Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Ovo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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¶ Ad lithostrota [455] conficienda (qualia vulgo Musaica vocant opera) ex frustulis lapidum diversorum colorum glutino tenaci invicem iunctis, sit maltha (glutinum) perpetua ex calce et suillo adipe, vel pice, aut ovi candido, Cardanus. Qui colores picturarum illustrant, ovi candidum spongia frangunt, donec prorsus tenue et aqueum fiat: quod ita fractum coloribus suis admiscent, ut vulgares etiam pictores. Olim ad adornandos crispandosque capillos albi liquoris ovi usus erat etiam pro iuvenibus, qui nunc puellis relinquitur, Tragus. In fornacibus laterum calx de testis ovorum uritur alchymistis utilis, Idem. ¶ In libro quodam Germanico manuscripto rationem traditam invenio, qua ebur fictitium e testis ovorum fiat. ¶ Non praeteribo miraculum, quanquam ad medicinam non pertinens: si auro liquescenti gallinarum membra misceantur, consumunt illud in se. ita hoc venenum auri est, Plinius[1].

¶ Per confezionare dei lithostrøta - dei pavimenti a mosaico (come quelli che comunemente chiamano lavori Mosaici - come si fa in una nicchia dedicata alle Muse) da frammenti di pietre di colori diversi tenuti insieme da una colla tenace, la malta (la colla) deve essere eterna usando la calce e il grasso di maiale, oppure la pece, oppure il bianco d'uovo, Gerolamo Cardano. Coloro che abbelliscono i colori dei dipinti sminuzzano con una spugna il bianco dell'uovo fino a quando non diventi molto sottile e di densità acquosa: dopo averlo così frantumato lo mescolano ai loro colori, come fanno anche i comuni pittori. Un tempo, per acconciare e rendere crespi i capelli, veniva usato il bianco d’uovo anche da parte dei giovani, che adesso è lasciato alle ragazze, Hieronymus Bock. Nelle fornaci di mattoni viene bruciata la calce tratta dai gusci d'uovo che è utile agli alchimisti, sempre lui. ¶ In un libro tedesco manoscritto trovo che viene riferita la spiegazione del perché il falso avorio venga assemblato a partire dai gusci d'uovo. ¶ Non passerò sotto silenzio una cosa meravigliosa anche se non riguarda la medicina: se all’oro quando sta fondendo vengono mescolati dei pezzi di gallina, lo assorbono in se stessi. Pertanto questo è un veleno dell’oro, Plinio.

Nec minimo sane discrimine refert, Quo gestu lepores et quo gallina secetur, Iuvenalis Sat. 5.[2] Si pingui lacertae, halinitro cyminoque farinam tritici miscueris, gallinae hoc cibo saginatae adeo pinguefaciunt homines, ut disrumpantur, Cardanus. ¶ Coqui ad fercula quaedam ova cochleari conquassare vel agitare solent, ut {undiquaque} <undiqueque> misceantur, Germani dicunt klopffen, hoc est pulsare. Ex lacte (inquit Apicius 7. 10.[3]) lavas pulmones, et colas quod capere possunt, et infringis ova duo cruda. Ova quae non sint recentia veteres appellabant requieta, Brasavolus. Ova vetera vulgo evanida dicuntur, Ferrariae stantia, Latinis requieta, Brasavolus. Ova incocta pro crudis Marcellus dixit[4]. Flos arbuti concavus est tanquam ovum exscalptum ore aperto, Theoph. de hist. 3. 16. Gaza interprete. Graece legitur, ἄνθος κοῖλον ὥσπερ ὠόν ἐγκεκολαμμένον, (forte ἐκκεκολαμμ.) τὸ στόμα δἀνεῳγμένον. Iudaeos aiunt ova aperire parte acutiore, (ut si qua illic gutta sanguinis apparuerit, abstineant:) Italos obtusiore. nostri in latere aperiunt. Grandia praeterea tortoque calentia {foeno} <feno> | Ova adsunt ipsis cum matribus, Iuvenalis Sat. 11[5]. Οὐσίδιον γὰρ καταλιπόντος μοι πατρός, | Οὔτω συνεστρογγύλικα, κἀξεκόκκισα, (id est veluti nucleos e nuce pinea evacuavi,) | Ἐν μησίν ὀλίγοις, ὥσπερ ὠν τις ῥοφῶν, Nicomachus apud Athenaeum[6]. Ματτύα[7] κοινόν ὄνομα πάντων τῶν πολυτελῶν ἡδυσμάτων, ut docet Artemidorus[8] sic scribens de gallina mattya, (εἴ τις, lego περὶ, τῆς ὄρνιθος ματτύης:) Ἐσφάχθω μὲν διὰ τοῦ στόματος εἰς τὴν κεφαλήν, ἔστω δὲ ἕωλος καθάπερ ὁ πέρδιξ. ἐὰν δὲ θέλῃς ὡς ἔχει τοῖς πτεροῖς ἐν τετιλμένην. Et rursus, Καὶ νομάδα παχεῖαν ἕψε, καὶ νεοσσούς τῶν ἤδη κοκκυζόντων. id est Pascalem (libere pascentem) pinguem coque, et pullos iam cucur<r>ientes. Quod si libuerit inter pocula (παρὰ πότον) uti, olera (cocta) in catillum exime, et minutatim concisis gallinae carnes impone, labrusca cum suis acinis aestate aceti loco iuri adiecta, dum coquitur gallina. quam rursus eximes tempestive, priusquam vinacea remittat. haec quidem mattya suavissima fuerit.

