Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Gallo Gallinaceo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Ad inflationem ilium et ventris equi: Fimum columbinum aut gallinaceum, quantum manus capit, in vino dissolvimus cum nitro, et inde clysterem inijcimus etc. Absyrtus et Hierocles.

Contro il gonfiore ai fianchi e all’addome del cavallo: Noi facciamo sciogliere nel vino con del salnitro una quantità di sterco di pollo o di colombo che una mano può contenere, e quindi pratichiamo un clistere, etc. Absirto e Ierocle.

¶ Rabies canum sirio ardente homini pestifera, quapropter obviam itur per triginta eos dies, gallinaceo maxime fimo mixto <canum> cibis: aut si praevenerit morbus, veratro, Plin.[1]

¶ La rabbia dei cani nel periodo della canicola è mortale per l’essere umano, per cui la si combatte per quei trenta giorni soprattutto con sterco di pollo mescolato ai cibi dei cani, oppure, se la malattia si fosse già manifestata, con l’elleboro - oppure con il veratro, Plinio.

¶ Gallinacei fimi candidi vires. Ad vitiligines quidam illini iubent gallinarum fimum candidum servatum in oleo vetere cornea pyxide, Plin.[2] Idem cum oleo vetere tenuissime tritum et adpositum leucomata et hypochyses sanat, et aciem luminum confirmat, Marcellus. Adversus fungos noxios: Philagrius, gallinaceum stercus album (inquit) tritum exhibemus ex posca aut aceto mulso. Huius enim manifestum habemus experimentum, quod ad fungorum strangulationes auxilietur, Aetius. Plinius[3] in hyssopo decoctum aut mulso, venena fungorum boletorumque astringere dicit. Item {inflammationes} <inflationes> ac strangulationes. quod miremur (inquit) cum si aliud animal gustaverit id fimum, torminibus et inflationibus afficiatur. Vide supra in viribus gallinacei fimi simpliciter. Illitio ad occultas anginas: Galli stercus album, et cerussam colore referens, exiccatum habeto, et usu postulante subige cum aqua aut melicrato, propinato cochlearium. Desperatos enim sanat. Quod si bibere nequeant, cum melle subactum intimis partibus illinito, Nic. Myrepsus. Fimum gallinarum duntaxat candidum, oleo in vetere corneisque pyxidibus adservant, ad pupillarum albugines, Plin.[4] Sunt qui huius fimi parte alba duntaxat intra corpus sumpta, sanguinem concretum discuti referunt. Fimum gallinac. album et frictum (φρύξας) tere ac potui confidenter exhibeto adversus colicam, Aetius 9. 31. Vide supra inter remedia ex hoc fimo simpliciter.

Le proprietà dello sterco bianco di pollo. Contro le vitiligini alcuni prescrivono di spalmare sterco bianco di gallina conservato in olio vecchio dentro a un vasetto di corno, Plinio. Lo stesso sterco polverizzato con olio vecchio e applicato localmente, fa guarire i leucomi e le cataratte, e intensifica l’acutezza visiva, Marcello Empirico. Contro i funghi nocivi Filagrio dice: Io do da bere dello sterco bianco tritato di pollo con acqua e aceto oppure con aceto e miele. Infatti ne ho la prova evidente che è di aiuto contro i soffocamenti da funghi – sindrome muscarinica, Ezio di Amida: Plinio dice che fatto cuocere con l’issopo oppure con vino mielato riduce l’effetto dei veleni dei funghi e dei boleti. Parimenti i gonfiori intestinali e i soffocamenti. E rimarremmo sorpresi (dice) dal fatto che se un altro animale dovesse assaggiare questo sterco, verrebbe colto da dolori e da gonfiori intestinali. Vedi prima tra le proprietà dello sterco di pollo puro e semplice. Applicazione locale contro i mal di gola di origine sconosciuta: Tieni a disposizione dello sterco bianco essiccato di gallo e che per il colore ricorda la biacca, e quando l’uso lo richiede impastalo con acqua o con idromele, e somministrane un cucchiaio. Infatti fa guarire i malati incurabili. Ma se i pazienti non riescono a berlo, spalmalo all’interno amalgamato con del miele, Nicolaus Myrepsus. Lo sterco di gallina e solo quello bianco lo conservano in olio vecchio e in vasetti di corno contro i leucomi in sede pupillare, Plinio. Vi sono alcuni che affermano che il sangue coagulato viene dissolto se si assume per via generale la sola parte bianca di questo sterco. Sbriciola dello sterco bianco e fritto (phrýxas) di pollo e dallo da bere fiducioso contro una colica, Ezio di Amida in IX,31. Vedi prima tra i rimedi ottenibili da questo sterco puro e semplice.

