Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Gallo Gallinaceo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Σέρκος, gallinaceus, (scribitur etiam κέρκνος, ut supra:) et gallinae σέλκες, Hesychius et Varinus. Κλυτός[1] ὄρνις, gallinaceus, Iidem: forte quod procul exaudiatur. κλύειν enim audire est.

Sérkos è il gallo (viene scritto anche kérknos, come ho detto prima), sélkes le galline, Esichio e Guarino. Klytós órnis, il gallo, ancora loro: forse perché viene udito da lontano: infatti klýein significa udire.

Κρόκος, τὸ κροτόν, (mendum est forte[2]:) et gallinacei qui collum habent eiusmodi, (croceis vel aureis iubis scilicet ornatum,) κρόκη[3], Hesych. et Varinus. Gallus κροκίας Hermanubidi immolabatur, Plutarchus[4]. Κώκαλον[5], genus quoddan gallinacei, Iidem. Χειλῶνες gallinacei quidam, Iidem. Ψήληκες[6], τῶν ἀλεκτρυόνων οἱ νοθαγένναι, Suidas et Hesychius. ᾿ῼδός ὄρνις, pro gallinaceo apud Pollucem.

Krókos – zafferano, tò krotón (forse questo è un errore): sono pure dei galli che hanno il collo di questo colore (cioè il cui collo è ornato da mantelline color zafferano oppure color oro), krókë – mantello, Esichio e Guarino. A Ermanubi veniva immolato un gallo krokías – color zafferano, Plutarco. Køkalon è un tipo di pollo, sempre Esichio e Guarino. Cheilônes sono certi polli, ancora loro. Psëlëkes, tôn alektryónøn hoi nothaghénnai - Psëlëkes, gli illegittimi dei galli, il lessico Suida e Esichio. Øidós órnis – uccello øidós = cantore - per il gallo in Giulio Polluce.

Epitheta. Nocte deae {noctis} <Nocti> cristatus caeditur ales, Ovidius 1. Fast.[7] Cristataeque sonant undique lucis aves, Martialis[8]. Excubitorque diem cantu {patefecerat} <praedixerat> ales, Vergilius[9]. Apud Textorem[10] galli epitheta sunt haec, Gallinaceus, Metuendus leonibus, Nuncius lucis, Salax, Volucris Titania.

Epiteti. Di notte l’uccello fornito di cresta viene immolato alla dea Notte, Ovidio nel I libro dei Fasti. E ovunque risuonano gli uccelli della luce forniti di cresta, Marziale. E la sentinella alata con il canto aveva preannunciato il giorno, Virgilio. In Jean Tixier gli epiteti del gallo sono i seguenti: il gallinaceo, colui che deve essere temuto dai leoni, messaggero della luce, il libidinoso, l'uccello dei Titani.

Ὀρταλίς αἰχμητῆσιν ὑπευνηθεῖσα νεοσσοῖς, Nicander[11]. dixit autem neossos, id est pullos, pro gallinaceis adultis. Κοκκοβόας[12] ὄρνις de gallo dici videtur apud Sophoclem[13], Eustathius[14]. Ὀλόφωνος ἀλέκτωρ, Cratinus, vide paulo superius[15] plura de hac voce. Ὀξύφωνος, apud Lucianum. Ὀρθριοκόκκυξ ἀλεκτρυών, Diphilus[16] apud Eustathium. Varinus non recte habet ὀρθιοκόκκυξ. Ὄρθριος ἀλέκτωρ, Theocritus Idyllio 7. Ὀρθροβόας, vide superius[17] inter nomenclaturas varias huius alitis. Ὄρνιχες φοινικόλοφοι, Theocritus Idyl. 27.[18]

Ortalís aichmëtësin hypeunëthéîsa neossοîs - la gallina che sta sotto ai galli aggressivi, Nicandro. Ma disse neossoí, cioè pulcini, nel senso di galli adulti. Sembra che in Sofocle kokkobóas órnis lo si dice come riferito al gallo, Eustazio. Olóphønos aléktør – gallo tutto voce, Cratino, vedi poco prima una quantità di dati maggiore a proposito di questa espressione. Oxýphønos – dalla voce squillante, in Luciano. Orthriokókkyx alektryøn - gallo che canta all'alba, Difilo in Eustazio. Guarino riporta in modo scorretto orthiokókkyx. Órthrios aléktør – il gallo mattutino, Teocrito nel VII Idillio. Orthrobóas – che canta all'alba, vedi prima tra le varie terminologie di questo volatile. Órniches phoinikólophoi – uccelli dalla cresta scarlatta, Teocrito nel XXVII Idillio.