¶ Né in verità importa minimamente discriminare con quale gesto le lepri e con quale gesto una gallina venga squartata, Giovenale Satira 5. Se farai una miscela di farina di grano con una lucertola ben pasciuta, con del salnitro e  del cumino, le galline nutrite con questo cibo fanno ingrassare a tal punto gli esseri umani da farli scoppiare, Cardano. ¶ I cuochi per fare delle portate sono soliti sbattere e rimescolare con un cucchiaio le uova in modo che si amalgamino del tutto. I Tedeschi dicono klopffen, cioè pestare. Apicio in De re coquinaria VII,10 dice: Lavi i polmoni con del latte e lasci colare ciò che possono trattenere e rompi due uova crude mettendocele dentro. Le uova che non sono recenti gli antichi le chiamavano requieta - riposate, Antonio Brasavola. Le uova vecchie vengono comunemente dette evanida - prive di forze, a Ferrara stantie, dai Latini requieta, Brasavola. Marcello Empirico disse uova incocta - non cotte - per indicare le uova crude. Il fiore del corbezzolo è concavo tanto quanto lo è un uovo scavato e con il buco aperto, Teofrasto in Historia plantarum III,16 tradotta da Teodoro Gaza. In greco si legge ánthos koîlon høsper øón egkekolamménon (forse ekkekolamménon) tò stóma dè aneøigménon - il fiore è concavo come un uovo rotto con il becco e che ha la bocca aperta. Dicono che i Giudei aprono le uova dal lato più acuto (in modo tale che se in quel punto fosse visibile una goccia di sangue se ne asterrebbero), gli Italiani lo aprono dal lato ottuso. I miei connazionali lo aprono su un lato. Inoltre si trovano uova grandi e calde nel fieno ritorto insieme a coloro che le hanno deposte, Giovenale Satira 11. Ousídion gàr katalipòntos moi patrós, | Oútø synestroggýlika, kaxekókkisa (cioè tolsi i pinoli come se fosse una pigna) | En mësín olígois, øsper øón tis rhophøn - Infatti quando mio padre mi aveva lasciato una piccola proprietà, io così la arrotondai e la snocciolai in pochi mesi, come se fossi stato uno che succhia un uovo, Nicomaco comico in Ateneo. Mattýa koinón ónoma pántøn polyteløn hëdysmátøn - Mattya / mattye è il nome comune di tutti i condimenti sontuosi, come insegna Artemidoro Aristofaneo che così scrive a proposito della gallina mattya (eí tis lo interpreto come perì - a proposito - tës órnithos mattýës - della gallina mattye): Espháchthø mèn dià toû stómatos eis tën kephalën, éstø dè héølos katháper ho pérdix. eàn dè thélëis høs échei toîs pteroîs eân tetilménën. Uccidila con un coltello a partire dalla bocca fino alla testa, conservala fino al giorno seguente come la pernice. Qualora tu lo desiderassi, lasciarla spiumata con le ali così come le ha. E ancora: Kaì nomáda pacheîan hépse, kaì neossoús tøn ëdë kokkyzóntøn, cioè, fanne cuocere una grassa pascolante (che pascola liberamente) e dei pulciotti che già cantano. E se sarà gradito servirsene tra una libagione e l'altra (parà póton), metti in un piattino delle verdure (cotte) e dopo averle sminuzzate mettici sopra la carne della gallina, in estate aggiungendo al brodo della lambrusca coi suoi acini al posto dell'aceto fintanto che la gallina cuoce. Quindi farai attenzione a toglierla dal fuoco per tempo prima che lasci uscire i vinaccioli. In verità questa mattya sarà oltremodo squisita.