¶ Galli stercus ruf{f}um, vel ut Plinius habet, ex gallinac. fimo quod est russum. Impositum furunculos[5] rumpit, et dolorem tollit, Sextus. vide supra inter remedia ex hoc fimo simpliciter. Cum aceto recens illitum furunculos et canis rabidi morsus curat, Plin.[6] et Constantinus. Ex fimo pulli gallinacei quod rubrum fuerit colliges, et impones clavellis, atque inde eos saepius lines, vehementer medebitur, Marcellus. Stercus gall. citrinum cataplasmatis instar impositum, cum ovi vitello et exiguo croco, quemvis abscessum purulentum aperit, Rasis. Fimum gallinaceorum duntaxat rubrum lusciosis illinendum monstrant, Plinius[7].

Lo sterco rosso di gallo o, come scrive Plinio, quella parte dello sterco di pollo che è rossa. Applicato localmente fa aprire i foruncoli ed elimina il dolore, Sesto Placito Papiriense. Vedi prima tra i rimedi ottenibili da questo sterco puro e semplice. Fresco e spalmato con aceto fa guarire i foruncoli e i morsi di un cane rabbioso, Plinio e Costantino Africano. Prenderai quella parte dello sterco di pollo che è rossa e la metterai sui calli, e poi li spalmerai piuttosto spesso, e la cura sarà energica, Marcello Empirico. Lo sterco giallognolo di pollo applicato come cataplasma con del tuorlo d’uovo e una piccola quantità di zafferano, fa scoppiare qualsiasi ascesso purulento, Razi. A coloro che soffrono di nictalopia consigliano di spalmare dello sterco di pollo ma solo quello rosso, Plinio.

¶ Cinis fimi gallinarum. Prodest ad ictus scorpionum, Plin.[8] Gallinarum vel columbini fimi cinis ex oleo impositus ulcera pedum curat, Marcellus. Fimi gallinacei cinis pedum exulcerationes sanat. columbini fimi cinis ex oleo, Plin.[9]

Cenere di sterco di gallina. Giova contro la puntura degli scorpioni, Plinio. La cenere di sterco di gallina o di piccione preparato con olio e applicato localmente fa guarire le ulcere ai piedi, Marcello Empirico. La cenere di sterco di pollo fa guarire le ulcere ai piedi. La cenere di piccione va usata con olio, Plinio.

¶ Lapillos qui in gallinaceorum vesica[10] inveniantur, conteri et potioni inspergi adversus calculos iubent, Plin. Alexander Benedictus lapides in gallinaceo ventre repertos, contra calculum a quibusdam commendari scribit, ex hoc Plinii loco fortassis, memoria lapsus. Nos de lapillis qui in ventribus gallinaceorum reperiantur, plura scripsimus supra in B.

¶ Le pietruzze che si rinvengono nello stomaco dei polli prescrivono di polverizzarle e di spruzzarle su una pozione contro i calcoli, Plinio. Alessandro Benedetti scrive che contro la calcolosi da alcuni vengono consigliate le pietre rinvenute nello stomaco del pollo, forse colto da amnesia, ma traendolo da questo passo di Plinio. Ho scritto parecchio in precedenza, nel paragrafo B, a proposito delle pietruzze che si rinvengono nello stomaco dei polli.

¶ Veneficia quaedam fiunt ab his quae eduntur excrementis corruptis, ut sanguine vel urina leprosorum, cum in his frumentum maduerit, gallinaeque frumento depastae fuerint, Hier. Cardan.

¶ Alcuni veleni si ricavano dai derivati di escreti alterati, come il sangue o l’urina dei lebbrosi, quando il frumento vi è rimasto a mollo e le galline sono state nutrite col frumento, Gerolamo Cardano.

