Lessico


Alettriomanzia
Alettoromanzia – Alettromanzia

Alettriomanzia è un termine composto da due parole greche: alektryón, che al maschile significa gallo mentre al femminile significa gallina, e mantéia, la divinazione, in latino divinatio = l'arte dell'indovinare, l'arte di predire il futuro, che la cartomante, anziché al gallo, affida alla lettura delle carte, soprattutto dei tarocchi. Invece la chiromante deve leggere la mano, in quanto il greco chéir, pronunciato chír, significa mano, termine presente anche in chirurgo, colui che lavora con le mani, e che si spera usi sempre anche il cervello.

L'arte profetica basata sul gallo è anche detta alettoromanzia o alettromanzia, in cui manzia, la mantéia, si associa al termine greco maschile aléktor che significa solamente gallo, ma talora anche marito, che in fin dei conti sessualmente, e spesso solo sessualmente, è il gallo di casa.

Nell'alettriomanzia greca il gallo veniva osservato mentre stava beccando le granaglie che il divinatore, l'alettriomante, aveva sparso sul suolo. Invece il pullarius, l'addetto al pollaio,  il responsabile dell'alimentazione e della cura degli uccelli usati per l'alettriomanzia latina, traeva gli auspici (auspicium = osservazione degli uccelli) dal modo di mangiare dei polli e non solo da questo comportamento. Plinio dedica un intero paragrafo ai presagi ricavati dall'osservazione dei galli non solo da parte dei Latini ma anche dei Greci.

Plinio Secondo Gaio
detto il Vecchio

Naturalis historia X,49

Horum sunt tripudia solistima, hi magistratus nostros cotidie regunt domusque ipsis suas claudunt aut reserant. Hi fasces Romanos inpellunt aut retinent, iubent acies aut prohibent, victoriarum omnium toto orbe partarum auspices. Hi maxime terrarum imperio imperant, extis etiam fibrisque haut aliter quam opimae victimae diis grati. Habent ostenta et praeposteri eorum vespertinique cantus: namque totis noctibus canendo Boeotiis nobilem illam adversus Lacedaemonios praesagivere victoriam, ita coniecta interpretatione, quoniam victa ales illa non caneret.

A loro sono dovuti i tripudi dei presagi favorevoli [se lasciano cadere il cibo che beccano avidamente], essi ogni giorno guidano i nostri magistrati e fanno sì che le loro case siano chiuse o aperte. Essi trattengono o incitano i fasci littori [frenano o spingono alle alte cariche], comandano o proibiscono schieramenti di truppe, àuspici di tutte le vittorie conseguite in tutto il mondo. Essi soprattutto dominano sul dominio del mondo, graditi agli Dei per quanto riguarda le viscere e le interiora, non diversamente da quanto lo sono le vittime pingui. Il loro canto viene anche considerato annuncio di fatti straordinari se si verifica fuori dell’ora consueta o alla sera: infatti cantando per notti intere predissero ai Beoti quella loro famosa vittoria contro gli Spartani [la battaglia di Lèuttra del 6 luglio 371 aC]; e l’interpretazione che è stata ipotizzata è questa: in quanto quell’uccello se sconfitto non canterebbe.

Il pollo oracolo romano aveva un’importanza capitale durante le battaglie e i sacerdoti insegnavano ai condottieri il modo di consultare i polli prima della tenzone. Fra le tante modalità, una consisteva nel badare al momento in cui i polli inghiottivano il pastone: se per avidità lasciavano cadere qualche briciola dal becco, l’esito della battaglia sarebbe stato favorevole. In caso contrario tutto era perduto. In realtà i sacerdoti lasciavano i polli a stecchetto oppure li facevano abbuffare. Un pollo affamato si getta con avidità sul pastone ed è gioco forza che, dando avide beccate, lasci cadere alcune briciole. Era questo un modo semplice per offrire vaticini programmati e personalizzati. Un'abbondante documentazione storica sull'alettriomanzia ci è fornita da Conrad Gessner a pagina 409 del III libro della sua Historia animalium.

