Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
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Hodie vulgo [191] αὐγό nominant[1]. Itali ovo, et uovo, Galli oeuf, Germani ey, Angli an egge. Partium ovi quae primum oculis sese offert, aliqui putamen vocant, Serenus testam, Plinius[2] calicem quandoque. Graecis[3] κέλιφος dicitur, quod Suidas interpretatur τὸ λέπυρον τοῦ ᾠοῦ: item λέπος, ut Anatolio[4], et λέμμα Aristophani[5], Lycophroni[6] celyphanon, quanquam eo nomine quilibet cortex censeri valeat. Hippocrati[7] λεπύρια, Aristoteli[8] ὄστρακον. A qua postrema dictione Nicandri[9] Scholiastes ἀνόστρακα ova nominat, quae sine putamine redduntur. Et ostracoderma dicuntur quae testaceo putamine obducuntur<,> testea{,} ova Macrobio dicta: malacoderma vero quae molli cute teguntur. Λέκιθος ab Artemidoro[10] etiam pro putamine accipi videtur, nisi forte, lectio corrupta sit: alii ea voce vitellum significari volunt. Annara, et Amiantus[11] apud Sylvaticum pro ovorum testa accipiuntur. |
Oggi comunemente lo chiamano avgó. Gli Italiani ovo e uovo, i Francesi oeuf, i Tedeschi ey, gli Inglesi an egge. Delle parti dell’uovo quella che per prima si offre alla vista alcuni la chiamano putamen - guscio, Sereno testa, Plinio talora calix. Dai Greci viene detto kélyphos, che il lessico Suida interpreta tò lépyron toû øioû - il guscio dell’uovo: in modo simile lépos come per Anatolio, e lémma per Aristofane, kelýphanon per Licofrone, anche se con tale parola potrebbe essere annoverato qualunque tipo di rivestimento. Per Ippocrate è lepýria - i gusci, per Aristotele óstrakon. Da quest’ultimo vocabolo lo scoliaste cita le uova anóstraka di Nicandro, che vengono deposte senza guscio. E vengono dette ostracoderma quelle uova che sono ricoperte da un guscio come se fosse di terracotta, dette uova testea - invece che testacea - da Macrobio: invece malacoderma quelle che sono ricoperte da un involucro molle. Sembra che da Artemidoro il lékithos – tuorlo - venga inteso anche come guscio, a meno che il testo sia magari corrotto: altri sono dell’avviso che con tale vocabolo viene indicato il tuorlo. In Matteo Silvatico annara e amianto vengono intesi come guscio d’uovo. |
Quod autem rupto iam ovo apparet, id Aristoteles τὸ λευκόν τοῦ ᾠοῦ, Cornelius Celsus[12] ovi album, ovi candidum Plinius[13], et albumen, ut quidam citant, (ego plerunque semper ovi candidum ab eo nominari invenio) album liquorem Columella[14], Palladius[15] alborem ovi, Apicius[16] albamentum ovi vocabant: candidam undam Martialis per periphrasin hoc versu[17]. Candida si croceos circumfluit unda vitellos. Recentiores quidam ex Graecis transferentes ovi aquatum, et tenuem ovi liquorem, indoctiores albuginem, cum tamen albugo proprie sit in oculo macula, sive cicatrix altiuscula, sicut utique in summo nubecula, ut probi authores docent. Legimus et ovi album succum apud Plinium[18] in ramicosi infantis remedio: ut apud Serenum[19] quoque candidum ovi succum. Itali la chiara dell’ovo, Galli de Blanc d’ung Oeuf [20], aut aubun d’oeuf, Germani superiores das Klar oder vvyss im ey, inferiores dat vvit vant ey. |
Ora, ciò che è visibile non appena un uovo è stato rotto, Aristotele lo chiamava tò leukón toû øioû - il bianco dell’uovo, Cornelio Celso ovi album, Plinio ovi candidum, e albumen, come alcuni citano (io per lo più trovo che da lui viene sempre chiamato ovi candidum), Columella liquido bianco, Palladio biancore dell’uovo, Apicio albamentum ovi: Marziale onda candida, attraverso una perifrasi con questo verso: Se un’onda candida scorre intorno ai tuorli color zafferano. Alcuni autori più recenti traducendo dai Greci lo chiamano soluzione acquosa dell’uovo, e fluido sottile dell’uovo, e quelli