Derivata. A gallo fit gallina. a gallina gallinaceus, quae vox et pro gallo simpliciter ponitur, et tanquam epitheton ei adiungitur, differentiae forsan gratia. nam et Galli populi sunt, et sacerdotes Cybeles sic vocabantur. Dicitur etiam adiective gallinaceum quod ex gallis vel gallinis est, ut pullus gallinaceus et ova gallinacea Varroni[19], et fel gallinaceum Ciceroni 2. De divinat.[20]

Derivati. Da gallo deriva gallina, da gallina deriva gallinaceo, e questo termine viene usato da solo per indicare il gallo, e glielo si aggiunge come epiteto, forse per differenziarlo. Infatti i Galli sono un popolo e i sacerdoti di Cibele venivano così chiamati. Si aggiunge anche gallinaceo a ciò che origina dai galli o dalle galline, come pulcino gallinaceo e uova gallinacee in Varrone, e bile gallinacea in Cicerone II libro del De divinatione.

¶ Gallinarium, locus in quo gallinae nutriuntur, Columellae. Idem pro gallinario officinam dixit[21]. Gallinarium est quod et cohors dicitur, unde aves cohortales. Aedicula vero altera, cuius parietibus corbes affiguntur, in iisque gallinae incubant, officina cohortalis (alias cortalis, das nisthuß) ob id appellatur, quod non aliter ac in officinis nostris cuncta parantur, quae in usum humanum veniunt, ita istic ova et pulli, quae in cibum, Gyb. Longolius.

¶ Il gallinarium in Columella è il luogo in cui le galline vengono allevate. E lui disse officina per indicare il pollaio. Il gallinarium è ciò che viene anche detto cortile, da cui deriva volatili da cortile. Ma la casetta è un'altra cosa, è quella alle cui pareti vengono appese le ceste e nelle quali le galline covano, e per questo viene detta laboratorio del cortile (cohortalis o cortalis, das nisthuß) in quanto non diversamente da quanto accade nei nostri laboratori dove viene preparato tutto ciò che serve all’uso umano, così qui vengono preparati uova e pulcini, cose che servono per alimentarsi, Gisbert Longolius.

¶ Gallinarius Plinio[22] et Ciceroni 4. Academ.[23] custos est gallinarum qui Varroni[24] et Columellae[25] gallinarius curator dicitur.

¶ Per Plinio, e per Cicerone negli Academici priores, il gallinarius è il custode delle galline, e questo gallinarius in Varrone e Columella viene detto curator.

¶ Gallicinium pars noctis appellata est, in qua galli cantant. Primum tempus diei dicitur mediae noctis inclinatio: deinde gallicinium: inde conticinium, cum galli conticescunt, et homines etiam tum quiescunt, Macrobius Saturn. 1.3.[26] Noctis gallicinio venit quidam iuvenis e proxima civitate, Apuleius lib. {2}<8>. de Asino[27]. Tempus quo galli cantant, tribus ab intempesta nocte horis, gallicinium appellatur, Gyb. Longolius.

Quella parte della notte in cui i galli cantano è detta gallicinium - canto del gallo, alba. Il primo periodo del giorno viene detto volgere della mezzanotte: quindi gallicinium: quindi conticinium quando i galli tacciono, e quando anche gli esseri umani riposano, Macrobio Saturnalia I,3. Al primo canto notturno del gallo – gallicinium - giunse un giovane dalla città vicina, Apuleio libro VIII delle Metamorfosi o L'asino d'oro. Il periodo in cui i galli cantano, tre ore dopo che è notte fonda, viene detto gallicinium, Gisbert Longolius.

¶ Gallulo, pubem emitto. unde gallulasco, pubesco, quod pubescentes vocem grandiorem ad galli gallinacei similitudinem faciant. Cuius vox gallulascit, {Naevius} <Novius>[28]. Aristoteles hoc τραγᾷν dixit. Vide in Hirco H. a.[29]

Gallulo, cioè mi spuntano i peli al pube. Da cui deriva gallulasco, sto diventando adulto, in quanto coloro che si trovano nel periodo della pubertà emettono una voce più forte a somiglianza del gallo, Novio in Nonio Marcello. Aristotele disse ciò con il verbo tragâin - entrare nella pubertà. Vedi nel paragrafo H-a relativo al caprone.

¶ Gallus fortunam corporis significat, ut inquit Quintilianus[30]: id est castratum. nam tales erant Galli sacerdotes Cybeles: de quibus extat proverbium[31], Γάλλους τί τέμνεις; Gallos quid execas? Id est, cur affligis afflictum? Quid actum agis? Gallum matris deûm sacerdotem Iul. Firmicus[32] archigallum vocat, Brodaeus. Matris deûm Cybeles sacerdotum antistites archigalli nominabantur, ut in antiquis elogiis advertimus. {Epitaphium} <Epitaphius> est Romae in S. Martino in montibus, huiusmodi. d. m. c. Camerius Crescens Archigallus Matris Deûm Magnae Idaeae[33] et Attis Po. Ro. etc. ut recitat Gyraldus[34]: qui Tertulliani[35] etiam verba de archigallo quodam repetit, Syntagmate quarto de diis. Archigallum etiam puto eunuchorum genus esse. Quo sydere [sidere] prodeant hermaphroditi, eunuchi, viragines, archigalli, ubertim scribit Matheseos {tertio} <septimo>[36] Firmicus, Caelius. {Parasius} <Parrhasius> pinxit Archigallum, quam picturam amavit Tiberius princeps, Plinius[37].

