Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Ovo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

457

 


Si raccomanda l'opzione visualizza ->  carattere ->  medio del navigatore

Lac gallinaceum, Ὀρνίθων γάλα, id est gallinarum lac. dicitur in opulentos, et quibus quidvis rerum suppeditat, ut illud Copiae cornu. Aut de raris inventu, atque ob id pretiosis: ut sit hyperbole significans [457] nihil omnino deesse. Plinius in praefatione historiae mundi, irridens Graecorum deliciosas quasdam et magnificas inscriptiones: {Cerion} <Cerium - Κηρίον>[1] (inquit) inscripsere, quod volebant intelligi favum: alii κέρας {ἀμαλθείας} <Ἀμαλθείας>, quod copiae cornu, velut lactis gallinacei sperare possis in volumine haustum. Ἐγὼ γὰρ οὐδ’ἂν ὀρνίθων γάλα | Ἀντὶ τοῦ βίου λάβοιμ’ἂν οὗ με νῦν ἀποστερεῖς, Aristophanes in Vespis, (in Acharnensibus[2],) id est, Non lac hercle gallinaceum, | Hacce pro vita capiam, quam mi adimis in praesentia. Eustathius in quartum Odysseae, citat hoc adagium ex Anaxagorae fabula, cui titulus Ὠά, (decipitur Erasmus, aut Eustathius ex quo citat: lege, Anaxagorae Physicis.) Rursum Aristophanes Comicus in Avibus[3], Δώσομεν ὑμῖν | Ἀυτοῖς, παισί, παίδων παισίν | Πλουθυγίειαν, εὐδαιμονίαν, | Βίον, εἰρήνην, νεότητα, γέλωτα, | Χορούς, θαλίας, γάλατὀρνίθων. | Ὤστε παρέσται ὑμῖν κοπιᾷν | Ὑπὸ τῶν ἀγαθῶν. id est, Dabimus vobis ipsis, filiis, filiorum filiis, opulentiam bonae valetudinis, felicitatem, facultates, pacem, iuventam, risum, choros, festa, lac gallinarum, ut sitis prae bonorum copia laboraturi. Strabo Geographiae lib. 14. narrat de Samiorum agris, quod essent omnium rerum ampliter feraces, illud vulgo iactatum esse, quod lac etiam ferrent gallinaceum. Idem testatur hoc adagium apud Menandrum comicum inveniri[4].

Latte di gallina, Orníthøn gála, cioè latte delle galline. Si dice nei confronti dei ricchi e per coloro ai quali qualsiasi cosa è sovrabbondante, come quella cornucopia. Oppure si dice di cose che si trovano raramente, e per questo preziose: come se fosse un’iperbole che sta a significare che non manca assolutamente nulla. Plinio, nella prefazione alla storia del mondo, deridendo alcuni deliziosi e meravigliosi titoli dei Greci dice: Diedero il titolo di këríon perché volevano intendere il favo del miele, altri kéras Amaltheías - il corno della capra Amaltea - che è la cornucopia, tanto da farti sperare che in quel libro potrai bere latte di gallina. Egø gàr oud’àn orníthøn gála | Antì toû bíou láboim’àn oû me nûn apostereîs, Aristofane nelle Vespe (negli Acarnesi - errore!), cioè, Per Ercole, non prenderò latte di gallina per questa vita, che adesso mi togli. Eustazio nel commento al IV libro dell'Odissea cita da una favola di Anassagora questo adagio, il cui titolo è Øá, Le uova, (si sbaglia Erasmo da Rotterdam, oppure Eustazio dal quale trae la citazione: leggi Sulla natura di Anassagora). Ancora Aristofane il comico negli Uccelli: Døsomen hymîn | Autoîs, paisí, paídøn paisín | Plouthygíeian, eudaimonían, | Bíon, eirënën, neótëta, géløta, | Choroús, thalías, gálat'orníthøn. | Øste paréstai hymîn kopiâin | Hypò tôn agathôn. Cioè: Daremo a voi stessi, ai figli, ai figli dei figli, un’abbondanza di condizioni di buona salute, felicità, ricchezze, pace, giovinezza, riso, danze, giorni di festa, latte di galline, affinché vi stufiate per l’abbondanza di cose buone. Strabone nel XIV libro di Geografia racconta dei campi degli abitanti dell’isola di Samo, e siccome erano estremamente fruttiferi di ogni sorta di prodotto, dappertutto ci si vantava del fatto che producevano anche latte di gallina. Esiste testimonianza che questo adagio lo si ritrova anche nel commediografo Menandro.