Conrad Gessner
Historiae animalium liber III qui est de Avium natura – 1555
De Gallo Gallinaceo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

¶ Auguria. Inter divinationum genera aliqui etiam alectryomantiam numerant, Gyraldus. Praeposteros aut vespertinos gallorum cantus optimi eventus multi notavere. Themistocli pridie quam Xerxem duceret, auditus gallorum cantus, victoriae mox futurae praenuncium fecit: idque ideo, quod victus nequaquam canit: victor vero obstrepit et murmurat. contra vero gallinarum. nam diri aliquid imminere, aut futurum incommodum illarum cantus designavit, Alexander ab Alex. Cecinere galli nocte tota qua magnus Matthaeus vicecomes primum suscepit filium: unde Galleacio nomen inditum, portento quodam magnae successionis, Volaterranus. Gallinaceorum sunt tripudia solistima. hi magistratus nostros quotidie regunt, domosque ipsis suas claudunt aut reserant. Hi fasces Romanos impellunt aut retinent: iubent acies aut prohibent, victoriarum omnium toto orbe partarum auspices. Hi maxime terrarum imperio imperant, extis etiam fibrisque haud aliter quam op{t}imae victimae diis {gratae} <grati>. Habent ostenta et praeposteri eorum vespertini<que> cantus. Nanque totis noctibus canendo Boeotiis nobilem illam adversus Lacedaemonios praesagivere victoriam, ita coniecta interpretatione, quoniam victa ales illa non caneret, Plinius[1]. Puls potissimum dabatur pullis in auspiciis, quia ex ea necesse erat aliquid decidere, quod tripudium faceret: id est terripuvium. puvire[2] enim ferire est. Bonum enim augurium esse putabant, si pulli per quos auspicabantur, comedissent: praesertim si eis edentibus aliquid ab ore decidisset. Sin autem omnino non edissent, arbitrabantur periculum imminere, Festus. Moris fuit Romanis ducibus pugnam inituris advocare pullarium, ut offas gallis obijceret ad augurium captandum. si vescerentur, ratum erat auspicium, cum aliquid ore excidisset, terripudium dicebatur solistimum, mox tripudium dictum, quoniam scilicet esca in solo cadebat, Grapaldus. Cum terripudio Flaminius auspicaretur, pullarius diem praelii committendi differebat, M. Tullius lib. 1. de Divinat.[3]

Presagi. Tra i vari tipi di profezie alcuni annoverano anche l'alettriomanzia, Giraldi. Parecchi hanno segnalato come indicativi di un ottimo evento i canti dei galli fuori tempo oppure serali. L'aver udito il canto dei galli il giorno prima di dar battaglia a Serse I, per Temistocle rappresentò il segno premonitore di una vittoria che si sarebbe presto verificata: e pertanto ne deriva il fatto che colui che è vinto assolutamente non canta: e il vincitore strepita e fa rumore: al contrario delle galline. Infatti il canto delle galline aveva preannunciato che qualcosa di funesto stava incombendo o che stava per accadere una disgrazia, Alessandro Alessandri. I galli hanno cantato per tutta la notte in cui a Matteo Visconti I il Grande nacque il primo figlio: motivo per cui gli fu assegnato il nome di Galeazzo, in un certo senso come presagio di un illustre discendente, Raffaelo Maffei. Ai galli sono dovuti i tripudi - i presagi favorevoli. Essi guidano ogni giorno i nostri magistrati e a essi chiudono o aprono le loro case. Essi trattengono o incitano i fasci littori romani - frenano o spingono alle alte cariche: comandano o proibiscono schieramenti di truppe, àuspici di tutte le vittorie conseguite in tutto il mondo. Essi soprattutto dominano sul dominio del mondo, graditi agli Dei per quanto riguarda le viscere e le interiora, non diversamente da quanto lo sono le vittime opime. Ritengono come annunci di fatti straordinari anche i loro canti fuori tempo e serali. E infatti cantando per notti intere predissero ai Beoti quella famosa vittoria contro gli Spartani, e l’interpretazione che è stata ipotizzata è questa: in quanto quell’uccello se sconfitto non canterebbe, Plinio. Durante gli auspici veniva dato ai polli soprattutto del pastone, in quanto era necessario che qualcosa cadesse a terra, in quanto ne sarebbe scaturito un auspicio favorevole: cioè la terra sarebbe stata colpita. Infatti puvire significa colpire. Infatti ritenevano fosse di buon auspicio se i polli avessero mangiato per l’intervento di coloro dai quali venivano fatti presagire: soprattutto se mentre mangiavano fosse caduto loro di bocca qualcosa. Ma se non avessero assolutamente mangiato, ritenevano che stava incombendo un pericolo, Festo. È stata abitudine dei condottieri romani, che stavano per iniziare una battaglia, convocare il custode del pollaio perché gettasse ai galli dei bocconi per poterne trarre un auspicio: se li avessero mangiati, l'auspicio era valido, e se qualcosa fosse caduto dalla bocca, veniva detto un colpire la terra di buon auspicio, poi detto tripudio, cioè in quanto il boccone cadeva al suolo, Francesco Mario Grapaldi. Siccome Gaio Flaminio cercava dei presagi attraverso il tripudio, il custode del pollaio rinviava il giorno di attaccare battaglia, Cicerone nel I libro del De divinatione.

