Raccolta di Conrad Gessner
Historia animalium III - 1555
Devi astenerti dal gallo bianco
Devi astenerti dal gallo bianco, alektryónos më háptesthai leukoû: cioè, non mettere le mani su un gallo bianco perché è sacro al mese, dato che è l'araldo delle ore, Erasmo da Rotterdam negli Adagia tra i simboli di fede pitagorici. Dicono che Pitagora tanto amò il gallo bianco che se per caso lo vedeva lo salutava come se fosse un fratello nato dagli stessi genitori, e lo teneva con sé, Giglio Gregorio Giraldi.
Metti lo sperone
Metti lo sperone, Aîre plêktron amyntërion. Cioè, Metti lo sperone vendicatore. Negli Uccelli di Aristofane c'è un adagio, Aîre plêktron ei máchëi, Mettiti lo sperone se combatti. Viene solitamente detto a chi sta già preparando una vendetta. Si tratta di una metafora presa in prestito dai galli che stanno per iniziare un combattimento, ai quali abitualmente vengono allacciati degli speroni di ferro in modo che possano difendersi durante il combattimento, Erasmo da Rotterdam l'ha desunto dal lessico Suida e dal commentatore di Aristofane.
Il canto del gallo prima della vittoria
Il canto del gallo prima della vittoria - Platone nel dialogo Teeteto scrive: Phainómená moi alektryónos agennoûs díkën, prìn nenikëkénai, apopedësantes apò toû lógou áidein, cioè, Socrate: Sembra che noi, alla stregua di un gallo vile, cantiamo vittoria prima di avere vinto, balzando giù dal ragionamento, Erasmo da Rotterdam.
Prima che il gallo abbia cantato di nuovo
Prima che il gallo abbia cantato di nuovo - In verità ci sono alcuni (di questo avviso è Ambrogio Leone da Nola, le cui parole Erasmo da Rotterdam cita piuttosto in abbondanza nel proverbio Prima che il gallo abbia cantato una seconda volta) i quali sosterrebbero che bisogna ascrivere un simile risultato come dovuto alla libidinosissima natura di tale uccello. Infatti con il canto viene rivelato il desiderio sessuale, da cui deriva la prova evidente che, prima di dedicarsi all’attività sessuale, tacciono. Inoltre rientra nel comportamento di parecchi uccelli anticipare con un qualsivoglia canto la propensione e il piacere per l’accoppiamento, dal momento che in un altro passo lo conferma Plinio quando dice che le pernici femmine concepiscono attraverso il respiro dei maschi che volano sopra di loro, spesso dopo aver solo udito la voce del maschio.
Alzare le creste
Alzare le creste (equivalente ad Alzare le corna) nel senso di insuperbirsi. Giovenale: Cosa c'è di più palese? E tuttavia a lui | gli si drizzavano le creste. Cioè, Si compiaceva di se stesso. Traslato dagli uccelli dotati di cresta, nei quali le creste quanto più sono erette sono un indizio di alacrità e di arroganza: a meno che preferiamo far riferimento ai cimieri dei soldati, in quanto in questo tipo di uomini nulla è più insolente e insensato. Contro questo modo di pensare Aristofane in Pace disse abbassare le creste, hëper hëmôn toùs lóphous apheîle. Cioè, colei che ci ha tolto le creste: cioè, con il ritorno della pace.
Il gallo assale
Il gallo assale, Alektryøn epipëdâi. Quando uno è stato vinto una volta, riprende il combattimento. Desunto dai combattimenti dei galli. Infatti questo animale ha un comportamento tale per cui si lancia in combattimento in modo da poter maggiormente ferire con i suoi speroni che la natura gli ha applicato a questo scopo, Erasmo da Rotterdam.
