Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
revisione dell'ebraico di Padre Emiliano Vallauri OFM Cap

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Cum [187] enim alii omnes Gaber virum exposuissent: ipse unus Gallum interpretatus est, hac sententia: sicut Gallus Gallinaceus humero portatoris de alio loco {tuo} <te> leviter asportabit. Ego autem idem verbum eodem modo expositum, post offendi a Salamone Iario: neque sane Camius eam expositionem silentio praeterit, quam citat inter alias ex Dras. Ac ne illud quidem pigebit admonere, apud Salomonem[1], ubi in vulgata lectione latina legitur, viam viri in adolescentula, expositum similiter legi in Medras Misle de Gallo Gallinaceo: idque mihi mirum in primis esse visum. Nam quod sequitur in adolescentula, eam expositionem, nisi animi fallor, plane convellit. Ego sane, quod bona eorum interpretum venia dictum sit, id verbum nusquam eam vim habere arbitror: praesertim cum praecedat verbum Taltela, quod formam habet nominis, ut grammatici loquuntur, absoluti. Iam illud quoque nonnihil est, quod Hebraeos peritiores aliter accipere eum locum constat. David certe Camius, qui, quae lingua aliarum linguarum princeps est, eius ipse linguae princeps inter suos interpretes censetur, in commentariis ad eum locum, Meo animo, inquit, Gaber est positum in casu vocativo, et est ordo, ac sensus: o vir ecce Dominus transportabit te transportatione. Vocat autem eum virum propter superbiam ac fastum. Hactenus I. Drusius. Verum praeterquam quod ipse fatetur, Salomonem Iarium ita vertisse, et Camium eandem expositionem ex Dras citare, quidam etiam alii תרנגולא tarnegula, id est, Gallum Gallinaceum exponunt, teste David Kimhi, Thargum Ierosolimitanum pro גבר מעציון  ויסעו  Vaishu mhesion gaber, id est, Et profecti sunt de Etzion gaber, quod legitur Numer. 33.[2] habetתרנגולא ונתלו מכיר Vunetalu micherach tarnegola, id est, Et profecti sunt autem ab arce Galli, ut legere est in dictionario Syrochaldaico Guidonis Fabricii Boderiani: Itaque meo iudicio et Gallus, et vir traduci possit, cum vir a virtute, seu robore dicatur, et animi vigore, quo Gallus inter sui generis volucres egregie praeditus est.

Mentre infatti tutti gli altri avevano tradotto Gaber con uomo - maschio, lui solo - San Girolamo - lo tradusse con gallus con questa massima: come il Gallus Gallinaceus sulla spalla di chi lo porta ti porterà via con facilità da un altro luogo. A mia volta mi sono successivamente imbattuto nella stessa parola tradotta allo stesso modo da Salamon Iarius: e in verità neppure Camius ha passato sotto silenzio quell’interpretazione, che cita tra altre da Dras. E non sarà neppure vergognoso richiamare alla memoria quello che in Salomone - libro dei Proverbi - dove nella versione latina della Volgata si legge la via dell’uomo in una ragazza, ho letto tradotto in modo simile in Medras Misle a proposito del gallo: e ciò mi è parso essere innanzitutto strano. Infatti quello che avviene dopo nella ragazza, se non m’inganno, sovverte del tutto quell’interpretazione. Io in verità, sia detto con il benevolo assenso di quegli interpreti, credo che quella parola in nessuna occasione ha un simile significato: soprattutto perché la parola taltela viene prima, e, come dicono i grammatici, ha la forma di un termine assoluto. Senz’altro è di qualche importanza anche il fatto che, a quanto si sa, gli Ebrei più esperti interpretano altrimenti quel passo. Senza dubbio David Camius che, come quella lingua è la più autorevole di tutte le altre lingue, egli stesso è ritenuto il più insigne tra gli interpreti di quella lingua, nei commenti a quel passo dice: a mio avviso gaber è posto al vocativo, e c’è una successione e un significato: O uomo, ecco il Signore ti deporterà con la migrazione. D’altra parte lo chiama uomo a causa della superbia e dell’arroganza. Fin qui Iohannes Drusius. Ma oltre al fatto di dichiarare che Salomone Iarius ha tradotto in questo modo, e che Camius cita da Dras la stessa interpretazione, anche alcuni altri traducono tarnegula, cioè, gallo, come testimonia David Kimhi, il Targum di Gerusalemme invece di Vaishu mhesion gaber, cioè E sono partiti da Etzion gaber, che si legge in Numeri 33, riporta Vunetalu micherach tarnegola, cioè, E invece sono partiti dalla fortezza del gallo, come è possibile leggere nel dizionario siro-caldeo di Guy le Fèvre de la Boderie: pertanto a mio giudizio potrebbe essere tradotto sia gallo sia uomo, dal momento che l’uomo - vir - prende il nome dalla forza – virtus - o dalla robustezza - robur = quercia, e dalla gagliardia dell’animo, di cui il gallo tra gli uccelli della sua specie è straordinariamente dotato.