¶ Gallo significa una condizione fisica, come dice Quintiliano: cioè un corpo castrato. Infatti erano tali i Galli, sacerdoti di Cibele: a proposito dei quali esiste un proverbio, Gállous tí témneis, cosa stai a castrare i Galli? Cioè, perché vuoi tormentare uno che è già tormentato? Perché vuoi fare una cosa che è già stata fatta? Giulio Firmico chiama il Gallo, sacerdote della madre degli dei, archigallo, Jean Brodeau. I capi dei sacerdoti di Cibele, la madre degli dei, venivano detti archigalli, come possiamo dedurre dalle antiche iscrizioni. A Roma nella chiesa di San Martino ai Monti si trova questo epitafio: D. M. C. Camerius Crescens Archigallus Matris Deûm Magnae Idaeae et Attis Po. Ro. etc. come riporta Giglio Gregorio Giraldi: il quale nel Syntagma IV di Historiae Deorum Gentilium riporta anche le parole di Tertulliano relative a un certo archigallo. Ritengo che archigallo sia anche una razza di eunuchi. Sotto quale astro spuntano gli ermafroditi, gli eunuchi, le virago e  gli archigalli ne scrive in abbondanza Giulio Firmico nel VII libro del Matheseos, Lodovico Ricchieri. Parrasio di Efeso dipinse un archigallo, e l'imperatore Tiberio si innamorò di questo dipinto, Plinio.

¶ Gallipedem quidam in Suetonii Tiberio[38] inepte pro Callip<p>ide legunt.

¶ Alcuni nella vita di Tiberio di Svetonio leggono stoltamente Gallipede invece di Callippide.

¶ Cares a Persis vocantur galli, eo quod cristam in galeis habeant, Plutarchus in Artaxerxe[39].

¶ I Carii vengono chiamati galli dai Persiani in quanto sugli elmi hanno dei cimieri, Plutarco, vita di Artaserse II.

Ἀλέκτωρ poetis uxorem significat, ἡ ὁμόλεκτρος, Eustathius[40]: ut et ἄλοχος[41]. item virginem lectum sive coniugium non expertam. sic Minervam ἀλέκτορα legimus, Idem. Pompeianus sophista cum Panathenaea festa celebrarentur Athenis, in quibus iudicia cessant, dixit: Γενέθλιός ἐστι τῆς ἀλέκτορος {θηνᾶς} <Ἀθηνᾶς>, καὶ ἄδικος ἡ τῆτες ἡμέρα, Athenaeus libro 3.[42] Ion Tragicus[43] tibiam quoque ἀλέκτορα dixit, quod propter soni eius suavitatem auditores λέγεσθαι, id est dormire nolint, Eustathius. Eadem ratione Sol etiam ἠλέκτωρ cognominatur, quod homines in lectis cubare non sinat, vel (potius) quod ipse nunquam cubet aut quiescat, Eustathius.

¶ Per i poeti aléktør - con alfa copulativa - significa moglie, hë homólektros - la compagna di letto, Eustazio: come anche álochos - con alfa copulativa. Parimenti álochos - ma con alfa privativa - significa vergine, che non ha sperimentato il letto o il rapporto sessuale. Così leggiamo Minerva aléktora – la vergine, sempre Eustazio. Il sofista Pompeiano, siccome ad Atene venivano celebrate le feste Panatenee durante le quali si sospendono i processi, disse: Ghenéthliós esti tës aléktoros Athënâs, kài àdikos hë tëtes hëméra - è il genetliaco di Atena aléktoros - la vergine - e questo è un giorno ingiusto, Ateneo nel III libro dei Deipnosophistaí. Il poeta tragico Ione di Chio ha chiamato il flauto anche aléktora, in quanto a causa della soavità del suo suono gli ascoltatori non vorrebbero léghesthai, cioè dormire, Eustazio. Per lo stesso motivo il Sole viene anche detto ëléktør - splendente sole – in quanto non permette agli uomini di starsene a letto, o (meglio) in quanto lui stesso mai si corica né si riposa, Eustazio.

¶ Diitrephes[44] prius pauper, nunc ditatus, ξουθός ἐστιν ἱππαλεκτρυὼν, Aristophanes in Avibus[45]. ubi Scholiastes, Nunc (inquit) facta est ales magna et non vulgaris. Gallus enim plerisque avibus praestat. Plura de hac voce leges in Equo a. ubi animalia ab equo denominata memorantur. Iubas etiam capillum Graeci alectoridas appellant, Hermolaus.

