Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta
delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti
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Iuvenalis[1]
Gallos Gallinaceos Laribus etiam sacros habitos [257] esse his versibus
nos admonet. Et {laribus} <Laribus> cristam promittere Galli Non
audent De Termini
sacrificio Prudentius[2]
ita canit. Et lapis illic Si
stetit[3]
antiquus, quem cingere {sueverit} <sueverat> error Fasceolis[4],
vel Gallinae pulmone[5]
rogare, Frangitur, et nullis violatur {terminus} <Terminus> extis.[6] |
Giovenale
ci ricorda con questi versi che i galli sono stati ritenuti sacri anche
ai Lari: E
non osano promettere la cresta di un gallo ai Lari. Prudenzio
canta così a proposito del sacrificio di Termino - la divinità dei
confini: E
lì se si troverà una pietra antica, che l’errore si era
abituato a cingere con bende, o a supplicare con un polmone di gallina,
essa viene rotta, e Termino non viene violato dalle interiora delle
vittime. |
{Methonae}
<Methanae> urbis in Troezeniorum agro incolas legimus[7]
Gallum pro vinearum incolumitate mactare solitos, ut Africi venti, qui {eos}
<eas>[8]
plurimum infesta<n>t, incursionem vel averterent, vel saltem
emollirent: {Cum} <cum> enim flare institeri<n>t, vitium
oculos exuri, spemque vindemiae falli. Moniti igitur ab aruspicibus,
sacri genus hoc instituere, ut viri duo Gallum unum, eumque album,
manibus apprehenderent, et in diversa abeuntes trahendo discerperent,
partemque uterque suam manu praeferentes vineta loci omnia perlustrarent,
donec ita omnibus expiatis, in eundem convenirent locum, ubi Gallum
dissecuissent, ibique partibus utriusque humi defossis, nullum eius anni
incommodum se passuros persuasum habeant: iuvitque sors, ut quandiu
sacrum hoc celebravere, res illis ex voto succederet. |
Abbiamo
letto che gli abitanti della città di Methana nel territorio degli
abitanti di Trezene sono soliti immolare un gallo per la incolumità
dei vigneti, affinché i venti dell’Africa, che li danneggiano
moltissimo, o rivolgessero l’assalto da un’altra parte, o per lo
meno di mitigarlo: infatti se continuano a spirare, le gemme delle viti
vengono bruciate e la speranza della vendemmia svanisce. Pertanto,
consigliati dagli aruspici, istituirono questo tipo di rito, che due
uomini dovevano catturare con le mani un solo gallo, e bianco, e
allontanandosi in direzioni opposte dovevano lacerarlo con la trazione,
e ciascuno portando in mano dinanzi a sé la propria parte doveva
attraversare tutti i vigneti del posto, finché dopo essere stati così
tutti quanti purificati dovevano incontrarsi nello stesso posto dove
avevano fatto a pezzi il gallo, e qui, dopo aver sotterrato le parti di
ciascuno, erano convinti che non avrebbero subito nessun danno per
quell’anno: destino volle che finché celebrarono questo rito, la cosa
avesse per loro un esito felice in seguito all’offerta votiva. |
Vetus
etiam {Pithagorae} <Pythagorae> symbolum Gallo albo abstinendum
esse admonet. Diogenes
Laërtius[9]
ideo eum interdixisse scribit, quod mensi sacer, et supplex. Quod autem
mensi sacer haberetur etiam Aelianus meminit, inquiens: Gallum album mensi sacrum, utpote horarum nuncium credidit Pythagoras.
