Elio Corti & Fernando Civardi
Aldrogallus coquinarius
In cucina con zio Ulisse
Il Gallo la Gallina e il Cappone
Chi non è al corrente che il genere dei gallinacei viene impiegato come cibo? Ci serviamo quasi solo di esso all’arrivo improvviso e inaspettato di amici o di ospiti, dobbiamo riconoscere che gli è dovuto ogni prestigio di una mensa sontuosa, modesta e povera. Se la necessità richiede una mensa sontuosa, ne ricavate delle carni molto apprezzate, sia lessate che arrosto, oltre alle uova che sono superiori alle uova degli altri volatili, ed esse ti garantiranno anche differenti tipi di portate. Se c’è bisogno di una mensa modesta, come nei giorni in cui mangiare carni è proibito dalla legge sacra, le sole uova ti basteranno: se invece deve essere povera e adatta ai malati, per favore, da dove si potrebbe ottenere un cibo più sicuro e gradito?
Per cui a buon diritto il genere dei gallinacei detiene sempre il primo posto presso Columella e altri che hanno esplicitamente scritto sugli uccelli. Per cui anche i commentatori di Orazio quando canta così:
Ascolta in che modo puoi
arricchirti. Un tordo,
oppure un’altra cosa particolare ti verrà data,
spiegano privum non solo come qualcosa di privato e di proprio, ma qualcosa di speciale e di raro che proviene dal genere degli uccelli come lo erano presso gli antichi le galline e i tordi, meglio dei quali (i tordi) lo stesso poeta anche in un altro punto ha detto non esserci nulla. Lampridio riferisce che durante i banchetti di Alessandro Severo c’erano galline e uova, ma che nei giorni di festa si serviva anche l’oca: ma il fagiano nelle festività maggiori, tanto che talora ne venivano messi in tavola anche due con l’aggiunta di due polli. E in un altro punto riferisce anche che Eliogabalo un giorno mangiava solo e soltanto fagiani, un altro giorno pollastri.
Da ciò risulta ormai chiaro che anche gli imperatori più dissoluti provavano piacere dal mangiare questi volatili, ma che mangiavano anche solo galline o pollastri: infatti i galli, e soprattutto quelli che sono molto libidinosi, vengono riservati più alla prolificazione che ai piaceri della gola. Ma se i galli sono ancora abbastanza teneri, cioè quando sono pollastri, la loro carne è da annoverare tra le carni di volatili che forniscono una proprietà che è a metà strada tra il far dimagrire e ingrassare, tanto lodate da Galeno. Infatti la si digerisce facilmente, fa produrre del buon sangue, favorisce il desiderio sessuale, si addice a qualunque temperamento, soprattutto se è moderatamente grassa, e i pollastri non hanno ancora cominciato ad accoppiarsi o a cantare. Infatti quando si accoppiano e quando cantano cominciano a diventare più asciutti, e il calore del corpo viene esacerbato da tale secchezza, e la loro carne diventa in breve tempo dura e fibrosa, fino al punto di produrre con la lessatura un sapore si salsedine che è sempre più intenso man mano che invecchiano, efficace anche nel rendere più fluide le feci. Per cui prima di questo periodo bisognerà ricorrere alla castrazione: altrimenti bisogna senza dubbio preferire le pollastre, in quanto sono di temperamento più freddo: e per tale motivo in caso di malati con febbre vengono preferite ai pollastri: negli altri malati questi rappresentano un alimento dal sapore buono e apprezzato che non sa di escrementi, che non si attarda a lungo nel procedere e nel discendere nell’intestino: tuttavia non offrono cibo né in abbondanza né molto duraturo in quanto è costituito da sangue poco denso, e fluido, e scorrevole al punto che può fuoriuscirne in fretta, e che inoltre viene disapprovato per sofferenti di podagra, come le altre cose che a causa della generazione di un sangue fluido facilmente penetrano, o miscelate, o attratte, nelle aree ammalate e pertanto più deboli.
Vi sono alcuni che per la tavola e per coloro che hanno la febbre preferirebbero le galline castrate ai pollastri sia maschi che femmine. Presso di noi - a Bologna - non è abitudine castrare le galline. Mangiare un gallo, soprattutto se ha un’età avanzata, è disdicevole, anche se lo fanno i contadini, e mangiarlo risulta estremamente sgradito ai palati dei nobili; infatti, come dice Giovanni Battista Fiera medico e poeta:
Se darà dei pranzi, l’impetuoso non deve conoscere gli insegnamenti di Venere: dai galli si ottiene una carne secca e non gradita. Sia un giovincello, oppure sconti le pene di Cibele sotto falso nome, e prendi un cappone con il testicolo asportato. Così sarà molto grasso, così adesso gli sarà possibile dormire, e genererà delle abbondanti portate dalla gola roca. Così l’umida gallina si sostituirà a costui in modo maestoso, e deve essere o nera, o possibilmente incapace di deporre uova. Così riscalda il cervello e l’appetito sessuale: nel pollo vi è una minor forza focosa: costui sia per me una portata durante una secca estate. A te o gallo la gloria più grande per aver perso i testicoli, sei gradito al sonno, all’intestino, a Venere e a Cibele.
Presso gli antichi, tra gli altri volatili che ingrassavano, tenevano in grande considerazione le galline ingrassate, tant’è che Gaio Fannio fu costretto a emanare una legge con la quale proibiva di mettere sulle tavole i volatili, eccetto una sola gallina, e che non fosse ingrassata. Ma se vi venivano messi dei volatili ingrassati, l’arte culinaria consisteva nel fatto che tirati a partire da una zampa occupassero tutto il portavivande: da cui quell’espressione satirica di Giovenale:
Con quale gesto le lepri e con quale una gallina viene squartata.
In verità undici anni prima della terza guerra punica - nel 161 aC - fu stilata una legge a proposito della gallina ingrassata, come testimonia Plinio che dice: Fra gli antichi divieti riguardanti le portate, per la prima volta già nella legge del console Gaio Fannio, stilata undici anni prima della terza guerra punica, trovo la proibizione di non porre in tavola alcun volatile eccetto una sola gallina non ingrassata: questo articolo fu in seguito ripreso e passò da una legge all’altra. Si trovò una scappatoia per ingannare queste leggi allevando anche i galli con cibi inzuppati nel latte, vengono così considerati di sapore molto più raffinato. Queste le sue parole.
D’altra parte esistevano anche dei comuni precetti, e vengono ancora tramandati quotidianamente, su come renderle tenere, come ho spiegato nell’apposito paragrafo riguardante l’ingrassamento da me inserito. Ma diventerà tenera anche senza un protratto ingrassamento, se crediamo a Orazio:
Se improvvisamente un ospite serale ti coglierà di sorpresa, affinché la gallina non risulti spiacevolmente dura al palato, sarai scaltro se la immergi viva in vino nuovo di Falerno: questo la renderà tenera.
Otterrai la stessa cosa collocando un fico nell’ano, per cui si legge che avendo proprio presentato tra le vivande un gallo tenero e quasi friabile appena immolato a Ercole, attribuì tanta tenerezza della pelle come dovuta al fico. Tuttavia anche se le galline sono rese tenere in tale modo, alcuni giunsero a un punto tale di brama da accettare che venisse mangiata solo una parte del volatile: per cui anche in Plinio leggiamo, subito dopo aver parlato dell’ingrasso di questi volatili, tuttavia, in questo modo di abbellire le portate, non tutto è gradito allo stesso modo, in quanto viene decantata la coscia, in altri posti solamente il petto. Pertanto Giulio Capitolino forse non ha correttamente definito come un po’ troppo avaro l’imperatore Pertinace in quanto talora mandava in tavola agli amici i fondoschiena dei polli: infatti io sarei dell’avviso che ciò è accaduto per motivi di gola.
Ma anche se a livello del dorso c’è molta poca carne, tuttavia la pelle stessa, soprattutto nella gallina ingrassata, è pingue e assai deliziosa: così si esprime anche Matrone di Pitane in Ateneo: Così è accaduto, altri sorridono, e subito portano delle galline ingrassate e spiumate in piatti d’argento, di pari età, simili per la schiena a delle frittelle fatte di miele farina e olio, cioè, come io interpreto, gradite a causa del dorso, ma non dal dorso rossiccio, come altri interpretano: infatti quelle frittelle non sono rossicce, ma biancastre.
Da alcuni vengono in particolar modo mangiate anche le creste e i bargigli in brodo, oppure arrostiti sulla brace e quindi con l’aggiunta di pepe e di succo di arancia: noi vi aggiungiamo anche i testicoli, soprattutto nella festività di San Pellegrino, cioè il primo di agosto, quando i galli vengono castrati dai Bolognesi. Alcuni affermano che si digeriscono con difficoltà, e che sono di scarso valore nutritivo, in quanto sono di natura secca: tuttavia Galeno pone le creste e i bargigli dei galli in una via di mezzo, e cioè che non sono da lodare né da condannare. Troviamo tramandato dalla storia che anche presso i Romani le creste facevano parte delle più grandi delizie in seguito alla trovata di un uomo peraltro importante. Messalino Cotta, figlio dell’oratore Messalla, inventò la ricetta di arrostirle e di condirle in padella con zampe d’oca.
Ed Eliogabalo, il quale non ebbe altro tipo di vita se non quello di cercare come ottenere un rinnovato piacere, piuttosto spesso per imitare Apicio, come riferisce Elio Lampridio, mangiò le creste di galli vivi, e parimenti gli stinchi dei cammelli, le lingue dei pavoni e degli usignoli. Anche il cervello viene cucinato, e viene soprattutto mangiato lievemente arrostito con poco sale. In verità acuisce in modo particolare la mente. Il medico e poeta Giovanni Battista Fiera loda questi piccoli cervelli, ma con l’aggiunta di pepe per attenuarne l’umidità: infatti dice:
Sono eccellenti gli occhi
dei quadrupedi, i cervelli degli uccelli.
Tuttavia questi saranno troppo umidi se non vi aggiungi del pepe.
Gerolamo Cardano tra a tutte le cose commestibili elogia i fegati di questi volatili. Ma Razi, desumendolo da Galeno, tra i vari fegati attribuisce il primato a quello di oca, e lo fa perché è più umido e più tenero, e dice pertanto che anche come sapore è più squisito, ma la seconda lode la aggiudica a quello di pollo. Tuttavia anche questo è umido, cosa che insegna lo stesso Fiera con questi versi, dicendo:
I colli e il fegato sono pieni di calore, ma i colli sono pieni di umidità,
La gallina, l’oca, l’anatra hanno un fegato più molle.
Il fegato, arrostito sulla brace, ripristina in breve le forze che stanno diminuendo, bevendoci sopra poco vino bianco. Come testimonia Galeno, lo stomaco, se lo si digerisce, nutre in modo meraviglioso, e tra tutti giudica come migliore quello di gallina e di oca: e in un altro punto, se ben ricordo, si esprime così: Gli stomaci come cibo vengono lodati prima degli intestini, soprattutto delle galline ingrassate, e ancor più delle oche: infatti sono estremamente gustosi: per il resto sono grassi e duri, e pertanto difficili da digerire, ma una volta cotti vi sarebbe dentro parecchio nutrimento. E Arnaldo da Villanova afferma che nessuno stomaco di animale viene lodato come cibo, eccetto lo stomaco della galline, delle oche e della gru.
Mangiavano in modo particolare anche gli intestini fatti cuocere insieme ad alcune altre cose, e li chiamano, come riferisce Ermolao Barbaro, gigleria, altri dicono gigeria - o anche gizeria, frattaglie. Tra le rimanenti parti vengono raccomandati oltremodo i testicoli, soprattutto da Galeno e da tutti i medici, in modo particolare se i galli erano nutriti con latte. Infatti essi sono facilissimi da digerire, e molto grossi. Di questo fa menzione Alessandro di Afrodisia. L’uropigio dei galli, delle galline e dei capponi i Francesi ritengono sia un cibo per soldati. Infatti chiamano mangiatori di uropigio i soldati veterani: in effetti è certo che fa estremamente piacere alla gola quello dei soggetti ingrassati ed estremamente pingui: e ovunque viene abitualmente mostrato per scherzo ai lussuriosi. Parimenti il sangue delle galline non è inferiore al sangue dei maiali, ma è molto peggiore di quello di lepre. Ai tempi di Galeno c’erano alcuni che lo mangiavano. I nostri contemporanei quando uccidono le galline le appendono per i piedi affinché il sangue dopo essersi coagulato nei pressi della ferita assuma una forma sferica, e poi si trasformi in cibo.
