chiamate Leihennen,
come dire che si tratta di galline che depongono uova, e conclude che
sono Hadrianae, che davvero sono di diversi colori e con un becco
bianchiccio, mentre i pulcini riecheggiano nel colore i piccoli dei
colombi. |
Quod
vero Aristoteles[6]
Hadrianas ferocire dicat, factum esse putat ob patriae mutationem, cum
in calidiores regiones devectae, et ferocioris ingenii redditae sunt.
Has ego (si modo tales ibi dentur) Hadrianas esse prius plane credebam.
At cum ferocire eas neget, id vero Aristoteles[7]
aperte tradat, nimirum in proprios pullos, quos, ut inquit, saepe
interimunt: et Plinius, ut ostendi, eandem ob causam tanquam incubationi
ineptas, reijciat: immutata opinione omnino censeo, nec tales Hadrianas
esse. Verum cum et ipse interim, quae certo Hadrianae dici possint
nunquam viderim, itaque suum cuique liberum iudicium relinquo, aliorum
opinionem tantum examinasse contentus. Video tamen plerosque viros
doctos, forte quia et ipsi alias non haberent, quas Hadrianas dicere
possent, Gyberti Longolii sententiam amplecti. |
Ma
siccome Aristotele dice che le Hadrianae sono aggressive, egli
– Longolius - ritiene che ciò si è verificato perché hanno cambiato
il luogo d’origine, e quando sono state trasferite in regioni più
calde sono anche diventate di temperamento più aggressivo. In
precedenza io credevo proprio che queste galline (purché esistano lì
simili galline) fossero galline Hadrianae. Ma dal momento che
egli – Longolius - afferma che esse non sono aggressive, mentre
Aristotele riferisce ciò in modo esplicito, proprio nei confronti dei
propri pulcini che, come dice, spesso uccidono, e anche Plinio, come ho
dimostrato, le disprezza per lo stesso motivo come se non fossero adatte
all’incubazione, senza dubbio alcuno io ritengo con parere immutato
che neppure le suddette sono Hadrianae. Tuttavia, dal momento che
anch’io per ora non ho mai visto galline che possano essere chiamate
con sicurezza Hadrianae, lascio pertanto a ciascuno la sua libertà
di giudizio, essendomi limitato a esaminare solamente l’opinione
altrui. Noto tuttavia che la maggior parte degli uomini dotti, forse
perché anche loro non avevano a disposizione altre galline che
potessero chiamare Hadrianae, abbracciano l’opinione di Gisbert
Longolius. |
Columella
etiam quasdam Gallinas
pumiliones vocat, quae nunquid eaedem sint cum pumilionibus Plinii,
rursus subdubito. Etenim Columella[8] nec propter
foecunditatem, nec propter aliud emolumentum eas nimium probat: hic, uti
diximus pro foecundissimis habet: et inter nostri saeculi scriptores
Conradus Heresbachius pumiliones, etsi vetustas cum ob infoecunditatem,
tum ob alias causas improbat: tamen pluribus locis foecundas reperiri,
ovaque plurima edere asserens, et in Britannia hoc tempore ad cibos
delicatos expeti. Quas vero Longolius pumilas vocat, et Germanice Kriel[9]
interpretatur, eae, ut paulo ante dixi, passim extant, per terram
reptant, claudicando potius, quam incedendo, nos etiam na{i}nas
appellamus. Flandri, ut audio gekrielde hennens.