Il gallo di Filippo
Il gallo di Filippo, Philíppou alektryøn. È diventata una consuetudine ripetere questa locuzione quando qualcuno si vantava di un'impresa di poco conto come se fosse di enorme importanza. Infatti Alectryon era un condottiero del re Filippo II e Carete l'Ateniese lo uccise. Sembra infatti che questo Carete fosse solito parlare al popolo ateniese troppo spesso e in modo troppo insolente di questo fatto, tanto da diventare di uso corrente. Viene disquisito in Zenodoto, Erasmo. Vedi anche prima – pag. 404 – tra i nomi propri. Philíppou alektryøn, epí tôn en mikroîs katorthømasin alazoneuoménøn. - Il gallo di Filippo, a proposito di coloro che si vantano di piccoli successi.
[404] Un certo Adeo, comandante dei soldati stranieri di Filippo II, veniva soprannominato Alektryøn. Ne ha fatto menzione Eraclide il Comico con questi versi: Alektryóna tòn toû Philíppou paralabøn | Aørì kokkýzonta kaì planømenon | Katékopsen; ou gàr eîchen oudépø lóphon. | Héna katakópsas mála sychnoùs edeípnise | Chárës Athënaíous. – Catturato il Gallo di Filippo mentre cantava anzitempo, lo fece a pezzi mentre stava gironzolando; infatti non aveva ancora la cresta. Carete, dopo averne tagliata una invitò a pranzo moltissimi Ateniesi. - Come cita Ateneo nel libro XII. Infatti questo Carete (dice Eustazio di Tessalonica) ospitò gli Ateniesi a pranzo nell’agorà, dal momento che offriva in sacrificio i canti funebri a causa della battaglia espletata con esito favorevole contro le truppe straniere di Filippo. Infatti dice che lui - Alektryøn - cantò fuori tempo (aørì kokkýsai) dal momento che intraprese anzitempo la battaglia: e non aveva ancora addosso la cresta - il pennacchio dell’elmo, e cioè, si espose al pericolo senza essersi prima protetto.
Combatte in casa come un gallo
Combatte in casa come un gallo, Endomáchas hat'aléktør - Battagliero in casa come un gallo. Per colui che rimanendo sempre in casa non ha l'ardire di uscirsene fuori per andare in guerra o in combattimenti. Infatti è risaputo che questo animale è molto combattivo, ma in casa. In realtà il commentatore di Pindaro si esprime così. Tuttavia sospetto che ci sia scritto endomýchas, cioè, nascosto in casa. (Io, Gessner, non dubito che ci sia correttamente scritto endomáchas derivandolo dalle guerre intestine). Endomáchës è un vocabolo di recente composizione da entós – dentro – e máchomai – combatto. Si adatterà perfettamente a coloro che perennemente si azzuffano in casa, mentre fuori casa sono di costumi estremamente tranquilli. Questo proverbio combacia con quello che abbiamo riferito altrove, Leoni in casa, Erasmo.
Un gallo è estremamente potente nel suo letamaio
Un gallo è estremamente potente nel suo letamaio - Ciò che sta scritto in una satira di Lucio Anneo Seneca, Un gallo è estremamente potente nel suo letamaio, ha tutto l'aspetto di un proverbio. E dice: Claudio si rese conto che a Roma non ci fu nessuno pari a lui e che lì non aveva la stessa superiorità: il gallo è estremamente potente nel suo letamaio. Fece allusione all'imperatore Claudio nato a Lione, e oggi lo dicono correntemente del cane, che nel suo letamaio è estremamente audace. A casa d'altri siamo tutti più timidi, chiunque nel suo regno è più feroce e aggressivo, Erasmo. Eberhard Tappe cita lo stesso adagio così come ricorre in tedesco: Ein hane ist off seinem mist seer küne - Un gallo è molto audace sul suo letame.