Non solum augures Romani ad auspicia primum pararunt pullos, sed etiam patres familiae rure, Varro[4]. Pullarius dicitur qui pullorum curam habet, et qui e pastu pullorum captat auspicia, Ciceroni ad Plancum lib. 10.[5] et Livio 8. ab Urbe[6]. Attulit in cavea pullos, is qui ex eo <ipso> nominatur pullarius, Cicero 2. de Divinat.[7] P. Claudius bello Punico primo cum praelium navale committere vellet, auspiciaque more maiorum petiisset, et pullarius non exire pullos cavea nunciasset, abiici eos in mare iussit, dicens: Quia esse nolunt, bibant, Val. Maxim.[8]

Non solo gli àuguri romani furono i primi ad addestrare i polli per gli auspici, ma anche i capifamiglia in campagna, Varrone. Viene detto pullarius colui che si prende cura dei polli e colui che trae gli auspici dal modo di mangiare dei polli, in Cicerone nel X libro Ad familiares rivolgendosi a Planco, e Livio nel libro VIII Ab urbe condita. Ha collocato nella gabbia i polli colui che, proprio per questo, viene chiamato pullarius, Cicerone nel II libro del De divinatione. Claudio Publio Pulcro durante la prima guerra punica volendo ingaggiare una battaglia navale e avendo richiesto i presagi secondo il costume degli antenati, e avendo il custode annunciato che i polli non uscivano dalla gabbia, diede ordine di gettarli in mare dicendo: Dal momento che non vogliono mangiare, bevano, Valerio Massimo.

¶ Invenitur in annalibus, in Ariminensi agro M. Lepido, Q. Catulo coss. in villa Galerii locutum gallinaceum, semel quod equidem sciam, Plinius[9]. ¶ Galenus alicubi in Commentario in primum Epidemiorum, insomnii de cristis gallinaceorum meminit.

¶ Negli annali si rinviene che nel territorio di Rimini durante il consolato di Marco Emilio Lepido e di Quinto Catulo - 78 aC - nella tenuta di Galerio un gallo parlò, una sola volta, per quanto ne so, Plinio. ¶ Galeno in un punto di In Hippocratis epidemiorum librum I commentarii fa menzione di una visione che aveva come argomento le creste dei galli.

A proposito dell'alettriomanzia greca, alcuni storici raccontano che veniva tracciato un cerchio al suolo e che in corrispondenza della circonferenza venivano scritte le 24 lettere dell'alfabeto greco. Accanto a ogni lettera si poneva un chicco di grano e quindi, all'interno del cerchio, un gallo consacrato. Man mano che il gallo mangiava il chicco di una lettera dell'alfabeto, ecco che la sequenza di tali lettere dava modo di comporre una parola che poteva avere un significato profetico. L'ordine in cui il gallo beccava i chicchi di ogni lettera poteva effettivamente generare un messaggio. Ma, se le parole così generate non avevano alcun senso, era l'indovino che le manipolava a seconda di come conveniva farlo. Via via che i chicchi erano ingeriti, venivano immediatamente rimpiazzati, affinché ogni lettera potesse ricomparire tutte le volte che il messaggio lo richiedeva.