Naucratitarum nuptialibus coenis cavebatur, ne quis ovum intulisse vellet aut μελίπηκτα, id est mellita, Caelius ex Athenaeo[9], qui {Hermeam[10]} <Hermiam - Hermeiam> citat authorem. Aegyptii purificationis tempore animatis omnibus et ovis quoque abstinebant, Porphyrius[11]. Pythagoras interdicto illo quo a fabis abstinere (κυάμων ἀπέχεσθαι) iussit, per fabas ova intellexit, a quibus nimirum non alia ratione abstineri voluit quam a quorumvis animalium carnibus, par homini fore scelus existimans in ave aut avis ovo peccanti. Itaque eius discipuli quotidianum illud iactabant, Ἴσον τε (τοι) κυάμους ἔσθειν, κεφαλάς τε τοκων. quod est non differre comedisse ova, et parentum capita. Vocavit autem ovum cyamon, quod quasi κύησις, id est foetura animalis esset, et conceptum eius intra se clauderet, Marcellus Vergilius. Pythagoras abstinere iussit ovis, et quae ex ovis nascuntur animalibus, Laertius. Cyami nomine non aliud intellexisse videtur Pythagoras, quam ovum, quod sit in eo animalium κύησις, id est foetura, Caelius. Plura leges apud Erasmum in Chiliadibus, in symbolo Fabis abstineto. ¶ Huc (ad superstitionem) pertinet, ovorum ut exorbuerit quisque calices cochlearumque, protinus frangi, aut eosdem cochlearibus perforari, Plin. [12] Idem hodie circa ova Bavaria observari Bavarus quidam mihi narravit.

Durante le cene nuziali degli abitanti di Naucrati si faceva attenzione a che qualcuno volesse portarvi un uovo oppure delle melípëkta - delle focacce al miele, cioè le mellita - in latino, Lodovico Ricchieri traendolo da Ateneo che cita lo scrittore Ermia. Gli Egiziani nel periodo della purificazione si astenevano da tutti gli esseri viventi e anche dalle uova, Porfirio. Pitagora con quel divieto con cui prescrisse di astenersi dalle fave (kyámøn apéchesthai) - a causa del favismo, intese le uova al posto delle fave, dalle quali volle senza dubbio astenersi per nessun altro motivo se non per doversi astenere dalla carne di qualsivoglia animale, in quanto riteneva che per un essere umano sarebbe stata una scelleratezza identica il peccare con un uccello oppure con un uovo di uccello. Pertanto i suoi seguaci ripetevano tutti i giorni Íson te (toi) kyámous ésthein, kephalás te tokéøn, cioè, non è diverso aver mangiato uova e le teste dei genitori. In effetti chiamò l'uovo kýamos - fava, derivato forse da kyéø = concepire - in quanto significava per così dire kýësis - concepimento, cioè come se si trattasse di un animale che avrebbe partorito, e racchiudesse dentro di sé il suo prodotto del concepimento, Marcello Virgilio Adriani. Pitagora ordinò di astenersi dalle uova e da quegli animali che nascono dalle uova, Diogene Laerzio. Con la parola kýamos sembra che Pitagora altro non abbia inteso che l'uovo in quanto in esso si troverebbe la kýësis - il prodotto del concepimento, cioè il feto degli animali, Lodovico Ricchieri. Più cose potrai leggere negli Adagia di Erasmo da Rotterdam alla voce Astieniti dalle fave. ¶ Fa parte della superstizione che qualcuno dopo averle sorbite rompe immediatamente il guscio delle uova e delle lumache, oppure che sempre costoro si facciano dei fori con il guscio, Plinio. Un Bavarese mi ha raccontato che la stessa cosa oggi la si può notare a proposito delle uova della Baviera.