meno esperti albugo - leucoma, sebbene tuttavia l’albugo sia in realtà una chiazza presente nell’occhio, oppure una cicatrice un po’ rilevata, comunque tutt’al più come una piccola nube, come insegnano gli autori esperti. In Plinio, in un rimedio per un infante affetto da ernia, leggiamo anche succo bianco dell’uovo: come in Sereno Sammonico succo bianco dell’uovo. Gli Italiani lo chiamano la chiara dell’ovo, i Francesi le blanc d’un oeuf, oppure aubun d’oeuf, i Tedeschi del nord das Klar oder – oppure - wyss im ey, quelli del sud dat wit vant ey. |
Interior ovi liquor, qui lutei coloris est, Plinio[21] vitellus, et luteum ovi vocatur. Recentiores quidam etiam vitellum genere neutro efferunt, uti et Gaza quoque contra veterum authoritatem. Vitellus a vita dictus est quod ex eo vivat pullus, Graeci modo Lecython appellant, modo χρυσόν, Hippocrates[22] etiam τὸ χλωρόν, Aristoteles[23] ὠχρόν, et alibi λέκυθον faeminino genere[24], uti et Dioscorides<,> τῶν ᾠῶν τὰ χρυσᾶ invenio apud Athenaeum, et ᾠοῦ τὸ πυῤῥόν apud Suidam. Veteres quandoque etiam ovi luteum νεοττόν vocabant, id est, pullum, nimirum quod pullum ex eo nasci, formarique existimarent, Itali torlo dell’ovo vocant, Galli le moyen d’un oeuf, le iaulne, Germani todter, vel tutter, forte, ut ait Ornithologus[25], quia mamillam tutten nuncupant. Alitur autem pullus vitello intra ovum, succo eius attracto, ut infans in lucem editus lacte mamillae. Belgae dat geel vant ey. Ozonab Sylvaticus exponit pro vitello ovi. |
Il fluido più interno dell’uovo, che è di colore giallo, da Plinio viene chiamato vitellus – tuorlo - e giallo dell’uovo. Alcuni autori più recenti riportano anche vitellum al neutro, come fa anche Gaza andando contro l’esempio degli antichi. Vitellus prende il nome da vita in quanto da esso trae vita il pulcino, i Greci talora lo chiamano lecython, talora chrysón - oro, Ippocrate anche tò chlørón - giallastro, biondo -, Aristotele øchrón - il giallo, e altrove lékython - tuorlo - al femminile, come anche Dioscoride, trovo in Ateneo tøn øiøn tà chrysâ, e nel lessico Suida øioû tò pyrrhón - il rosso fuoco dell’uovo. Gli antichi talora chiamavano neottón anche il giallo dell’uovo, cioè pulcino, senza dubbio in quanto ritenevano che da esso il pulcino nascesse e prendesse forma, gli Italiani lo chiamano torlo dell’ovo, i Francesi le moyen d’un oeuf, le iaulne, i Tedeschi todter, o tutter, forse perché, come dice l’Ornitologo, chiamano la mammella tutten - capezzolo. Infatti il pulcino dentro all’uovo si nutre del tuorlo, attratto dal suo succo vitale, come un infante dato alla luce è attratto dal latte della mammella. I Belgi dat geel vant ey. Silvatico riporta ozonab per il tuorlo dell’uovo. |
GENUS. DIFFERENTIAE. |
GENERE - DIFFERENZE |
Ornithologus[26] Gallorum, ac Gallinarum differentias a regionibus, ac locis
quibus degunt potissimum desumi, atque ita non aliter quam magnitudine,
aut etiam pugnacitate vult differre. Differunt
tamen et in aliis, ut ex subsequentibus patebit. Inter eas, quae a
veteribus celebrantur, Gallinas, Hadrianae[27],
sive, ut vocavit Aristoteles Ἀδριανικαί[28],
primo loco occurrunt. At quae sint, alios aliter sentire video, et
revera neminem hactenus videre mihi contigit, qui exacte hac in parte
doctis ingeniis satisfacere potuerit. Albertus magnus Philosophus sui
temporis celeberrimus, dum quasdam Gallinas Hadriani Regis vocari dicit,
quae suis magnae dicantur, aperte Aristoteli refragatur: si modo verum
est, quod de Hadrianis Aristotelis intelligat, ut Augustinus Niphus
affirmat[29],
in Albertum invectus, cum ait: Gallinae
Hadrianae non sunt magno corpore, et oblongo, ut somniavit Albertus, sed
contra ut Aristoteles, et Ephesius tradiderunt{,}<.> Haec ille.