Bartolomeo Sacchi detto il Platina descrive il seguente pasticcio fatto con le teste e le rigaglie dei capponi e delle galline. Laverai per bene i fegatelli, i polmoni, le zampe, le teste e i colli delle galline e degli uccelli. Dopo averli lavati e lessati li trasferirai senza il brodo in un piatto. Vi aggiungerai dell’aneto, della menta, del prezzemolo e vi cospargerai del pepe o della cannella, e subito li servirai ai convitati. Infine i brodini di questi volatili non sono spiacevoli.
Anzi, leggiamo che presso le donne egiziane il brodo delle galline nere grasse reso grasso ad arte è di uso estremamente comune nei bagni pubblici, per poter ingrassare. E infatti ciascuna donna beve tutto quanto il brodo derivato da una sola gallina, e nel bagno si divora tutta quanta la gallina. Oppure prendono una gallina nera bella grassa e in carne, e vi ficcano nella pancia tre dracme ciascuna [circa 10 g] di nocciole pestate, di mandorle dolci, di pistacchi, di pinoli e di piselli: dopo averla preparata in questo modo la fanno cuocere per bene in acqua, e nel giro di un solo giorno una sola donna mentre si trova al bagno se la magia tutta quanta stracotta, e beve il suo brodo, in cui fanno bollire anche della sarcocolla, e la donna che deve diventare obesa continua a farlo per parecchi giorni.
Quasi allo stesso modo mangiano un’altra gallina cotta per bene e bevono il suo brodo: ma prima le danno da mangiare una libbra [327,45 g] di grano pulito stracotto in acqua: quando l’ha mangiato taglia la testa alla gallina, la fa cuocere, e se la mangia tutta mentre sta al bagno, e inoltre si beve tutto quanto il brodo. Anche altre donne fanno abitualmente la stessa cosa, ma preparano la gallina da cuocere in un altro modo. Infatti danno da mangiare alla gallina dei piselli e del grano nella quantità di circa mezza libbra e dopo che ha mangiato il tutto la fanno cuocere dopo averla decapitata e la mangiano da sola, e quel giorno bevono il suo brodo, e sono solite fare ciò per cinque volte. Autore di tutte queste cose è Prospero Alpino.
Inoltre il poeta Antagora di Rodi ha tanto decantato il brodo di pollo da indurre Ateneo a scrivere che non voleva andare al bagno quando talora faceva cuocere una gallina, affinché i giovani schiavi in sua assenza non bevessero il brodino.
Adesso per dire qualcosa circa il modo di preparare questi volatili insieme ad altre notizie, mi è parso opportuno seguire innanzitutto Apicio e il Platina. Esistono certamente diversi modi di prepararli. Apicio descrisse certe favette - o minestre di fave con la buccia - (sono dei cibi così chiamati dalla fava con la sua buccia, mi pare) fatte con la fava e con il pisello, e dice: Farai una favetta in un’altra maniera nel modo seguente: Lavi un pollo, lo disossi, tagli a pezzettini della cipolla, del coriandolo, dei cervelli senza i nervi, li metti dentro allo stesso pollo, deve bollire con salsa di pesce, olio e vino: quando sarà cotto tagli a pezzettini della cipolla e del coriandolo, colandolo vi versi sopra del pisello cotto non condito, prenderai della favetta in proporzione, disponi in modi diversi: quindi triterai del pepe, del cumino: gli versi il suo brodo. Rompi anche due uova in un mortaio, le sbatti, spargi il loro liquido sui piselli interi bolliti, oppure guarnirai con gherigli di noce, e farai cuocere a fuoco lento, e metterai in tavola.
Apicio - In un altro modo, una favetta farcita, ossia pollo oppure maialino cotto con fave: Disossi il pollo a partire dal petto, unisci le sue cosce in estensione, fissi con uno spiedino e prepari gli ingredienti, e disporrai alternativamente dei piselli lavati, dei cervelli, delle luganiche e così via: triterai del pepe, del sedano di monte, dell’origano e dello zenzero. Vi cospargi della salsa di pesce e vi mescolerai del vino passito. Farai in modo che giunga all’ebollizione e quando bollirà lo metti a fuoco lento, e quando avrai condito gli ingredienti, li metti alternativamente nel pollo, ricopri con l’omento e collochi in un coperchio e introduci in forno in modo che cuociano poco a poco, e metterai in tavola.
Sempre nel suo trattato in un altro capitolo potrai leggere le seguenti ricette. Brodo crudo in pollo bollito. Metterai in un mortaio del seme di aneto, della menta essiccata, della radice di silfio, cospargi di aceto, vi aggiungerai del dattero: vi versi della salsa di pesce, una modica quantità di senape e dell’olio: condisci con del vino cotto e così lo mandi in tavola. Pollo all’aneto: Condirai con poco miele e con della salsa di pesce. Prendi un pollo cotto e lo asciughi con un panno di lino pulito, gli fai delle incisioni, e metti nei tagli del brodo in modo che si impregni e quando si sarà impregnato lo farai arrosto e con delle piume lo spennelli col suo stesso sugo, darai una spruzzata di pepe e lo metterai in tavola.
Pollo alla maniera dei Parti. Aprirai il pollo a partire della pancia (riguardo a questa parte abbiamo chiarito il nostro punto di vista altrove) e lo disponi in quadrato: triterai del pepe, del sedano di monte, un pochino di cumino dei prati, cospargi della salsa di pesce, gli aggiungi del vino, disponi il pollo in una terrina di Cuma e metterai il condimento sopra al pollo: fai sciogliere il silfio e il vino intiepidendoli e li metti insieme nel pollo, e farai cuocere, darai una spruzzata di pepe e metterai in tavola.
Pollo in salsa piccante: Un acetabolo - un calice per aceto - piuttosto grande di olio in modica quantità, un acetabolo più piccolo di salsa di pesce, un acetabolo ancora più piccolo di aceto, sei scrupoli [circa 7 g] di pepe, prezzemolo, un mazzetto di porro.
Pollo al silfio: Lo aprirai a partire dalla pancia, lo laverai, lo guarnirai, e lo metti in una terrina di Cuma: triterai del pepe, del sedano di monte, del silfio fresco, cospargi salsa di pesce: lo condirai con vino e salsa di pesce, e metti a cuocere il pollo: quando sarà cotto, dopo una spruzzata di pepe lo manderai in tavola.
Pollo lesso con zucche lesse. Dopo aver aggiunto il suddetto brodo vi versi sopra della senape e metterai in tavola.
Pollo lesso con colocasie lesse: Gli verserai sopra il brodo suddetto e lo metterai in tavola.
Puoi farlo anche lesso, non troppo (farcito) con olive marinate in modo che abbia dello spazio vuoto e non si spacchi mentre cuoce in pentola: messo in un piccolo paniere dopo che avrà finito di bollire, lo lavi numerose volte e lo riponi affinché non si spacchi.
Pollo alla Vario (forse da Vario Eliogabalo, detto altrimenti alla Vardane): Fa bollire il pollo in questo brodo: salsa di pesce, olio, vino, un mazzetto di porro, di coriandolo, di santoreggia, quando sarà cotto triterai del pepe, due ciati [100 ml] di gherigli di noce, e lo cospargerai col suo stesso brodo e getterai via i mazzetti, addolcisci con latte, e lo vuoterai di nuovo in un mortaio oltre al pollo in modo che giunga all’ebollizione: amalgami con bianchi d’uovo sbattuti, metti in un vassoio e cospargi con il brodo suddetto. Questo brodo viene detto candido.
Pollo alla Frontone [Marco Cornelio Frontone?]: Lascia indurire un pollo, lo condirai con della salsa di pesce mista a olio cui aggiungi un mazzetto di aneto, di porro, di santoreggia e di coriandolo verde, e farai cuocere, quando sarà cotto lo toglierai, lo cospargerai di vino cotto in un vassoio, vi spargerai del pepe e porterai in tavola.
Pollo al latte (tractogalatus da tracta, pasta sfoglia, e lac, latte; coi quali veniva condito, come spiega Gabriel Hummelberg): Farai cuocere un pollo in salsa di pesce, olio, vino, cui aggiungi un mazzetto di coriandolo, della cipolla: quindi quando sarà cotto lo toglierai dal suo brodo e collochi in un paiolo nuovo del latte, e un pochino di sale: metti a fuoco lento del miele e pochissima acqua, cioè la terza parte, in modo che si intiepidisca: rompi della pasta sfoglia e la aggiungi poco per volta, mescoli frequentemente in modo che non bruci, vi metti il pollo intero o a pezzi, lo verserai in un vassoio, e lo innaffierai con il seguente intingolo: pepe, sedano di monte, origano: vi versi del miele e un pochino di vino cotto, e addolcisci il suo brodo in un paiolo: lo farai giungere all’ebollizione: quando bollirà amalgami con dell’amido e porterai in tavola.
Pollo farcito: Preparerai il pollo a partire dal collo in modo che non vi rimangano dei residui, triterai del pepe, del sedano di monte, dello zenzero, della polpa tagliata, del farro bollito, triterai il cervello cotto in brodo: rompi delle uova e le mescolerai in modo tale da farne una massa unica, le condisci con della salsa di pesce e vi metti un pochino di olio, del pepe intero, abbondanti gherigli di noce, prepara un ripieno e riempi il pollo o il maialino in modo che abbia dello spazio vuoto. Allo stesso modo farai anche nel cappone. Prenderai il pollo e lo guarnisci come detto prima: lo aprirai a partire dal petto e lo farai cuocere dopo aver tolto tutto ciò che c’è dentro.
Pollo in salsa bianca: Devi prendere dell’acqua e abbondante olio spagnolo, viene agitato in modo che scorra da solo e nasconda l’acqua; successivamente quando sarà cotto, qualunque quantità di olio ci sarà rimasta, lo togli da lì, lo spruzzerai di pepe e lo porterai in tavola.
Tutte queste ricette sono di Apicio, il quale aveva scritto per prima cosa anche quanto segue e che avevo omesso. Salsicce di pollo: Una libbra [327,45 g] di ottimo olio, un quarto di sestario [125 ml] di salsa di pesce, una semioncia [13,64 g] di pepe. Un altro tipo di salsicce di pollo: Triterai trentun granelli di pepe, vi aggiungi un calice di ottima salsa di pesce e altrettanto vino cotto, vi metterai undici calici di acqua, e metterai al fumo di un fuoco. Le salsicce di pavone occupano il primo posto se saranno fritte in modo tale da perdere la durezza: il secondo posto è delle salsicce di fagiano, il terzo di quelle di coniglio, il quarto di quelle di pollo.
Un’altra ricetta (Salsiccia all’amido): Devi togliere gli ossicini ai polli, quindi metti in un paiolo dei porri, dell’aneto, del sale, quando saranno cotti aggiungerai del pepe, del seme di finocchio, quindi triterai dell’orinda messa in infusione (forse dell’oryza - del riso - del quale aveva pure fatto menzione poco prima in una salsiccia del tutto simile a base di amido. Ma Gabriel Hummelberg, deducendolo da Esichio di Alessandria, traduce con orinda un seme simile al sesamo, etc.): aggiungerai della salsa di pesce e del vino passito oppure bollito, mescolerai il tutto e lo porterai in tavola con le salsicce.