Un episodio di questo interessante tipo di alettriomanzia ci è narrato alla voce Alettoromanzia e Alettriomanzia del Dizionario etimologico di tutti i vocaboli usati in teologia, diritto canonico, storia etc. che traggono origine dal greco, opera di Bonavilla Aquilino e dell'Abate Marco Aurelio Marchi (Napoli, 1822), episodio ripreso a pagina 92 di Storia della divinazione di Giordano Berti (Oscar Mondadori, 2005).

I personaggi principali sono quattro:

1 - il filosofo sofista Libanio (314-394);

2 - un certo Giamblico di cui non possediamo le date di nascita e di morte, ma sappiamo che era un favorito di Giuliano l'Apostata (331-363) al quale Giuliano aveva dedicato le sue epistole, come afferma George Crabb nel suo ricchissimo Universal Historical Dictionary - London, 1833: «Iamblichus, the favourite of Julian, to whom the emperor dedicated his Epistles, is supposed to be distinct from the preceding [Iamblichus of Chalcis].»;

3 - l'imperatore d'Oriente Valente (328-378) morto nella battaglia di Adrianopoli (nella provincia romana di Tracia) il 9 agosto 378;

4 - Teodosio I detto il Grande (347-395), imperatore romano d'Oriente (19 gennaio 379-395) e d'Occidente (394-395), l’ultimo sovrano dell’impero unificato.
Basandoci su George Crabb possiamo escludere che Giamblico fosse il famoso filosofo neoplatonico
(ca. 250 – ca. 325) la cui data di morte anticipa di 3 anni la nascita di Valente.

Dizionario etimologico di Bonavilla Aquilino – 1822

Storia della divinazione di Giordano Berti – 2005

A proposito di ornitomanzia greca, viene spesso citato un aneddoto riguardante la divinazione per mezzo di un gallo, definita propriamente alectriomanzia. Con questo metodo, raccontano alcuni storici, i filosofi Libanio e Giamblico tentarono di scoprire chi sarebbe stato il successore dell'imperatore Valente. Tracciarono un cerchio al suolo e sulla circonferenza segnarono le ventiquattro lettere dell'alfabeto. Posero accanto a ogni lettera un chicco di grano e infine misero nel cerchio un gallo consacrato. Quando l'uccello cominciò a mangiare i chicchi, Libanio e Giamblico annotarono la sequenza delle lettere corrispondenti ai chicchi divorati. Poiché il gallo mangiò i chicchi sulle lettere th, e, o, d, i divinatori conclusero che l'impero sarebbe passato a Teodoro, ma il suo rivale Teodosio, venuto al corrente del fatto, fece uccidere tutti i possibili candidati il cui nome iniziava con theod, e in tal modo divenne l'imperatore [il 19 gennaio 379]. (pagina 92)

Alettriomanzia
Il gallo che vede nel domani

di Marco Lenoir

Fin dai tempi più antichi il gallo fu sempre considerato un animale sacro. Questo pennuto variopinto, infatti, essendo l’araldo del sole che nasce, fu associato alle forze del bene che dissipano le tenebre del male. In effetti, nelle culture antiche il gallo era una animale comunissimo e oltre ad avere funzione meramente zootecnica, volgeva anche un'attività talismanica (di amuleto con valenze esclusivamente positive) e apotropaica (la facoltà o la funzione di allontanare il male o ciò che causa il male). Sembra infatti che nel raggio in cui giungeva il canto del gallo non potessero arrivare gli spiriti maligni.

In Grecia il gallo era sacro al dio della medicina Asclepio - o Esculapio - e veniva sacrificato a questa divinità dai malati che avevano ritrovato la salute. Lo stesso Socrate, prima di morire avvelenato dalla cicuta, chiese ai suoi discepoli di portare un gallo al dio Asclepio come segno di gratitudine. In ogni tempio del dio medico erano allevati dei polli sacri.

Nel Peloponneso gli abitanti avevano un’usanza particolare: quando soffiava il vento di libeccio, arrecando danni alle coltivazioni di vite ancora in fiore, veniva preso un gallo sacro completamente bianco, veniva sacrificato e diviso in due parti. Queste parti del gallo ucciso erano affidate a due corridori che si recavano in direzioni opposte per placare i venti.