Sei stato sconfitto da un qualche gallo
Sei stato sconfitto da un qualche gallo, Hëttëthës tinòs alektruónos, una facezia sotto forma di proverbio nei confronti di servi che seguono i padroni stando alle loro spalle, cioè supplichevoli e dimessi, proprio come sono soliti comportarsi i galli sconfitti in combattimento. Infatti questo uccello sconfitto in combattimento sta zitto, e per giunta segue il vincitore. Se non mi fa difetto la memoria, è stato desunto dagli Uccelli di Aristofane.
Il gallo atleta di Tanagra
Alektryóna athlëtën Tanagraîon - Il gallo atleta di Tanagra. Infatti questi vengono decantati per essere di buona razza, lessico Suida. Ma preferisco l'inserimento della congiunzione copulativa, come è presente sempre nello stesso lessico, Alektryóna kaí athlëtën Tanagraîon – Il gallo e l’atleta di Tanagra - quando dice che si usa pure questa espressione come proverbio. Come se tu dicessi sia gallo di Tanagra sia atleta di Tanagra, e tu volessi intendere coraggioso e valoroso. Infatti sarebbe più elegante se tu chiamassi gallo di Tanagra un uomo e un atleta combattivo e forte, anziché semplicemente atleta di Tanagra. Infatti non ricordo di aver letto che gli atleti di Tanagra erano lodati, ma solo i galli.
È timoroso come un gallo
È timoroso come un gallo, Ptëosei høs tis aléktør. Lo si dirà in modo appropriato nei confronti di uno che è travagliato e turbato, oppure che è anche intimorito. Infatti per i Greci ptëósein significa fuggire e ritrarsi per lo spavento. In effetti lo si dice in modo specifico per gli uccelli. Ptëosei Phrýnichos høsper aléktør - Frinico trema di paura come un gallo. Questo Frinico fu un poeta tragico che gli Ateniesi multarono di mille dracme in quanto aveva descritto in una tragedia - La presa di Mileto - l’eccidio degli abitanti di Mileto. E non l'avrei inserito tra gli adagi se il commentatore di Aristofane non l'avesse riportato espressamente come un proverbio. Ne fa menzione anche Plutarco in Alcibiade, il quale, mentre prima era stato tracotante e insolente, grazie all’amicizia intima con Socrate, del quale ammirava l’eccezionale onestà, cominciò a essere tranquillo e moderato. Infatti Plutarco cita questo trimetro giambico da un qualche poeta: Éptëx’aléktør høs klínas pterón. Se ne fugge impaurito come un gallo | quando dopo essere stato sconfitto abbassa le sue ali. Ne fa menzione anche nella vita di Pelopida. D'altra parte, anche se il gallo per sua natura è combattivo, tuttavia quando in uno scontro si sente inferiore, se ne fugge in modo estremamente scoraggiato e prostrato, facendo ridere gli spettatori, Erasmo. Vedi poco più avanti: Frinico ebbe paura di uno sciame di vespe.
Biasimare la pancia dei galli
Biasimare la pancia dei galli, Alektryónøn mémphesthai koilían: a proposito degli ingordi e di coloro che consumano con dissolutezza parecchie loro risorse in denaro. Infatti lo stomaco di questo animale è particolarmente caldo, cosicché digerisce tutto all'istante. Alektryónos m'éphaske koilían échein | Tachý goûn kathépsein targýrion, Aristofane in Le vespe, cioè, Mi aveva detto che avevo la pancia di un gallo, | infatti digerirà in fretta la monetina d’argento. O uomini, i Greci – gli uomini greci - dicono che questa categoria katapieîn tën ousían, cioè divora i suoi beni. Infatti questo termine è più violento di katafageîn - inghiottire, Erasmo. E se qualcuno essendo un goloso accusasse la natura per aver dato ai galli uno stomaco piuttosto caldo e che digerisce tutto, si troverebbe perfettamente d'accordo con questo adagio: Lo stomaco dei galli viene da lui biasimato. I nostri chiamano stomaco di smergo. un siffatto stomaco, ein scharben magen/ come quello che dicono essere posseduto da un uomo vorace.