At quam bene ex hoc[30]
colligat Hadrianas Gallinas ab Hadriano {Imperarore} <Imperatore>
nomen invenisse, ipse viderit[31].
Equidem Aristotelem longe ante Hadrianum Imperatorem vixisse historia
docet. Hadrianas vero a loco nomen accepisse, nimirum ab Hadria civitate
nihilum dubito. |
L’Ornitologo
sostiene che le differenze dei galli e delle galline possono essere
desunte in primo luogo dalle regioni e dalle località nelle quali
vivono, e che per lo stesso motivo differiscono per le dimensioni o
anche per la combattività. Differiscono tuttavia anche in altre cose,
come risulterà evidente da ciò che segue. Tra le galline che vengono
decantate dagli antichi in primo luogo compaiono le Hadrianae,
o, come le chiamò Aristotele, Adrianikaí. Ma chi esse siano, mi
accorgo che alcuni la pensano in un modo altri in un altro, ed
effettivamente finora non mi è accaduto di trovare nessuno che sia
stato in grado di soddisfare con precisione le persone competenti in
questa materia. Alberto Magno, celeberrimo filosofo del suo
tempo, mentre afferma che certe galline vengono dette del Re Adriano,
le quali dai suoi compatrioti verrebbero dette di grandi dimensioni, si
contrappone chiaramente ad Aristotele: ammesso che egli intenda le Hadrianae
di Aristotele, come afferma Agostino Nifo, nell’attaccare Alberto,
quando dice: Le galline Hadrianae non sono di
corpo grande e allungato, come ha fantasticato Alberto, ma l’opposto,
come ci hanno tramandato Aristotele e l’Efesino – Michele di Efeso.
Queste le parole dell’Ornitologo. Ma lui stesso – cioè Nifo - si
sarà reso conto che in base a questa affermazione deduce che le galline
Hadrianae
hanno preso il nome dall’imperatore Adriano. Senza dubbio la
storia insegna che Aristotele è vissuto molto tempo prima
dell’imperatore Adriano. In realtà non ho alcun dubbio che le Hadrianae
hanno preso il nome da una località, senza dubbio dalla città di Hadria. |
Turnerus[32]
Africanas ab Hadrianis nihil
differre existimans eas triplo, et amplius maiores facit, in tam foedum
errorem impingens, ut redargutione plane non egeat. Nos de Africanis
supra diximus[33]. Qui vero e contrario
id genus Gallinarum nanas interpretantur, sive pumiliones, ab eorum
opinione recedere minime possum, cuius sententiae fuisse Hispanum
quendam amicum suum Ornithologus[34]
tradit, ac Hispanice Gallina enana interpretari asserit, nimirum, quod
corpore nana, et pumila sit, eo, ut videtur, argumento nixus, quoniam
Aristoteles Hadrianas parvo corpore esse scribat. Veruntamen ego nanas
hic minime claudicantes illas, ut Longolius vocat, quae pariter nanae
sunt, interpretor, sed genus quoddam caeteris minus: |
William
Turner, ritenendo che le Africane - Numida meleagris? -
non differiscono per nulla dalle Hadrianae, rende queste
galline tre volte più grandi e anche più, andando a cozzare in un così
madornale errore da non aver assolutamente bisogno di una confutazione.
Delle africane ho parlato in precedenza. A dire il vero non posso in
alcun modo discostarmi dall’opinione di coloro che al contrario
giudicano questa razza di galline come nane, ossia piccole, e
l’Ornitologo riferisce che un suo amico spagnolo è stato di tale
avviso, e afferma che in spagnolo viene tradotta in Gallina enana,
certamente perché è di corpo nano e minuto, a quanto pare basandosi
come prova sul fatto che Aristotele scrive che le Hadrianae hanno
un corpo piccolo. Tuttavia a questo punto io ritengo che le nane non
sono assolutamente quelle galline zoppicanti, come le chiama Gisbert
Longolius, che parimenti sono nane, bensì una razza più piccola delle
altre: |
[1] Conrad
Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 451: Hodie vulgo αὐγό nominant. – L’etimologia
di αὐγό e dell’equivalente ἀβγό è la
seguente: τά ὠά > ταυά > τ΄αὐγά / τ΄ἀβγά che sono ovviamente il plurale di uovo. La forma
attualmente in uso è αὐγό, mentre è passata in secondo
piano la forma dimotikí ἀβγό.