¶ A praesepibus equorum removebuntur aves domesticae atque altiles, quae ea propter reliquias pabuli sectari solent: et in his non solum pinnulas excutiunt, sed etiam stercora deijciunt: atque illae cum gutturis, haec cum alvi periculo ab equis deglutiuntur, Ioach. Camerarius. De fimo gallinaceo a bobus aut equis devorato, et remediis contra eum, plura in Quadruped<i>um istarum historiis scripsimus. Hierocles equo adversus hunc fimum devoratum auxiliari docet ipsum fimum gallinae album et solidum: quem conteri iubet cum drachma sevi, (στέατος,) et cum duobus polentae choenicibus[11] vinoque nigro austero in mazas redigi, et equo edendas dari. Gallinarum fimum, duntaxat candidum, in hyssopo decoctum aut mulso, venena fungorum boletorumque astringit: item {inflammationes} <inflationes> ac strangulationes: quod miremur, cum si aliud animal gustaverit id fimum, torminibus et inflationibus afficiatur, Plin.[12]

¶ Dalle mangiatoie dei cavalli dovranno essere tenuti lontani i volatili domestici e da allevamento, che sono soliti frequentarle a causa dei rimasugli del foraggio: e non solo vi fanno cadere le piume, ma vi emettono anche le feci: e le prime vengono ingoiate dai cavalli con pericolo per la gola, le seconde per l’intestino, Joachim Camerarius – Joachim Liebhard. Sullo sterco di pollo mangiato dai buoi o dai cavalli e sui rimedi contro di esso, ho scritto parecchio nelle ricerche relative a questi quadrupedi. Ierocle riferisce che per un cavallo contro l’aver mangiato questo sterco è di aiuto proprio lo sterco bianco di gallina, e duro, che consiglia di sbriciolare insieme a una dracma [3,41 g] di grasso (stéatos), e di farne degli impasti con due chenici [circa 2 l] di polenta d’orzo e di vino nero secco e di darli da mangiare al cavallo. Lo sterco di gallina, ma solo quello bianco, fatto cuocere con l’issopo oppure con vino mielato riduce l’effetto dei veleni dei funghi e dei boleti: parimenti i gonfiori intestinali e i soffocamenti: e rimarremmo sorpresi del fatto che se un altro animale dovesse assaggiare questo sterco, verrebbe colto da dolori e da gonfiori intestinali, Plinio.

¶ Quidam a gallo gallinaceo pugnante leviter laesus in rabiem venisse dicitur, Caelius Aurelianus de morb. acut. 3. 9.

¶ Si dice che un tale, ferito lievemente da un gallo che stava combattendo, divenne furioso, Celio Aureliano in De morbis acutis et chronicis III,9.

H.

H

a. Ut ornis apud Graecos, sic apud Latinos avis etiam aliquando pro gallo gallinave absolute ponitur. Rhodias aves pro gallinis Rhodiis Columella dixit. et Graece {Ταναγραίους} <Ταναγραῖους> ὄρνιθας genere masc. legimus, id est alites Tanagraeos pro gallinaceis Tanagraeis. Gallinaceos mares pro gallis gallinaceis Columella[13] dixit. Gallos a contrario sensu appellatos quidam existimant. nam Galli sacerdotes matris deum castrati erant. hinc Martialis[14], Ne nimis exhausto macresceret inguine gallus, | Amisit teste{i}s, nunc mihi gallus erit. Et rursus, Succumbit sterili frustra gallina marito, | Hanc matris Cybeles esse decebat avem. Cristatus ales, pro gallo, Ovidius 1. Fastorum[15].

a. Come accade per órnis presso i Greci, così talora presso i Latini si utilizza indistintamente avis – uccello - per il gallo o per la gallina. Così Columella disse uccelli di Rodi invece di galline di Rodi, e in greco leggiamo Tanagrαîous órnithas al maschile, cioè uccelli di Tanagra per polli di Tanagra. Alcuni ritengono che i galli siano stati così chiamati per un significato opposto. Infatti i Galli,  sacerdoti delle madre degli dei – Cibele - erano castrati. Per cui Marziale scrisse: Il gallo, allo scopo di non dimagrire troppo per aver prosciugato il basso ventre, | rinunciò ai testicoli; ora per me sarà un Gallo – un sacerdote di Cibele. E poi: Invano la gallina soggiace allo sterile marito, | Conveniva che questo uccello fosse della madre Cibele. Uccello fornito di cresta per il gallo, Ovidio, I libro dei Fasti.

