Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

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Κώκαλον[1] genus [189] quoddam Gallinacei{.}<,> Iidem. Et Κώκαλος, Varino quoque proprium nomen est. Μηδικοί, aves Medicae, Gallinacei{.}<,> Iidem. Aristophanes[2] μῆδον avem facere videtur. Scholiastes Gallinaceum accipiendum suspicatur. Alibi quidem dubitat, an ulla avis recte μῆδος appelletur. Caelius[3] a Medis dici asserens, etiamsi, inquit, in latinis literis Medicum de procuratore {pronunciari} <pronuntiari> animadvertimus a verbo μήδομαι, idest curo. Sed cum Gallinaceus ab eodem comico etiam Persica avis dicatur, Medum quoque, vel Medicam avem pro Gallinaceo accipi ab eo verisimile est.

Køkalon è un tipo di pollo, sempre Esichio e Guarino. E køkalos anche per Guarino è un nome proprio. Mëdikoí, uccelli della Media, sono i galli, gli stessi autori. Sembra che Aristofane consideri mëdon un uccello. Lo scoliaste sospetta che si debba intendere un gallo. Ma in un altro punto dubita che un qualche uccello venga correttamente chiamato mëdos - della Media. Lodovico Ricchieri, quando afferma che prende il nome dai Medi, dice: anche se siamo consci che in latino si dice Medico a proposito di chi si prende cura di qualcuno, dal verbo mëdomai, cioè mi prendo cura. Ma siccome da parte di tale commediografo il gallo viene anche detto uccello persiano, è verosimile che da parte sua anche l’uccello della Media, o uccello Medico, venga inteso come gallo.

Ὀλόφωνος Hesychio Gallinaceus est, sic dictus vel a lopho, id est crista, vel ab eo quod inter canendum in sublime se erigat, ἀπὸ τοῦ ἐν τῷ ᾄδειν ὄλον αἴρεσθαι καὶ μετεωρίζεσθαι. Ὀρταλίς Nicandro Gallinam significat. Ὄρνιθα casu recto Graecis hodie vulgo Gallina est. Ὀρθοβόαν[4] Gallum dicebat Alexarchus Cassandri Macedonum Regis frater, qui Uranopolim aedificavit, quique peculiares dicendi formas invexit, nimirum quod inter canendum se erigat, unde et ὀλόφωνον, dictum quidam conijciunt, ut diximus nisi quasi ὀρθροβόαν potius a matutino cantu[5], sic appellatum placeat. Ὀρτάλιχος[6] vox poëtica tum Gallum ipsum, tum pullum Gallinaceum significat, sed pullum frequentius, ut post dicemus[7]. Boeotice tamen ipsi Gallinacei etiam sic dicuntur apud Aristophanem[8], ut referunt Scholiastes, et Varinus. Ὀρθριοκόκκυγα[9] Sophocles habet pro Gallina, ni fallor[10]. Περσικός ὄρνις Persica avis Gallinaceus dicitur propter cristam. Unde Aristophanes[11]: Multos pueros deceperunt amatores, alius Coturnice, alius Persica ave, aliave donata: Ubi Scholiastes Pretiosa, inquit, omnia quibus solus Persarum rex utebatur, Persica vocabantur, et hoc in loco avis Persica non certam aliquam avem designat. Sunt tamen, qui Gallinaceum, et qui Pavonem interpretantur. Pist<h>et{h}aerus[12] Gallum avem Persicam dici tradit ab Alectryone olim, ut diximus apud Persas imperante[13]. Ubi etiam Scholiastes, forte, inquit, Alectryona vocat Medum avem. Nam Persas Medos quoque appellabant. Σέρκος Hesychio, et Varino Gallinaceus est, et σέλκες Gallina<e>. Χειλῶνες Gallinacei quidam{.}<,> Iidem. Ψήληκες[14], τῶν ἀλεκτρυόνων οἱ νοθαγένναι, Suidas, et Hesychius. ᾿ῼδός ὄρνις, pro Gallinaceo legitur apud Pollucem. Caeterum cum pullus adhuc est, seu recenter natum, hoc Gallinaceum genus, Graecis, uti etiam {latinis} <Latinis>, aliter dicitur. Νεοσσός nimirum illis, his pullus: at Nicander ea voce pro Gallinaceo adulto usus est hoc versu[15]. Ὀρταλίς αἰχμητῆσιν ὑπευνηθεῖσα νεοσσοῖς. Νέβρακες Hesych. et Varinus pullos Gallinaceos appellant. Ab Athenaeo[16] νεοσσοί ὄρνιθες, et ἵπποι dicuntur, id est, quasi <e>quuli. Credo, inquit Hermolaus, quia pulli proprie sunt equorum. Νεοττίδες ἀλεκτορίδων καὶ χηνῶν Aristoteli[17] dicuntur faemellae iuvencae e Gallinaceo genere, vel Anserino, quae nuper scilicet parere coeperunt: possunt et sic dici antequam pepererint. Ὀρταλίχους Etymologus[18], et Varinus pullos vocant, qui nondum volare possunt. Hinc ὀρταλίζειν[19], verbum de avibus volare incipientibus, vel de iis, qui pueros in sublime efferunt, citato motu, et improprie deinde de aliis motibus: Aristophani[20] vero superbire, et efferri significat, haud dubio propter naturam Galli, qui, ut diximus, etiam ὀρτάλιχος dicitur[21].

