Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

304

 


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Albuminis ovorum singularis ubique fere terrarum usus est ad agglutinandum, quemadmodum item apud veteres, [304] uti ex Plinio in primis habemus: Aurum, inquit[1], marmori, et iis quae candefieri non possunt, ovi candido illinitur: Et alibi[2]. Candidum ex ovis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta. Vis vero tanta est, ut lignum perfusum ovo non ardeat, ac ne vestis quidem contacta aduratur. Et rursus[3]: Aurum ovatum ex Grammaticis quidam dictum volunt, quoniam ovi albo antea illito, aera, ac marmora auri, et argenti laminis decorarentur. Quinim<m>o Cardanus tradit ad {lithostrata} <lithostrota> conficienda (qualia vulgo musaica vocant opera) ex frustulis lapidum diversorum colorum glutino tenaci invicem iunctis, fieri maltham (glutinum) perpetuam ex calce, et suillo adipe, vel pice, aut ovi candido.

Quasi ovunque sulla terra esiste un impiego straordinario dell’albume d’uovo come adesivo, e possiamo apprendere in primo luogo da Plinio che se ne servivano anche gli antichi per lo stesso scopo: egli dice: L’oro viene steso sopra al marmo e a quelle cose che non possono essere rese incandescenti servendosi del bianco d’uovo. E in un altro punto: Il bianco d’uovo mischiato alla calce viva incolla i frammenti di vetro. In verità tanta è la sua forza che il legno cosparso di uovo non prende fuoco e neanche un vestito inumidito con l’uovo riesce a bruciare. E l’Ornitologo soggiunge: Alcuni grammatici sono dell’avviso che l’oro all’uovo abbia preso il nome dal fatto che i bronzi e i marmi venivano decorati con lamine di oro e di argento dopo aver prima spalmato del bianco d’uovo. Anzi, Gerolamo Cardano riferisce che viene confezionata una malta (una colla) eterna usando la calce e il grasso di maiale, oppure con pece o con bianco d’uovo, per assemblare le pavimentazioni (come quelle opere d’arte che comunemente chiamano a mosaico) costituite da frammenti di pietre di colori diversi tenuti insieme da una colla tenace.

Pharmacopolae longe ad alium usum albuminibus ovorum utuntur, ut scilicet serapia, et alias potiones clariores reddant: quod ita praestant{;}<:> albumina ex aqua frigida agitant scopulis, donec in spumam abeant, quam particulatim syrupo, vel alteri decocto ferventi inspergunt, et ubi {ferbuerit} <nigruerit>[4], cochleari foraminolento deradunt, novam inspergunt, id faciunt, donec sit syrupus clarior. Alii ubi ex bullis clarius decoctum vi ignis factum animadvertunt, in id tepidum (nam calidius decoctum albumina coqueret, in frigidiore minus prompte, et parcior spuma elicitur) albumina singulis libris singula, sed etiam pluribus pauciora inijciunt, scopulis agitant, ut spumesca{n}t[5], {saccharum} <saccharon> in particulas confractum conijciunt, recoquunt: ubi spuma subsidit, igni aufertur, <colatur[6]> per manicam[7] Hippocratis, melius autem per pannum clavis quatuor, angulis quatuor firmatum. Colatur autem ter, quater si non satis claruerit: si ne sic quidem{;}<,> albumen {separatum} <separatim[8]> in aqua agitatum scopulis inspergitur decocto igni reddito, spuma illa usta, alia inijcitur, idque toties donec bullae clarum satis produnt. Tunc colatur quoties est necesse.