Frinico ebbe paura di uno sciame di vespe come un gallo
Frinico ebbe paura di uno sciame di vespe come un gallo: il proverbio si addice a coloro che subiscono un danno: infatti mentre il tragediografo Frinico si trovava prigioniero a Mileto, gli Ateniesi in lacrime scacciarono lui pieno di paura e di terrore, Eliano in Variae historiae 13,17. Ma altri lo riferiscono diversamente. Vedi poco prima al proverbio: È timoroso come un gallo, Ptëosei Phrýnichos høsper aléktør - Frinico trema di paura come un gallo. Potrai leggere molte cose per comprendere in modo chiaro le parole di Eliano nella storia dei poeti di Giraldi e nel lessico Suida: dal momento che non contengono nulla a proposito del gallo, le tralascio.
Non piantare un fico per coloro che amano i polli
Non piantare un fico per coloro che amano i polli, Ermolao Barbaro nel Corollarium in Dioscoridem 194 lo classifica come un proverbio. Io sospetto che lui ha letto in modo errato oppure che ha inteso male il verso greco Sûka phil’orníthessi, phyteúein d’ouk ethélousin: cioè, Gli uccelli amano i fichi, ma non vogliono piantarli.
Quando le galline raspano in avanti
Esistono anche alcuni peculiari proverbi dei Tedeschi derivati dal gallo, come Wenn die hüner fürsich krazend, Quando le galline raspano in avanti, riferito a una cosa che non succederà se non alle calende greche.
Nessun gallo farà chicchirichì
Es witt kein han darnach kräyen, Nessun gallo farà chicchirichì a proposito di questa cosa, cioè, Nessuno se ne occuperà.
Nel pollaio al gallo sembra di essere il dominatore
E quei proverbi che vengono menzionati da Eberhard Tappe in Germanicorum adagiorum cum Latinis ac Graecis collatorum, centuriae septem, Er duncket jm der beste hane im korbe sein, Nella cesta (o nel pollaio) al gallo sembra di essere il dominatore, cioè, piace a se stesso in modo stolto, Fa il narcisista con le armi in pugno.
Una cosa va bene nella casa in cui c'è un gallo
Es stebet wol da ein hane im hauß ist, Una cosa va bene nella casa in cui c'è un gallo, nello stesso significato posseduto presso i Latini, L'occhio del padrone: e, La fronte è meglio della nuca - cioè, Il padrone vigili personalmente sul lavoro dei dipendenti.
Corre come un gallo sui carboni ardenti
Er laufft darüber als ein hane über die heissen kolen, Corre come un gallo sui carboni ardenti, cioè, passa con estrema velocità e non si attarda assolutamente, Come un cane esce dal Nilo.
Non si addice a due galli trovarsi in un unico letamaio
Zwen hanen auff einem mist vertrageb sich nit. Zwen narren tügen nit in einem hauß. Non si addice a due galli trovarsi in un unico letamaio, a due stolti in una stessa casa. Un stesso bosco non dà da mangiare a due pettirossi.
È
più instabile di un gallo
colui che varia il canto a seconda del tempo
Unstäter dann ein wätterhane, È più instabile di un gallo colui che varia il canto a seconda del tempo, È più versatile di un coturno.