Aristoteles[10]
de suis Hadrianis loquens, cur multa admodum pariant, hanc rationem
reddit, quod propter corporis
exiguitatem, alimentum ad {partitionem sumptiterur} <partionem sumptitetur>. Has,
ut inquit, Chrysippus apud Athenaeum[11], Athenienses
alere studebant, quanquam nostris inutiliores: Adriatici vero contra
nostras accersire solebant. |
Anche
Columella definisce nane alcune galline, ma di nuovo ho dei dubbi se si
tratti delle stesse galline nane di Plinio. Infatti Columella non le
apprezza eccessivamente né per la loro fecondità né per un qualsiasi
altro vantaggio. Costui - Plinio, come abbiamo detto, le ritiene molto
feconde: e, tra gli scrittori del nostro secolo, Conrad Heresbach
disapprova le nane anche se vecchie, sia per la loro infecondità che
per altri motivi: asserendo pure che se ne trovano di feconde in molte
località e che depongono moltissime uova, e che di questi tempi in
Britannia sono ricercate per preparare cibi delicati. Quelle
che Longolius chiama nane, e che in olandese si traduce con kriel,
come dissi poco fa si trovano ovunque, strisciano per terra più
zoppicando che camminando, anche noi le chiamiamo nane. Come sento dire,
gli abitanti delle Fiandre le chiamano gekrielde
hennens. Aristotele parlando delle sue Hadrianae
fornisce questo motivo alla domanda sul perché depongono moltissime
uova: perché a causa dell’esiguità del corpo l’alimento viene
usato per la procreazione. Come dice Crisippo in
Ateneo: Gli
Ateniesi si industriavano nell’allevare queste galline, nonostante
fossero più inutili delle nostre: invece, al contrario, le popolazioni
dell’Adriatico erano solite procurarsi le nostre. |
Sunt
et praeterea alia Gallinarum
genera ab antiquis magno honore habita: quae itidem fere nobis
incognitae sunt. Tales sunt Tanagraeae, Lydae, Rhodiae, Chalcidicae,
Medicae, et Alexandrinae. Ex Tanagraeis Gallos potius, quam Gallinas
probabant, eorumque bina erant genera. Alii enim μάχιμοι, id est, pugnaces vel
proeliares erant, ut Hermolaus vertit: alii Cossiphi, qui Lydas
magnitudine aequabant, quorum Pausanias[12]
meminit, et Corvis colore similes esse tradit (hinc nimirum Cossiphi
dicti, quod Merularum instar atri coloris sint) et barbam, et cristam
habuisse instar anemones (quo loco Hermolaus habet calcaria, et apex
anemone<s>[13]
floris macula<e>[14]
modo rubent, quod non placet: siquidem in nulla Gallina calcar unquam
rubere visum est). Candida item signa exigua in rostro supremo, et
caudae extremitate. Mihi eiusmodi Gallorum genus prorsus ignotum est.
Veruntamen cum Graeci Tanagricas e Boeotia, item Athenaeus, Rhodias,
Columella, et Martialis, nec minus Chalcidicas, et Medicas, et nonnulli
Alexandrinas Aegyptias ad pugillatum, et praelia commendant: itaque
quispiam easdem esse suspicari possit, etsi a doctissimo M. Varrone, et
Columella, necnon a Plinio apertissime distingui videantur. Nam si
diligenter, et ad trutinam, quod aiunt, gravissimorum horum authorum
verba examines, nullam ferme inter omnes notabilem differentiam reperies,
et alios aliis pugnaciores tantum dicere videbis. Ita eodem prorsus modo
in Europa nostra cernimus aliam gentem alia pugnaciorem esse, cum tamen
interim nulla alia corporis nota discrepent. |
Inoltre
ci sono anche altre razze di galline tenute in grande stima dagli
antichi: le quali in ugual maniera ci sono quasi sconosciute. Tali sono
le galline di Tanagra, della
Lidia, di
Rodi, di
Calcide, della
Media e di
Alessandria. Dei polli di Tanagra apprezzavano i
galli anziché le galline, e di essi ne esistevano due razze. Gli uni
erano i máchimoi, cioè, come ha tradotto Ermolao Barbaro,
erano pugnaci o da combattimento: gli altri erano i cossyphi di
cui ha fatto menzione Pausania, che eguagliavano in grandezza le
galline della Lidia, e dice che sono di colore simili ai corvi (per cui
detti appunto cossyphi – merli - poiché sono di un colore
scuro come quello dei merli) e che avevano sia la barba – i bargigli
- sia la cresta come un anemone (in questo punto Ermolao
riporta gli speroni e la cresta rosseggiano come una macchia di fiore
di anemone, cosa che non ritengo giusta: dal momento che in nessuna
gallina si è mai visto uno sperone rosseggiare). Parimenti presentano
delle piccole tacche bianche alla punta del becco e all’estremità
della coda. A me una siffatta razza di galli è completamente ignota.
