Ulisse Aldrovandi
Ornithologiae tomus alter - 1600
Liber
Decimusquartus
qui
est
de Pulveratricibus Domesticis
Libro
XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere
trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi
Si raccomanda l'opzione visualizza -> carattere -> medio del navigatore
[184] AEQUIVOCA. |
AMBIGUITÀ |
Ἀλέκτωρ, Ἀλεκτρυών Graecis, uti etiam Latinis Gallus, vox est aequivoca, et multa significat. Alector, teste Eustathio[1], filius fuit Epei Regis Elidis. Eiusdem nominis filium dicitur habuisse Argea Pelopis filius, et Hegesandrae filiae Amiclae, cuius filia Iphiloche, vel Echemelus Megapenthi filio Menel{e}ai nupta fuit, ut idem Eustathius tradit. Quidam Alectryon nomine tyrannidem quondam gessit, et Persis primus imperasse dicitur, etiam antequam vel Darius, vel {Megabyzus[2]} <Megabazus>: unde etiam Gallus, ut post dicemus, ales Persica appellatur[3]. Alectryon item nomen ducis est Philippi Regis, qui a Chare<te> Atheniensi interemptus fuisse fertur: at num cum superiori idem fuerit, vel, quod magis credo, diversus, non ausim affirmare: docet autem historia, hunc Charetem saepius, et nimis arroganter istius facti verba apud populum Atheniensem fecisse, adeo ut hinc postmodum natum sit proverbium Φιλίππου ἀλεκτρυών, id est Philippi Gallus[4]: ubi quis de levi quopiam facinore perinde ut maximo se iactaret. {Alectryon} <Electryon> quoque dicebatur {Amphitrionis} <Amphitryonis> {pater, filius} <patruus, frater> vero Alcei, cuius meminit Hesiodus[5]. |
Per
i Greci aléktør, alektryøn,
come pure gallus per i Latini,
è un vocabolo equivoco, e possiede molti significati. Alector,
testimone Eustazio, fu figlio di
Epeo re di
Elide. Si dice che un
figlio dello stesso nome l’abbia avuto Argeo figlio di Pelope e di
Egesandra, figlia di Amicla, la cui figlia - di Alector -
Ifiloche o
Echemela fu sposa di Megapente figlio di Menelao, come tramanda lo
stesso Eustazio di Tessalonica. Un tempo, un tale dal nome Alettrione
regnò da tiranno, e si dice che fu il primo a essere a capo dei
Persiani, anche prima sia di Dario
che di Megabazo: per cui il gallo viene
anche denominato uccello persiano, come diremo appresso. Alettrione è
pure il nome di un comandante del re Filippo II, che si dice sia stato
ucciso dall’Ateniese Carete: ma non me la sentirei di affermare che
sia lo stesso di prima, oppure, come sono più incline a credere, che
sia un altro: d’altra parte la storia insegna che questo Carete parlò
al popolo ateniese di tale avvenimento troppo spesso e in modo troppo
arrogante, tant’è che successivamente ne nacque il detto Philìppou
alektryøn, cioè, Gallo di Filippo: allorché uno si
vantava di un’impresa di poco conto come se fosse grandissima. Veniva
chiamato Elettrione |
Ἀλέκτωρ Eustathio[6] coniugem significat pro ὁμόλεκτρος, quasi ὁμόλεκτος, litera alpha significante ὁμοῦ. Eadem vox alpha privandi vim habens innuptam significat, quare Minervam ἀλέκτορα dictam legimus apud Athenaeum[7], ubi Pompeianus sophista cum Panathenaea festa celebrarentur, in quibus iudicia cessant dicebat: γενέθλιός ἐστι τῆς ἀλέκτορος Ἀθηνᾶς, καὶ ἄδικος ἡ τῆτες ἡμέρα. |
Per Eustazio aléktør significa sposa, invece di homólektros - compagna di letto, equivalente a homólektos, in quanto la lettera alfa significa homoû - insieme. Quando questa stessa parola possiede l'alfa con significato privativo, indica non sposata, per cui in Ateneo leggiamo che Minerva è detta aléktora, nel passo in cui il sofista Pompeiano, siccome venivano celebrate le feste Panatenee durante le quali si sospendono i processi, diceva: ghenéthliós esti tês aléktoros Athënâs, kaì ádikos ë têtes hëméra - è il genetliaco di Atena aléktoros - la vergine - e questo è un giorno ingiusto. |