In Ateneo ai Dipnosofisti viene servito un gallo con aceto e olio. In questo passo Timocle il poeta comico dice: Galeoús kaì batídas hósa te tôn genôn en oxylipárøi trímmati skeuázetai. - Vengono preparati pescecani e razze e parecchi soggetti di questo tipo in un intingolo piccante e grasso. Infatti forse l’oxyliparum è il trimma o condimento, uguale o simile a quello che Apicio ha prima descritto nel pollo con salsa piccante, che viene preparato con aceto, salsa di pesce e olio che sono lipara, cioè grassi. Ma Ermolao Barbaro dice di aver trovato che l’oxyliparon è un tipo di sugo in cui abitualmente vengono mangiate le razze e altri pesci di questo tipo.
Antonio Guainerio descrive alcuni eccellenti condimenti per i polli lessi nel capitolo su come recuperare l’appetito.
Pollo in agresta. Fa cuocere a lungo il pollo con la carne salata: quando sarà giunto a metà cottura metti nella pentola calda dei vinaccioli presi dal centro delle vinacce: tritura per bene del prezzemolo e della menta, riduci in polvere del pepe e dello zafferano. Metti tutti questi ingredienti nella pentola dove intanto la pollastra si sarà cotta, e prepara subito un piatto da portata. Nulla è più salutare di questa vivanda. Infatti è oltremodo nutriente, viene facilmente digerita, giova allo stomaco, al cuore, al fegato, ai reni, e reprime l’ira. Tratto dal Platina.
E subito dopo: Pollo arrosto: Farai arrostire un pollo ben spiumato, svuotato e lavato. Dopo averlo arrostito e messo in un piatto da portata, prima che si raffreddi gli verserai sopra o del succo di mela della Media - di arancia, o meglio, di cedro -, oppure dell’agresta con acqua di rose, sciroppo di zucchero di canna e cannella ben tritata, e lo metterai in tavola ai convitati. Questa ricetta non dispiace a Bucinus il quale va ghiotto per le cose che sono allo stesso tempo pungenti (acide) e dolci, per reprimere l’ira e ingrassare il corpo. Sempre Platina in un altro punto dà le istruzioni sul modo di preparare un pasticcio basato su qualsiasi tipo di carne di animale domestico, come vitello, cappone, gallina e simili.
Pasticci a base di pollastre tratto dal libro in tedesco di Balthasar Staindl, come cita l’Ornitologo: Dopo aver preparato l’involucro di pasta mettici sopra le pollastre preparate come al solito con gli arti disarticolati: e tre o quattro uova a seconda della grandezza dell’involucro di pasta, aggiungi sale, e zenzero in discreta quantità. In estate conviene aggiungere anche uve passe di Corinto, come anche ai capponi, e un po’ di burro fresco. Preparerai anche una copertura come viene prescritta per il pasticcio a base di cappone, e lo cospargerai di uova: farai cuocere per due ore. Ma se lo preferisci freddo, farai uscire il brodo attraverso il foro superiore e dopo che il grasso è stato separato con un soffio, versacelo sopra di nuovo. Quando i polli vengono cotti in pentola chiusa, oppure quando vengono arrostiti preferibilmente nel burro con anche una spruzzata di una piccola quantità di vino quando sono mezzo arrostiti, i nostri chiamano questo tipo di cottura stufare, i Tedeschi verdempffen, in latino forse potresti dire suffocare, così come i Greci chiamano pnictà - cotte in un vaso ben chiuso - le uova, cioè soffocate.
Vi sono alcuni che fanno cuocere gli acini d’uva insieme al pollo in una pentola chiusa col coperchio: quindi li schiacciano, li spremono e li versano nuovamente sul pollo insieme a del burro. E un’altra ricetta di Balthasar Staindl: Metti dentro a una pentola i polli preparati come al solito: mettici del vino e del brodo di carni con un po’ di sale e di polvere aromatica di zafferano: ma se desideri un brodino più grasso metti nel brodo quando bolle due fette tostate di pane bianco, quando giungeranno all’ebollizione, dopo averle estratte e tritate insieme al fegato, spremi il succo facendolo colare attraverso la polvere aromatica, e mettilo di nuovo nella pentola, e lascia che cuocia come si deve. Vi sono alcuni che fanno cuocere delle fette di limone insieme ai polli e quindi quando vengono messi in tavola gliele mettono sopra.
Pietanza pestata: Fa cuocere a lungo una gallina o un cappone fino a quando le carni siano belle molli e pesta la polpa insieme alle ossa dentro a un mortaio: ma se ci sarà poca carne sarà possibile pestarci insieme dei pezzi di pane bianchissimo. Quindi farai passare il tutto insieme al brodo attraverso un colino di bronzo, vi aggiungerai un po’ di vino buono, e quel tanto di zafferano e di aromi che ti sembrerà sufficiente, e farai cuocere per un po’, e quando vorrai servire vi metterai sotto del pane tostato, talora vi metterai sopra delle uova sgusciate fatte cuocere in acqua. Alcuni pestano anche gli avanzi di tavola delle galline e dei capponi, cioè le ossa con la carne, e preparano una portata: alla quale alcuni aggiungono del fegato d’agnello bollito e pestato. Questo cibo è adatto per le puerpere e per coloro che hanno subito un salasso. Dall’anzidetto Balthasar Staindl.
Per un pasticcio di pollo ricavato dal Platina: Dividi in tre parti le creste dei polli e i fegatini in quattro parti: lascia interi i testicoli, taglia a quadretti del lardo e non pestarlo: taglia a pezzettini due o tre once [circa 50-75 g] di grasso di vitello, oppure al posto del grasso aggiungi del midollo di bue o di vitello. Prendi quanto basta di zenzero, di cannella e di zucchero. E mescola tutte queste cose insieme a una quarantina di ciliege aspre (acide) e secche, e mettile dentro a un adeguato involucro di pasta preparato con farina impastata. Può essere cotto nel forno oppure sul fuoco sotto a un canovaccio. Quando sarà a metà cottura vi verserai sopra due tuorli d’uovo sbattuti, un po’ di zafferano e di agresta.
Brodo di pollo con mandorle: Prenditi una mezza libbra [circa 160 g] di mandorle, tre tuorli d’uovo piccoli, fegatelli di gallina, pane di semola corrispondente a due uova, tanta crema di latte quanta se ne può comprare con mezzo obolo, del brodo di gallina vecchia fatto bollire a dovere. Quindi spremi le mandorle tritate insieme al brodo passandole attraverso un colino, e metti in tavola. Oppure metti prima nel brodo così preparato un pollo che sia stato prima lessato, e lascia che bollano un pochino insieme in modo che diventi un po’ più concentrato e aggiungi una piccola quantità di cannella, di chiodi di garofano e di sale. Balthasar Staindl.
Un brodo verde per una gallina o per un pollo tratto da Balthasar Staindl. Dopo aver triturato finemente del piretro, della maggiorana e del prezzemolo, versaci del vino, agitali insieme, aggiungi dello zucchero e qualche aroma, e versa nel brodo in cui la gallina è stata cotta, e non farla cuocere ulteriormente affinché il colore verde non scompaia. Condimento per galline lessate: Metti in una pentola una gallina lessata tutta intera oppure divisa a pezzi e ben ripulita, versaci pochissima acqua con poco vino dolce e aggiungi un po’ di burro e un pochino di polvere aromatica di noce moscata o macis, cannella e chiodi di garofano. Evita accuratamente che questa portata rimanga troppo a lungo sul fuoco, infatti diventa del tutto inutilizzabile. La toglierai dal fuoco quando la gallina tende al rosso e ha poco brodo. Se piacerà dolce, vi aggiungerai dello zucchero da solo o con degli aromi.
Sempre da Balthasar Staindl Un’altra vivanda preparata con polli o capponi con pane tostato etc. Lui in tedesco la chiama plutzte huener. Condirai dei polli o dei capponi arrostiti e tagliati a pezzi con zucchero insieme a degli aromi e li cospargerai di vino dolce e li metterai su fette tostate di pane bianco inzuppate con lo stesso vino dolce: servirai freddo.
Condimento con cui si farcisce una gallina o un pollo. Facendo attenzione in modo da non rompere nulla con la mano toglierai dalla gallina il fegato e lo stomaco. Dopo averli tagliati a pezzettini mischiali con un uovo, e, se ti va, aggiungi un colorante color zafferano: aggiungerai anche del cavolo verde pestato, oppure dell’uvetta passa piccola; dopo avervi messo questi ingredienti vi spargerai della polvere aromatica e ricucirai il ventre della gallina e la farai cuocere in una pentola alla maniera che chiamano stufato. Inoltre, per fare una gallina arrosto, impasterai dentro a una padella questo condimento amalgamato con un uovo e glielo metterai nella pancia. Sempre Balthasar Staindl.
Alcuni fanno cuocere per bene una gallina giovane in ottimo vino bianco, e la spremono dopo che si è disfatta con una cottura prolungata, e colano il brodo, e sul fuoco lo mescolano con un tuorlo d’uovo. Dicono che con questa bevanda vengono ripristinate in modo meraviglioso le energie prostrate dei malati. Ateneo cita il maialino per metà arrosto, per metà bollito e farcito con tordi e stomaci di pollo. Presso i Francesi a pranzo si accettano le galline lesse, a cena quelle arrosto. I capi tavernieri vogliono che vengano mangiate nei giorni invernali. La gente le chiama febbraiole dal mese di febbraio, alle quali non antepone alcun altro cibo. Altri le inseriscono nel menu durante tutto l’anno. In verità anche per questi come per gli altri animali bisogna tenere conto del periodo dell’anno. Francisco Álvares in Verdadeira informação do Preste João das Índias narra che le galline messe in tavola, la cui carne era stata spogliata della pelle nonché delle ossa e poi farcita di svariati aromi delicati, erano poi state sistemate con tanta abilità che in nessun punto traspariva un’area o una traccia di lacerazione.
Nicola Massa consiglia che venga impiegata una piccola quantità di sale in tutte le preparazioni delle galline, in quanto così sono più saporite e scendono più rapidamente lungo l’apparato digerente. Nel frattempo vorrei anche dare quel suggerimento secondo cui una noce inserita nel pollo lo fa cuocere molto più rapidamente, come ha tramandato Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim: se ciò è vero (in realtà chiunque potrebbe sperimentarlo senza danno alcuno) spesso tornerebbe estremamente utile in caso di arrivo inaspettato di amici. Alberto Magno dice: Se vuoi che un pollo si metta a danzare su un piatto prendi del mercurio e della polvere di calaminta e mettili in un’ampolla di vetro sigillata, e sistemala dentro al pollo quando è caldo: infatti quando il mercurio si riscalda, si muove, e lo farà saltare.
Oggi presso alcuni Indiani dell’Isola di Socotra esiste l’usanza religiosa di non assaggiare, né tanto meno mangiare la gallina o qualsivoglia uccello: e, un tempo, come testimonia Giulio Cesare, per i Britanni era vietato cibarsi di lepre, gallina e oca: le allevavano per puro diletto. E Alessandro Alessandri scrive che per legge era stato loro vietato di offrire tali animali anche agli dei. E Ippocrate rammenta che coloro che prima soffrivano di epilessia debbono astenersi dalle carni di gallo.
Pollo al curry
Il curry, termine inglese derivato dal tamil kari = salsa, è un condimento, usato specialmente con il riso, composto da polveri vegetali aromatiche e piccanti come la curcuma e lo zenzero. Il tamil è una lingua dravidica meridionale parlata in India, Sri Lanka, Singapore e altri territori che si affacciano sull'Oceano Indiano.
Il pollo al curry è una ricetta asiatica entrata appieno nei nostri menu. Molto popolare soprattutto fra i più giovani che ne apprezzano l'aspetto esotico e la facilità di realizzazione. Questa ricetta servita con un piatto di riso in bianco diventa un piatto unico sostanzioso e gustoso.
