Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Harum pedes Gallinaceos fuisse tradunt, intellectu a superiore non dissimili. Scribunt enim eiusmodi fabularum interpretes, significari ex hoc hominem libidinibus deditum, fortunas suas perseveranti studio dispergere, inutiliterque prodigere, cuiusmodi esse Gallinarum morem, cum pleno acervo pascuntur, aspicimus.

Raccontano che i loro piedi - delle Sirene - erano come quelli di un gallinaceo e di intelletto non dissimile dal predetto. Infatti gli interpreti di siffatte favole scrivono che con ciò si vuole esprimere che l’essere umano è dedito ai piaceri sessuali, con impegno costante disperde le sue fortune e che le scialacqua inutilmente, così come vediamo comportarsi le galline quando mangiano su di un ricco cumulo.

Sunt qui ratione habita quotidiani foetus, et geminorum aliquando pullorum, qui ovo ex unico excluduntur: ovorum etiam, quae nonnullae gemina singulis diebus {a}edunt, tertio etiam nonnunquam addito, verum eo abortivo, sola quippe cartilagine conspicuo, foecunditatem per Gallinam, et ovum significari velint. Haec omnia Pierius[1], qui hoc etiam ex propria sententia addit, inquiens: Atqui veluti per lauri surculum in ore Columbae, et per platani folium in Ciconiae nido securitatem significari prodidimus, cur non etiam per Gallinam, ad alam cuius ramusculus rutae applicitus sit, securitatem eodem modo pingi, hieroglyphicumque sapere fateamur? Siquidem {Afranius}[2] <Africanus> in iis, quae de re agraria Constantinus Caesar[3] colligi mandavit, ait Gallinas a fele tutas fore, si rutae sylvestris ramusculus sub eius [earum[4]] alam applicetur. Quin Democritus etiam tradit, eo praesidio munitas, neque a vulpibus, neque ab infesto quopiam alio animali contingi.

Vi sono alcuni che vorrebbero indicare la fecondità attraverso la gallina e l’uovo facendo i calcoli in base alla deposizione quotidiana, e talora ai pulcini gemelli che nascono da un uovo singolo: anche in base numero delle uova che alcune depongono due volte in un giorno, talora con l’aggiunta di un terzo, ma abortivo, che mostra infatti solo un rivestimento cartilagineo. Tutte queste cose le dice Giovan Pietro Bolzani, che aggiunge anche quanto segue in base a una sua deduzione, dicendo: Ebbene, come abbiamo riferito che la sicurezza viene rappresentata da un ramoscello di alloro in bocca alla colomba e da una foglia di platano nel nido della cicogna, perché non confessiamo che la sicurezza può venir raffigurata allo stesso modo anche attraverso la gallina, alla cui ala venga applicato un ramoscello di ruta, e che ne conosciamo il simbolo? Dal momento che Sesto Giulio Africano - non Afranio - tra le notizie che Costantino I il Grande gli ordinò di raccogliere riguardo l’agricoltura dice che le galline saranno al sicuro dal gatto se viene appeso un ramoscello di ruta selvatica sotto a una loro ala. In verità anche Bolos di Mendes o Pseudo Democrito riferisce che munite di tale protezione non vengono toccate né dalle volpi né da qualsiasi altro animale nocivo.

SOMNIUM.

SOGNO

Galli pugnaces in somniis seditionum, et contentionum {tantummudo} <tantummodo> significativi sunt. Verum non alia<s> in similem cum Coturnicibus eventum habent. Nos de iis suo loco[5] egimus ex Artemidoro, quem locum lector adire poterit.

I galli combattenti che compaiono nei sogni sono significativi solo di tumulti e contese. In verità non hanno mai un effetto che possa essere paragonato a quello delle quaglie. Ne abbiamo trattato nel relativo capitolo traendo le notizie da Artemidoro di Daldi, e il lettore potrà consultarlo.

EMBLEMATA.

EMBLEMI

Emblema est Andreae Alciati sub lemmate vigilantia et custodia, quod tale est.

Instantis quod signa canens {dat}<det>[6] Gallus Eoi,

Et revocet famulas ad nova pensa manus.

Turribus in sacris effingitur: aerea mentem

Ad superos pelvis quod revocet vigilem.

Est Leo: sed custos oculis quia dormit apertis,

Templorum idcirco ponitur ante fores.

Esiste un emblema di Andrea Alciato sotto il motto vigilanza e custodia che è come segue:

Siccome il gallo cantando dà il segnale dell’Aurora che incalza,

e richiama le mani ancelle a nuovi compiti.

Viene raffigurato sulle torri sacre: un bacile di bronzo in quanto richiama la mente vigile agli dei del cielo.