[2] Naturalis historia XXVIII,19: Huc pertinet ovorum, quis exorbuerit quisque, calices coclearumque protinus frangi aut isdem coclearibus perforari.
[3] Cfr. Aristotele De generatione animalium II 743a 17.
[4] Lépos, guscio, è testimoniato in Ateneo II p. 55c, Nicandro Theriaca 943.
[5] Aves 673.
[6] Lycophron, Alexandra (ed. by E. Scheer, Berlin, 1881), line 89. (Lind, 1963) – Il sostantivo neutro κελύφανον significa guscio e fu usato oltre che da Licofrone anche da Luciano.
[7] Hippocrates Liber de Natura Pueri 22. (Lind, 1963)
[8] De generatione animalium III 758b.
[9] Nicander Alexipharmaca 295, with scholia. Macrobius, Saturnalia, and Artemidorus Daldianus, Onirocriticus (ed. by R. Hercher, Leipzig, 1864), are the other sources mentioned below. (Lind, 1963)
Conrad Gessner Historia animalium III (1555) pagina 454: Ostracoderma ova dicuntur putamine contecta testaceo, (ova testea Macrobius dixit) malacoderma vero quae molli obducuntur cute, Caelius. § Saturnalia VII,16: In gradientibus lacertae et similia ex ovis creantur: quae serpunt ovis nascuntur exordio: volantia universa de ovis prodeunt excepto uno quod incertae naturae est: nam vespertilio volat quidem pellitis alis, sed inter volantia non habendus est qui quattuor pedibus graditur formatosque pullos parit et nutrit lacte quos generat: nantia paene omnia de ovis oriuntur generis sui, crocodilus vero etiam de testeis, qualia sunt volantium.
[10] Onirocriticon lib. 5. somnio 85. (Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 453).
[11] In greco amíantos = puro, incorruttibile. – La citazione di Aldrovandi è monca ed enigmatica. Più appropriata è quella di Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 449: Amiantum Sylvaticus interpretatur testas ovorum e quibus pulli in nido excluduntur, manifesto errore, cum amiantus genus lapidis sit. hoc forsan fieri potest, ut ad medicinam amianti loco testae ovorum usurpari possint.
[12] De medicina V,2: Glutinant vulnus murra, tus, cummi, praecipueque acanthinum; psylleum, tragacantha, cardamomon, bulbi, lini semen, nasturcium; ovi album, gluten, icthyocolla; vitis alba, contusae cum testis suis cocleae, mel coctum; spongia vel ex aqua frigida vel ex vino vel ex aceto expressa; ex iisdem lana sucida; si levis plaga est, etiam aranea. - VI,6: [...] excipere oportet ovi albo, donec mellis crassitudinem habeat, idque in linteolum inlinere, et fronti adglutinare, ut conpressis venis pituitae impetum cohibeat.
[13] Naturalis historia XXVIII,66: oculos firmitatis causa, inlinit sole usta cum ovi albo, [...] - XXIX,40: candido ovorum in oculis et pili reclinantur [...].
[14] De re rustica VI,38,2: Suffraginosae ordeacea farina imponitur, mox suppuratio ferro reclusa linamentis curatur; vel gari optimi sextarius cum libra olei per narem sinistram demittitur, admisceturque huic medicamini trium vel quattuor ovorum albus liquor separatis vitellis.
[15] Opus Agriculturae XI,14,9: In album colorem vina fusca mutari, si ex faba lomentum factum vino quia adiciat vel ovorum trium lagenae infundat alborem diuque commoveat: sequenti die candidum reperiri. Quod si ex afra pisa lomentum adiciatur, eadem die posse mutari.
[16] De re coquinaria V,3,4: Pisum coques, agitabis et mittis in frigidam. cum refrigeraverit, deinde agitabis. concidis cepam minutatim et albamentum ovi, oleo et sale condies, aceti modicum adicies. in boletari vitellum ovi cocti colas, insuper oleum viridem mittis et inferes. - VI,9,12: obligas cum albamentis ovorum tritis, ponis in lance, et iure supradicto perfundis.