Figlio di una gallina bianca
Uno che è nato felicemente lo chiamiamo Figlio di una gallina bianca. Perché tu sei figlio di una gallina bianca, Giovenale Satira XIII. O perché i Latini chiamano bianche le cose liete e con favorevoli auspici, oppure perché il proverbio allude a quella gallina voluta dal fato di cui ha fatto menzione Svetonio Tranquillo in Galba e con queste parole: Una volta a Livia, che subito dopo il matrimonio con Augusto era andata a rivedere il suo podere nel territorio di Veio, un'aquila passando in volo lasciò cadere in grembo una gallina bianca che teneva nel becco un ramoscello di alloro. E siccome le venne il desiderio di nutrire il volatile e di piantare il ramoscello, ne scaturirono così tanti pulcini che ancora oggi quella residenza di campagna è detta Alle galline. E il ramoscello diede vita a un tale boschetto di allori che i Cesari prossimi al trionfo ne coglievano le corone di alloro. E divenne abitudine per coloro che avevano celebrato il trionfo il piantare subito nello stesso luogo altri allori. E si osservò che, in prossimità della morte di ciascuno, l'albero da lui piantato aveva perso vigore. Pertanto, durante l'ultimo anno della vita di Nerone, sia tutto quanto il bosco si disseccò fino alle radici, sia qualsiasi cosa avesse un collegamento con le galline morì. Pertanto il proverbio si addice a coloro che godono di una felicità rara e voluta dal fato nonché di un successo nelle cose.
Nati da uova sventurate
Diverso da questo proverbio è il seguente, che troviamo sempre in Giovenale: Nati da uova sventurate.
Essere come un uccello bianco
Non si discosta da questo ciò che Cicerone scrive a Curio nel VII libro delle lettere ai familiari e agli amici: Non appena ho ricevuto la visita degli amici che in questo luogo si verifica anche più spesso del solito, perché a essi sembra quasi di vedere un uccello bianco in un cittadino che ha dei buoni pensieri, mi apparto in biblioteca. Infatti gli antichi ciò che affermavano dover essere ritenuto infausto lo chiamavano tetro oppure nero: bianco ciò che era fausto. Per cui Asinio Pollione in Controversiae di Seneca il Vecchio è solito chiamare bianche le sentenze di Tito Albucio in quanto erano spontanee e schiette. A dire il vero anche dai Greci si dice leukóteron eipeîn - dice qualcosa di piuttosto bianco colui che spiega una cosa in modo piuttosto chiaro, Erasmo da Rotterdam. Sempre lui in un altro punto, a proposito del proverbio Uccello bianco - leukós órnis - riporta le stesse parole di Cicerone che abbiamo appena riferito. In effetti viene interpretato come una cosa estremamente rara e inusuale, in quanto pochissimi uccelli sono di questo colore. Giovenale scrive così: Anche più raro di un corvo bianco.
Latte di gallina
Latte di gallina, Orníthøn gála, cioè latte delle galline. Si dice nei confronti dei ricchi e per coloro ai quali qualsiasi cosa è sovrabbondante, come quella cornucopia. Oppure si dice di cose che si trovano raramente, e per questo preziose: come se fosse un’iperbole che sta a significare che non manca assolutamente nulla. Plinio, nella prefazione alla storia del mondo, deridendo alcuni deliziosi e meravigliosi titoli dei Greci dice: Diedero il titolo di këríon perché volevano intendere il favo del miele, altri kéras Amaltheías - il corno della capra Amaltea - che è la cornucopia, tanto da farti sperare che in quel libro potrai bere latte di gallina. Egø gàr oud’àn orníthøn gála | Antì toû bíou láboim’àn oû me nûn apostereîs, Aristofane nelle Vespe, cioè, Per Ercole, non prenderò latte di gallina per questa vita, che adesso mi togli. Ancora Aristofane il comico negli Uccelli: Døsomen hymîn | Autoîs, paisí, paídøn paisín | Plouthygíeian, eudaimonían, | Bíon, eirënën, neótëta, géløta, | Choroús, thalías, gálat'orníthøn. | Øste paréstai hymîn kopiâin | Hypò tôn agathôn. Cioè: Daremo a voi stessi, ai figli, ai figli dei figli, un’abbondanza di condizioni di buona salute, felicità, ricchezze, pace, giovinezza, riso, danze, giorni di festa, latte di galline, affinché vi stufiate per