Olóphønos - tutto voce - per Esichio è il gallo, cosiddetto o da lóphos, cioè cresta, o dal fatto che mentre canta si drizza verso l’alto, apò toû en tøi áidein ólon αíresthai kaì meteørízesthai - per il fatto che nel cantare si solleva tutto e si inorgoglisce. Ortalís - gallina giovane - per Nicandro significa gallina. Oggi per i Greci órnitha, al nominativo, significa comunemente gallina - in greco moderno kótta, o órnis. Alessarco, fratello di Cassandro re dei Macedoni, che fondò Uranopoli, e che introdusse speciali modi di dire, chiamava il gallo orthobóan, appunto perché mentre canta si drizza, da cui alcuni deducono che è anche chiamato olóphønon, come abbiamo detto, a meno che si preferisca pensare che viene invece così chiamato come se fosse un orthrobóan - órthros = alba, per il canto mattiniero. La voce poetica ortálichos significa sia il gallo stesso, sia un pollo giovane, ma più frequentemente pulcino, come diremo in seguito. Tuttavia, come riferiscono lo scoliaste e Guarino, in Beozia i gallinacei stessi vengono così detti in Aristofane. Se non m’inganno, Sofocle ha orthriokókkyga  per la gallina. Il gallo è detto persikós órnis, uccello persiano, a causa della cresta. Da cui Aristofane: Gli amanti ingannarono molti fanciulli, uno con una quaglia, uno con un uccello persiano, o donandone un altro tipo: lo scoliaste dice a questo proposito: Si chiamavano persiane tutte le cose preziose delle quali si serviva solo il re dei Persiani, e in questo passaggio uccello persiano non sta a designare un uccello specifico. Tuttavia alcuni lo interpretano come gallo, altri come pavone. Pistetero dice che il gallo è detto uccello persiano da Alettrione che un tempo comandava i Persiani. Anche lo scoliaste a questo proposito dice forse chiama Alectryona l’uccello della Media. Infatti chiamavano i Persiani anche Medi. In Esichio e Guarino sérkos è il gallo, sélkes le galline. Cheilônes sono certi polli, gli stessi autori. Psëlëkes, tôn alektryónøn hoi nothaghénnai - Psëlëkes, gli illegittimi dei galli, il lessico Suida e Esichio. In Giulio Polluce si legge øidós órnis - øidós = cantore - per il gallo. Ma questo tipo di gallinaceo quando è ancora un pulcino, oppure nato di recente, viene detto in altro modo dai Greci e dai Latini. E cioè, per quelli è un neossós, per questi un pullus: ma Nicandro per indicare un pollo adulto si è servito di quella parola nel seguente verso: Ortalís aichmëtësin hypeunëtheîsa neossοîs - la gallina che sta sotto ai galli aggressivi. Esichio e Guarino chiamano nébrakes i pulcini di gallinaceo. Da Ateneo vengono detti neossoí órnithes - giovani uccelli, e híppoi, cioè, come se fossero dei puledri. Ermolao Barbaro dice Credo perché i pulli - gli animali giovani - appartengono propriamente ai cavalli. Neottídes alektorídøn kaì chënôn - le pollastrelle delle galline e delle oche - secondo Aristotele vengono dette le giovani femmine del genere dei gallinacei, oppure delle oche, che cioè hanno appena cominciato a deporre: possono essere dette anche così prima che abbiano deposto. L'Etymologicon magnum e Guarino chiamano ortalíchous i polli che non possono ancora volare. Da cui il verbo ortalízein a proposito degli uccelli che cominciano a volare, oppure di quelli che con rapido movimento portano i piccoli in alto, e quindi in modo improprio a proposito di altre attività: per Aristofane infatti significa insuperbirsi e inorgoglirsi, senza dubbio a causa della natura del gallo che, come abbiamo detto, è anche chiamato ortálichos - gallo, in Teocrito.