Iamblic<h>us tamen Pythagoram sectatoribus suis, qui civiles, id
est, politici dicti sunt, permisisse author est, ut Gallum, agnum, et
alia quaedam ante nata praeter vitulum rite sacrificarent. Et Plutarchus[10]
discipulorum nonnullos eum accusare memorat, ut qui in commentario de
iustitia scripsisset de Gallis Gallinaceis utiliter eos esitasse, quod
et somno nos excitent, et scorpios conquirent, et in pugna nobis studium,
aemulationemque fortitudinis quandam ingenerent. Unde non sacrificasse
tantum Gallos solitum, sed esum eorum permisisse videmus. Quod ad
sacrificia attinet, Suidas etiam sacrificasse illum Gallos testis est,
quin vero et ipse Diogenes[11]
sacrificiis, inquit, utebatur
Pythagoras inanimis; sunt qui dicunt, Gallis Gallinaceis, et hoedis,
etiam lecteolis, quos teneros dicunt: agnis autem minime. |
Anche
un antico simbolo di Pitagora ammonisce che bisogna astenersi dal
gallo bianco. Diogene Laerzio scrive che lo ha vietato in quanto è
sacro al mese, ed è un supplice. Che fosse ritenuto sacro al mese lo
ricorda anche Eliano dicendo: Il gallo bianco è sacro al mese,
dato che Pitagora l’ha ritenuto messaggero delle ore. Giamblico
riferisce che tuttavia Pitagora ai suoi seguaci, che furono detti civili
ossia politici, concesse di sacrificare secondo il rituale il gallo,
l’agnello e alcuni altri animali prima che fossero nati, eccetto il
vitello. E Plutarco ricorda che egli accusava alcuni discepoli in
quanto qualcuno in un commento relativo alla giustizia aveva scritto a
proposito dei galli che essi spesso li avevano mangiati con profitto in
quanto ci destano dal sonno e vanno in cerca degli scorpioni e
combattendo fanno nascere in noi l’entusiasmo e come una sorta di
emulazione della forza d’animo. Per cui possiamo renderci conto che
era solito non solo sacrificare i galli, ma che aveva concesso di
cibarsene. Per quanto riguarda i sacrifici, anche il lessico Suida è
testimone che lui sacrificava i galli, anzi lo stesso Diogene Laerzio
dice: Pitagora si serviva di sacrifici di esseri inanimati; vi sono
alcuni che dicono che si serviva di galli, e di capretti, anche
poppanti, che chiamano lattanti: ma quasi per nulla degli agnelli. |
Quod
vero ad eorum {eusm} <esum>, Aristoxenus apud Gellium[12]
cuncta illum animata in cibum permisisse ait, bove aratore, et ariete
exceptis. Alii contra
Pythagoram, licet praeter sua instituta, immolasse tamen quandoque Musis
bovem, Iovi vero Gallum album[13].
Alii tradunt Gallum album adeo ab eo[14]
amatum, ut si quando videret, fratris Germani loco salutaret, et apud se
haberet. Unde aperte constare arbitror Pythagorae praecepta vel perperam
posteritati tradita, vel ipsum in determinatione illorum inconstantem
extitisse. Nihil aliud hoc loco quidam Pythagoram intellexisse volunt,
quam Gallum ipsum. Si quis tamen altius hoc considerare voluerit, ad
reliquorum symbolorum rationem, modumque interpretari poterit, ut
scilicet nos philosophus moneat Gallos nutrire, ut divinam animae
nostrae partem divinarum rerum cognitione quasi solido cibo, et caelesti
ambrosia pascamus. |
Per
quanto riguarda il cibarsene, Aristosseno. dice in Aulo Gellio che
lui - Pitagora - aveva concesso come cibo tutti gli esseri animati,
eccetto il bue che ara e l’ariete. Altri al contrario dicono che
tuttavia Pitagora, sebbene contro le sue regole, di quando in quando
immolasse alle Muse un bue, e a
Giove un gallo bianco. Altri
riferiscono che il gallo bianco fu da lui amato a tal punto che, se per
caso lo vedeva, lo salutava come se fosse un fratello germano, e lo
teneva al suo fianco. Per cui ritengo risulti chiaramente che i precetti
di Pitagora o sono stati tramandati ai posteri in modo falso, o che
risultò chiaramente un incostante nel porne i confini. Alcuni a questo
punto sono dell’avviso che Pitagora non ha voluto intendere
null’altro che il gallo stesso. Tuttavia se qualcuno vorrà analizzare
ciò in modo più approfondito, potrà interpretarlo secondo la
motivazione e l’unità di misura degli altri simboli, cioè in quanto
il filosofo ci esorta a nutrire i galli in modo da alimentare la parte
divina della nostra anima con la conoscenza delle cose divine, come se
fossero un cibo completo e un’ambrosia celeste. |
Verum
ut ad recentiorum superstitionem, seu idolatriam potius sermonem nostrum
divertamus. Petrus Bellonius[15],