Diitréphës – Diotallevi, prima povero, adesso arricchito, xouthós estin hippalektryøn – è un agile ippogallo, Aristofane negli Uccelli. A questo proposito il commentatore dice: Adesso è diventato un uccello importante e non comune. Infatti il gallo è superiore alla maggior parte degli uccelli. Potrai leggere maggiori dettagli su questo termine nel paragrafo a dedicato al cavallo dove vengono citati gli animali che traggono il nome dal cavallo. I Greci chiamano alectorídas le criniere e la capigliatura, Ermolao Barbaro.

Ἀλεκτρυοφόρον Aeschines dixit in Axiocho: unde nos etiam forte ὀρτυγοφόρον dicere poterimus. nam ὀρτυγοκόπος non est in usu, Pollux. videtur autem significare eos qui has aves venales gestant: vel ad ludos potius. nam ὀρτυγοκόπος dicitur, qui in ludo coturnicem digito ferit, etc. Phrynichus[46] ἀλεκτρυοπωλητήριον dixit: ὥστε καὶ ἀλεκτρυονοπώλην ἂν εἴποις, Pollux.

¶ Eschine di Sfetto - o Socratico – disse alektryophóron nel dialogo Assioco: per cui anche noi forse potremo dire ortygophóron - che trasporta le quaglie. Infatti ortygokópos - battitore di quaglie - non viene usato, Giulio Polluce. Infatti sembra indicare coloro che trasportano questi uccelli per essere venduti: o meglio, per i combattimenti. Infatti si chiama ortygokópos colui che durante un combattimento trasporta una quaglia su un dito, etc. Frinico figlio di Eunomide disse alektryopølëtërion – mercato di polli: høste kaì alektryonopølën àn eípois – come puoi anche dire alektryonopølën venditore di polli, Giulio Polluce.

Pilulae alectoriae quaedam alvum purgantes a Nicolao Myrepso[47] describuntur: quas sic dictas apparet, eo quod vi sua purgandi eos qui sumpserint, a lecto excitent.

Da Nicolaus Myrepsus vengono descritte certe pillole alettorie che purgano l’intestino: ed è chiaro che sono così denominate in quanto grazie al loro potere purgativo fanno alzare dal letto coloro che le hanno assunte.

Ἀλεκτρυοφωνία, gallicinium, ut quidam in Lexicon vulgare Graecolatinum [403] retulit. sed apud Marcum Evangelistam cap. 13. ἀλεκτοροφωνία scribitur[48].

Alektryophønía è il canto del gallo, come qualcuno ha riportato nel comune lessico grecolatino. Ma in Marco Evangelista 13:35 si trova scritto alektorophønía.


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[1] Aggettivo klytós = di cui si sente parlare, quindi, celebre, illustre. Latino inclitus. Da klýø =  udire, sentire, ascoltare.

[2] In effetti esiste solo il sostantivo maschile κρότος che significa rumore o suono prodotto con la percussione, e quindi, anche applauso. Non è escluso che il riferimento dell'erroneo κροτόν – invece di κρότος - riguardi lo sbattere delle ali quando il gallo canta, il plausu laterum di Plinio Naturalis historia X,46: Proxime gloriam sentiunt et hi nostri vigiles nocturni, quos excitandis in opera mortalibus rumpendoque somno natura genuit. Norunt sidera et ternas distinguunt horas interdiu cantu. Cum sole eunt cubitum quartaque castrensi vigilia ad curas laboremque revocant nec solis ortum incautis patiuntur obrepere diemque venientem nuntiant cantu, ipsum vero cantum plausu laterum.

[3] Il sostantivo femminile κρόκη significa filo della trama, trama, tessuti, mantelli.