Athenaeus lib. 9. Dipnosoph.[5] ex mediae comoediae scriptore quodam Mnesimacho senarios hos adducit, καὶ τὸ λεγόμενον, | Σπανιώτερον πάρεστιν ὀρνίθων γάλα, | Καὶ φασιανός ἀποτετιλμένος καλῶς. id est. Et quod dicit proverbio, Lac suppetit res rara gallinaceum, ac | Plumis revulsis phasianus adprobe. Rursum lib. 9. adducit ex {Numenio} <Nicandro>[6], δὅπερ ὄρνιθος καλέεται γάλα. id est Atque quod gallinae dicitur lac, Erasmus. Anaxagoras in Physicis scribit id quod gallinae lac vocatur, album in ovis liquorem esse. Animalibus viviparis cibus, qui lac vocatur, in mammis parentis paratus est: sed contra quam homines putant et Alcmaeon Crotoniates ait. non enim albumen ovi lac est, sed vitellus. hic enim pullis pro cibo est. illi albumen pro cibo esse existimant, propter coloris affinitatem, Aristot. de generat. anim. 3. 2[7]. Καταστήσω σἐγὼ | Τύραννον, ὀρνίθων παρέξω σοι γάλα, Pisthetaerus Herculi in Avibus Aristophanis.[8]

Ateneo nel IX libro dei Dipnosofisti riporta questi senari tratti da Mnesimaco, uno scrittore della commedia di mezzo: kaì tò legómenon, | Spaniøteron párestin orníthøn gála, | Kaì phasianós apotetilménos kalôs. Cioè: E per dirla con un proverbio, Come cosa rara basta il latte di gallina, e un fagiano dalle piume strappate molto bene. Sempre nel IX libro riporta da Nicandro - non da Numenio di Eraclea, Ëd’hóper órnithos kaléetai gála. Cioè: Anche quello che viene detto latte di gallina, Erasmo da Rotterdam. Anassagora in Sulla natura scrive che quello che viene detto latte di gallina è il liquido bianco presente nelle uova. Dagli animali vivipari il cibo, che viene detto latte, viene preparato nelle mammelle della genitrice: ma al contrario di quanto gli uomini ritengono e Alcmeone di Crotone dice. Infatti l’albume non è il latte dell’uovo, ma lo è il tuorlo. Infatti questo serve da cibo per i pulcini. Quei dotti ritengono che l’albume serve da alimento a causa della somiglianza di colore, Aristotele in De generatione animalium III,2. Katastësø s'egø | Týrannon, orníthøn paréxø soi gála, Io ti renderò signore assoluto, ti darò latte di gallina, Pistetero rivolto a Ercole negli Uccelli di Aristofane.

Scholiastes Aristoph. in Acharn. hoc proverbium locum habere ait in iis qui admodum fortunati sunt, et nihil non possident, ita ut etiam circa res impossibiles aliquid lucrentur, impossibile enim est ut unquam lac e gallinis habeatur. at fortunati homines id quoque si voluerunt comparare sibi possunt. Meminit et Suidas. Βούλοιντο μὲν ἂν καὶ τῶν ὀρνίθων γάλα παραχεῖν, Synesius in epistolis. De herba quam {ornithógala} <ornithógalon> Graeci vocant, scripsimus in Gallo a.

Lo scoliaste degli Acarnesi di Aristofane dice che questo proverbio si attaglia a coloro che sono molto fortunati e posseggono tutto, tanto da riuscire a ricavare qualcosa anche da cose impossibili, infatti è impossibile che si riesca a ottenere latte dalle galline. Ma gli uomini fortunati, se volessero anche questo, possono anche procurarselo. Lo ricorda anche il lessico Suida. Boúlointo mèn àn kaì orníthøn gála paracheîn, Se infatti volevano versare sopra anche il latte di galline, Sinesio di Cirene nelle epistole. Circa l'erba che i Greci chiamano ornithógalon - latte di gallina, Ornithogalum - ho scritto nel Gallo al paragrafo a.