C’è il leone: ma poiché il guardiano dorme con gli occhi aperti,

per questo viene messo davanti alle soglie dei templi.

Ex Oro Apolline, inquit Franciscus Sanctius Alciati commentator, ut mox ostendemus. Addit tamen Alciatus campanam, et Gallum ex communi usu. Obscurum est emblema, et male dispunctum in codicibus, quos mihi hactenus contigit videre. Dicam tamen quod sentio, liberum cuique interpretandi campum relinquens.

Francisco Sánchez, commentatore dell’Alciato, dice che proviene da Orapollo, come tra poco dimostreremo. Tuttavia Alciato aggiunge la campana e il gallo per l’uso identico. L’emblema è oscuro e mal riprodotto nei codici che finora mi è capitato di vedere. Tuttavia vorrei dire ciò che penso, lasciando a ciascuno campo libero per l’interpretazione.

Titulus igitur huius epigrammatis est, vigilantia et custodia. Videamus ergo, quo pacto haec ex epigrammate eliciantur. Ac primum duplicem hic depingit Alciatus vigilantiam alteram corporis, mentis alteram. Corporis vigilantiam Gallus referat, qui homines ad labores solet excitare. Campana vero quia mentem ad Deum excitat, symbolum interioris vigilantiae contineat. Hactenus de vigilantia. Custodiam autem repraesentet Leo, qui apertis oculis solet dormire, tunc sic structuram ordino: Gallus effingitur in sacris turribus, quod det signa instantis Eoi, et quod revocet famulas manus ad nova pensa. Aerea pelvis scilicet effingitur in sacris turribus, quod revocet mentem vigilem ad superos. Sed Leo custos est, quia dormit oculis apertis. Hoc totum sumpsit Alciatus ex Oro Apolline Niliaco, qui libellum de hieroglyphicis notis Graece composuit, cuius verba subijciam. Vigilantem, vel custodem cum voluissent significare, Leonis caput pingebant. Solet enim, cum vigilat, oculos habere clausos Leo, cum vero do<r>mit, apertos, quod quidem custodiae signum est. Hinc symbolice Leones templorum claustris solent opponi, veluti custodes. Haec Orus.[7]

Quindi il titolo di questo epigramma è vigilanza e custodia. Vediamo dunque in che modo queste cose possano essere ricavate dall’epigramma. E Alciato vi raffigura innanzitutto una duplice vigilanza, una del corpo, una della mente. Il gallo dovrebbe far riferimento alla vigilanza del corpo, in quanto è solito incitare gli esseri umani alle fatiche. Ma la campana poiché fa elevare la mente a Dio, dovrebbe racchiudere il simbolo della vigilanza interiore. Fin qui circa la vigilanza. Ma il leone dovrebbe rappresentare la custodia, il quale è solito dormire con gli occhi aperti, per cui dispongo l’insieme degli elementi secondo questo ordine: il gallo viene raffigurato sulle torri sacre in quanto darebbe i segnali dell’Aurora che incalza, e in quanto richiama le mani ancelle a nuove incombenze. Naturalmente un bacile di bronzo viene raffigurato sulle torri sacre in quanto richiamerebbe la mente vigile agli dei del cielo. Ma il leone è il custode, in quanto dorme con gli occhi aperti. Alciato ha dedotto tutto ciò da Orapollo Niloo il quale ha composto un opuscolo in greco - in copto tradotto in greco - sui geroglifici conosciuti, del quale citerò le parole. Se volevano indicare un sorvegliante o un custode raffiguravano la testa di un leone. Infatti, quando sorveglia, il leone è solito avere gli occhi chiusi, ma quando dorme li ha aperti, il che in effetti è un segno di custodia. Per cui abitualmente i leoni vengono simbolicamente posti di fronte agli accessi dei templi, come se fossero dei custodi. Queste le parole di Orapollo.

Gallus ita depictus, ut sub pedibus tubam teneat, cum lemmate, pacis, et armorum vigiles, significabit, quantum intersit inter belli, et pacis conditiones. Author est Claudius Paradinus. Gallum vero audacter invadere, et terrere Leonem, indicat, synderesim praevalere contra diabolum, qui dicitur leo, si non sit nimio peccatorum pondere praegravata.

Un gallo raffigurato in modo tale da tenere sotto alle zampe una tromba con il motto sorveglianti della pace e delle armi avrà il significato di quanto c’è in comune tra le opere di guerra e di pace. Ne è autore Claude Paradin. Il gallo che con audacia assale e atterrisce il leone indica la sinderesi del prevalere contro il diavolo che viene detto leone, se essa non è appesantita da un eccessivo peso dei peccati.