Un’altra credenza degli antichi Greci era la seguente: se un gallo era sconfitto da un rivale non cantava più! Fu proprio sulla base di questa credenza che i Beoti capirono che il loro esercito avrebbe sconfitto gli Spartani [battaglia di Lèuttra il 6 luglio del 371 aC], proprio perché i galli cominciarono a cantare ininterrottamente per tutta la notte! Comunque, in generale, sentire un gallo cantare fuori dalle ore consuete, può essere un segno favorevole e negativo, sia per il proprietario del gallo, sia per chi lo ascolta.

Fu solo tra gli Etruschi prima, e tra i Romani poi, che il gallo divenne un aiutante imprescindibile per gli aruspici. Questo animale infatti era considerato capace di distinguere le costellazioni e di dividere le parti della giornata col suo canto. Il gallicinium (l’ora in cui iniziava per i Romani la giornata) era scandito proprio dal canto del gallo! L’abitudine di questo uccello di sbattere le ali mentre annuncia il giorno con il suo canto, fu interpretato come una sorta di applauso che questo animale tributava al sole nascente.

Nell’antica cultura latina esisteva la figura del pullarius, il custode dei polli sacri, una sorta di sacerdote aruspice che era la persona incaricata di dar da mangiare ai polli sacri. Se questi mangiavano di buona voglia allora l’oracolo era favorevole, altrimenti se mangiavano senza appetito o, peggio ancora, se non beccavano affatto, il responso era sicuramente funesto. Molti scrittori ci narrano di episodi legati a questa pratica divinatoria. Caio Svetonio ci narra la storia di Claudio Publio Pulcro che in Sicilia osò gettare in mare i polli sacri che si erano rifiutati di mangiare: se non avevano fame, che almeno bevessero! Ovviamente la sua flotta fu subito sconfitta in una battaglia navale! [De vita CaesarumVita dei Cesari – libro III – Tiberio: Claudio Pulcro, in Sicilia, vedendo, mentre prendeva gli auspici, che i polli sacri rifiutavano il cibo, li fece gettare in mare, con disprezzo delle cose sacre, adducendo il pretesto che dovevano bere, dal momento che non volevano mangiare, quindi ingaggiò una battaglia navale. Fu battuto, ma quando ricevette dal Senato l'ordine di nominare un dittatore, quasi per portare nuovo insulto alla pubblica crisi, designò Glicia, un suo usciere. – Claudius Pulcher apud Siciliam non pascentibus in auspicando pullis ac per contemptum religionis mari demersis, quasi ut biberent quando esse nollent, proelium navale iniit; superatusque, cum dictatorem dicere a senatu iuberetur, velut iterum inludens discrimini publico Glycian viatorem suum dixit.]

Lo storico Tito Livio invece ci racconta un episodio ben più drammatico in cui un pullarius osò falsare il responso augurale nella guerra contro i Sanniti: l’aruspice infatti riferì al console che i galli sacri avevano mangiato con grande avidità, in segno di buon auspicio. Tale oracolo risultò poi completamente falso, poiché i Romani furono battuti.

Una pratica curiosa era sempre in uso presso i Romani. Le donne che volevano conoscere il sesso del bambino che portavano in grembo (poiché le ecografie ancora non erano state inventate!) erano solite sottrarre un uovo a una chioccia e scaldarlo con le proprie mani o mettendoselo tra i seni. Il sesso del pulcino che sarebbe nato avrebbe informato la madre sul sesso del bambino concepito. Plinio il Vecchio, nella sua Storia Naturale ci racconta l’episodio di Giulia Augusta, o Livia Drusilla, madre del futuro imperatore Tiberio, che essendo incinta, prese un uovo, lo tenne in seno, lo scaldò con le mani, s’alternò nella cova con le sue ancelle, e alla fine nacque un pulcino che, al dire di Svetonio,  aveva una cresta molto pronunciata, pullus insigniter cristatus. Oggi tale pratica di controllo del sesso dei nascituri non viene più applicata: non perché sia inattendibile, ma perché estremamente scomoda! Quale giovane madre avrebbe oggi la pazienza di mettersi a covare un uovo?