Tuttavia, per il fatto stesso che i Greci per la lotta e i combattimenti
raccomandano le galline di Tanagra in Beozia, così come fa Ateneo,
Columella e Marziale quelle di Rodi e in egual misura quelle di Calcide
e della Media, e alcuni quelle di Alessandria d’Egitto: pertanto
qualcuno potrebbe supporre che si tratta delle stesse galline, anche se
appare chiaro che dal dottissimo Marco Varrone e da Columella, come
pure da Plinio, vengono distinte in modo molto evidente - l’una
dall’altra. Ma se, come dicono, tu soppesassi attentamente e con la
bilancia le parole di questi autorevolissimi scrittori, non troverai
quasi nessuna differenza degna di nota tra tutti - questi polli, e ti
renderai conto che dicono solamente che gli uni sono più combattivi
degli altri. Così proprio allo stesso modo vediamo chiaramente che
nella nostra Europa una popolazione è più aggressiva di un’altra,
quando invece non differiscono per nessun’altra caratteristica
somatica. |
Tanagrici, Medici, et Chalcidici,
inquit Varro[15],
sine dubio sunt pulchri, et ad
proeliandum inter se maxime idonei, sed ad partus sunt steriliores.
Columella vero nulla pugnacitatis facta mentione[16],
Tanagrici, inquit, plerunque
Rhodiis, et Medicis amplitudine pares, non multum moribus a vernaculis
distant, sicut et Chalcidici: cum paulo ante dixisset: Rhodii
generis, aut Medici propter gravitatem, neque Gallos nimis [193] salaces, neque
foecundas esse Gallinas. |
Varrone
dice: I galli
di Tanagra, della Media e di Calcide senza dubbio sono belli e
abilissimi nel combattere fra di loro, ma piuttosto improduttivi circa
la prole. Columella,
senza aver fatto alcuna menzione della combattività, dice: I polli di Tanagra, che generalmente sono pari per
grandezza a quelli di Rodi e della Media, nel comportamento non sono
molto diversi dai polli nostrani, come anche quelli di Calcide: avendo detto poco prima: Della razza di Rodi o della
Media a causa del peso né i galli sono eccessivamente lussuriosi né le
galline prolifiche. |
[1] Naturalis historia X,146: Quaedam omni tempore coeunt, ut gallinae, et pariunt, praeterquam duobus mensibus hiemis brumalibus. Ex iis iuvencae plura quam veteres, sed minora, et in eodem fetu prima ac novissima. Est autem tanta fecunditas ut aliquae et sexagena pariant, aliquae cotidie, aliquae bis die, aliquae in tantum ut effetae moriantur. Hadrianis laus maxima.
[2] Naturalis historia X,156: Gallinarum generositas spectatur crista erecta, interim et gemina, pinnis nigris, ore rubicundo, digitis imparibus, aliquando et super IIII digitos traverso uno. Ad rem divinam luteo rostro pedibusque purae non videntur, ad opertanea sacra nigrae. Est et pumilionum genus non sterile in his, quod non in alio genere alitum, sed quibus centra, fecunditas rara et incubatio ovis noxia.
[3] L’erroneo scambio di certa per centra – e a pagina 197 Aldrovandi cita correttamente il greco kéntra - può risalire a qualche antica versione del testo pliniano, ma è assai più verosimile che esso provenga da Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 380: Est et pumilionum genus non sterile in iis, quod non in alio genere alitum, sed quibus {certa} <centra> foecunditas rara et incubatio ovis noxia, Plinius. - Il sospetto è accresciuto dal fatto che Aldrovandi, come Gessner, usa in iis anziché in his.
[4] Historia animalium VI 558b 19: chrømata dè pantodapà échousin.