Apud Ionem[8] αὐλὸς, hoc est, tibia, ἀλέκτωρ vocatur, quod propter soni dulcedinem auditores a cubili revocet, vel dormire non sinat. Unde etiam sol Homero ἠλέκτωρ[9] nuncupatur, quia homines ἄλεκτρους facit, sive a lecto discedere, vel potius quod ipse ἀλέκτρως, id est, pervigil sit, hoc est nunquam cubet, ac quiescat. |
In Ione di Chio l’aulòs, cioè il flauto, viene chiamato aléktør, in quanto per la dolcezza del suono richiama dal giaciglio coloro che lo odono, cioè non li lascia dormire. Laonde, anche il sole viene denominato da Omero ëléktør - sole splendente -, in quanto rende gli uomini álektrous, cioè li fa uscire dal letto, o meglio, perché è esso stesso aléktrøs, cioè, è sempre vigile, ossia, mai si corica né si riposa. |
Ἀλέκτωρ denique Plinio[10] gemma est, de qua post in denominatis: nam alii codices Pliniani legunt ἀλέκτορας; alii ἀλεκτορείας. |
Infine, per Plinio aléktør è una gemma, di cui parleremo successivamente nel paragrafo Denominazioni: infatti alcuni codici pliniani riportano aléktoras, altri alektoreías. |
Gallus, ut scriptum reliquit Quintilianus[11], vox pariter ambigua est; Utrum enim, inquit, avem, an gentem, an nomen, an fortunam corporis significet incertum est. Galli in primis vocabantur decantati illi sacerdotes, qui praesto erant sacris Cybele<i>is. Hos archigallos Iulius Firmicus[12] vocabat teste Brodaeo. Romae epitaphium videre est in Divo Martino, ubi quoque archigalli dicuntur. Id autem est huiusmodi: d. m. c. camerius crescens archigallus {martis} <matris> deum magnae id<a>eae[13], et attis po. ro. etc. Meminit huius epitaphii {Grysaldus} <Gyraldus>[14], qui Tertulliani[15] etiam verba de quodam Archigallo[16] repetit{:}<.> Caeterum Galli sacerdotes ita dictos volunt a flumine eiusdem nominis, cuius tam admirandam vim esse commenti sunt prisci, nimirum quod parce potus et cerebrum purget, et insaniam tollat: contra largiori manu haustus lymphaticos, et insanos reddat. Plinius[17] quidem hos sacerdotes ab hoc fluvio nomen traxisse scribit: sed tam admirandae facultatis minime meminit. Alii sacerdotes illos mox a potu eiusmodi aquae furore correptos fuisse memorant, atque se ipsos castravisse, id vero citra vitae dispendium facere non potuisse, nisi Samia testa uterentur. Meminit Ovidius[18]: “Cur
igitur Gallos, qui se excidere vocamus{?}<,> |
Come ha lasciato scritto Quintiliano, anche gallus è un vocabolo ambiguo; egli dice: È incerto se significhi un uccello, oppure un popolo, oppure un appellativo di persona, oppure una condizione fisica. Innanzitutto erano denominati Galli quei decantati sacerdoti che erano dediti al culto di Cibele. Come attesta Jean Brodeau, Giulio Firmico chiamava costoro archigalli. Nella chiesa di San Martino in Roma è possibile vedere un epitafio, e anche qui vengono detti archigalli. Suona così: D. M. C. Camerius Crescens Archigallus Matris Deum Magnae Idaeae et Attis po. Ro. etc. Ha fatto menzione di questo epitafio Giglio Gregorio Giraldi, che riporta anche le parole di Tertulliano relative a un capo dei sacerdoti di Cibele. D’altronde i sacerdoti Galli sostengono di essere così chiamati da un fiume dello stesso nome, la cui forza gli antichi si sono immaginati essere tanto straordinaria, perché appunto, bevendone in piccola quantità, purifica il cervello e allontana la follia: invece, bevendone con mano più generosa, rende furiosi e pazzi. Plinio, invero, scrive che questi sacerdoti hanno tratto il nome da questo fiume, ma non fa la minima menzione di un così stupefacente potere. Altri raccontano che quei sacerdoti venivano subito colti da furore nel bere tale acqua, e che si castravano, però non avrebbero potuto farlo senza perdere la vita, a meno che non si servissero di un vaso in terracotta di Samo. Ovidio disse: “Perché
dunque chiamiamo Galli coloro che si castrano, |