Anche le galline nella storia di Roma ebbero un importante ruolo augurale. Svetonio ci narra di Livia, la moglie dell’imperatore Augusto, che si vide recapitare in grembo da un’aquila una gallina bianca con una piantina di alloro nel becco. La nobildonna si prese cura della gallina, la allevò e da questa nacquero tante altre galline. La pianta di alloro fu messa a dimora e in breve tempo generò un boschetto di lauri estremamente folto, dal quale la Gens Giulia raccoglieva le fronde da bruciare nei sacrifici. L'alloro servì da allora a incoronare la testa degl'imperatori vittoriosi. Il giorno che Nerone (l’ultimo imperatore della stirpe Giulio Claudia) morì, le galline perirono tutte e l’intero bosco di alloro si seccò!

Alectryomancy

Alectryomancy, also called alectoromancy or alectromancy (from the Greek words alectryon and manteia meaning rooster and divination respectively), is a form of divination in which the diviner observes a bird, several birds, or most preferably a white rooster or cockerel, pecking at grain (such as wheat) that the diviner has scattered on the ground.

The most common and popular form of this divination is based on the observation of a rooster eating corn scattered on letters. This practice was used when the sun or the moon was in Aries or Leo. The letters of the alphabet are drawn in a circle and grains of wheat are placed on each letter. Next a rooster, usually a white one, was let pick at the grains. The order in which the rooster would eat the grains would spell out a message. The observer also replaces each grain as the bird eats it, so that letters may be repeated. It was the responsibility of the pullularius – or better, pullarius – to feed and keep the birds used.

The diviner may just interpret the pattern left by the birds' pecking in randomly scattered grain. In Africa, a black hen or a gamecock is used. An African diviner sprinkles grain on the ground and when the bird has finished eating, the seer interprets the designs or patterns left on the ground.

Another method of alectormancy, supposedly used less often, was based on reciting letters of the alphabet noting those at which a cock crows. Letters were recorded in sequence and then these letters were interpreted as the answer to the question chosen by seers.

A rare, obsolete meaning of alectormancy is "a divination by a cock-stone". A cock-stone or alectoria was "a christall coloured stone (as big as a beane) found in the gyzerne, or maw of some cockes" (Cotgrave). These stones, purportedly found in a roosters crop, were known to the Romans (in Latin they were called alectoria gemma, literally "cock's gem") and were imputed with magical powers. Apparently, they were used for some sort of lithomantic divination, though the details of this use are not to be found.

Roosters were commonly used for predictions in different parts of the world, and over the ages different methods were used. For the ancient Jews, the cock must be young and white. When his claws are cut off he is forced to swallow both of them together with a small roll of parchment made of lambskin upon which have been previously written words. Now the diviner holding the cock must repeat a certain incantation or conjuration. Next, when putting the cock with the circle, he must recite two verses of the Psalms, which are exactly the midmost of the seventy-two verses in the entry on Onimancy, and it should be noted on the authority of an ancient Rabbi that there is not anything within these seventy-two verses which is not of some use within Kabbalism.

Alectryomancy was another method by which the Romans explored the will of gods. It consisted in consulting the sacred chickens that were carried along on military campaigns. If, before a battle, the chickens ate the food so greedily that some of it fell from their beaks, this was considered an excellent omen.

A story of doubt concerns the magician Iamblicus who used this divination to discover the successor of Valens Caesar in the Roman Empire. However, the bird just pecked four grains that spelled T.H.E.O This left a great uncertainty. The letters could stand for "Theodosius," "Theodotus," "Theodorus," or "Theodectes." According to the popular stories of the time, Valens proceeded to execute all that were named Theodorus, Theodotus and Theodectes. It is said that the unfortunate Iamblicus, to avoid the effects of the emperor's resentment, took a draught of poison.