interprete Carolo Clusio, amoenam nefarii illius Mahumeti{s}, Turcarum
pseudoprophetae in paradisum profectionem, quam nocturno tempore hic se
confecisse splendidissime mentitur, describens insignes de Turcarum
paradiso nugas recenset, inter alias vero, illum comminisci, se in coelo
variae formae angelos vidisse, ut boum, hominum, equorum, avium, inter
quas Gallus fuerit, pedibus primum coelum premens, et capite secundum
attingens: interrogantique Mahumeto, quid ista sibi vellent, angelum, a
quo se eo conductum finxerat, respondisse, angelos esse, qui pro iis,
qui in mundo sunt, Deum orent, humanaeque formae angelos pro hominibus
orare, bubulae pro bubus, equinae pro equis, Gallinaceae pro Gallis,
atque cum ingens ille Gallus caneret, reliquos Gallos cum caelestes, tum
terrestres canere. |
Vediamo
dunque di rivolgere il nostro discorso alla superstizione o meglio
all’idolatria di personaggi più recenti. Pierre Belon, nella
traduzione di Charles de L’Écluse,
descrivendo l’amena partenza per il paradiso di quel nefando Maometto pseudoprofeta dei Turchi che costui in modo molto splendido
inventa di aver effettuato nottetempo, passa in rassegna le
straordinarie sciocchezze relative al paradiso dei Turchi, e tra le
altre, che egli si inventa di aver visto in cielo angeli di vario
aspetto, ad esempio di buoi, di esseri umani, di cavalli, di uccelli,
tra i quali ci sarebbe stato un gallo, che calcava con le zampe il primo
cielo, e con la testa raggiungeva il secondo: e a Maometto, che chiedeva
che cosa significassero tali cose, un angelo, dal quale egli aveva
inventato di esservi stato condotto, rispose che erano angeli che
pregano Dio per coloro che si trovano sulla terra, e che gli angeli con
aspetto umano pregano per gli uomini, quelli con aspetto bovino per i
buoi, quelli con aspetto equino per i cavalli, quelli con aspetto di
gallo per i galli, e che quando quell’enorme gallo cantava, anche i
restanti galli sia celesti che terrestri cantavano. |
Author
est Ludovicus Romanus <Patritius>[16]
Calecu{t}tenses[17]
cacodaemonis sacerdotes sanguine Gallinacei cultello argenteo iugulati
carbonibus ignitis aspersi, ei sacrum peragere. Abaculum, inquit, habent vice altaris, quem variis
floribus, ac flagrantibus pulvisculis sternunt. Tunc sanguinem Galli in
vas argenteum ignitis carbonibus oppletum, imponunt, additis variis
suffumentis. Gallum dein
mactant cultro argenteo, {cruentunque} <cruentumque> cultellum
nonnunquam igni admovere solent. Sanguis Galli totus accensis funalibus
crematur circa altare. |
Lodovico
de Varthema narra che i sacerdoti di
Calicut di un demone cattivo
compiono in suo onore una cerimonia sacra con il sangue di un gallo
sgozzato con un piccolo coltello d’argento e cosparso di carboni
ardenti. Al posto dell’altare, egli dice, hanno una tavoletta che
cospargono di vari fiori e di polveri profumate. Quindi mettono il
sangue del gallo in un recipiente d’argento ripieno di carboni
ardenti, con l’aggiunta di varie sostanze aromatiche. Poi sacrificano
il gallo con un coltello d’argento, e talora sono soliti avvicinare al
fuoco il coltello macchiato di sangue. Tutto il sangue del gallo viene
bruciato sulle torce accese intorno all’altare. |
[1] Satira XIII, 233-234.
[2] Contra Symmachum II, 1005-1008 - a pagina 664 di Aurelii Prudentii Clementis opera interpretate e annotate da Stephanus Chamillard SJ, Parisiis, apud Viduam Claudii Thiboust et Petrum Esclassan, 1687.
[3] Stephanus Chamillard, pag. 664 - Lapis illic si stetit: Terminorum Deus, de quo hic loquitur, colebatur sub figura rudis ac informis lapidis, vel stipitis. Ovid, Fast. lib. 2: Termine, sive lapis sive es defossus in agro/stipes, ab antiquis tu quoque numen habes. Et Tibull. lib. 1 eleg. 1: Nam veneror, sed stipes habet desertus in agris, seu vetus in trivio florida serta lapis. In nummis tamen gentis Calpurniae, quae originem a Numa ducebat, modo caput Termini expressum est, modo integrum simulachrum.
[4]
Stephanus Chamillard, pag. 664 - Cingere fasciolis: Terminales
lapides floribus, fasciisque donavit antiquitas, tanquam judices et arbitros
finium, ac proinde pacis et amicitiae custodes. Siculus Flaccus de
conditionib. agror.: Cum Terminos disponerent, ipsos quidem lapides in
solidam terram collocabant, proxime ea loca, quibus fossis factis defixuri
eaos erant, et unguento, velaminibusqe, et coronis eos ornabant.