Quidam[19] Gallum puerum putaverunt, qui contracta offensa Deae se execuerit, et simul fluvio nomen fecerit. Fluvium illum in Sangarium evolvi nescius non sum: at minime credam tam noxiam fluminis vim fuisse, ut homines, vel furibundos redderet, vel enecaret. Quantum vero virium semper habuerint ad homines dementandos vanae superstitiones qui nescit, is alienus non modo ab omni historiarum lectione, sed vitae etiam communis usu. Unde etiam proverbialiter dicimus[20] Γάλλους τί τέμνεις, id est, Gallos quid execas[21], pro quid actum agis. |
Alcuni hanno pensato che Gallus fosse un ragazzo che, avendo offeso la Dea, si evirò, e contemporaneamente diede il nome al fiume. So bene che quel fiume si riversa nel Sangario: ma non sono minimamente propenso a credere che la forza del fiume fosse tanto funesta da rendere gli uomini furibondi, oppure di ucciderli. Chi ignora quanta importanza abbiano avuto le inutili superstizioni nel rendere pazzi gli uomini è estraneo non solo alla lettura delle opere storiche - all’insegnamento che deriva dagli avvenimenti storici, ma anche a un’ordinaria esperienza di vita. Laonde anche sotto forma di proverbio diciamo Gállous tí témneis, cioè, cosa stai a castrare i Galli - sacerdoti, invece di dire cosa stai a fare una cosa che è già stata fatta. |
A quibus sacerdotibus quam bene Baptista Pius, ut id obiter dicamus, Gallos populos per {convitium}<convicium> Romanorum nomen fuisse adeptos colligat, ipse viderit: quasi scilicet, quod exectorum hominum nomina haberent. |
Detto per inciso, ciascuno potrà giudicare quanto correttamente Baptista Pius concluda che le popolazioni dei Galli avevano preso il nome da quei sacerdoti per un insulto dei Romani: come a dire, cioè, che portavano il nome di uomini castrati. |
[1]
s. v. Aléktør,
ad Iliadem
II 615, p. 303; ad
Odysseam IV
3-10, p. 1479, 21. Vedi W.
H. Roscher, Ausfuehrliches Lexikon der griech. u. roem. Mythologie, s.v. Alektor.
[2]
La notizia che un certo Alektryøn
fu tiranno dei Persiani prima di tutti, anche di Dario e di Megabazo - e
non di Megabizo -, viene dalla commedia di Aristofane Gli
uccelli,
483. È probabile che Aldrovandi abbia dedotto l’errore dal testo di Conrad Gessner, Historia
Animalium III (1555), pag.
404: Alectryon olim tyrannidem gessit, et Persis primus imperavit, etiam
ante Darium et Megabyzum: unde etiamnum ab illo imperio Persica avis
appellatur, Pisthetaerus apud Aristoph. in Avibus. – A sua volta Gessner
potrebbe aver dedotto l'errore da qualche testo come quello di Aldo
Manuzio del 1498 che riporta: πρῶτον
πάντων
δαρείου καὶ μεγαβύζου.
- In
Aves 481 sgg. si dice semplicemente che in origine gli uccelli regnavano sugli
uomini, e Pistetero mostrerà immediatamente il gallo (tòn
alektryóna), come regnava
sui Persiani, prima di tutti i Dari e i Megabazi, cosicché il gallo è
chiamato “uccello persiano”.
[3]
È il lessico Suida che chiama
Persikós órnis
le
Alektorídes.
[4]
Confronta Zenolio, VI 34; Apostolio, 17, 86 A; Ateneo, Deipnosophistaí XII,43,532e. In
Ateneo si dice che Carete, che fu stratego ateniese e nel 337 aC combatté
a Cheronea, fu l’uccisore di Adeo detto Alectryon, generale dei
mercenari di Filippo.
[5] Grande bagarre! Elettrione e Alceo erano fratelli, figli di Perseo. Anfitrione era figlio di Alceo, quindi era nipote di Elettrione, quindi Elettrione era zio di Anfitrione per via paterna – patruus in latino. Nello Scudo di Esiodo troviamo Elettrione Ἠλεκτρύων e sua figlia Alcmena, che talora va sotto il nome di Ἀλκμήνη, talora sotto quello di Ἠλεκτρυώνη, cioè Elettriona, la figlia di Ἠλεκτρύων. – Si emenda pater con patruus e filius con frater. – La fonte dello svarione è Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 404: Electryon memoratur Amphitryonis pater et filius Alcei, ut testis est Hesiodus in Aspide.