h. An obsecro hercle habent quoque gallinae manus? Nam has quidem gallina scripsit, Plautus in Pseudolo[13]. ¶ Quaestio ovum ne prius fuerit an gallina, movetur a Macrobio[14], et a Plutarco in Symposiacis 2. 3.[15] ¶ Traditur quaedam ars gallinarii cuiusdam, dicentis quod ovum ex quaque gallina esset, Plin.[16] Quum ovum inspexerant, quae gallina peperisset dicere (alias discernere) solebant, Cicero lib. 2. Academicarum[17]. ¶ Extat Niciae cuiusdam perelegans tetrastichon, quo ridetur quidam tingendi capilli affectator: qui dum ei rei nimium studet, vitiata cute amiserit capillos omnes, hunc turpiter nudato capite ovum esse factum totum, facetissime Nicias cavillatur: Καὶ δασύς ὤν λίαν ὠόν ἅπας γέγονε, Caelius.[18]

¶ h. Ti supplico, per Ercole, forse che anche le galline hanno le mani? Infatti queste (lettere) le ha scritte certamente una gallina, Plauto in Pseudolo. ¶ La diatriba circa il fatto se è nato prima l'uovo o la gallina viene suscitata da Macrobio - nei Saturnali - e da Plutarco nelle Questioni conviviali. ¶ Si tramanda una certa capacità di un tale pollaiolo il quale diceva che il tale uovo era della tale gallina, Plinio. Dopo aver guardato un uovo, erano soliti dire (cioè individuare) quale gallina l'avesse deposto, Cicerone nel II libro degli Academici priores. ¶ Rimane una raffinata strofa in quattro versi di un certo Nicia - Nicarco - nella quale si deride un tale che desidera tingersi la chioma: ma mentre si dà un gran daffare per riuscirci, avrebbe perso tutti i capelli essendosi alterata la pelle, e che costui, dopo che la testa si era denudata in modo turpe, si tramutò tutto quanto in un uovo: Nicia ci scherza in modo assai spiritoso: Kaì dasýs øn lían øón hápas gégone - Ed essendo troppo peloso è diventato tutto quanto come un uovo, Lodovico Ricchieri.

Scribit Neocles {Crotoniata} <Crotoniates[19]>, ovum ex quo prognata credatur Helena, ex luna delapsum. quippe ova parere Selenetidas mulieres, indeque nascentes homines quinquies decies esse nobis ampliores, quod approbat Herodorus quoque Heracleotes[20], Caelius ex Athenaei lib. 2.[21] Superiora aedium tabulata, quae ὑπερῷα nunc vocant, olim ὤϊα (vel ᾦα) vocabant. et Helena in istis domus partibus nata, ex ovo genita, existimata est, ut Clearchus in Eroticis tradit[22]. Vide plura infra in Proverbiis, Ex ovo prodiit, et, Ovo prognatus eodem.

¶ Neocle di Crotone scrive che l'uovo da cui si crederebbe essere nata Elena sarebbe caduto giù dalla luna. Infatti le donne della luna partoriscono uova e da esse nascono esseri umani che sono quindici volte più grandi di noi, e su questo è d'accordo anche Erodoro di Eraclea, Lodovico Ricchieri lo trae dal II libro di Ateneo. I piani superiori delle case adesso li chiamano hyperøia, una volta li chiamavano øïa (oppure øia). E si pensò che Elena fosse nata in queste parti della casa e che si era schiusa da un uovo, come riferisce Clearco di Soli in Erøtiká. Vedi una maggiore quantità di dati sotto, nei Proverbi, alle voci Uscì da un uovo e Nato dallo stesso uovo.