Le origini di questo piatto sono ancora oggi incerte: la prima rivendicazione è quella che risale agli imperatori dell’impero Moghul (fondato nel 1526 in India da Babur (discendente di Tamerlano) che conquistò vaste regioni dell'India nordoccidentale, e fiorito fra il 1526 e il 1707), ma altre fonti indicano Glasgow, città della Scozia, come luogo di origine del piatto. Forse è proprio per questo motivo che il pollo al curry indiano è una delle preparazioni più popolari nei ristoranti britannici, dove viene addirittura servito come piatto nazionale. Esistono molte versioni della ricetta, infatti gli unici ingredienti sempre presenti sono il pollo e le spezie.
Ma adesso è ora di dire qualcosa anche sulle uova, delle quali nessuno ignora in quanti modi tornano utili per i cibi, tant’è che Plinio in un punto dice che non esiste alcun altro cibo in grado di nutrire durante una malattia, e che non appesantisce, e contemporaneamente è dotato dell’energia fornita da una bevanda (altri invece di vim leggono vini, impiego del vino) e da un alimento. Infatti abbiamo scelto come cibo soprattutto le uova di gallina. Infatti qualsiasi cosa dicano altre persone, esse sono preferite a tutte le altre, soprattutto se le galline le hanno concepite con un gallo. Infatti, come testimonia Aristotele, le zefirine - sterili, piene di vento - sono meno saporite e sono più piccole e più umide. Quelle fresche sono assai migliori di quelle vecchie, e in verità sono ottime quelle appena deposte, mentre quelle molto vecchie sono pessime: ma quelle che si trovano a metà strada differiscono tra loro per bontà o per disgustosità in proporzione alla distanza rispetto agli estremi. Quelle recenti si riconoscono molto facilmente da quelle vecchie. Quelle recenti sono piene, quanto più sono vecchie sono vuote in corrispondenza del polo ottuso. Inoltre esiste un segno evidentissimo di vecchiaia, se quando vengono aperte oppure rotte si spandono, specialmente a carico del tuorlo: invece è segno di bontà se aperto l’uovo il tuorlo rimarrà integro e al suo centro sarà visibile una goccia rossa come il sangue.
Il Platina ritiene siano più saporite le uova che sono state deposte da galline grasse, non macilente, e che hanno mangiato grano, orzo, miglio, panico, anziché erba. Gli Arabi preferiscono quelle oblunghe, piccole, sottili, come cita Tragus - Hieronymus Bock. Egli consiglia di raccogliere le uova appena deposte durante il plenilunio essendo migliori, perché essendo più durature come cibo, altrettanto lo sono per essere messe a covare sotto le galline. Elluchasem Elimithar apprezza quelle uova che hanno due tuorli essendo più grandi e più delicate. Le uova recenti conservano il loro nome, invece quelle vecchie vengono dette requieta - riposate - dagli antichi, da noi vengono comunemente dette stantie, forse perché a causa della loro leggerezza galleggiano sull’acqua. Infatti con questa prova potrai controllare con certezza se sono piene e recenti oppure il contrario.
Inoltre affinché le uova non diventino inadatte come cibo, cioè affinché non diventino stantie, quando ce n’è in abbondanza e vuoi metterle da parte per un impiego futuro, le metterai in farina di fave. Infatti Plinio ritiene che è assai utile conservarvi le uova, così come dice in un passo - che è lo stesso passo del lomentum, la farina di fave -, in inverno nella paglia, in estate nella crusca. Varrone dice: coloro che vogliono conservare le uova più a lungo le sfregano con del sale fine oppure con della salamoia: e le lasciano così per tre o quattro ore e dopo averle lavate le dispongono nella crusca oppure nella pula. Columella riferisce che alcuni le ricoprono per sei ore con sale fine e che quindi le lavano e dopo questo trattamento le ricoprono con paglia o crusca: alcuni le ammonticchiano con fave intere, molti anche con fave macinate, altri le ricoprono con sale grosso, altri le fanno indurire con salamoia tiepida. Ma qualsiasi tipo di sale, così come non lascia imputridire le uova, allo stesso modo le riduce di peso e non permette che rimangano piene, e ciò allontana chi deve comprarle: pertanto neppure coloro che le mettono in salamoia conservano l’integrità delle uova. Per cui è opportuno seguire i suggerimenti di Plinio sul modo di conservarle. Come riferisce l’Ornitologo, vi sono alcuni che vorrebbero conservare le uova appena deposte in un tipo di frumento che chiamano segale, i nostri segala, i Tedeschi roggen, oppure nella cenere in modo che la parte più appuntita dell’uovo si trovi in basso, quindi vi versano sopra di nuovo della segale o della cenere.
Dopo aver esposto il modo di conservarle, mi si offre il motivo di spiegare come cuocerle. Infatti le uova vengono abitualmente cotte e preparate come cibo in modi diversi, o da sole o mischiandole ad altri ingredienti. Ma mi sembra che motivi di ordine richiedano che si parli prima di quelle che vengono preparate in modo semplice. Queste vengono cotte o in acqua o sotto le ceneri calde, oppure in padella. E anche se in uno qualunque dei modi suddetti diventano più o meno liquide e dure a seconda di quanto vengono cotte, tuttavia gli autori esprimono un’opinione assai positiva per quelle che vengono cotte in acqua, e le uova le chiamano o da sorbire, o molli, o dure o con nomi analoghi. Ma facendo analogie e confronti si potrà esprimere un giudizio su cosa si deve pensare anche di quelle che sono più o meno cotte usando un altro modo di cucinarle.
La cottura delle uova in acqua è migliore delle altre, e quella che avviene nelle ceneri calde è migliore di quella in padella, ovviamente se le paragoni tra loro in base a uno stesso criterio, quelle dure con le dure, quelle molli con le molli. Infatti conviene preferire quelle cotte molli nelle ceneri a quelle fatte sode in acqua. Così ha scritto Antonio Brasavola. Ma perché le uova cotte in acqua siano migliori di quelle cotte nel fuoco, i motivi non sono senza importanza. Infatti, per servirmi delle parole di Lodovico Ricchieri, l’uovo abbrustolito si rompe facilmente, non si rompe quello cotto in acqua: dal momento che a causa dell’energia del fuoco ciò che si trova dentro viene unito insieme come da una colla, umido e ancor più riscaldato e bruciato genera numerosi vapori: i quali essendo venuti a trovarsi in un luogo molto ristretto, cercando una via d’uscita, rompono il guscio, e alla fine evaporano. Inoltre l’energia della fiamma assalendo da ogni parte la tunica del guscio la spezza bruciandola tutt’intorno, e si può osservare che ciò accade anche ai vasi di terracotta quando vengono torrefatti. Motivo per cui abitualmente le uova vengono per prima cosa immerse in acqua fredda: infatti l’acqua calda con la sua minor densità fa subito fuoriuscire l’umidità e fa dilatare le porosità, a cui aggiungi, se vuoi, che le uova cotte o sotto le ceneri calde, o sopra ai carboni ardenti, emettono un odore sgradevole, come evidentissimo segno che hanno acquisito una cattiva qualità. Inoltre le uova cotte in acqua con il loro guscio sono peggiori di quando vengono rotte nell’acqua, dal momento che il guscio trattiene i vapori densi e fumosi: per cui dal fatto di mangiarle frequentemente si genera un gonfiore e una pesantezza di stomaco e di pancia. Ma cotte senza il guscio conservano il loro naturale stato di idratazione e perdono e si spogliano della pesantezza del loro odore; vi sono tuttavia coloro che le gradiscono maggiormente cotte nel loro guscio anziché fatte spandere, al gruppo dei quali Antonio Gazio scrive di aver appartenuto. A dire il vero, qualunque cosa dicano costoro, io preferisco di più quelle fatte spandere, che ho trovato gustose e dal sapore delicato in seguito a un mio e oltretutto quasi quotidiano impiego, soprattutto se vi viene versato sopra un po’ di burro fresco.
Le nostre donne chiamano disperdute le uova cotte in questo modo e il fatto di cuocere le uova, e i Greci, come giustamente arguisce l’Ornitologo, le chiamano exaphëtá, anche se d’altra parte io sono al corrente che il dottissimo Ermolao Barbaro ritiene le exaphëtá identiche a quelle fatte cuocere in un vaso ben chiuso, e Antonio Brasavola dice che talora vengono cotte in acqua senza guscio, talora col guscio. Infatti in realtà la conclusione dell’Ornitologo si regge su motivazioni solide e robuste. Egli dice: Non ritengo che presso gli antichi scrittori greci si trovi questo termine. Infatti i lessicografi che hanno riportato i vocaboli o in greco o in latino non lo riportano. Infatti sembra che vengano chiamate exaphëtá, con l’ultima sillaba accentata, quelle uova che vengono cotte intere dopo che sono state riversate dai loro gusci sia dentro all’acqua calda come quelle da bere o da cuocere à la coque, sia in altro modo, come quelle soffocate, come alcuni ritengono. Infatti se quelle soffocate vengono cotte non intere, ma fracassate e mischiate con l’aggiunta di liquidi, non ritengo che vadano dette exaphëtá.
Per quanto riguarda l’origine del vocabolo - continua l’Ornitologo - non posseggo nulla di certo. In questi scritti ho trovato un passaggio di Simeon Sethi che a mio avviso ha dato l’occasione ad altri di sbagliare. Infatti queste parole: epainoûntai dè tà pniktà høsper ge kaì tà onomazómena exephetá - quelle soffocate vengono apprezzate come quelle dette exephetá (Giglio Gregorio Giraldi legge éxephtha, quasi insinuando che éxø toû idíou kelýphous hepsómena - fatte cuocere al di fuori del proprio guscio. Ma questa parola non esiste presso gli altri autori. Io preferirei leggere exaphetá, cioè fatte uscire e disperse, dal verbo aphíëmi - faccio uscire. Infatti tali vocaboli non sono usati dagli antichi Greci, e quelli più recenti ne hanno composti non pochi per analogia desumendoli dal parlare comune) significano tà epì thermoû hýdatos skeuazómena, cioè, vengono lodate quelle dette soffocate e exaphetá, che vengono cotte in acqua calda. Ma che voglia indicare quelle che vengono fatte uscire dal loro guscio dentro all’acqua calda è chiaro anche da questa frase, in quanto aveva già disquisito delle altre in precedenza, e in quanto queste uova vengono apprezzate anche da altri, soprattutto dagli Arabi, che Simeon Sethi è solito seguire in molti punti, e in quanto anche Galeno ne fa menzione dopo quelle soffocate, citando con una perifrasi tà epicheómena ánøthen taîs lopásin, cioè, quelle che vengono solitamente versate in padelle (che ovviamente contengono acqua calda). Ma siccome Simeon Sethi ha dedotto altre cose da Galeno, bisogna credere che da parte sua non è stata omessa neppure questa parte.
I nostri - prosegue l’Ornitologo - chiamano queste uova in wasser gefelt, in wasser geflagen, (cioè versate in acqua), e sono soliti darle da mangiare soprattutto ai malati o da sole, oppure mettendole sopra a fette di pane cotte. Nel prepararle, dice Galeno, così come per quelle soffocate, bisogna fare attenzione che non si induriscano troppo: ma quando hanno ancora il loro liquido bisogna togliere la pentola dal fuoco. Sin qui l’Ornitologo.
Quelle soffocate si preparano in questo modo: dopo aver cosparso le uova con olio, salsa di pesce e un po’ di vino (così riporta la corrente traduzione di Galeno), il recipiente in cui sono contenute viene introdotto in un paiolo con dentro dell’acqua calda, quindi, dopo averlo chiuso completamente nella parte superiore, gli si mette sotto il fuoco sino a quando hanno raggiunto una modesta consistenza. Infatti quelle che si induriscono oltre un certo grado diventano simili a quelle bollite e arrostite: ma quelle che hanno raggiunto una consistenza mediocre vengono digerite anche meglio di quelle sode e forniscono al corpo un nutrimento migliore, ma il verbo anadeúsantes, di cui si servono Galeno e Paolo di Egina, non significa cospargere, bensì immergere e mescolare: mi meraviglio che né Ermolao Barbaro né altri (per quanto ne so) se ne siano accorti, eccetto il solo Janus Cornarius.