[4] Il sostantivo maschile κροκίας in Plutarco De Iside et Osiride 375e significa color zafferano, riferito al gallo. Gessner ne tratta più diffusamente a pagina 407. - Plutarco, Moralia, Iside e Osiride 61 – 375d-e: δ Ὄσιρις ἐκ τοῦ ὁσίου <καὶ> ἱεροῦ τοὔνομα μεμιγμένον ἔσχηκε· κοινὸς γάρ ἐστι τῶν ἐν οὐρανῷ καὶ τῶν ἐν ᾅδου λόγος· ὧν τὰ [375e] μὲν ἱερὰ, τὰ δ ὅσια τοῖς παλαι ἔθος ἦν προσαγορεύειν. δ' ἀναφαίνων τὰ οὐράνια καὶ τῶν ἄνω φερομένων λόγος Ἄνουβις, ἔστι δὲ ὅτε καὶ Ἑρμάνουβις ὀνομάζεται, τὸ μὲν, ὡς τοῖς ἄνω, τὸ δὲ, ὡς τοῖς κάτω προσήκων. Διὸ καὶ θύουσιν αὐτῷ τὸ μὲν λευκὸν ἀλεκτρυόνα, τὸ δὲ κροκίαν, τὰ μὲν εἰλικρινῆ καὶ φαν, τὰ δὲ μικτὰ καὶ ποικίλα νομίζοντες. - Sic ergo Osiris nomen habet ex hosio et hiero (quod est sancto et sacro) conflatum: communis enim est ratio eorum quae in coelo et apud inferos sunt, quorum altera hiera, altera hosia veteres nuncupabant. Jam qui coelestia ostendit Anubis, superiorum quasi ratio (ano enim supra est), aliquando etiam Hermanubis usurpatur: altero nomine superioribus, altero inferis scilicet conveniente: itaque ei immola{ba}nt alias album, alias flavum gallum: supera sincera et manifesta, infera mixta et varia esse docentes. (Plutarchi Scripta Moralia tomus primus, Frederic Dübner, Parisiis, Editore Ambrosio Firmin Didot, 1868) - Osiride ha ricevuto il nome dall'unione di hósios (santo) e hierós (sacro): infatti il modo di esprimere le cose che stanno in cielo e agli inferi è equivalente; e gli antichi avevano l'abitudine di chiamare hierà (sacre) le prime, hósia (sante) le seconde. Siccome Anubi è colui che svela le cose celesti e la spiegazione razionale delle cose che si muovono verso l'alto, e talvolta è anche chiamato Ermanubi, in quanto il primo nome riguarda ciò che sta in alto, il secondo ciò che sta in basso. Per cui gli immolano anche un gallo bianco nel primo caso, nel secondo caso uno color zafferano, volendo significare nel primo caso le cose pure e pulite, nel secondo caso le cose mescolate e multiformi. (traduzione di Elio Corti – revisione di Roberto Ricciardi) – Gessner ne riparlerà a pagina 407.

[5] Κώκαλος· κώκαλον· πάλαιον· καὶ εἶδος ἀλεκτρυόνος, Hesych. This Hesychian gloss is corrupt and obscure; but there may underlie it the Italian cocàl, cocale, cucale, common words along the Adriatic (Venice, Trentino, Ancona) for a Sea-gull, - κώκαλον· τὸν λάρον (?). - (D’Arcy W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, 1966 (1895))

[6] Psëlëkes, plural of psëlëx, possibly akin to sélkes; but on the other hand it may stand for psìlëkes, i.e. bald, and may refer to some combless or small-combed breed of Fowls. (D’Arcy W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, 1966 (1895))

[7] Fasti I,455-456: Nocte deae Nocti cristatus caeditur ales,| quod tepidum vigili provocet ore diem.

[8] Epigrammata XIV,223,2.

[9] Moretum 1-2: Iam nox hibernas bis quinque peregerat horas | excubitorque diem cantu praedixerat ales,[...]

[10] Joannes Ravisius Textor alias Jean Tixier (1480-1524) Specimen epithetorum.

[11] Alexipharmaca 293-294: τοῖὰ τε βοσκὰς | ὀρταλίς αἰχμητῆσιν ὑπευνηθεῖσα νεοσσοῖς. - edizione di Jean de Gorris (Parigi, 1557). – Già citato da Gessner a pagina 401.

[12] Già citato a pagina 401. - kókky = cuccù, voce del cuculo + boáø = mando un grido.

[13] Sophocles, Fragment 900; F. Ellendt, Lexicon Sophocleum (sec. ed. by H. Genthe, 1872; photographic reprint, 1958), 390; A. C. Pearson, The Fragments of Sophocles, III (1917), 34, Fragment 791. (Lind, 1963)

[14] ad Odysseam IV 10 (1479,44).

[15] All'inizio di pagina 401.

[16] Sembra si tratti del fr. 4.421di Difilo, commediografo greco del sec. IV aC che visse soprattutto ad Atene e che scrisse commedie secondo la nuova tendenza del teatro alessandrino (commedia nuova). Del centinaio di opere sue non abbiamo che frammenti.

[17] A pagina 401.

[18] Idyllia XXII 72. (Lorenzo Rocci)

[19] Rerum rusticarum III,9,10: Si ova gallinis pavonina subicias, cum iam decem dies fovere coepit, tum denique gallinacia subicere, ut una excudat. Gallinaciis enim pullis bis deni dies opus sunt, pavoninis ter noveni.

[20] De divinatione II,29: Cum rerum natura, tanta tamque praeclara, in omnes partes motusque diffusa, quid habere potest commune non dicam gallinaceum fel (sunt enim qui vel argutissima haec exta esse dicant), sed tauri opimi iecur aut cor aut pulmo quid habet naturale, quod declarare possit quid futurum sit?

[21] De re rustica VIII,3,1: Gallinaria constitui debent parte villae quae hibernum spectat orientem. Iuncta sint ea furno vel culinae, ut ad avem perveniat fumus, qui est huic generi praecipue salutaris. Totius autem officinae, id est ornithonis, tres continuae exstruuntur cellae, quarum, sicuti dixi, perpetua frons orientem sit obversa.

[22] Naturalis historia X,155: Traditur quaedam ars gallinarii cuiusdam dicentis, quod ex quaque esset.