Gli speziali si servono degli albumi d’uovo per ben altro uso, cioè per rendere più limpidi gli sciroppi - vedi serapium - e altre pozioni: e lo fanno nel modo seguente: con degli scopini agitano gli albumi in acqua fredda fino a quando si sono trasformati in una schiuma che aggiungono poco a poco a uno sciroppo o a un altro decotto mentre sta bollendo e quando è diventata scura la asportano con un cucchiaio bucherellato, ne aggiungono dell’altra, e continuano a fare così fintanto che lo sciroppo è diventato più limpido. Altri, quando attraverso le bolle si accorgono che il decotto si è fatto più limpido grazie all’energia del fuoco, quando è diventato tiepido (infatti un decotto più caldo cuocerebbe gli albumi, in uno più freddo la schiuma si produce meno rapidamente e in quantità minore) aggiungono a ogni libbra [327,45 g] di decotto un albume, ma ne aggiungono anche di meno a parecchie libbre, agitano con degli scopini affinché faccia la schiuma, vi mettono dentro dello zucchero finemente sminuzzato, fanno bollire di nuovo: quando la schiuma si abbassa, viene tolto dal fuoco, viene colato attraverso una manica conica in flanella di Ippocrate, meglio ancora attraverso un panno fissato ai quattro angoli con quattro chiodi. Infatti viene colato tre o quattro volte se non è diventato limpido a sufficienza: se non è così, sul decotto rimesso sul fuoco viene versato dell’albume sbattuto separatamente in acqua con gli scopini, quando questa schiuma si è consumata, se ne aggiunge dell’altra, e si fa ciò tante volte fin quando le bolle rivelano che è limpido a sufficienza. Quindi viene colato tante volte quanto è necessario.

Antiquitus etiam vina sua albuminibus ovorum clarificabant: Hinc apud Horatium[9] legimus:

Surrentina vafer, qui miscet faece falerna

Vina, Columbino limum bene colligit ovo,

Quatenus ima petit volvens aliena vitellus.

Nei tempi antichi rendevano limpidi i loro vini con gli albumi d’uovo. Per questo in Orazio leggiamo:

Il furbacchione che mescola i vini di Sorrento con la feccia del Falerno, raccoglie con cura il deposito con un uovo di colombo, in quanto il tuorlo avviluppando le sostanze estranee si dirige verso il fondo.

Vinum, inquit Nicolaus Myrepsus, ut pellucidum confestim fiat: Alba ovorum conijce in vas, quotquot suffecerint, et albumen quoad spumat, concutiatur<.>[10] cum vino, et modicum salis albi, tenuis, et fit album. Cuius rei Albertus[11] hanc rationem assignat, nempe quoniam vitellus ovi naturam habet cognatam cum faece vini, et albugo cum vino, ideo fit, inquit, quod cum ova immittuntur vino (turbato per aestatem propter calorem austrinum) cum arena, et calce clarificatur vinum: nam arena et calx perforant (penetrant) vini substantiam, et vitellus attrahit faecem. Utrum vero vitello ea vis sit, subdubito, etsi id Ornithologus alioqui etiam affirmet, ac Albertus rursum alibi vitellum panni sordes abstegere scribat, sed nisi in plenilunio exclusi ovi, et non aliter, si diis placet: at quid obsit, quaeso, quod vel in crescente Luna, vel in decrescente nati ovi vitellum praestare prohibeat? Nunquam enim mihi persuaserim veram esse rationem, quam ex aliis idem Albertus adducit; nempe quia media saginata (sic habet codex impressus, forte sanguinea) gutta in vitello prima quidem generatione existens, calorem penetrantem, et dividentem maculas ex multo lumine Lunae humidum movente tunc concipit, quod alio tempore facere nequit.