Infatti Janus Cornarius le seguenti parole di Paolo di Egina riguardanti queste uova anadeúthenta ømá metà gárou kaì oínou kaì elaíou, kaì en diplómasi summétrøs pëgnúmena le traduce così: crude sbattute con salsa di pesce e con vino e olio (Alban Thorer traduce con innaffiate, e i diplomata - vasi a doppio recipiente per bagnomaria - li traduce stoltamente con vasi di bronzo o di terracotta) vengono cotte in un vaso duplice fino a quando non si sono rassodate un pochino. In verità il verbo composto anadeúein - inumidire, innaffiare - sembra significhi un mescolamento che si pratica a carico del tutto, specialmente quando una sostanza è umida o liquida. Infatti talora in una parola composta la preposizione anà ha questo significato, infatti anche al di fuori di una parola composta significa al di là e al di qua. Pertanto le uova anadedeuména con olio e vino sarà lecito tradurle con miscelate e sbattute: tant’è che sembrerebbe che questa portata fosse praticamente equivalente a un certo brodo che l’Ornitologo riferisce esserci presso i Tedeschi, al quale nel parlare corrente viene dato il nome dal vino caldo: tuttavia dice che è più denso e che le uova non rimangono intere, ma che vengono strapazzate e agitate.
Pertanto coloro che ritengono che le exaphetá e le pnictá sono la stessa cosa, si sbagliano di grosso, tra i quali si trova Ermolao, un uomo che per altri versi bisogna anteporre a tutti, il quale pertanto quando traduce come pnictá quelle che vengono messe in acqua calda e vengono immerse insieme a salsa di pesce, etc, ha pure scritto in modo sbagliato, come si può facilmente dedurre dalle parole di Galeno e di Paolo di Egina appena citate. E neppure Lodovico Ricchieri ha messo il dito nella piaga, ritenendo che quelle pnictá vengono così chiamate da Galeno in quanto sembra che vengono soffocate quando vengono cotte in un certo modo, etc. Infatti anche lui non si accorge del significato del verbo anadeúein. I Tedeschi, come dice l’Ornitologo, chiamano questo tipo di cottura verdempffen, cioè, come mi ha spiegato un Tedesco, soffocare, in quanto ciò che viene cotto all’interno di un vaso coperto, e con il vapore imprigionato all'interno, sembra quasi che venga soffocato: per cui, soggiunge ancora, in tedesco le uova pnictà potresti giustamente chiamarle verdempffte Eyer, cioè uova soffocate. A mio avviso, da noi Italiani potrebbero giustamente essere dette affogate. Per quanto riguarda la bontà delle uova affogate, Galeno ha scritto che esse sono migliori di quelle bollite (hephthá, cioè cotte sode) e di quelle arrostite. In realtà quelle affogate sembrano cotte come a bagnomaria, ed essendo più saporite, e ciò anche a causa dei condimenti, hanno maggior potere lenitivo e ristoratore di quelle che vengono preparate in un vaso messo di colpo sul fuoco: infatti queste più facilmente portano con sé un qualche residuo.
I Greci chiamano rhophëtá le uova da sorbire: ma anche su cosa siano queste uova non esiste abbastanza accordo tra gli autori, oppure è evidente che non si mettono d’accorto a causa dell’abbondanza dei sinonimi. Galeno, che ho l'intenzione di seguire, asserisce che vengono dette uova rhophëtá quelle che mentre vengono cucinate si scaldano appena. Usando un altro termine, esse sono anche dette liquide: infatti, come ritengono Lodovico Ricchieri ed Ermolao Barbaro, quelle liquide non sono la stessa cosa di quelle tremule e molli. In quelle molli abitualmente vi si intinge il pane, quelle liquide, cioè riscaldate, vengono unicamente bevute da sole, per cui nel parlare corrente vengono da noi chiamate uova da bere, e vengono abitualmente servite ai più facoltosi con un pochino di sale poco prima di un pranzo. Così anche Antonio Brasavola interpreta correttamente come uova da sorbire quelle che attraverso la cottura hanno appena cominciato a rassodarsi. Egli dice: non ce ne serviamo se non quando le uova sono state appena deposte, in modo che conservino ancora il calore naturale della gallina: e in verità se non si tratta di uova di un giorno solo di vita, il giorno successivo a stento accettano che vengano cotte in questo modo.
E quando vengono cotte un po’ di più, tanto che le si vede tremolare quando vengono liberate dal guscio, dai Greci vengono dette tromëtá, cioè tremule, e talora hapalá da Dioscoride, molli da Cornelio Celso, da alcuni autori più recenti anche tenere e tenerine. Se hanno acquisito un pochino di consistenza, da Galeno e da Simeon Sethi vengono dette senza mezzi termini hephthá e hepsëthénta - lessate - e non semplicemente cotte, così come quelle che sono diventate completamente dure le chiamano sklërá, cioè sode, anche se talora Galeno sembra intendere come equivalenti quelle lessate e quelle sode. Noi comunemente chiamiamo queste uova pasquali, in quanto il giorno di Pasqua vengono offerte in chiesa al sacerdote perché vengano benedette. E queste sono praticamente le modalità di cottura delle uova bollite, che in modo onnicomprensivo Simeon Sethi ha denominato augokoúlika, e io direi che sono tutte quelle che vengono cotte solamente in acqua sia poco sia molto.
Prima di procedere ad altri tipi di cottura conviene accennare alle caratteristiche salutari di tutte quante. Galeno dice: L’uovo da sorbire è un alimento leggerissimo. E ancora: Ha un buon sapore, non scalda, può ripristinare completamente le energie: in passato veniva bevuto con salsa di pesce, allevia le irritazioni della gola. E Celso dice: L’uovo da sorbire ha un buon sapore, rende più grasso il catarro, l’uovo molle o da sorbire è costituito da materiale del tutto privo di energie (cioè nutre pochissimo, mentre quello duro nutre moltissimo): le uova molli o da sorbire non danno praticamente gonfiore di pancia. Antonio Brasavola riferisce di aver osservato molte persone che hanno ottenuto dalle uova da sorbire un intestino più sciolto, e alcuni che dopo averne bevuto anche solo uno avevano cinque o sei scariche di diarrea. Una volta esse servivano da colazione del mattino e venivano chiamate assaggini, come è possibile dedurre da Apuleio quando dice: Adesso, come posso vedere, pensi anche (si rivolge alla gallina) di preparare un assaggino, del quale assaggino, a mio avviso, nulla è più gustoso, e nessun altro cibo esiste che è in grado di nutrire e di non appesantire, e capace di offrire contemporaneamente il vantaggio del vino e del cibo.
Quelle molli nutrono più di quelle da sorbire, quelle dure più di quelle molli, come testimoniano Dioscoride e Galeno. Lo stesso Galeno e Simeon Sethi sono dell’avviso che quelle molli superano di gran lunga tutte le altre dal punto di vista nutritivo, e Celso le raccomanda come adatte allo stomaco.
Le uova sode sono più difficili da digerire, percorrono l’intestino con lentezza e forniscono all’organismo un cibo piuttosto denso nonché vischioso: danno costipazione intestinale, tant’è che Antonio Brasavola riferisce che a un monaco francescano, dopo aver mangiato a sazietà siffatte uova bianche e rosse che lui stesso aveva raccolto in occasione della festività di Pasqua, gli si costipò l’intestino tanto da non rispondere né ai clisteri né ai farmaci, e morì. I nostri spogliano tali uova dei loro gusci e le tagliano in un certo numero di pezzi in modo da decorare con frammenti di tuorlo e di albume disposti alternativamente i piatti d'insalata condita con aceto. Sento dire che i Tedeschi sia del nord che del sud sono soliti fare la stessa cosa.
Le uova arrostite o abbrustolite, cioè quelle che vengono cotte nelle ceneri calde, o meglio, che vi vengono arrostite, da Galeno e da altri vengono dette optá o optëthénta. Bisogna fare attenzione che quando vengono arrostite non si spacchino, motivo per cui vengono abitualmente immerse fredde - nelle ceneri. Quelle cotte in questo modo vengono poco apprezzate: infatti dal fuoco acquisiscono una colorazione nonché un odore sgradevole, e pertanto si asciugano di più e rinfrescano di meno, e hanno un sapore di gran lunga meno gustoso di quelle cotte in acqua. Ma dal momento che vengono arrostite in due modi, è cioè nelle ceneri e tra i carboni, Isacco Giudeo scrive che quelle che vengono arrostite nelle ceneri sono le peggiori: in quanto siccome il calore del fuoco le circonda, impedisce la fuoriuscita delle loro esalazioni fumose, cosa che non accade sui carboni.
Infine, vengono dette tëganistà le uova rassodate in padella, fritte ovviamente con olio o con burro: infatti per i Greci tëganon significa tegame o padella. I nostri le chiamano comunemente uova nella teglia. Come riferisce l’Ornitologo, i Tedeschi le chiamano Eyer in Ancken - uova al burro. Galeno e Simeon Sethi sono dell’avviso che queste uova posseggono il peggior nutrimento rispetto a tutte le modalità di preparazione, in quanto mentre vengono digerite si trasformano in un odore puzzolente, cioè in eruttazioni fumose, per cui producono un sapore non solo greve, ma anche cattivo e fecaloide. E in un altro punto Galeno dice ancora: Le uova fritte percorrono l’intestino lentamente, hanno un cattivo sapore e alterano anche i cibi che vi vengono mischiati, e vengono ritenute come le peggiori tra le cose che non si riesce a digerire. Isacco Giudeo riferisce inoltre che si trasformano subito in un qualcosa dall’odore puzzolente e in esalazioni che sanno di fiele, cioè di bile, e in putrefazione, e che pertanto generano inappetenza e nausea. È la gente comune a nutrirsi per lo più di siffatte uova, e neanche i più abbienti se ne astengono, anzi, per lo più le versano in un recipiente pulito e di stagno, dopo avervi prima sciolto del burro affinché non aderiscano al fondo, e le fanno cuocere fintanto che il bianco si è rappreso sopra ai tuorli e ha cominciato a diventare bianco. Queste sono le uova che a mio avviso Brasavola ha erroneamente chiamato pnictá - soffocate, dicendo: Galeno si serve dell’olio per cuocere le uova pnictá, noi del burro; pertanto ritengo che in base a ciò che si è appena detto è lampante che queste non sono pnictá.
Ma prima di accingermi a parlare di quando e come bisogna metterle in tavola, mi è sembrato opportuno riportare come epilogo di ciò che abbiamo detto precedentemente questo epigramma di Giovanni Battista Fiera: e suona così: Piangono quando sono lievemente cotte, e tremano, e quando stanno per indurirsi non vorrebbero essere addentate, se hai un po’ di buonsenso bevi le uova appena deposte. Sono umide, e sono un alimento rapido e una fiamma che riscalda, ma abbi timore di quelle che sono diventate vecchie e non desiderare quelle che si sono riposate. Nutrono il petto e alleviano la tosse, sono dei cibi per chi ha la voce roca. E provvedono dei gustosi spuntini al forsennato sperma. Accarezzano i reni nonché lo stomaco e l’intestino dolente, curano la vescica con meravigliosa sollecitudine. Ma ti avviso: imputridiscono facilmente e perdono qualsiasi utilità, come sotto ogni aspetto il nulla è solito dare felicità.
Oltre alle modalità di semplice cottura appena menzionate ne rimane una che Lodovico Ricchieri riferisce essere stata usata dai cacciatori babilonesi: consiste in questo: collocavano le uova crude su una fionda e le facevano ruotare tanto a lungo finché grazie a tale movimento risultavano cotte.