[17] Epigrammaton liber XIII,XL, Ova - Candida si croceos circunfluit unda vitellos,|Hesperius scombri temperet ova liquor.
[18] Naturalis historia XXX,136: Coclearum saliva inlita infantium oculis palpebras corrigit gignitque. Ramicosis coclearum cinis cum ture ex ovi albo specillo inlitus per dies XXX medetur.
[19] Q. Serenus Liber Medicinalis, in 1,107 hexameters, (ed. by Fr. Vollmer) in Corpus Medicorum Latinorum, II (Leipzig, 1916), is based on Pliny; see Philologus 75. 128-33; Pliny, 30. 15. 47. 136. Dioscorides, mentioned below, wrote De Materia Medica (ed. by M. Wellmann, Berlin, 1906-14) and Alexipharmaca and Theriaca (ed. by K. Sprengel) in Kuehn, Medici Graeci, xxv, xxvi (Leipzig, 1829). (Lind, 1963)
[20] La fonte è quasi certamente Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 452: Galli de blanc d’ung oeuf, aubun d’oeuf. Itali volume de lovo.
[21] Naturalis historia X,148: Omnibus ovis medio vitelli parva inest velut sanguinea gutta, quod esse cor avium existimant, primum in omni corpore id gigni opinantes: in ovo certe gutta ea salit palpitatque. - XXX,141: [...] item si lutea ex ovis quinis columbarum admixta adipis suilli denarii pondere ex melle sorbeantur, passeres in cibo vel ova eorum, gallinacei dexter testis arietina pelle adalligatus.
[22] De natura pueri xxx.
[23] Historia animalium VI 560a 21.
[24] Per esempio Historia animalium VI 560a 29.
De materia medica II,54 De ovo: ἡ λέκυθος. (Curtius Sprengel, Lipsiae 1829)
[25] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 452: Itali vitellum appellant tu<o>rlo de l’ovo: Galli le moyen d’un oeuf, le iaulne: Germani todter vel tutter: forte quia mamillam tutten appellant.
[26]
Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 380: Et primum de
gallis sive Gallinis quae a regionibus e locis denominantur, nec
aliter a villaticis communibus differunt quam magnitudine, aut etiam
pugnacitate.
[27] Fantasmagorica la disquisizione sulle galline Hadrianae da parte di Aldrovandi. Siamo pertanto costretti a citare per esteso il testo di Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 380-381: Hadrianae gallinae (Ἀδριανικαί, nimirum a regione, non ut Niphus suspicatur quod forte ab Adriano Imperatore observatae sint, vixit enim Adrianus multo post Aristotelis tempora) parvo quidem sunt corpore, sed quotidie pariunt, ferociunt tamen, et pullos saepe interimunt, color his varius, Aristot. Et alibi, Multa admodum pariunt. Fit enim propter corporis exiguitatem, ut alimentum ad partionem sumptitetur. Hadrianis laus maxima (circa foecunditatem,) Plinius. Adrianas sive Adriaticas gallinas (τούς Ἀδριατικούς ὄρνιθας) Athenienses alere student, quanquam nostri inutiliores, utpote multo minores. Adriatici vero contra nostras accersunt, Chrysippus apud Athenaeum lib.7. Gallinae quaedam Adriani regis vocantur, quae apud nos dicuntur gallinae magnae, et sunt magni oblongi corporis, abundant apud Selandos et Hollandos, et ubique in Germania inferiore. Pariunt quotidie, minime benignae in pullos suos, quos saepe interficiunt. Colores earum sunt diversi, sed apud nos frequentius sunt albae, aliae aliorum colorum. Pulli earum diu iacent sine pennis, Albertus, sed hae forsitan Medicae potius vel Patavinae gallinae fuerint. Gallinae Adrianae non magno et oblongo corpore sunt, ut somniavit Albertus, sed contra ut Aristoteles et Ephesius tradiderunt, Niphus. Gyb. Longolius Germanice interpretatur Leihennen, Variae sunt (inquit) rostro candidiusculo. Pulli earum columbarum pipiones colore referunt. Ab Adriaticis mercatoribus primum in Graeciam advectae videntur, et inde nomen tulisse. Quod autem ferocire Aristoteles eas scribit, factum esse puto ob patriae mutationem, cum in calidiores regiones devectae et ferventioris ingenii redditae sunt, Haec ille. Varro