[5] Stephanus Chamillard, pag.
664 - Gallinae pulmone: Neminem repperi, qui Prudentio astipularetur.
Nam Ovidius lib. 2 Fast. ubi loquitur de Terminalibus, quae fiebant
23 Februarii, quo nempe ita annum quoque terminare viderentur, immolari
agnum Termino, seu suillam asserit: Spargitur et caeso communis Terminus agno,/nec queritur lactans cum sibi
porca datur. Quod
si Plutarcho credimus: Termino apud Romanos frugibus ignem jactis, et favis,
et vino litabatur.
[6]
Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 456: De Termini
sacrificio Prudentius contra Symmachum ita canit: Et lapis illic | Si stetit
antiquus, quem cingere sueverat error | Fasceolis, vel gallinae pulmone
rogare, | Frangitur, et nullis violatur Terminus extis.
[7] Aldrovandi non precisa
dove ha letto ciò che sta riferendo. La fonte è comunque Pausania, Periegesi
della Grecia, Corinto. Il ventus Africus è detto da Pausania Líps,
genitivo Libós, che è l’africo o libeccio, il quale spira da
sudovest. § Pausanias,
Description of Greece, Corinth,
II,34,1-3:[1] Stretching out far into the sea from Troezenia is a peninsula,
on the coast of which has been founded a little town called Methana. Here
there is a sanctuary of Isis, and on the market-place is an image of Hermes,
and also one of Heracles. Some thirty stades distant from the town are hot
baths. They say that it was when Antigonus, son of Demetrius, was king of
Macedon that the water first appeared, and that what appeared at once was
not water, but fire that gushed in great volume from the ground, and when
this died down the water flowed; indeed, even at the present day it wells up
hot and exceedingly salt. A bather here finds no cold water at hand, and if
he dives into the sea his swim is full of danger. For wild creatures live in
it, and it swarms with sharks. [2] I will also relate what astonished me
most in Methana. The wind called Lips, striking the budding vines from the
Saronic Gulf, blights their buds. So while the wind is still rushing on, two
men cut in two a cock whose feathers are all white, and run round the vines
in opposite directions, each carrying half of the cock. When they meet at
their starting place, they bury the pieces there. [3] Such are the means
they have devised against the Lips. The islets, nine in number, lying off
the land are called the Isles of Pelops, and they say that when it rains one
of them is not touched. If this be the case I do not know, though the people
around Methana said that it was true, and I have seen before now men trying
to keep off hail by sacrifices and spells. (Description of Greece
with an English Translation by W.H.S. Jones, Litt.D. in 4 Volumes. Volume 1.
Attica and Corinth, Cambridge, MA, Harvard University Press; London, William
Heinemann Ltd., 1918)
[8] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 408: Scribit Pausanias in Lacon. (lege, Corinthiacis) Methanam urbem ad Isthmum, in qua cives contra Africum vineis florescentibus ac germinantibus infestum, galli pennis albis ac niveis (alas omnino candidas habentis, Loescherus Pausaniae interpres,) remedio usos fuisse: quem gallum homines in diversa trahentes, discerpebant, per vineas discurrentes: demum in eundem locum redeuntes, ubi discerpserant, gallum sepeliebant. Adeo hi diversi fuere a Pythagorae institutis, quem tradunt gallum adeo amasse,[...].
[9]
Liber 8 de vita philosophorum in vita Pythagorae.
(Aldrovandi) - Le
vite, le opinioni, gli apoftegmi dei filosofi celebri, VIII, Pitagora,
19: He also forbade his disciples to eat white poultry, because a cock of
that colour was sacred to Month, and was also a suppliant. He was also
accounted a good animal; and he was sacred to the God Month, for he
indicates the time. (translated by C.D. Yonge - http://classicpersuasion.org)
[10] De Stoicorum
repugnantibus (Le contraddizioni degli Stoici). (Aldrovandi)
[11]
Le vite, le opinioni, gli apoftegmi dei filosofi
celebri, VIII, Pitagora, 18: He used to
practise divination, as far as auguries and auspices go, but not by means of
burnt offerings, except only the burning of frankincense. And all the
sacrifices which he offered consisted of inanimate things. But some, however,
assert that he did sacrifice animals, limiting himself to cocks, and sucking
kids, which are called apalioi, but that he very rarely offered
lambs. Aristoxenus, however, affirms that he permitted the eating of all
other animals, and only abstained from oxen used in agriculture, and from
rams. (translated by C.D. Yonge - http://classicpersuasion.org)
[12] Nessun riferimento al bue aratore e all’ariete nell’edizione in mio possesso di Noctes Atticae - libro IV,11 - dove, come dice Aulo Gellio, Quae qualiaque sint, quae Aristoxenus quasi magis comperta de Pythagora memoriae mandavit; et quae item Plutarchus in eundem modum de eodem Pythagora scripserit. Il testo completo di questo brano delle Noctes Atticae viene riportato nella biografia di Gellio.