Germanica proverbia nonnulla etiam extant, a gallinis facta, ut sunt: Per messem ferociunt gallinae, In der ärn sind die hüner raub. hoc est, Satietas ferociam parit. Gallinis caudam religare meditaris: Du wilt den hüneren den schwantz ausbinden: non diverso sensu ab isto, Aquilam volare doces. Cum alienis gallinis ova in nidum parere. Wit anderen hüneren ins nest legen: ut apud Latinos, Alienum arare fundum, quod est cum alienis uxoribus rem habere.

¶ Ci sono anche alcuni proverbi tedeschi tratti dalle galline, come per esempio: Durante la mietitura le galline diventano aggressive, In der ärn sind die hüner raub. Cioè, L'abbondanza genera ferocia. Mediti di legare la coda alle galline: Du wilt den hüneren den schwantz ausbinden. Ha un significato non diverso da questo: Insegni a volare a un'aquila. Deporre le uova nel nido delle galline altrui: Wit anderen hüneren ins nest legen. Come per i Latini: Arare il podere altrui, che significa intrattenere rapporti con le mogli degli altri.

proverbia ab ovis. Ovum adglutinas, Ὠόν κολλήεις, (si recte legitur. malim κολλᾷς,) id est, Ovum glutino compingis. refertur a Diogeniano[9]. Ridicule laborat, qui fractum ovi putamen glutino farcire et coagmentare conetur, Erasmus.

Proverbi tratti dalle uova. Incolli un uovo, Øón kollëeis (se è letto in modo esatto, preferirei kollâis), cioè, Saldi le uova con la colla. Viene riferito da Diogeniano di Eraclea. Si dà da fare in modo ridicolo colui che tentasse di rappezzare e ricongiungere con della colla un guscio d’uovo che si è rotto, Erasmo da Rotterdam.

Ab ovo usque ad mala, proverbiali figura dixit Horatius in Sermonibus Sat. 3.[10] pro eo quod est, ad initio convivii usque ad finem. Si collibuisset (inquit) ab ovo | Usque ad mala citaret, io Bacche modo summa | Voce, modo hac resonat quae chordis quatuor ima. Antiquitus enim coenam ab ovis auspicabantur, malis finiebant. Erit venustius, si longius trahatur, ab ovo usque ad mala: id est, toto colloquio, tota navigatione, aut toto opere. Qui rem altius repetunt quam oportet, notatur illo versu Horatiano[11], Nec gemino bellum Troianum orditur ab ovo, Erasmus.

¶ Dall’uovo alle mele - dall’antipasto alla frutta - ha detto Orazio in modo figurato sotto forma di proverbio nella III Satira per indicare dall’inizio alla fine di un banchetto. Dice: Se gli fosse andato a genio avrebbe intonato dall’uovo alle mele “evviva Bacco”, ora con tutta la voce che possiede, ora con questa nota più bassa che risuona con il tetracordo. Infatti anticamente iniziavano il pranzo con le uova e finivano con le mele. Sarà più bello se la si tira più in lungo, dall’uovo alle mele: cioè, per tutta la conversazione, per tutta la navigazione, o per tutta l’attività. Coloro che risalgono a una cosa partendo da più lontano di quanto è necessario vengono bollati con quel verso di Orazio: Né si incomincia a parlare della guerra di Troia partendo dall’uovo gemellare - quello con due tuorli da cui nacque Elena, Erasmo.

Ex ovo prodiit, Ἐξ ὠοῦ ἐξῆλθεν, aiunt dici solitum de magnopere formosis ac nitidis: quasi neges communi hominum more natus, sed ex ovo, more Castoris et Pollucis. Siquidem est in poetarum fabulis Ledam {Tyndari} <Thestii>[12] filiam, ex Iovis concubitu duo peperisse ova, e quorum altero prodiere gemini Castor et Pollux, insigni forma iuvenes: ex altero nata est Helena, cuius forma literis omnium est nobilitata, Erasmus.