l’abbondanza di cose buone. Strabone. nel XIV libro di Geografia racconta dei campi degli abitanti dell’isola di Samo, e siccome erano estremamente fruttiferi di ogni sorta di prodotto, dappertutto ci si vantava del fatto che producevano anche latte di gallina. Esiste testimonianza che questo adagio lo si ritrova anche nel commediografo Menandro. Ateneo nel IX libro dei Dipnosofisti riporta questi senari tratti da Mnesimaco, uno scrittore della commedia di mezzo: kaì tò legómenon, | Spaniøteron párestin orníthøn gála, | Kaì phasianós apotetilménos kalôs. Cioè: E per dirla con un proverbio, Come cosa rara basta il latte di gallina, e un fagiano dalle piume strappate molto bene. Sempre nel IX libro riporta da Nicandro Ëd’hóper órnithos kaléetai gála. Cioè: Anche quello che viene detto latte di gallina, Erasmo da Rotterdam. Anassagora in Sulla natura scrive che quello che viene detto latte di gallina è il liquido bianco presente nelle uova. Dagli animali vivipari il cibo, che viene detto latte, viene preparato nelle mammelle della genitrice: ma al contrario di quanto gli uomini ritengono e Alcmeone di Crotone dice. Infatti l’albume non è il latte dell’uovo, ma lo è il tuorlo. Infatti questo serve da cibo per i pulcini. Quei dotti ritengono che l’albume serve da alimento a causa della somiglianza di colore, Aristotele in De generatione animalium III,2. Katastësø s'egø | Týrannon, orníthøn paréxø soi gála, Io ti renderò signore assoluto, ti darò latte di gallina, Pistetero rivolto a Ercole negli Uccelli di Aristofane. Lo scoliaste degli Acarnesi di Aristofane dice che questo proverbio si attaglia a coloro che sono molto fortunati e posseggono tutto, tanto da riuscire a ricavare qualcosa anche da cose impossibili, infatti è impossibile che si riesca a ottenere latte dalle galline. Ma gli uomini fortunati, se volessero anche questo, possono anche procurarselo. Lo ricorda anche il lessico Suida. Boúlointo mèn àn kaì orníthøn gála paracheîn, Se infatti volevano versare sopra anche il latte di galline, Sinesio di Cirene nelle epistole. Circa l'erba che i Greci chiamano ornithógalon - latte di gallina, Ornithogalum - ho scritto nel Gallo al paragrafo a.
Durante la mietitura le galline diventano aggressive
Ci sono anche alcuni proverbi tedeschi tratti dalle galline, come per esempio: Durante la mietitura le galline diventano aggressive, In der ärn sind die hüner raub. Cioè, L'abbondanza genera ferocia.
Legare la coda alle galline
Mediti di legare la coda alle galline: Du wilt den hüneren den schwantz ausbinden. Ha un significato non diverso da questo: Insegni a volare a un'aquila.
Deporre le uova nel nido delle galline altrui
Deporre le uova nel nido delle galline altrui: Wit anderen hüneren ins nest legen. Come per i Latini: Arare il podere altrui, che significa intrattenere rapporti con le mogli degli altri.
Incollare un uovo
Incolli un uovo, Øón kollëeis (se è letto in modo esatto, preferirei kollâis), cioè, Saldi le uova con la colla. Viene riferito da Diogeniano di Eraclea. Si dà da fare in modo ridicolo colui che tentasse di rappezzare e ricongiungere con della colla un guscio d’uovo che si è rotto, Erasmo da Rotterdam.
Dall’uovo alle mele
Dall’antipasto alla frutta
Dall’uovo alle mele - dall’antipasto alla frutta - ha detto Orazio in modo figurato sotto forma di proverbio nella III Satira per indicare dall’inizio alla fine di un banchetto. Dice: Se gli fosse andato a genio avrebbe intonato dall’uovo alle mele “evviva Bacco”, ora con tutta la voce che possiede, ora con questa nota più bassa che risuona con il tetracordo. Infatti anticamente iniziavano il pranzo con le uova e finivano con le mele. Sarà più bello se la si tira più in lungo, dall’uovo alle mele: cioè, per tutta la conversazione, per tutta la navigazione, o per tutta l’attività. Coloro che risalgono a una cosa partendo da più lontano di quanto è necessario vengono bollati con quel verso di Orazio: Né si incomincia a parlare della guerra di Troia partendo dall’uovo gemellare - quello con due tuorli da cui nacque Elena, Erasmo.