Ἀλέκτωρ Graece dicitur a privativa particula et lecto: ἐκ τοῦ ἀ καὶ τοῦ λέγω, διὰ τὸ ἐκ λέκτρου ἡμᾶς ἐγείρειν, Eustathius[16] et Athenaeus. A tertia persona praeteriti passivi verbi λέγω, quod est dormio, fit λέκτρον, ἀλέκτωρ: et forte Ἠλέκτρα et ἀλεκτρυών, (oxytonum,) Idem. Ἀλεκτρυών nomen viri Iliados ρ.[17] servat ο. magnum (non servat: Vide mox inter Propria[18]) in genitivo, pro ave vero Homeri s<a>eculum hanc vocem non agnovit, Varinus. Utebantur nimirum antiquitus tantum voce ὄρνις de gallo in genere masc. de gallina in foeminino. Gallos gallinaceos alectryónas et aléctoras Graeci vocant, quia nos a lecto ex<s>uscitent: gallinas vero alectorídas et ornithas.

¶ In greco si dice aléktør a causa di una particella privativa – alfa – più letto: ek toû α kaì toû légø, dià tò ek léktrou hëmâs egheírein – da alfa e da mi addormento, in quanto ci strappa dal letto, Eustazio di Tessalonica e Ateneo.  Dalla terza persona del passato passivo del verbo légø, cioè dormo, ha origine léktron, aléktør e forse Ëléktra e alektryøn (ossitono), ancora loro. Alektryøn, nome di un uomo del canto XVII dell'Iliade,  al genitivo conserva l'omega (non la conserva: vedi tra poco tra i nomi proprii), ma l'epoca in cui visse Omero non conobbe questo termine per designare un uccello, Guarino. Anticamente, appunto, si servivano solamente del vocabolo órnis al maschile per il gallo, al femminile per la gallina. I Greci chiamano i galli alectryónas e aléctoras, perché ci fanno alzare dal letto: ma le galline le chiamano alectorídas e órnithas.


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[1] Naturalis historia VIII,152: Rabies canum sirio ardente homini pestifera, ut diximus, ita morsis letali aquae metu. Quapropter obviam itur per XXX eos dies, gallinaceo maxime fimo inmixto canum cibis aut, si praevenerit morbus, veratro. - Plinio parla di prevenzione della rabbia nei cani durante la canicola. Però Gessner non ha assolutamente letto il testo di Plinio, o ne ha letto una versione amputata. Infatti dal testo di Gessner si potrebbe supporre che debbano essere gli uomini a mangiare feci di pollo.

[2] Naturalis historia XXX,121: Ad easdem vitiligines et muscas inlini iubent cum radice Eupatoriae, gallinarum fimi candidum servatum in oleo vetere cornea pyxide, [...]

[3] Naturalis historia XXIX,103: Gallinarum fimum, dumtaxat candidum, in hysopo decoctum aut mulso contra venena fungorum boletorumque, item inflationes ac strangulationes, quod miremur, cum, si aliud animal gustaverit id fimum, torminibus et inflationibus adficiatur.

[4] Naturalis historia XXIX,124: Laudant et gallinae fel et praecipue adipem contra pusulas in pupillis, nec scilicet eius rei gratia saginant. Adiuvat mirifice et ruptas oculorum tuniculas admixtis schisto et haematite lapidibus. Fimum quoque earum, dumtaxat candidum, in oleo vetere corneisque pyxidibus adservant ad pupillarum albugines. Qua in mentione significandum est pavones fimum suum resorbere tradi invidentes hominum utilitatibus.

[5] Furunculus: diminutivo di fur furis, ladro, propriamente tralcio che sottrae il succo al pollone principale.

[6] Naturalis historia XXX,108: Furunculis mederi dicitur araneus, priusquam nominetur, inpositus et tertio die solutus, mus araneus pendens enecatus sic, ut terram ne postea attingat, ter circumlatus furunculo, totiens expuentibus medente et cui is medebitur, ex gallinaceo fimo, quod est rufum, maxime recens inlitum ex aceto, ventriculus ciconiae ex vino decoctus, muscae inpari numero infricatae digito medico, sordes ex pecudum auriculis, sebum ovium vetus cum cinere capilli mulierum, sebum arietis cum cinere pumicis et salis pari pondere.