Ovi somnio thesaurus indicatus, ut supra retuli in b. ex Caelio Rhodigino[23]. Ὠά κρατεῖν ἔσθειν τε σημαίνει λύπας, Suidas.

¶ Sognando un uovo è stato indicato un tesoro, come ho riferito in precedenza nel paragrafo b traendolo da Lodovico Ricchieri. Øá krateîn ésthein te sëmaínei lýpas - Tenere strette le uova e mangiarle preannuncia dei dolori, il lessico Suida.


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[1] Naturalis historia XXIX,80: Non praeteribo miraculum, quamquam ad medicinam non pertinens: si auro liquescenti gallinarum membra misceantur, consumunt id in se; ita hoc venenum auri est. At gallinacei ipsi circulo e ramentis addito in collum non canunt.

[2] Satira V,123-124: [...] nec minimo sane discrimine refert | quo gestu lepores et quo gallina secetur.

[3] De re coquinaria VII,10: iecinera sive pulmones - 1. Iecinera haedina vel agnina sic coques: aquam mulsam facies, et ova, partem lactis admiscis eis ut incisa iecinera sorbeant. coques ex oenogaro, piper asperso et inferes. - 2. Aliter [iecinera] in pulmonibus: ex lacte lavas pulmones et colas quod capere possunt, et infringis ova dua cruda, salis grana pauca, mellis ligulam, et simul commiscis et imples pulmones. Elixas et concidis. Teres piper, suffundis liquamen, passum, merum. Pulmones confrigis et hoc oenogaro perfundis.

[4] De medicamentis empiricis, physicis ac rationalibus liber.

[5] Satira XI,70-71: Grandia praeterea tortoque calentia feno | ova adsunt ipsis cum matribus, et servatae [...].

[6] Deipnosophistaí II,50,58a. Non sono disponibili notizie biografiche di Nicomaco comico, come possiamo dedurre da The Poets of Greece di Edwin Arnold (1869). § L'edizione dei Dipnosofisti di Georgius Kaibel (1887) riporta il seguente testo: Οὐσίδιον [γρ] μοι καταλιπόντος τοῦ πατρός, | οὔτω συνεστργγυλα κἀξεκόκκισα |  ν μησὶν ὀλίγοις ὥσπερ ᾠόν τις ῥοφῶν. La traduzione inglese di C.D. Yonge (Londra, 1854) rispecchia maggiormente il testo greco citato da Gessner: For when my father had left me a very little property, | I scraped it so, and got the kernel out of it | In a few months, as if I had been a boy sucking an egg.

[7] Termine verosimilmente di origine macedone del quale ricorrono altre due forme: ματτύα (anch'esso femminile come ματτύη) e ματτύης (maschile).

[8] Deipnosophistaí XIV,84,663d. In base a quanto riferisce Ateneo, Artemidoro ne parla in Ὀψαρτυτικαῖς γλώσσαις, Linguaggi dei cuochi.

[9] Deipnosophistaí IV,32,150a.

[10] In greco Ἑρμείας, che però viene abitualmente latinizzato in Hermias. Si emenda Hermeam con Hermiam, concedendo a Gessner un eventuale Hermeiam, che tuttavia non corrisponde alla latinizzazione del dittongo greco ει in i. § Hermias fortasse Samius, Hermodori filius. (Athenaei Naucratitae Dipnosophistarum libri XV, recensuit Georgius Kaibel, 1887) § Hermeias of Methymna in Lesbos, the author of a history of Sicily, the third book of which is quoted by Athenaeus (x. p. 438); but we know from Diodorus Siculus (xv. 37) that Hermeias related the history of Sicily down to the year BC 376, and that the whole work was divided into ten or twelve books. Stephanus Byzantius (s. v. Χαλκίς) speaks of a Periegesis of Hermeias, and Athenaeus (iv. p. 149) quotes the second book of a work Περὶ τοῦ Γρυνείου Ἀπόλλωνος, by one Hermeias, but whether both or either of them is identical with the historian of Sicily is quite uncertain. (Dictionary of Greek and Roman biography and mythology, William Smith, Boston, 1867)

[11] De abstinentia ab animalibus IV,7.