[23] Academici priores II,86: An tibi erit quaerendus anularius aliqui, quoniam gallinarium invenisti Deliacum illum, qui ova cognosceret?

[24] Rerum rusticarum III,9,7: Inter duas ostium sit, qua gallinarius, curator earum, ire possit.

[25] Columella usa curator solo quando parla dei pavoni. De re rustica VIII,11,2: Nec curator aliud facere debet quam ut diei certo tempore signo dato iuxta villam gregem convocet, et exiguum hordei concurrentibus obiciat, ut nec avis esuriat et numerus advenientium recognoscatur.

[26] Saturnalia I,3: Primum tempus diei dicitur mediae noctis inclinatio: deinde gallicinium, inde conticuum, cum et galli conticescunt et homines etiam tum quiescunt: deinde diluculum, id es cum incipit dinosci dies: inde mane, cum dies clarus est.

[27] Libro VIII,1: Noctis gallicinio venit quidam iuvenis e proxima civitate, ut quidem mihi videbatur, unus ex famulis Charites, puellae illius, quae mecum aput latrones pares aerumnas exanclaverat. Is de eius exitio et domus totius infortunio mira ac nefanda, ignem propter adsidens, inter conservorum frequentiam sic annuntiabat: [...] (www.splash.it) - Era ancora notte, quando, al primo canto del gallo, arrivò dalla città vicina un giovane; mi parve che fosse uno dei servi di quella Carite che era stata la mia compagna di sventura tra i briganti. Portava strane e atroci notizie: che la giovane era morta e che tutta quanta la casa era passata sotto l'insegna del malanno. Seduto vicino al fuoco, attorniato dagli altri schiavi, raccontò questa storia: [...]. (www.readme.it)

[28] Già ai tempi di Gessner esisteva un qui pro quo di difficile soluzione: Chi usò il verbo gallulasco? Fu Nevio oppure Novio? Gallulasco non ricorre neppure nei frammenti delle opere comiche di Nevio pubblicate da www.fh-augsburg.de. Nonio Marcello in un'edizione della Compendiosa doctrina stampata a Parma nel 1480 così si esprime alla voce gallulare: pubescere. Novius in exodio: Puerum mulieri praestare nemo scit quanto melior sit: cuius vox gallula sit: cuius iam ramus roborascit. – È palese l'errore gallula sit invece di gallulascit, ma si tratta di parole di Novio presenti in un exodium, cioè la breve rappresentazione farsesca con cui terminava uno spettacolo teatrale di maggiore estensione. – Una conferma che gallulasco viene usato da Novio proviene sia dal dizionario della lingua latina di Ferruccio Calonghi (Torino, 1957) sia dall'edizione della Compendiosa doctrina curata da Lindsay (1903). Altre fonti moderne riportano invece gallulasco come dovuto a Nevio. – Noi ci atteniamo a quanto scrisse Nonio Marcello.

[29] Il sostantivo maschile τράγος significa capro, ma anche l'età del mutamento di voce, la pubertà. Da cui il verbo τραγάω = τραγίζω che significa una vite che è sì lussureggiante, ma solo piena di foglie, oppure indica una voce maschile che nella pubertà diventa aspra, rauca, oppure in Galeno significa avere odore di caprone - Aristotele Historia animalium V,14: I caproni grassi sono meno fecondi (è per questo che delle vigne poco produttive si dice che «fanno il caprone»), ma se dimagriscono possono accoppiarsi e generare. (traduzione di Mario Vegetti)

[30] Institutio oratoria VII, 9,II: Singula adferunt errorem cum pluribus rebus aut hominibus eadem appellatio est (<h>omonymia dicitur), ut "gallus" avem an gentem an nomen an fortunam corporis significet incertum est, [...] (www.thelatinlibrary.com)

[31] Gállous tí témneis (cfr. Leutsch-Schneidewin, Appendix Proverbiorum, in Leutsch-Schneidewin Paroemiographi Graeci I 67, Gallistì témnein).

[32] De errore profanarum religionum 27.8.

[33] Ida: alta catena dell’Asia Minore, che dalla Frigia si estende attraverso la Misia (quindi anche attraverso la Troade); la sua vetta più alta, detta Gargara, era celebre per il culto di Cibele. Idaeus: dell’Ida. La Idaea mater o parens deûm (deorum) era Cibele. Ida: antico nome del monte Kazdağ (1774 m), nella Turchia nord-occidentale, 60 km a SE di Troia, da cui nascono i fiumi Scamandro e Simoenta. Vi sorgeva un tempio famoso alla dea Cibele, detta anche Idea. Secondo la mitologia vi avvennero il rapimento di Ganimede e l'episodio del giudizio di Paride.