[5] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 380: Gyb. Longolius Germanice interpretatur Leihennen, Variae sunt (inquit) rostro candidiusculo.
[6] Historia animalium VI 558b 18: chalepaí.
[7] Historia animalium VI 558b 18: kteínousi toùs neottoùs pollákis.
[8] De re rustica - VIII,2,14: Pumileas aves, nisi quem humilitas earum delectat, nec propter fecunditatem nec propter alium reditum nimium probo, tam hercule quam nec pugnacem nec rixosae libidinis marem. Nam plerumque ceteros infestat, et non patitur inire feminas, cum ipse pluribus sufficere non queat. - Le galline nane, salvo che a qualcuno piacciano le loro piccole dimensioni, non le apprezzo eccessivamente né per la loro fecondità né per un qualsivoglia altro tornaconto, così come certamente non apprezzo un maschio sia esso bellicoso che di libidine litigiosa. Infatti per lo più molesta gli altri maschi e non permette loro di accoppiarsi con le femmine, quantunque non sia in grado di bastare a molte di loro.
[9] L'olandese è una lingua germanica occidentale parlata in Olanda e derivata dai dialetti del basso germanico dei Franchi e dei Sassoni. Fino al 1600 anche le parole in olandese erano dette germaniche, in quanto con germanico – o tedesco - si indicava tutto ciò che non era latino. Per cui in questo caso è corretto tradurre Germanice con “in olandese” anziché con “in tedesco”, in quanto kriel è un vocabolo prettamente olandese mentre il suo equivalente tedesco è zwerg. – L'input per questa precisazione mi è giunto grazie all’acume del Dr Stefano Bergamo che da alcuni lustri respira aria olandese e magari ogni tanto si abbuffa di patatine kriel. Infatti così mi ha precisato in una e-mail del 2 maggio 2006: "Kriel indica la nanezza in genere, si usa anche per le patatine rotonde che si consumano piccolissime (dimensioni max come una ciliegia)."
[10] De generatione animalium III 749b 28: dià mikrótëta toû sømatos eis tën têknosin katanalísketai ë trophë.
[11] VII 285d. § Conrad Gessner in Historia animalium (1555) a pagina 380 incorpora nella citazione la motivazione ‘utpote multo minores’: Adrianas sive Adriaticas gallinas (τοὺς Ἀδριατικοὺς ὄρνιθας) Athenienses alere student, quanquam nostris inutiliores, utpote multo minores. Adriatici vero contra nostras accersunt, Chrysippus apud Athenaeum lib.7. § Deipnosophistaí VII,23: Χρύσιππος δ’ ὁ φιλόσοφος ἐν τῷ περὶ τῶν δι’ αὑτὰ αἱρετῶν 'τὴν ἀφύην, φησὶ, [τὴν] ἐν Ἀθήναις μὲν διὰ τὴν δαψίλειαν ὑπερορῶσι καὶ πτωχικὸν εἶναί φασιν ὄψον, ἐν ἑτέραις δὲ πόλεσιν ὑπερθαυμάζουσι πολὺ χείρω γινομένην. εἶθ' οἱ μέν, φησίν, ἐνταῦθα τοὺς Ἀδριατικοὺς ὄρνιθας τρέφειν σπεύδουσιν ἀχρειοτέρους ὄντας, ὅτι τῶν παρ’ ἡμῖν πολὺ ἐλάττους εἰσίν· ἐκεῖνοι δὲ τἀναντία μεταπέμπονται τοὺς ἐνθάδε.' - Il filosofo Crisippo, nel trattato relativo alle cose che si debbono preferire di per sé, dice: "L'acciuga ad Atene la disprezzano a causa dell'abbondanza e dicono essere un cibo destinato ai poveri, mentre in altre città l'apprezzano molto, pur essendo di qualità molto scadente. Del resto, dice, qui ci sono coloro che bramano allevare i polli del mare Adriatico che sono alquanto inutili, dal momento che sono molto più piccoli di quelli che abbiamo noi; al contrario, quelli – che abitano lungo l'Adriatico - importano quelli che abbiamo qui. (frammento 2, svF III pag. 195, presso Ateneo VII,23,285d – traduzione di Elio Corti con la collaborazione di Roberto Ricciardi)