Nicolaus Myrepsus dice: Affinché il vino diventi chiaro molto in fretta metti in un recipiente tanti bianchi d’uovo quanti basteranno e l’albume venga sbattuto fino a quando fa la schiuma. Con il vino mettici anche un pochino di sale fino bianco, e il vino diventa bianco. Alberto Magno attribuisce il seguente motivo a tale fenomeno dicendo: evidentemente in quanto il tuorlo d’uovo ha una composizione che ha affinità con la feccia del vino e l’albume con il vino, e pertanto accade che quando le uova vengono messe nel vino (che durante l’estate è intorbidito a causa del calore dovuto ai venti meridionali) insieme a sabbia e a calce, il vino diventa limpido: infatti la sabbia e la calce perforano (penetrano) i costituenti del vino e il tuorlo attrae la feccia. Ma nutro qualche dubbio sul fatto che il tuorlo possegga tale capacità, nonostante anche l’Ornitologo del resto lo affermi, e Alberto a sua volta scriva in un altro punto che il tuorlo elimina la sporcizia di un tessuto, ma solo se è di un uovo deposto durante il plenilunio, e non altrimenti, se piace agli dei: ma per favore, che cosa c’è che impedisce al tuorlo di un uovo deposto in luna crescente o calante di essere efficace? Infatti non sono mai stato convinto che è vero il motivo che lo stesso Alberto adduce traendolo da altri, e cioè in quanto la goccia centrale nel tuorlo ingrassata (così riporta il testo stampato, forse sta per sanguigna) che si forma all’inizio del concepimento, allora produce un calore che penetra e dissolve le macchie grazie alla grande quantità di luce della luna che smuove l’umidità, cosa che non può fare in un altro periodo di tempo.

Qui colore picturam illustrant, ovi candidum spongia frangunt, donec prorsus tenue, et aqueum fiat: quod ita fractum coloribus suis admiscent, ut vulgares etiam pictores. Olim ad ornandos, crispandosque capillos albi liquoris ovi usus erat etiam pro iuvenibus, qui nunc puellis tantum relinquitur.

Coloro che abbelliscono un’immagine con il colore frantumano il bianco d’uovo con una spugna fintanto che non è diventato del tutto sottile e acquoso: dopo averlo così frantumato lo mescolano ai loro colori, come fanno anche i comuni pittori. Un tempo per acconciare e rendere crespi i capelli veniva usato il bianco d’uovo anche da parte dei giovani, che adesso è lasciato solamente alle ragazze.

INSIGNIA. ICONES. NUMISMATA.

EMBLEMI - IMMAGINI - MONETE

Pausanias[12] prodidit in arce Elidis Minervae fanum fuisse, signumque auro, et ebore fabricatum idque Phidiae opus extitisse: Deae vero cassidi Gallinaceum Gallum insistere: quod, ut opinor, haec avis omnium volucrum pugnacissima sit, vel quod Minervae cognomento Erganae sacra habeatur. Tradit item aliter[13]. Idomeneum Minois nepotem a Pasiphaë Solis filia oriundum in scuto Gallum Gallinaceum pro insigni usum fuisse. Et quamvis Pausanias eum id factitasse credat, ut originem iactitaret suam a Deo Apolline nimirum, cui Gallus quoque ut docuimus, erat consacratus, quod cantu suo Solis ortum annunciet, quis tamen haud inepte coniecerit, alitis pugnacitatis, et magnanimitatis imitandae causa ducem illum, cuius praestantiam in bello decantat Homerus, eiusmodi insigne in scuto tulisse: quod Danos, Alanosque non factitasse duntaxat diximus[14], sed sibi nomen etiam ab ipso Gallo desumpsisse. Cyrum insuper narrat Alex. ab Alexandro[15] aureum Gallum lanceae affixum militi in acie pro vexillo ex<h>ibuisse, haud dubio, ut alitem sequeretur, cui unicus scopus est in praelio victoria potiri, et pro libertate dimicare. Sed Plutarchus[16] Artaxerxem Persarum regem attestatur Cyri Iunioris percussori ex Caria virtutis tale contulisse praemium, ut in prima acie Gallum aureum in hastae gestaret apice. Unde factum est, ut Cares [305] omnes Gallos[17] pro conis haberent, ut idem Plutarchus ibidem scribit.