[34] Giglio Gregorio Giraldi, Historiae Deorum Gentilium Syntagma IV (Basileae, Oporinus 1548) pag.191: {Epitaphium} <Epitaphius> est Romae in S. {Martina} <Martino> in montibus, dignum ut hic ascribatur: D. M. C. Camerius Crescens Archigallus Matris Deum Magnae Idaeae et Attis Po. Ro. Vivus Sibi Fecit et Camerio Eucrati<a>no Lib. Suo. C{a}eteris autem Libertis Utriusque Sexus Loca Singula Sepulturae Causa. h.m.h.<e.>n.s. [...] Ridet Tertullianus <Apologeticus 25,5> his verbis eum qui pro Caesare precabatur, qui iam defunctus erat. M. Aurelio, inquit, apud Sirmium reipublicae exempto, die XVI. Kalend. April. Archigallus ille sanctissimus die nono Kalend. earundem, quo sanguinem impurum lacertosque castrando libabat, pro salute Imperatoris Marci iam intercepti. – D. M. sta per Dis Manibus, cioè, agli dei Mani. – Il testo di Giraldi è stato emendato grazie al Professor Andrea Pellizzari (Grava – AL) che ha tratto dal Corpus Inscriptionum Latinarum VI, Pars I (1876), No. 2183 quanto segue: C(aius) Camerius Crescens Archigallus Matris Deum Magnae Idaeae et Attis populi Romani vivus sibi fecit et Camerio Eucratiano lib(erto) suo ceteris autem libertis utriusque sexus loca singula sepulturae h.m.h.e.n.s. [h(oc) m(onumentum) h(eredem) e(xternum) n(on) s(equetur)] – Atti era un pastore frigio amato da Cibele.

[35] Apologeticus 25,5: Scilicet ista merces a Romanis deis pro gratia expensa est. Sterculus et Mutunus et Larentina provexit imperium. Peregrinos enim deos non putem extraneae genti magis fautum voluisse quam suae, et patrium solum, in quo nati, adulti, nobilitati sepultique sunt, transfretanis dedisse. Viderit Cybele, si urbem Romanam ut memoriam Troiani generis adamavit, vernaculi sui scilicet adversus Achivorum arma protecti, si ad ultores transire prospexit, quos sciebat Graeciam Phrygiae debellatricem subacturos. Itaque maiestatis suae (scilicet Cybelis) in urbem conlatae grande documentum nostra etiam aetate proposuit, cum Marco Aurelio apud Sirmium subito interempto die sexto decimo Kalendarum Aprilium archigallus ille sanctissimus die nono Kalendarum earundem, quo sanguinem inpurum lacertos quoque castrando libabat, pro salute Marci iam intercepti solita aeque imperia mandavit.

[36] Il contenuto del libro VII, tradotto da Jean Rhys Bram, è il seguente: Astrologer's oath, exposed infants, twins, monstrous births, infirmities, parental death, orphans, number of marriages, homosexuality, murder of spouse, infertility & celibacy, royal genitures, violent death, criminal nativities, eunuchs, hermaphrodites & perverts, occupations, etc. – Il contenuto del libro III è invece il seguente: Planets in houses, Mercury/planet conjunctions, moon in houses, moon with Part of Fortune. – Il testo cui accenna Gessner appartiene al libro VII e grazie a  www.well.com  è riportato nel lessico alla voce Firmico Materno Giulio.

[37] Naturalis historia XXXV,70: [Parrhasius Ephesi] pinxit et archigallum, quam picturam amavit Tiberius princeps atque, ut auctor est Deculo, HS || aestimatam cubiculo suo inclusit. – Capperi! Pagò l'archigallo ben 6.000.000 di sesterzi!

[38] Svetonio De vita Caesarum - Tiberius 38: Biennio continuo post adeptum imperium pedem porta non extulit; sequenti tempore praeterquam in propinqua oppida et, cum longissime, Antio tenus nusquam afuit, idque perraro et paucos dies; quamvis provincias quoque et exercitus revisurum se saepe pronuntiasset et prope quotannis profectionem praepararet, vehiculis comprehensis, commeatibus per municipia et colonias dispositis, ad extremum vota pro itu et reditu suo suscipi passus, ut vulgo iam per iocum "Callippides" vocaretur, quem cursitare ac ne cubiti quidem mensuram progredi proverbio Graeco notatum est. - Per due anni interi, dopo essere divenuto imperatore, non mise piede fuori di Roma; nel periodo seguente se ne assentò solo per andare nelle città vicine, senza oltrepassare Anzio, dove però si recava raramente e unicamente per qualche giorno. Tuttavia aveva più volte annunciato che sarebbe andato a visitare le province e le armate e quasi tutti gli anni preparava la sua partenza, facendo radunare i carri, disporre il materiale necessario nei municipi e nelle colonie, lasciando perfino che venissero iniziati sacrifici per il suo viaggio e per il suo ritorno, tanto che ormai il popolo gli dava, per scherzo, il soprannome di «Callippide», personaggio che, secondo un proverbio greco, continuava a correre, senza avanzare di un centimetro. (www.biblio-net.com)