[6] ad Odysseam IV 10, p. 1479, 29-30. – Aldrovandi dimostra, stavolta, un po' più di buona volontà linguistica rispetto a Gessner, il quale è invece più sintetico e non risulta pertanto esaustivo. Vediamo prima la questione linguistica degli omografi, poi citeremo lo sbrigativo Gessner. - Aléktør con alpha copulativa significa moglie, con alpha privativa significa vergine. Lo stesso accade per álochos: con alpha copulativa è la compagna di letto, la moglie, talora la concubina, con alpha privativa significa vergine, che non ha generato. - Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 402: Ἀλέκτωρ poetis uxorem significat, ἡ ὁμόλεκτρος, Eustathius: ut et ἄλοχος. item virginem lectum sive coniugium non expertam. sic Minervam ἀλέκτορα legimus, Idem. Pompeianus sophista cum Panathenaea festa celebrarentur Athenis, in quibus iudicia cessant, dixit: [...].
[7] Deipnosophistaí III,53,98b.
[8] I assume that Aldrovandi is speaking of Ion of Chios here, but I can find nothing about the flute in the testimonia on Ion carefully collected by Felix Jacoby, Die Fragmente der griechischen Historiker, III B (Leiden, Brill, 1950), 276-84, XV. Chios 392. Ion of Chios, nor in the fragments of his poems in E. Diehl Anthologia Lyrica Graeca I (1936) 83-87. The reference is found in Athenaeus, 4. 184b: Ion in his Phoenix or Caeneus (Tragicorum Graecorum Fragmenta 740, ed. by A. Nauck). (Lind, 1963) - Il frammento di Ione di Chio si trova in TGF (Tragicorum Graecorum Fragmenta) 740N2, riportato correttamente da Lind. – Lind avrebbe potuto evitare questa laboriosa ricerca se avesse avuto tra le mani Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 402: Ion Tragicus tibiam quoque ἀλέκτορα dixit, quod propter soni eius suavitatem auditores λέγεσθαι, id est dormire nolint, Eustathius.
[9] Lorenzo Rocci (Vocabolario Greco-Italiano): ëléktør significa il sole in Iliade 6,513. Quindi Lind cade in errore traslitterando il testo di Aldrovandi relativo a ëléktør in aléktør, una traslitterazione che non gli permette così di reperire il riferimento all’Iliade citato correttamente da Aldrovandi: «Homer Battle of the Frogs and the Mice 191-92: “I lay sleepless, my head aching, until the cock crowed.” This is the only use of the word alektor in Homer and nothing is said in reference to the sun. (Lind, 1963)».
[10] Naturalis Historia XXXVII,144: Alectorias vocant in ventriculis gallinaceorum inventas crystallina specie, magnitudine fabae, quibus Milonem Crotoniensem usum in certaminibus invictum fuisse videri volunt.
[11]
Institutio oratoria VII,
9,II: Singula
adferunt errorem cum pluribus rebus aut hominibus eadem appellatio est
(<h>omonymia dicitur), ut "gallus" avem an gentem an nomen
an fortunam corporis significet incertum est, [...] (www.thelatinlibrary.com)
[12]
De
errore profanarum religionum 27.8.
[13]
Ida:
alta catena dell’Asia Minore, che dalla Frigia si estende attraverso la
Misia (quindi anche attraverso la Troade); la sua vetta più alta, detta
Gargara, era celebre per il culto di Cibele. Idaeus:
dell’Ida. La Idaea
mater o parens deûm (deorum)
era Cibele. Ida:
antico nome del monte Kazdağ (1774 m), nella Turchia nord-occidentale,
60 km a SE di Troia, da cui nascono i fiumi Scamandro e Simoenta. Vi sorgeva
un tempio famoso alla dea Cibele, detta anche Idea. Secondo la mitologia vi
avvennero il rapimento di Ganimede e l'episodio del giudizio di Paride.