Adesso vediamo ciò che concerne il quando e il come mettere in tavola le uova. Ateneo scrive che presso gli antichi solitamente ne venivano messe in tavola due per ciascuno come seconda portata insieme ai tordi, etc. In verità, come testimonia Porfirio, presso i Romani le prime portate di un pranzo debbono avere delle uova: per cui Orazio dice: Avrebbe intonato dall’uovo alle mele "evviva Bacco". E con lo stesso significato Marco Tullio Cicerone dice: Porto la fame intatta fino all’uovo: e pertanto questa attività si prolunga fino al vitello (cioè al tuorlo) arrosto. Dove portare la fame intatta fino all’uovo per Lodovico Ricchieri sembra non significare altro che prolungare l’appetito per il cibo fino alla seconda portata. Se pertanto gli antichi mettevano nella prima portata l’insalata condita con aceto, le uova non hanno ancora cambiato posizione, soprattutto quelle molli e cotte in padella, e parimenti quelle dure e arrostite. Come abbiamo detto quelle da sorbire servivano da spuntino, e i nostri le mangiano poco prima del pranzo.
E se consideri i motivi di salute, le uova preparate in qualsivoglia modo debbono essere mangiate in primo luogo sia dai sani che dai malati. Da quelle sode conviene che si astengano assolutamente i sani e i malati, e maggiormente questi, se non quando le feci sono un po’ liquide, e se si desidererà frenarle più energicamente con le uova cotte, è necessario che anch’esse vengano mangiate prima degli altri cibi: al contrario anche se avrai deciso di ammorbidire le feci tracannando quelle da bere, anche questo bisogna farlo quando si comincia a mangiare.
Per quanto riguarda il modo di presentarle, ugualmente esistono pure diversi modi di aprire le uova. I Giudei infatti le aprono dalla parte del polo acuto, in modo che se in questo punto si scorge una qualche goccia di sangue, possano astenersene; noi per lo più dal polo ottuso, i Tedeschi di lato.
Pertanto ci bastino queste notizie esposte succintamente circa i diversi modi di cuocere le uova, in acqua, sotto le ceneri, in padella, e circa le uova soffocate: rimane solamente da dire qualcosa sui diversi modi di prepararle ricavandolo soprattutto da Apicio e dal Platina: Apicio riporta Uova fritte condite con salsa di vino e pesce, uova cotte con salsa di pesce etc. Questo passo Gabriel Hummelberg lo interpreta in questo modo: Uova fritte con salsa di vino e pesce (ossia, vengono servite dopo averle cosparse con questa salsa). Uova cotte con salsa di pesce, olio, vino puro: oppure condite con salsa di pesce, pepe e silfio; Nelle uova bazzotte con dentro i gherigli: cospargerai del miele, dell’aceto, condirai con salsa di pesce. Hummelberg dice che Apicio chiama hapalà le uova tenere e molli e che vengono cotte in acqua senza membrane e senza guscio: siffatte uova rafforzano anche lo stomaco, lo riferisce Scribonio Largo.
Ma Scribonio Largo nel passo appena citato raccomanda semplicemente le uova bazzotte, e non dice che vanno cotte in acqua senza guscio: e Dioscoride chiama hapalòn l’uovo molle, cioè una via di mezzo tra quello da sorbire e quello sodo, come Scribonio stesso traduce, e come anche noi abbiamo riferito in precedenza.
Tiropatina - Piatto di Tiro. Prenderai del latte e valuterai le misure del piatto in base a esso: mescolerai il latte con del miele fino a ridurlo quasi un latticino, cioè lactaria, come precisa Gabriel Hummelberg, in un sestario [500 ml] ci metti cinque uova, ma tre in una emina [250 ml]. Stemperale nel latte in modo da produrre una massa unica: fai colare in una terrina di Cuma e farai cuocere a fuoco lento: quando si sarà rassodato cospargi del pepe e metterai in tavola.
Uova spugna al latte: Stemperi insieme quattro uova, un’emina [250 ml] di latte, un’oncia [27,28 g] di olio in modo da produrre una massa unica: metterai in una padella sottile un pochino di olio, farai in modo che frigga e metterai (sull’olio che frigge) il composto (la miscela appena detta di uova, latte e olio) che hai preparato. Quando il tutto sarà cotto da un lato lo metterai girato in un piatto, vi versi del miele, lo spruzzi di pepe e servirai in tavola. Tutto ciò lo dice Apicio. Gabriel Hummelberg intende per uova spugna un cibo che deve esibire la sagoma delle uova e una consistenza spugnosa, cioè, rarefatto, morbido e gonfio come una spugna. Come riferisce l’Ornitologo, i Tedeschi chiamano questo piatto, o un piatto similare, ein bratne milch, come se tu dicessi latte arrostito, condensato, la nostra gente lo chiama un coppo: in greco e in latino si può dire oogala - uova al latte, anche se Lodovico Ricchieri scrive che dagli studiosi di medicina viene detto oogala un miscuglio preparato con uova e latte. Questa preparazione viene lodata da Ezio di Amida fra i cibi per coloro che sono affetti da dissenteria, se ben ricordo.
Il Platina dice: Ci serviamo del bianco d'uovo per condire alcune portate e dessert. Sempre da lui vengono descritti un brodino color zafferano ottenuto da tuorli d’uovo con agresta, brodo di vitello o di cappone, poco zafferano: parimenti in un altro punto descrive in che modo si possa preparare una frittella con bianco d’uovo, fior di farina e formaggio fresco. Sempre dal suo trattato è tratta la ricetta delle uova sbattute e frantumate. Servendoti di uno spremiolive oppure di un cucchiaio mescolerai con del formaggio tagliuzzato delle uova che siano state ben sbattute e frantumate insieme a un pochino di acqua e latte. Dopo averle mescolate le farai cuocere con burro o con olio. Saranno più gustose sia se saranno poco cotte, sia se non verranno mai rimestate mentre cuociono. Se le vorrai del colore dell’erba vi aggiungerai una discreta quantità di bietola e di prezzemolo, un pochino di succo di buglossa, di menta, di maggiorana, di salvia. Altro modo di prepararle. Le stesse erbe tagliuzzate e fatte appena friggere in burro o in olio le mescolerai al precedente miscuglio e metterai a cuocere. Le uova così preparate sono nutrienti: il fegato fa fatica a digerirle, fanno bene alle ostruzioni intestinali e sono causa di calcolosi. Uova a forma di frittelle. Verserai in una padella calda con olio e burro delle uova fresche e intere dopo aver tolto il guscio, e le farai cuocere per bene a fuoco lento, cospargendo sempre l’olio, soprattutto con un cucchiaio oppure con uno spremiolive. Quando cominceranno a presentarsi bianche, sappi che sono cotte. I medici ritengono che sono di più difficile digestione per il fatto che sono state fritte. In realtà queste uova corrispondono a quelle che abbiamo detto essere comunemente chiamate cotte nella teglia, e dai Greci sono dette tiganistá.
Uova lesse: Verserai in acqua bollente delle uova fresche dopo averne tolto il guscio: quando si saranno rapprese le toglierai subito. Debbono essere piuttosto molli, e vi verserai sopra zucchero, acqua di rose, aromi dolci, agresta oppure succo d’arancia. Vi sono alcuni che gli danno una spruzzata di formaggio sminuzzato, cosa che non è gradita né a me né a Fosforo, che spessissimo mangiamo questa portata. Infatti senza formaggio è ottima e assai gustosa. In un altro modo: Farai cuocere le uova nel modo anzidetto nel latte o nel vino dolce. In verità non si deve assolutamente menzionare il formaggio: esso nutre di più: anche se porta il sangue a infettarsi.
Uova fritte. Farai indurire delle uova fresche facendole cuocere a lungo. Tolti i gusci, taglierai le uova stesse a metà in modo che l’albume non si rompa in alcun punto. Dopo aver tolto i tuorli li pesterai in parte con formaggio di buona qualità sia vecchio che fresco e con uva passa, in parte li terrai a disposizione per dare colore alla pietanza. Allo stesso tempo aggiungerai un pochino di prezzemolo, di maggiorana e di menta finemente tritata. Vi sono alcuni che vi mettono anche due o più albumi d’uovo con degli aromi. Dopo aver farcito e livellato gli albumi d’uovo con questo miscuglio, farai friggere in olio a fuoco lento. Una volta fritti, vi metterai sopra una focaccina ottenuta dai restanti tuorli, pestati insieme a dell’uva passa, e sciolti in agresta e in mosto cotto con l’aggiunta di zenzero, chiodi di garofano, cannella: e farai in modo che bollano un pochino insieme alle uova stesse. Tutto ciò comporta più male che bene.
Uova in graticola. Stenderai in una padella delle uova sbattute e le farai cuocere fino a quanto, dopo essersi indurite, possano essere ripiegate in quattro parti. Dopo aver dato loro una forma quadrata, le stenderai su una graticola posta sul fuoco. Quindi vi aggiungerai delle uova fresche senza guscio, e mentre sta cuocendo vi spruzzerai dello zucchero e della cannella. Una volta cotte le metterai in tavola ai convitati.
Uova allo spiedo. Dopo che lo spiedo si sarà scaldato per bene, trafiggerai le uova secondo la lunghezza e le farai arrostire sul fuoco come se si trattasse di carne. Bisogna mangiarle calde. È una trovata sciocca, frutto sia della stupidità che del divertimento dei cuochi. In un altro modo: Rigirerai con cura delle uova fresche sulla cenere calda in vicinanza di una fiamma in modo che possano cuocere in modo uniforme. Quando cominceranno a trasudare ritienile pronte e cotte e mettile in tavola ai convitati. Esse sono ottime e possono essere benissimo servite a chiunque. In un altro modo: Quando delle uova fresche messe in una pentola con acqua fresca avranno bollito per poco tempo, toglile e mangiale. Infatti sono ottime e nutrono bene.
Uova fritte alla fiorentina: Metterai una per una delle uova fresche private del guscio in una padella calda con olio, e con uno spremiolive o con un cucchiaio le andrai ammassando girandovi tutt’intorno, dandogli una forma rotonda. Quando cominceranno a presentarsi un po’ colorate sappi che sono cotte. È necessario che all’interno siano abbastanza morbide. I cuochi si sono abituati con maggiore difficoltà a cucinare queste rispetto a quelle precedenti - allo spiedo. In un altro modo: Metti delle uova intere sui carboni ardenti e mentre sono calde percuotile con un bastone fintanto che si rompono. Quando sono cotte e dopo averle sgusciate cospargile con prezzemolo e aceto.
Uova fritte: Mescolerai insieme del formaggio grasso e sminuzzato, un pochino di menta e di prezzemolo tritati, pochissima uva passa, una modesta quantità di pepe pestato, due tuorli d’uovo crudi: introduci tutte queste cose amalgamate nelle uova fatte friggere alla fiorentina là da dove ne avrai fatto uscire il tuorlo attraverso un piccolo foro, e fai friggere di nuovo fino a quando il ripieno non è cotto. Sono da rigirare abbastanza frequentemente e quando sono cotte bisogna spruzzarle con agresta o con succo d’arancia con zenzero.
Uova in calzone: Preparerai della farina impastata molto sottile, dopo averla stesa su una tavola vi aggiungerai delle uova fresche separate da spazi, spruzzando sempre sopra a ognuna un po’ di zucchero, di aromi, pochissimo sale. Quindi, dopo averle avvolte come siamo soliti fare con gli involtini, le farai o cuocere o friggere. Tuttavia fritte sono più apprezzate. Evita che diventino dure. Sin qui il Platina.
Sempre il Platina in un altro punto descrive il brodino verzusum, il quale richiede quattro tuorli d’uovo, quattro once [circa 100 g] di zucchero, altrettanto succo d’arancia, una semioncia [13,64 g] di cannella, due once di acqua di rose. Consiglia di cuocerlo allo stesso modo in cui si cuoce il brodino color zafferano, e affinché sia più gustoso di aggiungere anche dello zafferano. Dice che questo tipo di cibo viene ritenuto salutare soprattutto in estate. Infatti nutre molto e bene: smuove poco l’intestino e reprime l’ira.