[12] Periegesi della Grecia IX, Beozia, 22. 4. “Here [in Tanagra] there are two breeds of cocks, the fighters and the blackbirds, as they are called. The size of these blackbirds is the same as that of the Lydian birds, but in colour they are like crows [like a crow - kóraki = to a crow], while wattles and comb are very like the anemone. They have small, white markings on the end of the beak and at the end of the tail.” (translation by W.H.S. Jones) - “Qui [a Tanagra] ci sono due razze di galli, i combattenti e i merli, come sono chiamati. Le dimensioni di questi merli sono le stesse di quelle degli uccelli [dei polli, delle galline] della Lidia, ma nel colore essi sono simili a un corvo[kóraki], mentre i bargigli e la cresta sono molto simili all’anemone; essi posseggono dei piccoli segni bianchi sulla punta del becco e all’estremità della coda.” (traduzione di Elio Corti) - Ἔστι δὲ καὶ γένη δύο ἐνταῦθα ἀλεκτρυόνων, οἵ τε μἁχιμοι καὶ οἱ κόσσυφοι καλούμενοι. Τούτων τῶν κοσσύφων μέγεθος μὲν κατὰ τοὺς Λυδούς ἐστιν ὄρνιθας, χρόα δὲ ἐμφερὴς κόρακι, κάλλαια δὲ καὶ ὁ λόφος κατὰ ἀνεμώνην μάλιστα· λευκὰ δὲ σημεῖα οὐ μεγάλα ἐπὶ τε ἄκρῳ τῷ ῥάμφει καὶ ἐπὶ ἄκρας ἔχουσι τῆς οὐρᾶς.
[13] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 380: Apud Tanagraeos duo genera gallorum sunt, hi machimi, (id est pugnaces, vel praeliares, ut Hermolaus) vocantur, alii cossyphi. Cossyphi magnitudine Lydas gallinas aequant, colore similes corvis (coracino, hinc cossyphi nimirum dicti quod merularum instar atri coloris sint:) barbam et cristam habent instar anemones, (calcaria et apex anemonae [anemones] floris macula modo rubent, Hermol.) Candida item signa exigua in rostro supremo et caudae extremitate, Pausanias in Boeoticis interprete Loeschero.
[14] Se vogliamo attribuire a modo il significato di "come" - essendo ablativo di modus - allora modo regge il genitivo. Se accettiamo macula invece di un genitivo maculae, allora modo va tradotto con "appena" essendo un avverbio. Si opta per la prima soluzione per ovvi motivi cromatici e sintattici, anche se il testo originale di Ermolao Barbaro riporta sia anemonae che macula. – Corollarium in Dioscoridem (1516): ccliii Gallinaceus - [...] calcaria & apex anemonae floris macula modo rubent. [...]
[15] Rerum rusticarum, III,9,6 Nec tamen sequendum in seminio legendo Tanagricos et Melicos et Chalcidicos, qui sine dubio sunt pulchri et ad proeliandum inter se maxime idonei, sed ad partus sunt steriliores.
[16] De Re Rustica, VIII: (2,12) Talibus autem maribus quinae singulis feminae comparantur. Nam Rhodii generis aut Medici propter gravitatem neque patres nimis salaces nec fecundae matres, quae tamen ternae singulis maritantur. Et cum pauca ova posuerunt, inertes ad incubandum multoque magis ad excludendum, raro fetus suos educant. Itaque quibus cordi est ea genera propter corporum speciem possidere, cum exceperunt ova generosarum, vulgaribus gallinis subiciunt, ut ab his excusi pulli nutriantur. (2,13) Tanagrici plerumque Rhodiis et Medicis amplitudine pares non multum moribus a vernaculis distant, sicut et Chalcidici. Omnium tamen horum generum nothi sunt optimi pulli, quos conceptos ex peregrinis maribus nostrates ediderunt, et salacitatem fecunditatemque vernaculam retinent.