Quemadmodum vero ὄρνις apud Graecos, ut dictum est, eodem pariter modo apud {latinos} <Latinos> avis aliquando pro Gallo, Gallinave absolute ponitur. Ita Rhodias aves pro Rhodiis Gallinis Columella[22] dixit, et Graece Ταναγραῖους ὄρνιθας, genere masculino pro Gallinaceis Tanagraeis legimus. Apud probatissimos authores latinos Gallus dicitur, et cum adiectione Gallinaceus, et simpliciter quoque Gallinaceus. Unde Albertum, aliosque latini sermonis imperitiores hallucinari constat, cum Gallum Gallinaceum, Capum, hoc est Gallum castratum interpretentur. In quem errorem ipsemet Isidorus[23] etiam impegit, Gallum simpliciter Capum appellans, eo, ut videtur, argumento nixus, quod veteres Gallos castratos vocarent: cum tamen contra veteres classici quique Gallos mares in hoc avium genere nuncupent. Haud me latet interim Martialem alibi aperte scribere, Gallum a castratione dici, sed is eo loco iocatur, non serio agit. Ait autem{.}<:>[24]

Ne nimis exhausto macresceret inguine Gallus,
Amisit testes, nunc mihi Gallus erit.

Ma, come si è detto, come presso i Greci órnis, allo stesso modo presso i Latini talora si utilizza indistintamente avis – uccello - per il gallo o per la gallina. Così Columella disse uccelli di Rodi invece di galline di Rodi, e in greco leggiamo Tanagrαîous órnithas al maschile per polli di Tanagra. Da parte di stimatissimi autori latini si dice gallo sia con l’aggiunta di Gallinaceus, sia anche solamente Gallinaceus. Per cui risulta evidente che Alberto Magno e altri più inesperti di lingua latina prendono un abbaglio, dal momento che interpretano il Gallus Gallinaceus come cappone, cioè un gallo castrato. Un errore nel quale lo stesso Isidoro è incappato, chiamando il gallo semplicemente cappone, basandosi, come sembra, su quell’argomentazione secondo cui gli antichi chiamavano castrati i galli: benché qualunque antico scrittore di prim’ordine designi invece i galli come maschi in seno a questo genere di uccelli. Nel frattempo non mi sfugge che Marziale da qualche parte scrive apertamente che un Gallo viene così chiamato dalla castrazione, ma lui in quel passo sta scherzando, non fa sul serio. Infatti dice:

Il gallo, allo scopo di non dimagrire troppo per aver prosciugato il basso ventre,
rinunciò ai testicoli, ora per me sarà un Gallo – un sacerdote di Cibele.

Gallinae, inquit M. Varro[25], trium sunt Generum, Villaticae, rusticae, et Africanae. E quibus tribus generibus proprio nomine vocantur faeminae, quae sunt villaticae gallinae, mares Galli, Capi seminares {seminares} <semimares>, {quod sint castrati} <qui sunt castrati>. Hinc Gyb. Longolius[26] totum hoc avium genus, quod de Gallinario devolat, Gallinaceos vocari scribens, id quoque nullo probato authore fretus fecisse videri potest: Cum Gallinarum saepius quam Gallinaceorum nomen universaliter pro toto genere ab authoribus usurpetur, quam nimirum pluries ut videmus in hoc genere, quam mares propter utilitatem, alantur Faeminae enim ut post suo loco patebit, maximam propter partum praebent utilitatem, et unus mas multis sufficit. Gallinaceus a Gallina fieri videtur, et vel simpliciter pro Gallo ponitur, vel tanquam epitheton ei adiungitur, differentiae fortassis gratia, ut nimirum amphibologia evitetur.