Veniva detta lekithítës una focaccia alla quale, come scrive Eustazio di Tessalonica, era mischiato del tuorlo d’uovo. Per Andrea Alpago alhagie - termine arabo che significa frittata - è un cibo preparato in padella con tuorli d’uovo ottenuti da uova rotte, che i Veneti chiamano frittata. Ma quel cibo che i Veneti e anche noi chiamiamo frittata richiede gli albumi sbattuti insieme ai tuorli: costituisce un cibo lento da digerire e che puzza di bruciato. Matteo Silvatico dice: mutagenat, cioè, un cibo che viene preparato in un vaso di terracotta con succo lattiginoso di semi comuni (del genere delle cucurbitacee), e con brodo di gallina, e tuorli d’uovo. Viene condito con zucchero e una miscela aromatica fatta di cannella, cervino, pepe cubebe, calamo aromatico e semi di cumino tedesco. Lo si fa cuocere sul fuoco e dopo aver collocato sopra al vaso un coperchio caldo di terracotta. Ma con le uova, oppure mischiandole, si confezionano anche altri innumerevoli tipi di pane, focacce, frittelle e cibi diversi, noti a tutti, e che non finiremmo più di descrivere.. È sufficiente aver raccolto ciò che i vari autori hanno tramandato al loro riguardo.
Si possono parimenti vedere due monete degli abitanti di Cales che recano la figura di un gallo, la prima delle quali, che è di bronzo, da una parte ha sei pilastri senza iscrizione, dall’altro lato un gallo dritto in piedi con l’iscrizione kalenø. L’alta che è pure di bronzo da un lato reca la testa di Minerva con elmo, sull’altro lato un gallo con un astro alle spalle e con la scritta calenø davanti al petto. Si può reperire una moneta dell’imperatore Antonino Pio in cui sembra che tre galli vengono come accarezzati da altrettante figure, cosa che sarei propenso a credere come riferita all’indole assai mansueta di Antonino in quanto era una persona che cercava di mitigare l’aggressività e con quanto più impegno gli era possibile cercava di addolcire ogni tipo di ferocia durante una guerra, in quanto era uno che preferiva conservare vivo un cittadino che uccidere mille nemici, e per quanto lo riguardava era l’unico fra tutti i sovrani che cercava di vivere senza spargimento di sangue dei cittadini, anche dei nemici. Infine in una moneta degli abitanti di Suessa Aurunca, come indica la scritta, c’è un gallo in posizione eretta con l’aggiunta alle sue spalle della stella Lucifero.
Ma forse qualcuno, fautore della stringatezza, potrebbe lanciare l’accusa che il nostro discorso si è troppo ampliato, e potrebbe dire che alcune cose da noi riferite in sovrappiù per ampliare la ricerca si sono dilatate: in verità vorrei rispondergli che, per quanto ne so, nulla di quanto è stato qui riferito esce dai nostri confini, cioè, in quanto non sarebbe pertinente alla ricerca relativa o al gallo o alla gallina. Infatti anche se vengono dette alcune cose relative alle uova, che qualcuno troppo altezzoso o intrigante potrebbe obiettare che trovano posto non solo a proposito delle uova di gallina, ma anche di quelle di altri uccelli, sappia costui che le uova di gallina in tutte le parti del mondo occupano il primo posto, che quotidianamente sono nelle mani di tutti e che vengono usate, e che le altre non si comportano allo stesso modo. Pertanto siccome dalle uova si ricavano moltissimi e svariati impieghi sia dal punto di vista alimentare che terapeutico, perché dovevamo parlarne non qui ma in un altro punto?
Tuttavia non dobbiamo abusare d’ora in poi della benevolenza e della clemenza dei lettori, e pertanto adesso serriamo le vele e ci accingiamo a descrivere alcune differenti varietà di galli e galline. Ma dal momento che parecchi uccelli e per di più esotici non solo vengono annoverati in seno al genere dei gallinacei, ma godono anche dello stesso nome, con l’aggiunta solamente dell’appellativo del luogo d’origine per poterli distinguere, ci è pertanto parso opportuno conservare nella loro descrizione l’ordine seguente, cioè vorremmo iniziare con quelli che hanno una somiglianza maggiore con i nostri comuni soggetti campagnoli, successivamente vorremmo far seguire quelli che maggiormente se ne diversificano, in modo che da parte nostra nulla rimanga di non esaminato. Hanno una maggiore somiglianza con i nostri soggetti quelli che sono armati di speroni, di cui è priva la maggior parte dei soggetti esotici. Motivo per cui colloco a stento i Turchi tra quelli esotici. Infatti differiscono poco dai nostri. Anche i Persiani hanno gli speroni, ma mancano di coda.
Per
il dolce
rivolgersi a zia Claudia
Elaborazioni
cromatiche
Fernando Civardi
2010
Cooking with uncle Ulisse
The Cock the Hen and the Capon
Who doesn’t know that the gallinaceous genus is used as food? We use almost only it at the sudden and unexpected arrival of friends or guests, we have to acknowledge as due to it any prestige of a sumptuous, modest and poor table. If there is need for a sumptuous table, you get from it very appreciated meats, both boiled and roasted, besides the eggs which are better than the eggs of other birds, and the latter will also ensure various courses. If a modest table is necessary, as in the days when the eating of flesh is forbidden by sacred law, the eggs alone will suffice for you: if on the contrary it has to be poor and suited for sick people, I ask you, whence a safer and most pleasant food could be gotten?
Then rightly the gallinaceous genus always holds first place in Columella and the others who expressly have written about birds. Hence also the commentators of Horace, when he sings as follows:
Hear
how you can grow rich. A thrush,
or another
particular thing will be given you,
they explain privum not only as something of private and your own, but as something special and rare coming from birds genus as hens and thrushes were for ancients, better of which (the thrushes) the same poet in another point also said there is nothing. Lampridius reports that at the banquets of Alexander Severus there were hens and eggs, but that on feast days a goose was also served: but a pheasant on greater feast days so that sometimes even two were served with the addition of two chickens. And elsewhere he also reports that Heliogabalus one day ate only just pheasants, spring chickens another day.
Hence it is now clear that also the most dissolute emperors took pleasure in eating these birds, but that they ate only hens or spring chickens too: for the roosters, and especially those who are very strong fuckers, are reserved rather for offspring’s production than for throat pleasures. But if roosters are still fairly tender, that is when they are spring chickens, their flesh is to be counted among the flesh of birds offering a property midway between slenderizing and thickening, so much praised by Galen. In fact it is easily digested, generates a praiseworthy blood, fosters the lust, is suitable for whatever temperament, above all if moderately fat, and the roosters didn’t yet begin to mate or to crow. For when they mate and crow they begin to grow dry, and the body’s heat is sharpened by such a dryness, and their flesh shortly becomes hard and fibrous, to such a degree that, with boiling, it produces a salty taste which is more and more intense as they grow old, also effective in making more fluid the crap. Then before this period it will be necessary to resort to castration: otherwise without any doubt it is necessary to prefer the pullets, since they are of a colder temperament: and for such a reason in case of feverish patients they are preferred to spring chickens: in the other sick persons the latter represent a food of good and appreciated taste which doesn't relish excrements, which doesn’t linger for a long time in progressing and in descending into the bowel: nevertheless they offer food neither in abundance nor very durable since it is constituted by a little thin and fluid blood, and so flowing that it can quickly pour out, and which in addition is disapproved for those are suffering from gout, as are disapproved the other things which because of generation of a fluid blood easily penetrate, either mixed, or attracted, into the diseased areas and therefore weaker.
There are some people preferring castrated hens to both male and female young chickens for table and for feverish patients. Among us - in Bologna - it is unusual to castrate hens. To eat a rooster, especially if old aged, it is unbecoming, although this is done by country folk, and to eat it is extremely disagreeable to the palates of noblemen; in fact, as Giovanni Battista Fiera physician and poet says: If he will give dinner parties, the wanton fellow doesn't have to know the teachings of Venus: from roosters a dry and unpleasant flesh is coming. Let him be a young one, or let him to pay the penalties of Cybele under a false name, and take a capon with cut off testicle. Thus he will be very fat, so by now he will be allowed to sleep, and he will produce hoarse throated abundant courses. Thus a damp hen will replace him in a stately way, and she has to be or black, or possibly unable to lay eggs. Thus she heats the brain and the sexual appetite: in a spring chicken there is a smaller fiery power: let him be for me a course in a dry summer. The greatest glory to you, rooster, because you lost testicles, you are pleasant to sleeping, bowel, Venus and Cybele.
Among ancients, with other birds they fattened, they held in great esteem fattened hens, so that Caius Fannius was forced to issue a law by which he prohibited to dish up birds, except only one hen, and which had not been fattened. But if fattened birds were dished up, the art of cooking consisted in the fact that stretched beginning from a leg they filled the whole tray: hence that satirical expression of Juvenal:
With what a gesture the hares and with what a hen is quartered.
Really eleven years before the third Punic War - on 161 BC - a law was drawn up regarding the fattened hen, as Pliny. testifies who says: Among ancient prohibitions regarding courses, for the first time still in the law of the consul Caius Fannius, drawn up eleven years before the third Punic War, I find the prohibition to dish up no birds, except only one not fattened hen: this article was subsequently resumed and passed from law to law. A loophole was found to deceive these laws in raising also roosters with foods soaked in milk, so they are regarded as much more tasteful. Thus far Pliny.
On the other hand there were also common precepts, and they are still handed down daily, in what way they are softened, as I pointed out in the proper enclosed paragraph about fattening. But she will become tender also without a long fattening, if we believe Horace: If suddenly an evening guest will overtake you, in order that the hen doesn't come out unpleasantly hard for the palate, you will be crafty in dipping her alive in new Falernian wine: this will soften her.
You will accomplish the same purpose placing a fig in the anus, hence we read that having indeed presented among dishes a rooster just immolated to Hercules tender and almost friable, he referred such a tenderness of the skin as due to the fig. However even though hens are softened in such a way, some people came to such a point of longing that accepted that only a part of the bird was eaten: hence also in Pliny we read, soon after he spoke about fattening these birds, nevertheless, in such a manner of embellishing courses, not everything is equally pleasant, since the leg is praised, elsewhere only the breast. Then Iulius Capitolinus perhaps has not rightly defined as too much stingy the emperor Pertinax because sometimes he was serving his friends with chicken’s backsides: for in my opinion this happened because of gluttony’s reasons.
But although at the back there is very little flesh, nevertheless the skin itself, especially in a fattened hen, is fat and very delicious: also Matron of Pitane in Athenaeus is expressing himself in this way: Thus it happened, others smile, and immediately they bring forward fattened and plucked hens in silver platters, of same age, similar for the back to fritters made with honey, flour and oil, that is, as I understand, appreciated because of the back, but not with reddish back, as others interpret: in fact those fritters are not reddish, but whitish.
Especially by some also combs and wattles are eaten in broth, or roasted on coals and then with addition of pepper and orange juice: we also add the testicles, especially on the feast of St. Pilgrim, that is, on August first, when the roosters are castrated by Bolognese people. Some are affirming that they are digested with difficulty, and that are of little nourishment, being of dry nature: nevertheless Galen is placing combs and wattles of roosters in a middle way, that is, they are not to be praised nor condemned. We find handed down by history that also among Romans the combs belonged to the biggest delights because of the finding of a though important man. Messalinus Cotta, son of the orator Messala, invented the recipe of roasting and seasoning them in frying pan with geese's legs.
And Heliogabalus, who had no other kind of life than to seek the way to get a renewed pleasure, quite often in order to imitate Apicius, as Aelius Lampridius reports, ate the combs of alive roosters, as well as the shins of camels, the tongues of peacocks and nightingales. Also the brain is cooked, and it is especially eaten slightly roasted with a little salt. In truth it sharpens in special manner the mind. The physician and poet Giovanni Battista Fiera praises these small brains, but with the addition of pepper to attenuate their moisture: for he says:
The
eyes of quadrupeds, the
brains of birds are excellent.
However the latter will
be too moist unless you add pepper to them.