Pausania il Periegeta ha tramandato che sull’acropoli di Elide c’era un tempio di Minerva e una statua costruita in oro e avorio e che era un’opera di Fidia e sull’elmo della dea stava ritto un gallo: in quanto, a mio avviso, questo volatile è il più combattivo di tutti gli uccelli, oppure perché viene ritenuto sacro a Minerva soprannominata Ergana - ergánë, l’industriosa. Parimenti in un altro punto racconta che Idomeneo, nipote di Minosse e discendente di Pasifae figlia del Sole, si servì del gallo come emblema sullo scudo. E anche se Pausania crede che abbia fatto ciò allo scopo di vantare la sua origine, ovviamente dal dio Apollo, al quale il gallo, come abbiamo riferito, era pure sacro, in quanto col suo canto annuncia il sorgere del sole, tuttavia chi non sarebbe stato in grado di dedurre in modo per nulla errato che quel condottiero, del quale Omero decanta il talento in guerra, recò sullo scudo siffatto emblema a causa della combattività del volatile e per imitarne il coraggio: abbiamo detto che i Danesi e gli Alani non solo erano soliti fare ciò, ma che hanno tratto il loro nome dal gallo stesso. Inoltre Alessandro Alessandri racconta che Ciro il Giovane durante la battaglia esibì come vessillo a un soldato un gallo d’oro fissato a una lancia, senza dubbio affinché imitasse il volatile, per il quale l’unico scopo in battaglia consiste nel conquistare la vittoria e combattere per la libertà. Ma Plutarco attesta che Artaserse II re dei Persiani a quel tale della Caria che aveva ferito Ciro il Giovane conferì, come premio per la sua bravura, di portare nei primi ranghi dello schieramento un gallo d’oro sulla punta della lancia. Per cui accadde che tutti i Carii avessero dei galli al posto dei cimieri, come scrive lo stesso Plutarco nella stessa opera.


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[1] Naturalis historia XXXIII,64: Marmori et iis, quae candefieri non possunt, ovi candido inlinuntur, ligno glutini ratione conposita; leucophorum vocant. quid sit hoc aut quemadmodum fiat, suo loco docebimus. Aes inaugurari argento vivo aut certe hydrargyro legitimum erat, de quis dicemus illorum naturam reddentes.

[2] Naturalis historia XXIX,51: Et, ne quid desit ovorum gratiae, candidum ex iis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta; vis vero tanta est, ut lignum perfusum ovo non ardeat ac ne vestis quidem contacta aduratur.

[3] Impossibile trovare questa frase in Plinio. Si tratta verosimilmente di un qui pro quo dovuto al saccheggio del testo di Gessner da parte di Aldrovandi. L’aurum ovatum viene riportato da Gessner tra due citazioni tratte da Plinio. Aldrovandi, senza fare i debiti controlli, ha attribuito l’aurum ovatum a Plinio anziché a Gessner. § Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 433: Albuminis usus. Aurum marmori et iis quae candefieri non possunt, ovi candido illinitur, Plinius. Candidum ex ovis admixtum calci vivae glutinat vitri fragmenta, vis vero tanta est ut lignum perfusum ovo non ardeat, ac ne vestis quidem contacta aduratur, Plin. Aurum ovatum ex Grammaticis quidam dictum volunt, quoniam ovi albo antea illito, aera ac marmora auri et argenti laminis decorarentur. Papaver candidum panis rustici crustae inspergitur affuso ovo inhaerens, etc. Plinius. [Naturalis historia XIX,168: hoc et panis rustici crustae inspergitur, adfuso ovo inhaerens...]

[4] Come spesso accade, Aldrovandi si astiene dal citare la fonte dei dati, che, attraverso Gessner, è rappresentata da Jacques Dubois. § Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 433: [...] vel alteri decocto ferventi inspergas: et ubi nigruerit, cochleari foraminulento deradas, [...]. § La citazione di Gessner è corretta, in quanto a pagina 162a di Methodus medicamenta componendi, ex simplicibus iudicio summo delectis, et arte certa paratis (1553) Jacques Dubois recita: [...] prior nigrescit [...].