[39] Artaxerses 10,3. - [10] Dinon then affirms that, after the death of Artagerses, Cyrus, furiously attacking the guard of Artaxerxes, wounded the king's horse, and so dismounted him, and when Teribazus had quickly lifted him up upon another, and said to him, "O king, remember this day, which is not one to be forgotten," Cyrus, again spurring up his horse, struck down Artaxerxes. But at the third assault the king being enraged, and saying to those near him that death was more eligible, made up to Cyrus, who furiously and blindly rushed in the face of the weapons opposed to him. So the king struck him with a javelin, as likewise did those that were about him. And thus Cyrus falls, as some say, by the hand of the king; as others by the dart of a Carian, to whom Artaxerxes for a reward of his achievement gave the privilege of carrying ever after a golden cock upon his spear before the first ranks of the army in all expeditions. For the Persians call the men of Caria cocks, because of the crests with which they adorn their helmets. (translated by John Dryden)

[40] ad Odysseam IV 10, p. 1479, 29-30. – Gessner stavolta è troppo sbrigativo nel precisare i diversi significati degli omografi, che sono i seguenti: aléktør con alpha copulativa significa moglie, con alpha privativa significa vergine. Lo stesso accade per álochos: con alpha copulativa è la compagna di letto, la moglie, talora la concubina, con alpha privativa significa vergine, che non ha generato. - Aldrovandi ha dimostrato, stavolta, un po' più di buona volontà linguistica rispetto a Gessner. Infatti a pagina 184 del II volume di Ornthologia (1600) Aldrovandi si esprime così: Ἀλέκτωρ Eustathio coniugem significat pro ὁμόλεκτρος, quasi ὁμόλεκτορ, litera alpha significante ὁμοῦ. Eadem vox alpha privandi vim habens innuptam significat, quare Minervam ἀλέκτορα dictam legimus apud Athenaeum, ubi Pompeianus sophista cum Panathenaea festa celebrarentur, in quibus iudicia cessant dicebat [...].

[41] Il sostantivo femminile ἄλοχος è composto da  α + λέχος = letto. Se la lettera α è copulativa, allora  significa compagna di letto, se invece la α è privativa, allora ἄλοχος significa vergine.

[42] Deipnosophistaí III,53,98b.

[43] Il frammento di Ione di Chio si trova in TGF (Tragicorum Graecorum Fragmenta) 740N2, riportato correttamente da Lind (1963).

[44] Diitréphës equivarrebbe a Diotrephës, cioè, allevato, nutrito da Giove.

[45] Uccelli, 800: Μεγάλα πράττει κἄστι νυνὶ ξουθός ἱππαλεκτρυών. - Xouthós significa giallo oro – gilded in inglese -  ma in questo passo potrebbe anche significare agile, ardito. - Il corifeo alla fine della prima parte degli Uccelli dice: Che gran cosa esser pennuti! - Diotallevi avea per penne | delle fiasche i soli manichi: pur, filarco pria divenne, | poscia ipparco fu promosso - fu, da nulla, un pezzo grosso. | Ora, poi, trotta a cavallo - pettoruto come un gallo. (traduzione di Ettore Romagnoli) – In una traduzione inglese lo stesso brano suona così: Is it not the most priceless gift of all, to be winged? Look at Diitrephes! His wings were only wicker-work ones, and yet he got himself chosen Phylarch and then Hipparch; from being nobody, he has risen to be famous; he's now the finest gilded cock of his tribe. (traduzione di Eugene O'Neill) – Altra versione trovata nel web: Coro degli uccelli: [...] Diitrefe per ali ha solo le damigiane; eppure è stato eletto caposquadra e poi ipparco: era un niente e ora si dà grandi arie, che sembra un ippogallo fulvo.
L’ippogallo viene nominato anche nelle Rane ai versi 932 e 937:
Euripide: ... quando il dramma era ormai giunto a metà e il Pubblico cominciava a sentirsi annichilito, lui veniva fuori con tutta quella sua inventiva animalesca: caprocervi, ippogalli, e altre storie simili! e il Pubblico là stupefatto a bisbigliare: quanto è grande Eschilo!
Pubblico: Si! si! faceva proprio così! uah, ha, ha! È vero! è vero!
Pubblico: Ippogallo! me lo ricordo anch'io! sarà cavallo gallina o gallina cavallo?

[46] Phrynichus, the comic poet, in T.Kock, Comicorum Atticorum Fragmenta. The fragment is entitled In Krono, Vol. I, 369. (Lind, 1963)

[47] Nicolai Myrepsi Alexandrini Medicamentorum opus in sectiones quadragintaocto.

[48] Marco 13:35: γρηγορεῖτε οὖν, οὐκ οἴδατε γὰρ πότε ὁ κύριος τῆς οἰκίας ἔρχεται, ἢ ὀψὲ ἢ μεσονύκτιον ἢ ἀλεκτοροφωνίας ἢ πρωΐ,