Reverend Edward Smedley, in his The Occult Sciences (1855), mentions this type of divination: "Alectromancy, or Alectoromantia, an ancient method of divination with a cock. In practising it, a circle must be made in a good close place, and this must be divided equally into as many parts as there are letters in the alphabet. Then wheat-corn must be placed on every letter, beginning with A, during which the depositor must repeat this verse, Ecce enim veritatum. This must be done when the sun or moon is in Aries or Leo. A young cock, all white, should then be taken, his claws cut off, and these he should be forced to swallow with a little scroll of parchment made of lambskin upon which has been previously written [heb chars]. The diviner holding the cock should repeat, O Deus Creator omnium, qui firmamentum pulchritudine stellarum formasti, constituens eas in signa et tempora, infunde virtutem tuam operibus nostris, ut per opus in eis consequamur effectum. Next, on placing the cock within the circle, he must repeat these two verses of the Psalms: Domine, dilexi decorum domus tuæ et locum habitationis tuae. Domine Deus virtutum, converte nos et ostende faciem tuam, et salvi erimus. These are exactly the midmost of the seventy-two verses mentioned under the head of Onimancy, and it is to be noted on the authority of an ancient Rabbi, that there is nothing in these seventy-two which is not of some cabalistic secret. The cock being within the circle, it must be observed from what letters he pecks the grains, and upon these others must be placed, because some names and words contain the same letters twice or thrice. These letters should be written down and put together, and they will infallibly reveal the name of the person concerning whom inquiry has been made."

This form of divination is related to Ouija, by the random selection of letters; and gyromancy by the random selection of letters from a circle around the diviner them self; and to orniscopy, divination by the movements of birds.

A modern ouija board plus planchette

The Ouija board also known as a spirit/fire key board or talking board, is a flat board marked with the letters of the alphabet, the numbers 0-9, the words "yes", "no", "hello" and "goodbye" and various symbols and graphics. It is a registered trademark of Hasbro Inc., which markets and distributes the Ouija Board as part of its line of board games. It uses a planchette (small heart-shaped piece of wood) or movable indicator to indicate the spirit's message by spelling it out on the board during a séance. Participants place their fingers on the planchette and it is moved about the board to spell out words. It has become a trademark that is often used generically to refer to any talking board. Following its commercial introduction by businessman Elijah Bond on July 1, 1890, the Ouija board was regarded as a harmless parlor game unrelated to the occult until American Spiritualist Pearl Curran popularized its use as a divining tool during World War I. Mainstream religions and some occultists have associated use of the Ouija board with the threat of demonic possession and some have cautioned their followers not to use Ouija boards. While Ouija believers feel the paranormal or supernatural is responsible for Ouija's action, it may be parsimoniously explained by unconscious movements of those controlling the pointer, a psychophysiological phenomenon known as the ideomotor effect. Despite being debunked by the efforts of the scientific community, Ouija remains popular among many people.


[1] Naturalis historia X,48-49: Iam ex his quidam ad bella tantum et proelia adsidua nascuntur - quibus etiam patrias nobilitarunt, Rhodum aut Tanagram; secundus est honos habitus Melicis et Chalcidicis -, ut plane dignae aliti tantum honoris perhibeat Romana purpura. [49] Horum sunt tripudia solistima, hi magistratus nostros cotidie regunt domusque ipsis suas claudunt aut reserant. Hi fasces Romanos inpellunt aut retinent, iubent acies aut prohibent, victoriarum omnium toto orbe partarum auspices. Hi maxime terrarum imperio imperant, extis etiam fibrisque haut aliter quam opimae victimae diis grati. Habent ostenta et praeposteri eorum vespertinique cantus: namque totis noctibus canendo Boeotiis nobilem illam adversus Lacedaemonios praesagivere victoriam, ita coniecta interpretatione, quoniam victa ales illa non caneret.

[2] Ai tempi di Festo Sesto Pompeo (II-III secolo dC) probabilmente terripavium e pavire si erano trasformati in terripuvium e puvire, come dimostra il suo De verborum significatione.

[3] De divinatione I,35,77: Quid? Bello Punico secundo nonne C. Flaminius, consul iterum, neglexit signa rerum futurarum magna cum clade rei publicae? Qui exercitu lustrato cum Arretium versus castra movisset et contra Hannibalem legiones duceret, et ipse et equus eius ante signum Iovis Statoris sine causa repente concidit nec eam rem habuit religioni, obiecto signo, ut peritis videbatur, ne committeret proelium. Idem, cum tripudio auspicaretur, pullarius diem proelii committendi differebat. Tum Flaminius ex eo quaesivit, si ne postea quidem pulli pascerentur, quid faciendum censeret. Cum ille quiescendum respondisset, Flaminius: "Praeclara vero auspicia, si esurientibus pullis res geri poterit, saturis nihil geretur!" Itaque signa convelli et se sequi iussit. Quo tempore cum signifer primi hastati signum non posset movere loco, nec quicquam proficeretur [?] plures cum accederent, Flaminius re nuntiata suo more neglexit. Itaque tribus iis horis concisus exercitus atque ipse interfectus est.