[5] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 434: [...] albumina singulis libris singula, sed etiam pluribus pauciora inijciunt, scopulis agitant, ut spumescat, [...].

[6] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 434: [...] tepidum vel frigidum colatur, per manicam Hippocratis, melius autem per pannum clavis quatuor, angulis quatuor firmatum. § Per non tediarci, Aldrovandi taglia il testo di Dubois come riferito da Gessner, che suona così: ubi spuma subsedit, igni aufertur, calidum, si crassum est vix colatur. si facile colatur, sed turbidum, tepidum vel frigidum colatur, per manicam Hippocratis [...].

[7] Una manica conica in flanella usata per filtrare i liquidi, che in inglese suona chausse, come riferisce Lind (1963): chausse, a conical bag, made of flannel, for straining liquids. Dunglison. - Robley Dunglison, Medical Lexicon - A Dictionary of Medical Scienxe - Blanchard and Lea, Philadelphia, 1865.

[8] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 434: [...] si ne sic quidem albumen separatim in aqua agitatum, [...].

[9] Satirae II,4,55-57.

[10] Il testo contenuto in Nicolai Myrepsi Alexandrini Medicamentorum opus in sectiones quadragintaocto (tradotto, emendato e annotato da Leonhart Fuchs e pubblicato a Lione nel 1549) non corrisponde a quello di Aldrovandi per un semplice punto dopo concutiatur. Corretto è invece il testo riportato da Conrad Gessner in Historia animalium III (1555) pag. 434. Vinum ut pellucidum confestim fiat: Alba ovorum coniice in vas quotquot suffecerint, et vinum quoad spumat concutiatur. cum vino et modicum salis albi tenuis, et fit album, etc. Nic. Myrepsus.

[11] In comm. 3 de gen, animal. c. 2. (Aldrovandi) - Si tratta del terzo commento al De generatione animalium di Aristotele.

[12] Periegesi della Grecia VI, Elide II, 26,3. - In Eliacis. (Aldrovandi) - Aldrovandi ne fa una breve citazione a pagina 239.

[13] Periegesi della Grecia V, Elide I, 25,9.

[14] Aldrovandi ne ha parlato diffusamente a pagina 250.

[15] Genialium dierum libri sex, IV, cap. 2. (Aldrovandi)

[16] In Artax. (Aldrovandi) - Aldrovandi ne ha già parlato a pagina 185. - Artaxerses 10,3. [10] Dinon then affirms that, after the death of Artagerses, Cyrus, furiously attacking the guard of Artaxerxes, wounded the king's horse, and so dismounted him, and when Teribazus had quickly lifted him up upon another, and said to him, "O king, remember this day, which is not one to be forgotten," Cyrus, again spurring up his horse, struck down Artaxerxes. But at the third assault the king being enraged, and saying to those near him that death was more eligible, made up to Cyrus, who furiously and blindly rushed in the face of the weapons opposed to him. So the king struck him with a javelin, as likewise did those that were about him. And thus Cyrus falls, as some say, by the hand of the king; as others by the dart of a Carian, to whom Artaxerxes for a reward of his achievement gave the privilege of carrying ever after a golden cock upon his spear before the first ranks of the army in all expeditions. For the Persians call the men of Caria cocks, because of the crests with which they adorn their helmets. (translated by John Dryden)

[17] Questa è una pura illazione di Aldrovandi, non reperibile né in Plutarco né in Gessner. Aldrovandi potrebbe essere stato colto da un raptus di sineddoche, cioè, abbia preso una parte – la cresta, il cimiero – per il tutto, trasformando così in un gallo un cimiero che era dritto come la cresta di un gallo. Non sottilizziamo sul tipo di cresta: semplice, a pisello, a noce, etc, anche se verosimilmente il riferimento è alla cresta semplice, come quella del nostro Livorno.