Pro Gallo item in dictionario trilingui legitur הבור habur, et נרגל nergal, quarum vocum prior ad Gaber accedit, posterior ad Tarnegul תרנגול, pro qua voce Syre legitur תרנגולא Tarnagola Gallus avis: Iob. 3. Matth. 26. Marc. 14. et Ioan. 18. et דדהבא  תרנגלא Tarnagela dedava, Gallus aureus, Ester. 1. in Thar. Ierosol. et תרנגולד Tarnegoled Gallina, et ברא תרנגולדא Tarnegola bara, Gallus sylvestris<,> idem ברא תרנגול tarnegol bara, Iob. 38. et Psal. 50. et תיבר תרנגולת tarnegoled thibur, Gallus Gallinaceus in plurali<,> מקרכרון תרנגולין tarnegolin mecharcherin, Galli crocitantes[3]. דוכיפת duchifad vox Hebraica in dictionario Syrochaldaico, ex quo pleraque nomina istaec excerpsimus, Gallus sylvestris exponitur. אכבא acava idem est, quod tarnegul, id est Gallus, aut secundum alios est כלב זקן, id est vetulus canis, sive l<a>elaps[4] canis venaticus Proverb. 30[5] Compluten[6].<.> אורא aura, quod Aruc דס das exponit bestiae nomen. תורא נגר  nagar tura Gallus sylvestris vertitur, vel, ut R. Serira Ghaon ait, Gallus montanus, vel ut alii, Upupa. Saracenis, Gallum, quidam hodie Dic appellari literis prodidit, Gallinam vero eisdem Tefese dici alicubi legimus. Avicennae caput 296. lib. 2. inscribitur Giaziudiuch, ubi interpres vertit de Gallinis, et Gallo. Aducasugeg Sylvatico, vel, ut vetus Avicennae Glossographus habet, Aduzaruzegi, velut Gentiles[7] legit, Aducarucegi (hinc vel inde enim eam vocem hausisse videtur) Gallus, vel Gallina est. Furogi vero, vel Furogigi Gallus tantum. Sed forte ea vox mustelae sylvestri, quam Galli furo[8] dicunt potius conveniet, quasi furo gigeg (ad quam vocem, quae eidem Sylvatico Gallum, vel Gallinam significat posteriores duae syllabae gigi nempe non male accedunt) id est furans sive insidians Gal<l>inis quod et animali quasi proprium est. Alibi etiam apud eundem legitur Digegi, ut apud Serapionis interpretem Digedi. Alfrach Arabice non est commune ad omnes pullos, et quandoque dicitur de Gallina iuvene, quae nondum ova peperit, teste Andrea Bellunensi, sed absolute prolatum significat pullum Colombinum, qui nondum volare potest. Et alibi scribit Alpheti[9] Gallinas esse secundum expositores Arabes, esseque eas, quae nondum pepererunt ova.