[14] Giglio Gregorio Giraldi, Historiae Deorum Gentilium Syntagma IV (Basileae, Oporinus 1548) pag.191: {Epitaphium} <Epitaphius> est Romae in S. {Martina} <Martino> in montibus, dignum ut hic ascribatur: D. M. C. Camerius Crescens Archigallus Matris Deum Magnae Idaeae et Attis Po. Ro. Vivus Sibi Fecit et Camerio Eucrati<a>no Lib. Suo. C{a}eteris autem Libertis Utriusque Sexus Loca Singula Sepulturae Causa. h.m.h.<e.>n.s. [...] Ridet Tertullianus <Apologeticus 25,5> his verbis eum qui pro Caesare precabatur, qui iam defunctus erat. M. Aurelio, inquit, apud Sirmium reipublicae exempto, die XVI. Kalend. April. Archigallus ille sanctissimus die nono Kalend. earundem, quo sanguinem impurum lacertosque castrando libabat, pro salute Imperatoris Marci iam intercepti. – D.M. sta per Dis Manibus, cioè, agli dei Mani. - Il testo dell'iscrizione riferito da Aldrovandi e quello di Giraldi è stato emendato grazie al Professor Andrea Pellizzari (Grava – AL) che ha tratto dal Corpus Inscriptionum Latinarum VI, Pars I (1876), No. 2183 quanto segue: C(aius) Camerius Crescens Archigallus Matris Deum Magnae Idaeae et Attis populi Romani vivus sibi fecit et Camerio Eucratiano lib(erto) suo ceteris autem libertis utriusque sexus loca singula sepulturae h.m.h.e.n.s. [h(oc) m(onumentum) h(eredem) e(xternum) n(on) s(equetur)] – Atti era un pastore frigio amato da Cibele.
[15]
Apologeticus 25,5: Scilicet ista merces a Romanis deis pro gratia expensa est. Sterculus et
Mutunus et Larentina provexit imperium. Peregrinos enim deos non putem
extraneae genti magis fautum voluisse quam suae, et patrium solum, in quo
nati, adulti, nobilitati sepultique sunt, transfretanis dedisse. Viderit
Cybele, si urbem Romanam ut memoriam Troiani generis adamavit, vernaculi sui
scilicet adversus Achivorum arma protecti, si ad ultores transire prospexit,
quos sciebat Graeciam Phrygiae debellatricem subacturos. Itaque maiestatis
suae (scilicet Cybelis) in urbem conlatae grande documentum nostra etiam
aetate proposuit, cum Marco Aurelio apud Sirmium subito interempto die sexto
decimo Kalendarum Aprilium archigallus ille sanctissimus die nono Kalendarum
earundem, quo sanguinem inpurum lacertos quoque castrando libabat, pro
salute Marci iam intercepti solita aeque imperia mandavit.
[16]
Il vocabolo ha il significato di “capo di sacerdoti di Cibele”, non è
un nome proprio di persona.
[17]
Naturalis Historia
V,147: Attingit Galatia et
Pamphyliae Cabaliam et Milyas qui circa Barim sunt et Cyllanicum et
Oroandicum Pisidiae in ea praeter iam dicta Saggarium et Gallus, a quo nomen
traxere Matris deum sacerdotes.
[18]
Fasti IV, 361-366: ‘Cur igitur Gallos qui se excidere vocamus,|cum
tanto a Phrygia Gallica distet humus?’|'Inter’ ait ‘viridem Cybelen
altasque Celaenas|amnis it insana, nomine Gallus, aqua.|Qui bibit inde,
furit: procul hinc discedite, qu<e>is est|cura bonae mentis: qui bibit
inde, furit.’ (www.thelatinlibrary.com)
[19]
Stefano Bizantino, s. v. Gállos,
Erodiano, Perì mon. léx.
I 11.2, Suida, Strabone, Platone ecc. - Erodiano: storico greco (Siria sec.
II-III). Visse a Roma e compose una storia dell'impero dalla morte di Marco
Aurelio a Gordiano III (180-238), in 8 libri.
[20]
Conrad Gessner in Historia Animalium
III (1555), pag. 402, riporta, come è logico, Gállous
con la iniziale maiuscola, per cui correggiamo Aldrovandi che stavolta usa
la minuscola. Si vede che la G maiuscola la usava solo per termini latini,
generando così confusione quando in alcuni passi è problematico
identificare il gallo o i Galli – i Francesi – oppure i Galli – i
sacerdoti di Cibele – e chi più ne ha più ne metta.
[21]
Gállous tí témneis
(cfr. Leutsch-Schneidewin, Appendix
Proverbiorum, in
Leutsch-Schneidewin Paroemiographi
Graeci I 67, Gallistì
témnein).