È uscito da un uovo, Ex øoû exêlthen, dicono che viene abitualmente detto di giovani molto belli e attraenti: come se tu negassi che sono nati nel modo abituale per gli esseri umani, bensì da un uovo come Castore e Polluce. Dal momento che nelle favole dei poeti si trova il fatto che Leda, figlia di Testio - moglie di Tindaro, da un rapporto sessuale avuto con Giove partorì due uova, da uno dei quali nacquero i gemelli Castore e Polluce, dei ragazzi dalla bellezza spettacolare: dall’altro nacque Elena, il cui aspetto è stato decantato dalle opere letterarie di tutti, Erasmo.

Ovo prognatus eodem. hoc fortassis simpliciter dictum est ab Horatio[13]. Quandoquidem ad fabulam respicit Ledae, quae gravida ex Iove in cygnum converso, ovum peperit, unde gemini prognati Castor et Pollux. Id ovum Pausanias in Laconicis[14] refert. ostendi apud Lacedaemonios suspensum taeniis a testudine templi. Verum si quis hoc dictum deflectat ad iisdem natos parentibus, aut ab eodem eruditos praeceptore, aut ita consimilibus ingeniis, ut eodem ovo nati videri possint, nihil aeque fuerit proverbiale. veluti si dicas: Vultus, ingenium, mores, facta, ac prorsus omnia sic huic cum hoc conveniunt, ut iures eodem prognatos ovo. Aristoteles[15] quidem ostendit iuxta naturam fieri posse, ut ex eodem ovo duo pulli nascantur, Erasmus.

Nato dallo stesso uovo. Questo proverbio forse è stato detto solo da Orazio. Dal momento che riguarda la favola relativa a Leda la quale, resa gravida da Giove che si era trasformato in cigno, partorì un uovo dal quale nacquero i due gemelli Castore e Polluce. Pausania riferisce di questo uovo in Laconia. Viene esposto presso gli Spartani sospeso con bende dalla volta di un tempio. In verità se qualcuno mutasse questo assioma in nati dagli stessi genitori, o istruiti dallo stesso precettore, o in così simili per carattere che si potrebbe pensare che sono nati dallo stesso uovo, sarebbe equivalente come proverbio, come se tu dicessi: Il volto, il carattere, il comportamento, le azioni, e insomma per tutte quante le caratteristiche essi corrispondono talmente l’uno all’altro che saresti pronto a giurare che sono nati dallo stesso uovo. Infatti Aristotele dimostra che può accadere che secondo natura da uno stesso uovo nascano due pulcini, Erasmo.

Extant apud authores aliquot similitudinis adagia, quorum de numero est, Non tam ovum ovo simile, de rebus indiscretae similitudinis. Vides ne ut in proverbio sit ovorum inter se similitudo? Tamen hoc accepimus, Deli fuisse complure{i}s salvis rebus illis, qui gallinas alere quaestus causa solerent. Ii cum ovum inspexerant, quae id gallina peperisset dicere solebant. Neque id est contra nos. Nam nobis satis <est> ova <illa non> internoscere, Cicero 2. Academic.[16] Idem proverbium refertur et a F. Quintiliano. Usurpatur et a Seneca in libello[17], quem in Claudium Imperatorem lusit, Erasmus. Ovorum inter se miram ac prope indiscretam similitudinem, saepe numero apud animum meum non sine stupore perpendi. Alterum enim alteri si compares, fallitur examen, hebescitque intuentis obtutus: tanta prorsum parilitas est, tantaque geminitudo, Caelius.