Parimenti nel dizionario trilingue per gallus si legge habur e  nergal, e di queste parole la prima assomiglia a gaber, la seconda a tarnegul, vocabolo per il quale in siriaco si legge tarnagola, l'uccello gallo: Giobbe 3, Matteo 26,<34>, Marco 14,<30> e Giovanni 18,<27>, e tarnagela dedava, gallo d’oro, Ester 1 nel Targum di Gerusalemme e tarnegoled gallina, e tarnegola bara, gallo selvatico, lo stesso Targum tarnegol bara, Giobbe 38 e Salmi 50, e tarnegoled thibur, gallo al plurale, tarnegolin mecharcherin galli gracchianti. La parola ebraica duchifad nel dizionario siro-caldeo, dal quale abbiamo tratto la maggior parte di questi nomi, viene interpretata gallo selvatico. Acava è la stessa cosa di tarnegul, cioè gallo, o secondo altri è כלב זקן cioè un cane vecchiotto, o laelaps un cane da caccia in Proverbi 30 della Bibbia Poliglotta Complutense. Aura, che Aruc interpreta come das, nome di una belva. Nagar tura viene tradotto con gallo selvatico, oppure, come dice Rabbi Serira Ghaon, gallo di montagna, oppure, come altri, upupa. Qualcuno ha riferito che oggi il gallo, in caratteri saraceni - arabi, viene detto dic, e da qualche parte abbiamo letto che negli stessi caratteri la gallina viene detta tefese. Il capitolo 296 del II libro di Avicenna si intitola Giaziudiuch, dove il traduttore traduce Relativo alle galline e al gallo. In Matteo Silvatico aducasugeg, o, come riporta l’antico glossografo di Avicenna, aduzaruzegi, o aducarucegi come legge Gentiles (infatti sembra abbia attinto tale parola da questa o da quella) è il gallo oppure la gallina. Però furogi, o furogigi è solamente il gallo. Ma forse questa parola si adatterà piuttosto alla faina - alla donnola selvatica, che chiamano furo di gallo, pressapoco furo gigeg (parola alla quale, che per lo stesso Silvatico significa gallo o gallina, le ultime due sillabe, gigi appunto, non si accostano male) cioè ladro o assalitore di galline, cosa che per giunta è per così dire caratteristica dell’animale. Presso lo stesso Silvatico da qualche parte si legge anche digegi, come digedi presso l’interprete di Serapione - Gherardo da Cremona? Andrea Alpago?. In arabo alfrach non è di uso comune per tutti i pulcini, e talora lo si dice a proposito di una gallina giovane che non ha ancora deposto uova, come testimonia Andrea Alpago, ma detto in modo assoluto - senza legami con la frase - significa pulcino di colombo che non può ancora volare. E in un altro punto scrive che secondo gli interpreti arabi alpheti sono le galline, e che sono quelle che non hanno ancora deposto uova.

Quod ad Graecam nomenclaturam attinet, ea, ut subinde patebit, varia admodum est, etsi apud vetustissimos Graecos nomen nullum peculiare inveniamus, sed communi ὄρνιθες vocabulo hanc speciem significasse, unde etiam Myrtilus apud Athenaeum[10] solas Gallinas ὄρνιθας, et ὀρνίθια appellat. Quia tamen apud recentiores, qui post Aristotelem floruerunt, multa, ut dixi, synonyma reperiantur, visum est ea ordine alphabetico prosequi, ut omnis vitetur confusio.

Per quanto riguarda la nomenclatura greca, come subito dopo risulterà evidente, essa è molto varia, anche se presso i più antichi Greci non troviamo alcun nome peculiare, in quanto designarono questa specie con il comune vocabolo órnithes, per cui anche Mirtilo in Ateneo chiama solo le galline órnithas e orníthia - uccelletti. Tuttavia, poiché, come dissi, presso i più recenti che fiorirono dopo Aristotele si rinvengono molti sinonimi, mi è parso opportuno esporli in ordine alfabetico, affinché venga evitata qualsiasi confusione.

Aristoteles, eumque secuti alii ὄρνιν, vel ὄρνιθα communiter de quavis volucre dicunt: nonnulli vero recentiores Graeci privatim de Gallo, Gallinaque. Aristoteles Gallum ἀλεκτρυόνα vel ἀλέκτορα vocat, Gallinam ἀλεκτορίδα. Aristophanes ἀλέκτορας, qui mares sint, ἀλεκτρύαινας, quae faeminae, ἀλεκτρυόνας utrumque continere ludens in comedia monstravit[11].

Aristotele, e altri che sono venuti dopo di lui, comunemente dicono órnin oppure órnitha per qualunque uccello: però alcuni Greci più recenti specialmente per il gallo e la gallina. Aristotele chiama il gallo alektryóna oppure aléktora, la gallina alektorída. Aristofane, scherzando, in una commedia ha dimostrato che aléktoras sono i maschi, alektrýainas le femmine, e che alektrnas li abbraccia ambedue.