Africanas, quas non alias esse constat quam Hadrianas, varias et grandes facit, Turnerus. Ego Africanas ab Adrianis multum differre puto, cum Numidicis vero easdem esse. Hispanus quidam amicus noster gallinam Adrianam, Hispanice gallina enana nominat. nimirum quod corpore nana et pumila sit, quale genus in Helvetia apud nos audio nominari Schotthennen, alibi Erdhennle, alibi Däsehünle. Sed Gyb. Longolius gallinas plumilas [pumilas] Germanice vocat kriel. Vulgares sunt (inquit) et passim extant. Per terram reptant claudicando potius quam incedendo. Licebit autem gallinaceos huius generis pumiliones, gallinas pumilas cum Columella nominare. Sunt enim in omni animantium genere nani, ut dixit Theophrastus. Pumiliones, alias pumilas, aves, nisi quem humilitas earum delectat, nec propter foecunditatem, nec propter alium reditum nimium probo, Columella. Est et pumilionum genus non sterile in iis, quod non in alio genere alitum, sed quibus {certa} <centra> foecunditas rara et incubatio ovis noxia, Plinius. Apud Tanagraeos duo genera gallorum sunt, hi machimi, (id est pugnaces, vel praeliares, ut Hermolaus) vocantur, alii cossyphi. Cossyphi magnitudine Lydas gallinas aequant, colore similes corvis (coracino, hinc cossyphi nimirum dicti quod merularum instar atri coloris sint:) barbam et cristam habent instar anemones, (calcaria et apex anemonae [anemones] floris macula modo rubent, Hermol.) Candida item signa exigua in rostro supremo et caudae extremitate, Pausanias in Boeoticis interprete Loeschero. At pugillatum atque praelia, Graeci e Boeotia Tanagricas, item Rhodias, (ut Athenaeus, Columella, Martialis,) nec minus Chalcidicas et Medicas probavere. Quidam Alexandrinas in Aegypto, Hermolaus. Tanagrici, Medici et Chalcidici, sine dubio sunt pulchri, et ad praeliandum inter se maxime idonei, sed ad partus sunt steriliores, Varro. Tanagrici plerunque Rhodiis et Medicis amplitudine pares, non multum moribus a [381] vernaculis distant, sicut et Chalcidici, Columella: cum paulo ante dixisset Rhodii generis aut Medici propter gravitatem neque gallos nimis salaces, nec foecundas esse gallinas. Et rursus, Deliaci (scriptores) quoniam procera corpora et animos ad praelia pertinaceis [pertinaces] requirebant, praecipue Tanagricum genus et Rhodium probabant, nec minus Chalcidicum et Medicum, quod ab imperito vulgo litera mutata Melicum appellatur. Ex gallinaceis quidam ad bella tantum et praelia assidua nascuntur, quibus etiam patrias nobilitarunt Rhodum ac Tanagram. Secundus est honos habitus Melicis et Chalcidicis, ut plane dignae aliti tantum honoris praebeat Romana purpura, Plinius.
[28] De generatione animalium III 749b-750a - Historia animalium VI 558b. - Filippo Capponi in Ornithologia Latina (1979), quando tratta delle galline di Hadria, cita in greco il brano di Aristotele tratto da Historia animalium VI 558b e riporta l’aggettivo Adrianaí a proposito di queste galline. L’aggettivo Adrianós è usato, per esempio, da Dionigi d’Alicarnasso (retore e storico greco del I sec. aC) per indicare il mare Adriatico (Romanae Antiquitates, II 4), mentre non comparirebbe in Aristotele, il quale avrebbe invece usato due diversi aggettivi equivalenti: Adriatikós (Historia animalium, VI etc.) e Adrianikós (in De generatione animalium 749b 29 si legge: tôn alektorídøn ai Adrianikaí; in Historia animalium VI,1,558b 16 Ai d’Adrianaí alektorídes (qui Adrianikaí è alia lectio dei codici PDa)); cfr. anche Ateneo VII,23,285d (Ἀδριατικοὺς ὄρνιθας, polli adriatici). § In Giulio Cesare Scaligero (Aristotelis historia de animalibus, Tolosa, 1619, pag. 638) troviamo Adrianikaì: Αἱ δὲ Ἀδριανικαὶ ἀλεκτορίδες, εἰσι μὲν μικραὶ τὸ μέγεθος, τίκτουσι δὲ ἀν'ἑκάστην ἡμέραν. Εἰσὶ δὲ χαλεπαί, καὶ κτείνουσι τοὺς ·νεοττοὺς πολλάκις. Χρώματα δὲ παντοδαπὰ ἔχουσι.