[12] Naturalis historia XXVIII,19: Huc pertinet ovorum, quis exorbuerit quisque, calices coclearumque protinus frangi aut isdem coclearibus perforari.

[13] Pseudolus 27-28 - Pseudolus: An, opsecro hercle, habent quas gallinae manus? | Nam has quidem gallina scripsit.

[14] Saturnalia, VII,16: [...] quin potius, si quid callet vestra sapientia, scire ex vobis volo, ovumne prius extiterit an gallina? [...] Aut enim gradiuntur animantia aut serpunt aut nando volandove vivunt. In gradientibus lacertae et similia ex ovis creantur: quae serpunt ovis nascuntur exordio: volantia universa de ovis prodeunt excepto uno quod incertae naturae est: nam vespertilio volat quidem pellitis alis, sed inter volantia non habendus est qui quattuor pedibus graditur formatosque pullos parit et nutrit lacte quos generat: nantia paene omnia de ovis oriuntur generis sui, crocodilus vero etiam de testeis, qualia sunt volantium.

[15] Symposia (Quaestiones conviviales), II 3,1 sgg. (= pag. 635D sgg.)

[16] Naturalis historia X,155: Traditur quaedam ars gallinarii cuiusdam dicentis, quod ex quaque esset. § Potrebbe trattarsi di uno degli allevatori di Delo, come afferma Cicerone nella citazione successiva

[17] Academici priores II,86: An tibi erit quaerendus anularius aliqui, quoniam gallinarium invenisti Deliacum illum, qui ova cognosceret?

[18] Il brano è attribuito a uno dei due epigrammatisti greci di nome Nicarco oggi presenti nell'Antologia Palatina. § Nicarco - in greco Νίκαρχος: nome di due epigrammisti greci, considerati per lungo tempo uno solo, ma diversi per età e stile. Il più antico (sec. I aC) è presente nella Corona di Meleagro di Gadara; il secondo (sec. I dC), autore di 40 epigrammi satirici, è contemporaneo di Marziale e probabilmente è quello etichettato come Nicias da Lodovico Ricchieri a pagina 813 di Lectiones antiquae (1516). § Ecco i dati in inglese relativi al secondo Nicarco. Nicarchus or Nicarch was a Greek poet and writer of the first century AD, best known for his epigrams, of which forty-two survive under his name in the Greek Anthology, and his satirical poetry. He was a contemporary of, and influence on, the better-known Latin writer Martial. A large proportion of his epigrams are directed against doctors. Some of his writings have been found at Oxyrhynchus in Egypt.

[19] Nulla è noto di questo Neocle (forse un pitagorico) eccetto quanto viene riferito da Ateneo. Crotone è la città portuale, capoluogo di provincia della Calabria, situata su un promontorio della costa del mar Ionio, nella vasta regione collinare del Marchesato.

[20] Erodoro di Eraclea sul Ponto fu uno scrittore greco che fiorì intorno al 400 aC. Ci restano frammenti di una sua Storia di Eracle (in 17 libri), primo esempio di romanzo pragmatico in cui sono riferite notizie geografiche, scientifiche, astronomiche e mitologiche. Fu autore anche di varie altre opere mitografiche.

[21] Deipnosophistaí II,50,57f.

[22] Questo brano è tratto, come il precedente, da Deipnosophistaí II,50,57e-f.

[23] A pagina 452, traendolo dal lessico Suida che lo riporta dal libro degli oracoli di Crisippo. § Lodovico Ricchieri Lectiones antiquae (1516) pagina 755: Et ad Coniectorem detulit quidam, somniasse se, Ovum pendere ex fascia lecti sui cubicularis, Respondit is, latere sub lecto infossum thesaurum. Fodit, auri aliquantulum invenit, Idque argento circumdatum. Coniectori misit de argento, quantum est visum. Tum ille, nihil ne inquit, de Vitello?