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[1] Liber Proverbiorum cap. 30. (Aldrovandi) - Confronta Proverbi 31,19: Viam viri in adulescentula - Il sentiero dell’uomo in una giovane.

[2] In Numeri 33 si indicano le sorti degli Ebrei in fuga dall’Egitto: nella Vulgata il nome che più si avvicina a Etzion sembra in 33,30: profectique de Hesmona, oppure 35: egressique de Ebrona.

[3] Il passo è introvabile. In Job 38,41 si legge: quando pulli eius (scilicet corvi) clamant.

[4] Laelaps: the name of a dog in Ovid Metamorphoses 3..211; 7.771. (Lind, 1963)

[5] Confronta Proverbi 30,31 gallus succinctus.

[6] Verosimilmente si tratta della Bibbia Poliglotta Complutense edita in Spagna a Complutum - Alcalá de Henares – grazie a Francisco Jiménez de Cisneros.

[7] In expositione verborum. (Aldrovandi)

[8] Sappiamo che il classico ladro di polli è rappresentato da un mustelide: la faina. Qui Aldrovandi si abbandona quasi scherzosamente a un gioco di parole, senza però alcun intento etimologico, riguardo a quell’altro mustelide che è il furetto. Il sostantivo furo, furonis, solo in Isidoro significa furetto, la cui etimologia ci è fornita appunto da Isidoro in Etymologiae  XII,2: “Furo a furvo dictus; unde et fur. Tenebrosos enim et occultos cuniculos effodit, et eicit praedam quam invenerit. - Furetto trae il nome da tenebroso, da cui deriva anche ladro. Infatti scava delle gallerie tenebrose e nascoste, e stana la preda che vi abbia trovato.” Le argomentazioni etimologiche di Isidoro potrebbero essere contestate in alcuni punti, ma non è questa la sede per farlo. Ciò che conta è che l’antico e classico nome latino per il furetto è viverra, ae, come per esempio in Plinio Naturalis historia VIII, 217.

[9] cfr. anche Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 415: Gallinae alfethi, secundum expositores Arabes, sunt gallinae quae nondum pepererunt ova, Andrea Bellunen.

[10] IX,15,373a.

[11] In greco ὁ ἀλεκτρυών è il gallo, ἡ ἀλεκτρυών la gallina, ὁ ἀλέκτωρ è il gallo, anche il marito; dal primo vocabolo, per coniazione comica, Aristofane in Nuvole 666 riporta ἡ ἀλεκτρύαινα, che viene tradotto con gallessa.
le nuvole di Aristofane - traduzione di Ettore Romagnoli - Lesina = Strepsiade – Tirchippide = Fidippide - [...] socrate: Altro devi imparar, prima di questo: quali sono i quadrupedi di genere mascolino! lesina: Eh, lo so, che sono scemo? Il capro, il becco, il toro, il cane, il pollo... socrate: Vedi che ti succede? Chiami pollo la femmina ed il maschio, al modo stesso! lesina: E come? socrate: Come? Dici pollo e pollo! lesina: Pel Dio del mare! e adesso, come devo chiamarli? socrate: L'uno pollo, e l'altra polla! lesina: Corpo dell'aria, bene! Polla! Voglio riempirti la madia di farina sol per questo problema! socrate: Siam daccapo! Il problema, ch'è maschio, me lo fai diventar donna! [...] lesina (Esce tenendo un pollo in ciascuna mano; e mostra l'un d'essi a Tirchippide): Vediamo! Tu come lo chiami, questo? tirchippide: Pollo! lesina: Benone. E questa? tirchippide: Pollo! lesina: Un nome per tutti e due? Vuoi farti canzonare! Non ci cascare più, d'ora in avanti: questo chiamalo pollo, e questa, polla! tirchippide: Polla! E codesta bella roba, sei stato ad imparare da quei trogloditi? [...] pascione (Al testimonio): Che credi che farà? Che pagherà? lesina (Torna con un pollo in mano): Dov'è quello che vuole i miei quattrini? (Mostra a Pascione il pollo) Dimmi, questo che è? pascione: Che è? È un pollo! lesina: E mi chiede quattrini, un uomo fatto a questo modo? Una polla la chiami pollo? Tu non li vedi i miei quattrini!