Tale Emblema depinxi in suburbano meo cum titulo: cedite fatis. Gallus, et Cycnus simul capientes cibum in vase alabastrino, in quod descendat e caelo manna, nix, et lac: cum verbis, sic animus significat hominem, [271] qui ostendat candorem animi sui, non posse a quavis externa iniuria turbari, nec offendi.

Nella mia casa di campagna ho raffigurato il seguente emblema con la scritta: cedete al destino. Un gallo e un cigno che stanno mangiando insieme da un vaso di alabastro nel quale scenderebbe dal cielo manna, neve e latte: con le parole così l’animo a significare che un essere umano il quale mostra il candore del suo animo non può venir turbato né offeso da qualsiasi oltraggio esterno.


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[1] Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum literis commentarii lib. 24. (Aldrovandi)

[2] E dagli con Afranio! O si tratta di un vizio della tipografia lo scrivere Afranius invece di Africanus, oppure è assai verosimile che si tratti di un errore dalle tinte prettamente aldrovandesche. § Sempre a questo proposito Sesto Giulio Africano e Bolos di Mendes - o Pseudo Democrito - vengono già citati a pagina 242. § La conferma dell'errore Afranius anziché Africanus l'abbiamo da Giovan Pietro Bolzani in Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum literis commentarii lib. XXIV – Securitas Cap. XVI: [...] Siquidem, Africanus in iis, quae de re agraria Constantinus Caesar colligi mandavit, ait, gallinas a fele tutas fore, si Rutae sylvestris ramusculus sub eius alam applicetur. Quin Democritus etiam tradit, eo praesidio munitas: neque a Vulpibus, neque ab infesto quopiam alio animali contingi. (Hieroglyphica, Sive De Sacris Aegyptiorum Aliarumque Gentium Literis Commentarii - Francofurti ad Moenum Sumptibus Christiani Kirchneri, Typis Wendelini Moewaldi, 1678). § Se non bastasse il testo di Bolzani, ecco Geoponica XIV,21 - Ut gallina a fele non laedatur. Africani. Feles gallinas non contingent, si sub alam ipsis ruta sylvestris suspendatur. Similiter autem neque vulpes, neque aliud aliquod animal ipsas continget, et multo magis si vulpis aut felis fel cibo ammixtum exhibueris ut etiam Democritus confirmat. – traduzione di Janus Cornarius. § Anche in Hieroglyphica seu de sacris aegyptorium aliarumque gentium literis commentarii (Lugduni, sumptibus Pauli Frelon, 1602) troviamo Africanus. Se volessimo ammettere che Aldrovandi non poté consultare l'edizione del 1602 dei Hieroglyphica, bensì un'altra edizione meno recente (magari la prima di Basilea del 1556) e che questa riportasse Afranius, dobbiamo tuttavia accettare che il nostro Ulisse coi Geoponica non era assolutamente avvezzo.

[3] Non si capisce cosa c'entri Costantino (il primo imperatore a chiamarsi Costantino fu Costantino il Grande (280-337)) con il geoponico Sesto Giulio Africano. Costui sì che morì dopo il 221, ma servì sotto Settimio Severo (145-211) ed ebbe contatti con Eliogabalo (204-222). Bisognerebbe poterlo chiedere a Bolzani.

[4] Non si emenda con earum in quanto Bolzani scrisse eius.

[5] Ornithologiae tomus alter Liber XIII - Cap. XXII De Coturnice Latinorum - Somnium - pag. 169: Coturnices, inquit Artemidorus [Onirocriticon L.3 c.5], his, qui eas libenter alunt. Nuncios significant per mare affuturos iniucundos, et malos; et per mare quidem: quantum etiamsi ipsae quidem vernaculae regionis incolae sint, tamen per mare accedunt. Iniucundos vero, quod pugnaces sint, et brevis vitae, et in sodalitatibus, et amicitiis, et nuptiis, et vitae commertiis, seditionum, et contentionum significationem habent, et aegrotis, siquidem traijciant, mortem significant propter vitae brevitatem, non traicientes, minus periculum. Sed et ad peregrinationem malae sunt: dolos enim, et insidias, et depraedationem significant. Nam et ipsae e domibus discedentes, in manus incidunt eorum, qui ipsis insidias struunt. (il testo latino non è stato emendato)

[6] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 411: Instantis quod signa canens det gallus eoi, | Et revocet famulas ad nova pensa manus, [...].

[7] Hieroglyphica 1,19: Dimostrando un uigilante o custode, pingono il capo d’un Leone; perche quando uegghia, tiene gli occhi chiusi; ma come ei dorme, aperti: laqual cosa è ueramente segno di uegghiare. Onde non immeritamente [9r] pongono alle porte de i templi li Leoni, come quasi fussero guardiani. - traduzione italiana di Pietro Vasolli da Fivizzano – edito da Gabriel Giolito de’ Ferrari, Venezia, 1547.