Presso gli autori si trovano alcuni adagi relativi alla similitudine, alla marea dei quali appartiene il seguente: Un uovo non è poi così simile a un uovo, a proposito di cose che hanno una somiglianza indistinguibile. Ti rendi conto di come è proverbiale la similitudine delle uova tra loro? Nondimeno, siamo venuti a sapere questo, che a Delo, senza danno per quelle cose, sono stati moltissimi ad allevare abitualmente numerosissime galline per motivi di lucro. Essi, una volta che avevano guardato un uovo, erano soliti dire quale gallina l’avesse deposto. Neppure questo è contro di noi. Infatti per noi è sufficiente non distinguere quelle uova, Cicerone in Academica II. Lo stesso proverbio viene riferito da Marco Fabio Quintiliano. Viene impiegato anche da Seneca in un libello - Apocolocyntosis - che si è dilettato a comporre nei riguardi dell’imperatore Claudio, Erasmo. Numerose volte ho valutato scrupolosamente nella mia mente non senza stupore la sorprendente e quasi perfetta somiglianza delle uova tra loro. Infatti, se li paragoni l’uno all’altro l’ago, della bilancia viene ingannato e la vista di chi sta guardando si indebolisce: assolutamente tanto grande è l’uguaglianza e tanto grande è l'equivalenza, Lodovico Ricchieri.

Huic simile est aut idem potius apud Germanos, Tappio referente, Eyer sind eyern gleych. et hoc, Wär er einem [458] hasen so änlich als einem narren / die hund hetten in langst zerrissen.

Presso i Tedeschi è simile a questo, anzi, è identico, in base a quanto riferisce Eberhard Tappe: Eyer sind eyern gleych. et hoc, Wär er einem  hasen so änlich als einem narren / die hund hetten in langst zerrissen.


457


[1] Këríon in greco significa favo. Gli corrisponde il latino cerium usato da Plinio nel senso di foruncolosi, vespaio. Naturalis historia, Praefatio, 24: Inscriptionis apud Graecos mira felicitas: këríon inscripsere, quod volebant intellegi favum, alii kéras Amaltheías, quod copiae cornu, ut vel lactis gallinacei sperare possis in volumine haustum; [...].

[2] Le vespe, 508-509 con l'approvazione sia di Aldrovandi (Ornithologiae tomus alter, 1600, pag. 274) che di Lind (1963) Quindi il suggerimento di Gessner è errato.

[3] Gli uccelli 729-735.

[4] Si può presumere che dei campi di Samo produttori anche di latte di gallina si parli nella commedia Donna di Samo, di cui ci è giunta l’ultima parte.

[5] Deipnosophistaí IX,37,387b.

[6] Deipnosophistaí IX,12,371c. § Il verso non è dovuto a Numenio di Eraclea, bensì a Nicandro di Colofone ed è contenuto nel II libro delle Georgiche. Ciò è possibile affermarlo con certezza dall'edizione dei Dipnosofisti di Teubner (recensuit Georgius Kaibel, 1888 – Teubner, Stuttgard, 1985). Lo scambio di persone è dovuto anche stavolta a Erasmo da Rotterdam. Gessner ha dedotto l'errore da Erasmo e da persona corretta lo cita come fonte ma gli presta fede. § Il verso di Nicandro nell'edizione di Teubner è reperible nella biografia di Numenio di Eraclea. § Credo non valga la pena andare a scandagliare Erasmo. Mi fido di Teubner, il quale riporta κλέεται invece di καλέεται.

[7] De generatione animalium III,2: La nascita dall’uovo si ha per gli uccelli perché la femmina cova l’uovo e contribuisce a operare la cozione. L’animale si forma da una parte dell’uovo e ricava i mezzi del proprio accrescimento e compimento dalla restante parte, perché la natura dispone insieme nell’uovo sia la materia dell’animale, sia l’alimento sufficiente alla sua crescita. Dal momento che l’uccello non può portare a compimento la prole dentro di sé, produce nell’uovo anche l’alimento. Mentre per gli animali partoriti vivi l’alimento si produce in un’altra parte (il latte nelle mammelle), per gli uccelli la natura lo produce nelle uova. È tuttavia l’opposto di ciò che ritengono gli uomini e afferma Alcmeone di Crotone: il latte non è costituito dal bianco, ma dal giallo, ed è questo l’alimento dei pulcini. Essi invece ritengono che sia il bianco per la rassomiglianza del colore. (traduzione di Diego Lanza, il quale aggiunge questa nota: “Oltre che di Alcmeone questa dottrina era anche di Anassagora (59 B 22 DK) e si ritrova nello pseudoippocratico De nat. puer., 29-30. Qui però la corrispondenza non è stabilita su una semplice analogia cromatica, quanto sull’analogia funzionale tra l’embrione del viviparo e l’uovo, e con l’individuazione nell’uovo parzialmente covato della parte corrispondente al cordone ombelicale. L’autore ippocratico, dopo aver consigliato l’esperimento di rompere per venti giorni consecutivi un uovo al giorno della stessa covata, annota che «chi non ha ancora osservato questo si meraviglierà che in un uovo di uccello vi sia un cordone ombelicale». Che Aristotele abbia ben presente questo trattato risulta oltre che da questo anche da molti altri passi.”)