Marco Varrone dice Le galline sono di tre tipi, da cortile, selvatiche e africane. Di questi tre tipi si chiamano con nome appropriato femmine quelle che sono galline da cortile; maschi i galli, capponi i semimaschi, che sono castrati. Per cui Gisbert Longolius dal momento che scrive che tutto questo genere di uccelli viene detto gallinacei in quanto vola giù dal pollaio, si può anche pensare che l’abbia fatto senza basarsi su qualche autore degno di stima: infatti comunemente viene  usato dagli autori il nome di gallinae più spesso di quello di gallinacei per designare tutto il genere, come appunto notiamo che molto spesso in seno a questo genere vengono allevate per utilità le femmine anziché i maschi, e infatti, come a suo tempo risulterà evidente, procurano una grandissima utilità a causa della prole, e un solo maschio è sufficiente per molte femmine. Si suppone che gallinaceus deriva da gallina, e viene utilizzato da solo per il gallo, oppure glielo si aggiunge come un aggettivo, forse a causa della differenza, affinché appunto si eviti un doppio senso.


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[1] Κώκαλος· κώκαλον· πάλαιον· καὶ εἶδος ἀλεκτρυόνος, Hesych. This Hesychian gloss is corrupt and obscure; but there may underlie it the Italian cocàl, cocale, cucale, common words along the Adriatic (Venice, Trentino, Ancona) for a Sea-gull, - κώκαλον· τὸν λάρον (?). - (D’Arcy W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, 1966 (1895))

[2] Gli uccelli 277: ὄνομα τούτῳ Μῆδός ἐστι. (D’Arcy W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, 1966 (1895))

[3] Aldrovandi trae verosimilmente la notizia dal libro X, capitolo 13 del Lectiones antiquae di Lodovico Ricchieri.

[4] Orthós = dritto + boàø = mando un grido - orthós = straight + boàø = to bawl.

[5] Ateneo Deipnosophistaí III,54,98e.

[6] Diminutivo di ortalís = gallina giovane - diminutive of ortalís = young hen.

[7] Ateneo Deipnosophistaí XIV,15,622a.

[8] Aristophanes Acharnians 871; see W. J. M. Starkie’s edition (London, 1909), 179-80. (Lind, 1963)

[9] orthriokókkyx = che canta all’alba - orthriokókkyx = who crows at dawn.

[10] Le galline non cantano all'alba come fanno i galli, ma solo dopo aver deposto l'uovo, il che avviene in ore progressivamente crescenti del giorno. - Sembra si tratti del fr. 4.421di Difilo, commediografo greco del sec. IV aC che visse soprattutto ad Atene e che scrisse commedie secondo la nuova tendenza del teatro alessandrino (commedia nuova). Del centinaio di opere sue non abbiamo che frammenti. – Quindi Aldrovandi commette due errori contemporaneamente. Bastava che almeno una volta tanto facesse un accurato download da Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 402: Ὀρθριοκόκκυξ ἀλεκτρυών, Diphilus apud Eustathium. Gessner sta parlando non di galline, bensì di epiteti del gallo.

[11] Aves 707.

[12] Aristofane, Gli uccelli. (Aldrovandi) - 483. - Peisthétairos = Gabbacompagno - Peisthétairos = Companion-swindler.

[13] Già citato a pagina 184: Quidam Alectryon nomine tyrannidem quondam gessit, et Persis primus imperasse dicitur, etiam antequam vel Darius, vel {Megabyzus[13]} <Megabazus>: unde etiam Gallus, ut post dicemus, ales Persica appellatur. – Ne riportiamo anche la nota a pie' pagina relativa al qui pro quo Megabizo/Megabazo. La notizia che un certo Alektryøn fu tiranno dei Persiani prima di tutti, anche di Dario e di Megabazo - e non di Megabizo -, viene dalla commedia di Aristofane Gli uccelli, 483. È probabile che Aldrovandi abbia dedotto l’errore dal testo di Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 404: Alectryon olim tyrannidem gessit, et Persis primus imperavit, etiam ante Darium et Megabyzum: unde etiamnum ab illo imperio Persica avis appellatur, Pisthetaerus apud Aristoph. in Avibus. – A sua volta Gessner potrebbe aver dedotto l'errore da qualche testo come quello di Aldo Manuzio del 1498 che riporta: πρῶτον πάντων δαρείου καὶ μεγαβύζου. - In Aves 481 sgg. si dice semplicemente che in origine gli uccelli regnavano sugli uomini, e Pistetero mostrerà immediatamente il gallo (tòn alektryóna), come regnava sui Persiani, prima di tutti i Dari e i Megabazi, cosicché il gallo è chiamato “uccello persiano”.