[4] Rerum rusticarum III,3,5: Earum rerum cultura instituta prima ea quae in villa habetur; non enim solum augures Romani ad auspicia primum pararunt pullos, sed etiam patres familiae rure.

[5] Ad Familiares X,12: Recitatis litteris oblata religio Cornuto est pullariorum admonitu, non satis diligenter eum auspiciis operam dedisse, idque a nostro collegio comprobatum est; itaque res dilata est in posterum.

[6] Ab urbe condita VIII,30: In Samnium incertis itum auspiciis est; cuius rei vitium non in belli eventum, quod prospere gestum est, sed in rabiem atque iras imperatorum vertit. namque Papirius dictator a pullario monitus cum ad auspicium repetendum Romam proficisceretur, magistro equitum denuntiavit ut sese loco teneret neu absente se cum hoste manum consereret. - IX,14: Agentibus divina humanaque, quae adsolent cum acie dimicandum est, consulibus Tarentini legati occursare responsum exspectantes; quibus Papirius ait: "auspicia secunda esse, Tarentini, pullarius nuntiat; litatum praeterea est egregie; auctoribus dis, ut videtis, ad rem gerendam proficiscimur". - X,40: Tertia vigilia noctis iam relatis litteris a collega Papirius silentio surgit et pullarium in auspicium mittit. Nullum erat genus hominum in castris intactum cupiditate pugnae; summi infimique aeque intenti erant; dux militum, miles ducis ardorem spectabat. Is ardor omnium etiam ad eos qui auspicio intererant pervenit; nam cum pulli non pascerentur, pullarius auspicium mentiri ausus tripudium solistimum consuli nuntiavit.

[7] De divinatione II,34: Tum ille: "Dicito, si pascentur." "Pascuntur". Quae aves? Aut ubi? Attulit, inquit, in cavea pullos is, qui ex eo ipso nominatur pullarius. Haec sunt igitur aves internuntiae Iovis! Quae pascantur necne, quid refert? Nihil ad auspicia; sed quia, cum pascuntur, necesse est aliquid ex ore cadere et terram pavire (terripavium primo, post terripudium dictum est; hoc quidem iam tripudium dicitur) - cum igitur offa cecidit ex ore pulli, tum auspicanti tripudium solistimum nuntiatur.

[8] Gessner non cita dall'opera originale di Valerio Massimo (Factorum et dictorum memorabilium libri novem) in cui il brano è assente, ma, seppure con piccolissime differenze, dall'Epitome Valerii Maximi di Giulio Paride: P. Claudius bello Punico primo, cum proelium navale committere vellet, auspiciaque more maiorum petisset, et pullarius non exire cavea pullos nuntiasset, abici eos in mare iussit, dicens 'quia esse nolunt, bibant!'. (J. Briscoe, Leipzig, Teubner 1998 - I 4,3, p. 34,41) § L’episodio relativo a Publius Claudius è presente, per esempio, in Livio, Periocha XIX: Caecilius Metellus rebus adversus Poenos prospere gestis speciosum egit triumphum, XIII ducibus hostium et CXX elephantis in eo ductis. Claudius Pulcher cos. contra auspicia profectus - iussit mergi pullos, qui cibari nolebant - infeliciter adversus Carthaginienses classe pugnavit, et revocatus a senatu iussusque dictatorem dicere Claudium Gliciam dixit, sortis ultimae hominem, qui coactus abdicare se magistratu postea ludos praetextatus spectavit.

[9] Naturalis historia X,50: Invenitur in annalibus in agro Ariminensi M. Lepido Q. Catulo cos. in villa Galerii locutum gallinaceum, semel, quod equidem sciam.