[13] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 408: Gallus etiam Cybeli dicatus fuit, Gyraldus. Sunt qui tradant Pythagoram praeter sua instituta, bovem quandoque Musis, et Iovi gallum album immolasse: quoque vix crediderim, propter ea quae de eo in Symbolis retuli, Idem. § Lilius Gregorius Gyraldus, Historiae Deorum Gentilium Syntagma XVII: Sunt qui tradant, Pythagoram praeter sua instituta, bovem quandoque Musis, et Iovi gallum album immolasse: quod vix crediderim, propter ea quae de eo in Symbolis retuli.
[14] Conrad Gessner, Historia
Animalium III (1555), pag. 408: Adeo hi diversi fuere a Pythagorae
institutis, quem tradunt gallum adeo amasse, ut si quando videret, fratris
germani loco salutaret, et apud se haberet, (vide inter proverbia, Gallo
albo abstineas) suis vero sectatoribus, qui civiles id est politici dicti
sunt, permisisse ait Iamblichus, ut gallum, agnum et alia quaedam paulo ante
nata, praeter vitulum, rite sacrificarent. Idem scribit Suidas. Sed et Laertius, Sacrificiis (inquit) utebatur
Pythagoras inanimis. Sunt qui dicant, gallis gallinaceis, et hoedis etiam
lacteolis quos teneros dicunt, agnis autem minime. Caeterum Aristoxenus apud
Gellium, cuncta illum animata in cibum permisisse ait, bove aratore et
ariete exceptis. § pag. 409: Gallo albo abstineas, [
]: id est Candido gallo ne manum admoliaris, quod mensi sacer sit,
utpote horarum nuncius, Erasmus in Chiliadibus inter Symbola Pythagorica.
Gallo albo abstinendum, id est saluti cuiusque purissime favendum, (mihi
haec interpretatio non satisfacit,) Plutarchus in Symbolis Pythag.
interprete Gyraldo. Pythagoram ferunt gallum album adeo amasse, ut si quando
videret, fratris germani loco salutaret, et apud se haberet, Gyraldus.
[15] L. 3 obs. C. 7. (Aldrovandi) - Petri Bellonii Cenomani plurimarum rerum in Graecia, Asia, Aegypto, Iudaea, Arabia aliisque exteris Provinciis ab ipso conspectarum observationes tribus libris expressae Carolus Clusius Atrebas e Gallicis Latinas faciebat - Antverpiae 1589 § Quanto narrato da Pierre Belon non è contenuto nel Corano. Sia il testo originale di Pierre Belon che la traduzione latina di Charles de L’Écluse sono presenti nel lessico alla voce Maometto.
[16] Si può presumere con
quasi certezza che si tratta di Ludovicus Patritius, forse latinizzato anche
in Romanus in quanto morì a Roma nel 1517. Questa presunzione viene dal
testo di Conrad Gessner Historia
Animalium III (1555). Infatti Gessner cita una prima volta i polli del
Tarnasari a pagina 381 e attribuisce la notizia a Ludovicus Patritius:
Circa Tarnasari urbem Indiae gallos gallinasque proceriores vidisse memini
quam usquam alibi, Ludovicus Patritius. – Quindi ne parla una seconda
volta a pagina 387 attribuendo la consimile notizia a Ludovicus Romanus:
Circa Tarnasari urbem Indiae gallinaceos procerissimos videre memini: ex
quorum sane acerrimis conflictibus summam voluptatem cepi. nam quotidie huic
ludo per medios vicos Mahumetanorum animi causa opera dabatur, mirumque est
Mahumetanorum pro hac re certamen. habent privi privos gallos gallinaceos,
eosque committunt aliis, expositis quandoque pro alitum futura victoria
utrinque aureis centenis singulo congressu. Conspicati
sumus senis horis concertantes alites, nec prius illae modum proelio
faciebant, quam occubuissent, Ludovicus Romanus.
[17] Nella nota a bordo pagina troviamo la grafia corretta: Calecutenses quomodo Gallum immolant.