[14] Psëlëkes, plural of psëlëx, possibly akin to sélkes; but on the other hand it may stand for psìlëkes, i.e. bald, and may refer to some combless or small-combed breed of Fowls. (D’Arcy W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, 1966 (1895))

[15] Nicander Alexipharmaca 294: “the free-feeding fowl, when brooding her warlike chicks,” translated by A. S. F. Gow and A. F. Scholfield (Cambridge University Press, 1953), traduzione citata da Lind (1963) relativa al testo di Nicandro τοῖὰ τε βοσκὰς | ὀρταλίς αἰχμητῆσιν ὑπευνηθεῖσα νεοσσοῖς. presente nell'edizione di Jean de Gorris del 1557. – Tale traduzione di Gow & Scholfield non rispecchia assolutamente quella latina di Jean de Gorris (1505-1577): [...] mox sordes similis profunditur ovis,| qualia concepit coitu gallina frequenti, [...]. (Parigi, 1557) – Aldrovandi basandosi su qualche lessico - come avrà fatto anche Jean de Gorris - non identifica i neossoí coi pulcini, ma con i galli, che sono aggressivi e focosi e che sottomettono le galline. Infatti il Thesaurus Graecae linguae (1572) di Henri Estienne – alias Stephanus – alla voce neottòs riporta che "per iocum foemina etiam aliqua aut masculus neossòs dicitur, quuum tenerae seu virentis adhuc aetatis est". Per cui questi neossoí sono dei giovani galli libidinosi, aggressivi, che saltano ripetutamente addosso alle galline facendo aumentare la produzione di uova, e non si tratta di pulcini aggressivi che stanno sotto a una chioccia. - La traduzione di Gow & Scholfield viene inficiata anche da Gessner a pagina 402 quando tratta degli epiteti dei galli, ed è molto verosimile che Aldrovandi si sia ispirato a Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 402: Ὀρταλίς αἰχμητῆσιν ὑπευνηθεῖσα νεοσσοῖς, Nicander. dixit autem neossos, id est pullos, pro gallinaceis adultis.

[16] Liber 9. (Aldrovandi) - IX,15,373a-16,373e.

[17] Hisroria animalium VI 559b 23.

[18] Etymologist: Etymologicum Magnum, ed. by T. Gaisford (Oxford, 1848). (Lind, 1963)

[19] Il verbo ortalízein è attestato solo nello scoliaste di Aristofane, che in Equites 1344 usa il composto anortalízø ‘battere le ali e gridare in segno di vittoria, inorgoglirsi’.

[20] In Equitibus. (Aldrovandi) - 1344 (anørtálixon).

[21] Teocrito, XIII,12.

[22] De re rustica VIII,11,11: Neque est quod committatur ut Rhodiacae aves pavoninis incubent, quae ne suos quidem fetus commode nutriunt.

[23] Etymologiae XII,7: Gallus a castratione vocatus; inter ceteras enim aves huic solo testiculi adimuntur. Veteres enim abscisos gallos vocabant. Sicut autem a leone leaena et a dracone dracaena, ita a gallo gallina. Cuius membra, ut ferunt quidam, si auro liquescenti misceantur, consumi.

[24] Epigrammata 13, 63 Capones: Ne nimis exhausto macresceret inguine gallus, | amisit testes. Nunc mihi gallus erit.

[25] Aldrovandi amputa la sequenza del testo di Varrone, tratto dal Rerum rusticarum III,9,1-3: Igitur sunt gallinae quae vocantur generum trium: villaticae et rusticae et Africanae. [2] Gallinae villaticae sunt, quas deinceps rure habent in villis. De his qui ornithoboscion instituere vult, id est adhibita scientia ac cura ut capiant magnos fructus, ut factitaverunt Deliaci, haec quinque maxime animadvertant oportet; de emptione, cuius modi et quam multas parent; de fetura, quem ad modum admittant et pariant; de ovis, quem ad modum incubent et excudant; de pullis, quem ad modum et a quibus educentur; hisce appendix adicitur pars quinta, quem ad modum saginentur. [3] Ex quis tribus generibus proprio nomine vocantur feminae quae sunt villaticae gallinae, mares galli, capi semimares, qui sunt castrati.

[26] Dialogus de avibus et earum nominibus Graecis, Latinis, et Germanicis (1544).