[8] Gli uccelli 1672-1673. Peisthétairos = Gabbacompagno - Peisthétairos = Companion-swindler.

[9] Diogenianus: He has a proverb slightly different from the one quoted by Aldrovandi: “You pluck an egg (oon tilleis). Corpus Paroemiographorum Graecorum, I, 187; II, 258. I can find no proverb such as Aldrovandi’s. (Lind, 1963) § Tutto il testo, compreso Diogeniano, provengono dagli Adagia (1550) di Erasmo. Il proverbio appartiene alla Chilias I Centuria IV e reca il numero 67.

[10] Satirae I,3,6-8: [...] si conlibuisset, ab ovo | usque ad mala citaret 'io Bacche' modo summa | voce, modo hac, resonat quae chordis quattuor ima.

[11] Ars poetica 146-147: Nec reditum Diomedis ab interitu Meleagri, | nec gemino bellum Troianum orditur ab ovo; [...].

[12] Gli errori passano di mano in mano come le caramelle, o, per essere più à la page, come uno spinello. La fonte dell’errore secondo cui Leda era figlia di Tindaro, e non sua moglie, e neppure figlia di Testio, è rappresentata come al solito da Erasmo da Rotterdam, da cui Gessner ghermisce l’errore sic et simpliciter.

[13] Satirae 2,1,26: Castor gaudet equis, ovo prognatus eodem.

[14] Description of Greece III, Laconia, 16,1: Near is a sanctuary of Hilaeira and of Phoebe. The author of the poem Cypria calls them daughters of Apollo. Their priestesses are young maidens, called, as are also the goddesses, Leucippides (Daughter of Leucippus). One of the images was adorned by a Leucippis who had served the goddesses as a priestess. She gave it a face of modern workmanship instead of the old one; she was forbidden by a dream to adorn the other one as well. Here there his been hung from the roof an egg tied to ribands, and they say that it is the famous egg that legend says Leda brought forth. (Description of Greece with an English Translation by W.H.S. Jones, London, William Heinemann Ltd., 1918)

[15] Historia animalium VI,3 562a: Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro. (traduzione di Mario Vegetti)

[16] Come al solito Erasmo fa fare brutta figura a Gessner il quale si fida ciecamente di lui e pertanto ci costringe a emendare il testo di Cicerone. Evviva l'inaffidabilità di Desiderius Erasmus, alias Geert Geertsz, che così continua a oltraggiare la sua patria: l'Olanda. § Academica II 57-58: Videsne ut in proverbio sit ovorum inter se similitudo? Tamen hoc accepimus, Deli fuisse complures salvis rebus illis, qui gallinas alere permultas quaestus causa solerent: ei cum ovum inspexerant, quae id gallina peperisset dicere solebant. [58] Neque id est contra nos, nam nobis satis est ova illa non internoscere: nihil enim magis adsentiri par est hoc illud esse, quasi inter illa omnino nihil interesset; habeo enim regulam, ut talia visa vera iudicem, qualia falsa esse non possint; ab hac mihi non licet transversum, ut aiunt, digitum discedere, ne confundam omnia.

[17] Apocolocyntosis 11: Ego pro sententia mea hoc censeo:" atque ita ex tabella recitavit: "quandoquidem divus Claudius occidit socerum suum Appium Silanum, generos duos Magnum Pompeium et L. Silanum, socerum filiae suae Crassum Frugi, hominem tam similem sibi quam ovo ovum, Scriboniam socrum filiae suae, uxorem suam Messalinam et ceteros quorum numerus iniri non potuit, placet mihi in eum severe animadverti, nec illi rerum iudicandarum vacationem dari, eumque quam primum exportari, et caelo intra triginta dies excedere, Olympo intra diem tertium."