[29] Augustinus Niphus Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) pag. 157: Albertus [...] Etiam id, quod secundo loco asserit, longe deterius est, cum dicat gallinas adrianicas esse magno, & oblongo corpore, cuius oppositum Arist. & eius expositor Ephesius in scholijs tradiderunt.
[30] Aldrovandi non ha capito una minchia di quanto riferito da Gessner, né si è preso la briga di dare uno sguardo al commento di Agostino Nifo. Infatti molto prima della sua invettiva contro Alberto, sempre a pagina 157 di Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) Agostino Nifo esprime il sospetto che le galline Adrianae furono così chiamate in quanto viste dall'imperatore Adriano: fortassis ab Adriano Imperatore observatae. – Quindi l'illazione Adrianae = fortassis ab Adriano Imperatore observatae non è di Alberto, ma di Nifo. Alberto conosceva galline giganti che erano dette del Re Adriano, e di quale re Adriano si tratti nessuno per ora lo sa.
[31] Agostino Nifo Expositiones in omnes Aristotelis libros (1546) pagina 157: Adrianae graece ἀδριανικαὶ, Conrad Gessner Historia animalium III (1555) pagina 454: Ostracoderma ova dicuntur putamine contecta testaceo, (ova testea Macrobius dixit) malacoderma vero quae molli obducuntur cute, Caelius. § Saturnalia VII,16: In gradientibus lacertae et similia ex ovis creantur: quae serpunt ovis nascuntur exordio: volantia universa de ovis prodeunt excepto uno quod incertae naturae est: nam vespertilio volat quidem pellitis alis, sed inter volantia non habendus est qui quattuor pedibus graditur formatosque pullos parit et nutrit lacte quos generat: nantia paene omnia de ovis oriuntur generis sui, crocodilus vero etiam de testeis, qualia sunt volantium.§ Agostino Nifo si è lasciato trarre in inganno da Alberto De animalibus VI,3: Adhuc autem quaedam sunt gallinae, quae Adriani regis - αἱ Ἀδριανικαί - vocantur, et apud nos dicuntur gallinae magnae, et sunt magni et longi valde corporis, et abundant in Selandia et Hollandia et fere ubique in Germania inferiori. (Albertus Magnus De animalibus libri XXVI - Hermann Stadler, Münster, 1916)
[32] L’errore di William Turner proviene da un’errata, frettolosa e fuorviante interpretazione del testo di Varrone relativo alle galline Africanae. Lo possiamo dedurre, come ha fatto Aldrovandi, dal testo di Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 380: Varro Africanas, quas non alias esse constat quam Hadrianas, varias et grandes facit, Turnerus. Ego [Gessner] Africanas ab Adrianis multum differre puto, cum Numidicis vero easdem esse. - Varrone è ben informato: un conto sono le galline da cortile e quelle selvatiche, un altro conto sono le faraone. Ecco i frammenti di Varrone in cui parla delle Africanae, tratti da Rerum rusticarum III. 9,1: Igitur sunt gallinae quae vocantur generum trium: villaticae et rusticae et Africanae. - 9,16: Gallinae rusticae sunt in urbe rarae nec fere nisi mansuetae in cavea videntur Romae, similes facie non his gallinis villaticis nostris, sed Africanis. - 9,18: Gallinae Africanae sunt grandes, variae, gibberae, quas meleagrídas appellant Graeci. Haec novissimae in triclinium cenantium introierunt e culina propter fastidium hominum.
[33] Ulisse Aldrovandi Ornithologia I, 595. (Lind, 1963)
[34] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 380: Ego Africanas ab Adrianis multum differre puto, cum Numidicis vero easdem esse. Hispanus quidam amicus noster gallinam Adrianam, Hispanice gallina enana nominat. nimirum quod corpore nana et pumila sit, quale genus in Helvetia apud nos audio nominari Schotthennen, alibi Erdhennle, alibi Däsehünle.