È uscito da un uovo
È uscito da un uovo, Ex øoû exêlthen, dicono che viene abitualmente detto di giovani molto belli e attraenti: come se tu negassi che sono nati nel modo abituale per gli esseri umani, bensì da un uovo come Castore e Polluce. Dal momento che nelle favole dei poeti si trova il fatto che Leda, figlia di Testio - moglie di Tindaro, da un rapporto sessuale avuto con Giove partorì due uova, da uno dei quali nacquero i gemelli Castore e Polluce, dei ragazzi dalla bellezza spettacolare: dall’altro nacque Elena, il cui aspetto è stato decantato dalle opere letterarie di tutti, Erasmo.
Nato dallo stesso uovo
Nato dallo stesso uovo. Questo proverbio forse è stato detto solo da Orazio. Dal momento che riguarda la favola relativa a Leda la quale, resa gravida da Giove che si era trasformato in cigno, partorì un uovo dal quale nacquero i due gemelli Castore e Polluce. Pausania riferisce di questo uovo in Laconia. Viene esposto presso gli Spartani sospeso con bende dalla volta di un tempio. In verità se qualcuno mutasse questo assioma in nati dagli stessi genitori, o istruiti dallo stesso precettore, o in così simili per carattere che si potrebbe pensare che sono nati dallo stesso uovo, sarebbe equivalente come proverbio, come se tu dicessi: Il volto, il carattere, il comportamento, le azioni, e insomma per tutte quante le caratteristiche essi corrispondono talmente l’uno all’altro che saresti pronto a giurare che sono nati dallo stesso uovo. Infatti Aristotele dimostra che può accadere che secondo natura da uno stesso uovo nascano due pulcini, Erasmo.
Un uovo non è poi così simile a un uovo
Presso gli autori si trovano alcuni adagi relativi alla similitudine, alla marea dei quali appartiene il seguente: Un uovo non è poi così simile a un uovo, a proposito di cose che hanno una somiglianza indistinguibile. Ti rendi conto di come è proverbiale la similitudine delle uova tra loro? Nondimeno, siamo venuti a sapere questo, che a Delo, senza danno per quelle cose, sono stati moltissimi ad allevare abitualmente numerosissime galline per motivi di lucro. Essi, una volta che avevano guardato un uovo, erano soliti dire quale gallina l’avesse deposto. Neppure questo è contro di noi. Infatti per noi è sufficiente non distinguere quelle uova, Cicerone in Academica II. Lo stesso proverbio viene riferito da Marco Fabio Quintiliano. Viene impiegato anche da Seneca in un libello - Apocolocyntosis - che si è dilettato a comporre nei riguardi dell’imperatore Claudio, Erasmo. Numerose volte ho valutato scrupolosamente nella mia mente non senza stupore la sorprendente e quasi perfetta somiglianza delle uova tra loro. Infatti, se li paragoni l’uno all’altro l’ago, della bilancia viene ingannato e la vista di chi sta guardando si indebolisce: assolutamente tanto grande è l’uguaglianza e tanto grande è l'equivalenza, Lodovico Ricchieri.
Molto più candido di un uovo
Øíou polý leukóteron, cioè, Molto più candido di un uovo, ha detto Saffo, Ateneo.
Cercare le inezie e trascurare le cose importanti
Questo proverbio è degli Olandesi: Dopo aver trascurato quelle d'oca vai in cerca di uova di gallina: Du süist nae thennen ay / unde left tgansen ay varen. Lo riferisce Eberhard Tappe.