[7] Naturalis historia XXIX,123: Fimum quoque gallinaceorum, dumtaxat rubrum, lusciosis inlini monstrant.

[8] Naturalis historia XXIX,91: Prodest et gallinarum fimi cinis inlitus, draconis iocur, lacerta divulsa, mus divulsus, scorpio ipse suae plagae inpositus aut assus in cibo sumptus aut potus in meri cyathis II.

[9] Naturalis historia XXX,80: Ulcera omnia pedum sanat cinis earum [coclearum], quae vivae combustae sint, fimi gallinarum cinis exulcerationes, columbini fimi ex oleo.

[10] Gessner a pagina 382 critica Plinio in quanto afferma che i polli hanno la vescica urinaria. Ma Gessner aveva scotomizzato un precedente passo di Plinio. Infatti Plinio era ben conscio che gli uccelli non hanno vescica urinaria: Naturalis historia XI,208: Infra alvum est a priore parte vesica, quae nulli ova gignentium praeter testudinem, nulli nisi sanguineum pulmonem habenti, nulli pedibus carentium. inter eam et alvum arteria ad pubem tendentes, quae ilia appellantur.  – Tuttavia in XXX,67 egli parla effettivamente di vesica dei polli e di ventriculus dei piccioni, ed è giocoforza dedurre che in questo caso vesica = ventriculus. Naturalis historia XXX,66-67: Iubent et vermes terrenos bibi ex vino aut passo ad comminuendos calculos vel cocleas decoctas ut in suspiriosis, easdem exemptas testis III tritasque in vini cyatho bibi, sequenti die II, tertio die I, ut stillicidium urinae emendent, testarum vero inanium cinerem ad calculos pellendos, item hydri iocur bibi vel scorpionum cinerem aut in pane sumi [vel si quis ut locusta edit], lapillos, [67] qui in gallinaceorum vesica aut in palumbium ventriculo inveniantur, conteri et potioni inspergi, item membranam e ventriculo gallinacei aridam vel, si recens sit, tostam, fimum quoque palumbinum in faba sumi contra calculos et alias difficultates vesicae, [...].– Esatta è anche l’affermazione di Plinio: la testuggine – che dobbiamo intendere sia come tartaruga che come tartaruga di mare – è invece dotata di vescica urinaria: infatti essa è presente in tutti i Testudinati. Invece i coccodrilli – appartenenti anch’essi ai Rettili e anch’essi ova gignentes - non hanno la vescica urinaria.

[11] Il sostantivo femminile greco choînix significa chenice. Vedi: Pesi e misure.

[12] Ripetizione di quanto appena citato all’inizio di questa pagina - Naturalis historia XXIX,103: Gallinarum fimum, dumtaxat candidum, in hysopo decoctum aut mulso contra venena fungorum boletorumque, item inflationes ac strangulationes, quod miremur, cum, si aliud animal gustaverit id fimum, torminibus et inflationibus adficiatur.

[13] De re rustica VIII,11,11: Neque est quod committatur ut Rhodiacae aves pavoninis incubent, quae ne suos quidem fetus commode nutriunt.

[14] Epigrammata 13, 63 Capones: Ne nimis exhausto macresceret inguine gallus, | amisit testes. Nunc mihi gallus erit. – 13,64 Idem: Succumbit sterili frustra gallina marito. | Hunc matris Cybeles esse decebat avem. - Nelle edizioni critiche odierne si accetta sia hunc riferito a marito che hanc riferito ad avem.

[15] Fasti I,455-456: Nocte deae Nocti cristatus caeditur ales,| quod tepidum vigili provocet ore diem.

[16] Eustazio, pag. 182,11 (ad Iliadem II 103); pag. 1479,28 (ad Odysseam I 10): apò toû légø léktør e aléktør.

[17] There is a marginal reference to Homer Iliad, Book 17; this must be to line 602: “great-hearted son of Alectryon,” the only reference in Homer to the word for chicken in Greek, although a proper name here. (Lind, 1963)

[18] A pagina 404.