Gerolamo Cardano praises the livers of these birds among all the edible things. But Razi, drawing it from Galen, among livers is awarding the supremacy to that of goose because it is more moist and tender, and therefore he says that it is also more delicious in taste, but he awards the second praise to that of chicken. Nevertheless also this is moist, as Fiera himself is teaching with these verses, when saying:
The
necks and the
liver are full of heat, but the necks are full of moisture,
Hen, goose, duck have a
softer liver.
The liver, roasted upon coals, in a short time restores the fading strengths, drinking on its top a little white wine. As Galen testifies, the gizzard, if is digested, nourishes in a marvelous way, and among all the gizzards he judges as best that of hen and goose: and elsewhere, if I well remember, he is expressing himself as follows: The gizzards as food are praised before the bowels, especially of fattened hens, and even more of geese: for they are exceptionally tasty: otherwise they are fat and hard, and therefore of difficult digestion, but once they are cooked there would be inside of them quite a lot of nourishment. And Arnaldo from Villanova affirms that no stomach of animal is praised as food, except the gizzards of hens, geese and cranes.
They especially ate bowels cooked along with some other things, and they call them, as Ermolao Barbaro reports, gigleria, others say gigeria - as well as gizeria, giblets. Among remaining parts the testicles are particularly recommended, especially by Galen and all physicians, most of all if roosters were fed on milk. For they are of easy digestion, and very large. Alexander of Afrodisia makes mention of this. The French reckon the uropygial gland of roosters, hens and capons as military food. For they call veteran soldiers as eaters of uropygial gland: really it is certain that that one from fattened and very fat subjects is most pleasing to glutton: and anywhere it is usually shown as joke to lustful persons. Likewise hens’ blood is not inferior to pigs’ blood, but it is very worse than that of a hare. In Galen’s time there were some who ate it. When our contemporaries kill hens they suspend them by feet so that the blood after coagulated near the wound assumes a spherical shape, and then becomes food.
Bartolomeo Sacchi called Platina describes the following pie made from heads and giblets of capons and hens. You will wash properly the small livers, lungs, legs, heads and necks of hens and birds. When washed and boiled you will transfer them without broth to a dish. You will add dill, mint, parsley and sprinkle pepper or cinnamon, and at once you will serve them to dinner guests. Finally broths of these birds are not unpleasing.
Or better still, we read that among Egyptian women the broth of plump black hens deliberately made fatty is in very common use in public baths, to fatten themselves. And really each woman drinks the entire broth made from a single hen, and when bathing she devours the whole hen. Or else they take a very fat and fleshy black hen and stuff in her belly three drachms each [around 10 g] of crushed hazelnuts, sweet almonds, pistachios, pine nuts and peas: after prepared her in this fashion they properly boil her in water, and a single woman while in the bath within only one day eats all of her overcooked, and she drinks her broth, in which they also boil sarcocolla, and the woman who has to fatten continues to do this for several days.
In almost the same way they eat another well cooked hen and drink its broth: but first they give it to eat a pound [327.45 g] of clean wheat overcooked in water: when the hen has eaten it she cuts off the head of the hen, cooks the hen, and eats all the hen while is in the bath, and in addition drinks all the broth. Also other women usually do the same thing but they prepare the hen to be cooked in another way. For they give the hen around half a pound of peas and wheat to be eaten and after she ate the whole they cook her after cut off her head and they eat her alone, and drink her broth on that day, and they are accustomed to do this five times. Author of all these things is Prospero Alpino.
Furthermore the poet Antagoras of Rhodes has extolled the chicken’s broth to such an extent that Athenaeus is writing that he didn't want to go into the bath when sometimes he was cooking a hen, lest the young slaves should drink the broth in his absence.
Now, in order to say something along with other data about the preparation of these birds, I thought proper to follow first of all Apicius and Platina. Certainly there are different ways for preparing them. Apicius described certain little fava beans - or soups from fava beans with peelings - (they are foods so called from fava bean with its peel, as I think) done with fava bean and pea, and he says: You will make a little fava beans soup in another manner as follows: Wash a chicken, bone it, cut into little pieces onion, coriander, brains without nerves, put them in the chicken itself, it has to boil with sauce of fish, oil and wine: when it will be cooked chop up onion and coriander, strain over this cooked unseasoned pea, you will take little fava beans soup in proportion, arrange in different ways: then you will crush pepper, cumin: you pour on them its broth. You also break two eggs in a mortar, beat them, scatter their juice on entire boiled peas, or you will garnish with nut's kernels, and cook on a slow heat, and you will dish.
Apicius - In another manner, a stuffed little fava beans soup, that is chicken or piggy cooked with fava beans: You bone the chicken from the breast, join its straightened legs, fix with a skewer and prepare the ingredients, and you will arrange alternatively washed peas, brains, Lucanian sausages and so on: you will mince pepper, lovage, oregano and ginger. Sprinkle sauce of fish and blend raisin wine. Bring to the boil and when it is boiling you cook on a slow heat, and when you will have seasoned the ingredients, arrange them alternatively in the chicken, cover with the omentum and place in a cover and put in oven so that they cook slowly, and dish.
Still in his treatise in another chapter you can read the following recipes. Raw broth in boiled chicken. You will put in a mortar dill seed, dried mint, root of silphium, sprinkle vinegar, add date: pour sauce of fish, a little mustard and oil: season with cooked wine and so dish. Chicken with dill: you will season with a little honey and sauce of fish. Take a cooked chicken and dry it with a clean linen, make incisions, and put broth in the cuts so that it becomes soaked and when it became impregnated you will roast it and with feathers brush it with its juice, sprinkle pepper and dish.
Parthian Chicken. You will open the chicken starting from belly (about this part I explained my point of view elsewhere) and arrange it in a square shape: you will mince pepper, lovage, a little caraway seeds, sprinkle sauce of fish, add wine, arrange the chicken in an earthenware of Cuma and pour the seasoning over the chicken: dissolve silphium and wine warming up them and put them together in the chicken, and let cook, sprinkle with pepper and dish.
Chicken in hot sauce: A rather large acetabulum - goblet for vinegar - of oil in restrained quantity, a smaller acetabulum of fish sauce, a further smaller acetabulum of vinegar, six scruples [around 7 g] of pepper, parsley, a posy of leek.
Chicken with silphium: You will open it starting from belly, then wash it, garnish and put it in an earthenware of Cuma: mince pepper, lovage, fresh silphium, sprinkle sauce of fish: you will season it with wine and fish sauce, and cook the chicken: when cooked, after a sprinkling of pepper dish it.
Boiled chicken with boiled pumpkins. After aforesaid broth has been added, pour on mustard and dish.
Boiled chicken with boiled taros: Pour the aforesaid broth on it and dish.
You can also boil it, not too much (stuffed) with marinated olives so that there is some empty room and it doesn't break while cooking in pot: placed in a small basket after had boiled, you wash it several times and put it back so that it doesn't break.
Chicken à la Varius (perhaps from Varius Heliogabalus, otherwise called à la Vardane): Boil the chicken in this broth: sauce of fish, oil, wine, a posy of leek, coriander, savory, when cooked you will mince pepper, two cyathi [100 ml] of nut's kernels, and sprinkle it with its broth and you will throw away the posies, sweeten with milk, and you will drain it again in a mortar as well as the chicken so that it gets boiling: blend with beaten egg white, place in a tray and sprinkle with the aforesaid broth. This broth is said candid.
Chicken à la Fronto [Marcus Cornelius Fronto?]: Let a chicken grow hard, you will season it with fish sauce mixed with oil adding a posy of dill, leek, savory and green coriander, and cook, when cooked take it out, in a tray sprinkle it with cooked wine, scatter pepper and dish.
Chicken with milk (tractogalatus from tracta, puff pastry, and lac, milk, by which it was seasoned, as Gabriel Hummelberg explains): Let cook a chicken in fish sauce, oil, wine, to which you add a posy of coriander, some onion: then when cooked you will remove it from its broth and place milk in a new pot and a little bit of salt: simmer honey and a very little bit of water, that is the third part, so that it tepefies: crumble puff pastry and add it bit by bit, stir frequently so that it doesn't burn, place the chicken whole or asunder, transfer it in a tray and sprinkle it with the following sauce: pepper, lovage, oregano: pour honey and a little bit of cooked wine, and sweeten its broth in a pot: bring it to the boil: when boiling blend with starch and dish.
Stuffed chicken: You will prepare the chicken starting from the neck so that nothing remains in it, mince pepper, lovage, ginger, chopped meat, boiled emmer, mince the brain cooked in broth: break some eggs and mix them until an unique mass is done, season them with fish sauce and put a little bit of oil, entire pepper, abundant nut's kernels, prepare a stuffing and fill the chicken or the piggy so that it has an empty room. Likewise you will do also in the capon. You will take the chicken and garnish it as said before: you will open it starting from breast and will cook it after what is inside has been removed.
Chicken in white sauce: You have to take water and plenty of Spanish oil, it is shaken so that it flows alone and hides the water; then, when cooked, whatever quantity of oil will be there, you remove it from there, sprinkle it with pepper and dish.
Apicius provides all these recipes, who in first place also wrote what follows and which I omitted. Sausages of chicken: A pound [327.45 g] of best oil, a fourth of sextarius [125 ml] of fish sauce, one-half ounce [13.64 g] of pepper. Another kind of sausages of chicken: You will mince thirty-one grains of pepper, add a goblet of best fish sauce and the same of cooked wine, you will pour eleven goblets of water and will place on the smoke of a fire. The sausages of peacock have the top position if fried so as to lose hardness: the second place belongs to pheasant sausages, the third to those of rabbit, the fourth to those of chicken.
Another recipe (Sausage with starch): You have to remove the little bones from chickens, then put in a pot leeks, dill, salt, when cooked you will add pepper, fennel seed, then mince brewed orinda (perhaps oryza - rice - which he had also mentioned shortly before in a quite similar sausage with starch. But Gabriel Hummelberg, inferring from Hesychius of Alexandria, translates with orinda a seed similar to sesame, etc.): you will add fish sauce and raisin or boiled wine, mix all this and dish with sausages.
In Athenaeus a rooster with vinegar and oil is served to Dipnosophists. Here Timocles the comic poet says: Galeoús kaì batídas hósa te tôn genôn en oxylipárøi trímmati skeuázetai. - Sharks and rays and quite a lot of subjects of this kind are prepared in a sauce piquant and fat. For perhaps the oxyliparum is the trimma or seasoning, alike or similar to that Apicius described before in chicken with piquant sauce, which is made with vinegar, fish sauce and oil, which are lipara, that is fat. But Ermolao Barbaro says he found that oxyliparon is a kind of juice in which usually rays and other fishes of this kind are eaten.
Antonio Guainerio describes certain excellent condiments for boiled chickens under the chapter of restoring the appetite.
Chicken in verjuice. Cook the chicken with salty flesh for a long time: when it is half cooked, put in the hot pot some grape-seeds taken from the center of marcs: chop up properly parsley and mint, grind pepper and saffron. Throw all these ingredients in the pot where meanwhile the pullet has cooked, and immediately prepare a course. Nothing is more healthful than this food. For it is extremely nourishing, is easily digested, is good for stomach, heart, liver, kidneys, and suppresses anger. Drawn from Platina.
And soon after: Roast chicken: You will roast a well plucked, emptied and washed chicken. When roasted and placed in a course dish, before it cools you will pour on it either juice of an apple from Media - of orange, or better, of citron -, or verjuice with rose water, syrup of cane sugar and cinnamon well minced, and you will serve to guests. This recipe is not displeasing to Bucinus who is greedy for things which are at the same time pungent (sour) and sweet, to repress anger and fatten up the body. Still Platina elsewhere gives instructions about how to prepare a pie based on any kind of meat from domestic animal, as calf, capon, hen and similar.
Pies of pullets drawn from the book in German of Balthasar Staindl, as the Ornithologist is quoting: After you prepared the wrap of pastry, put on it the pullets prepared as usual with disjointed limbs: and three or four eggs according to the size of pastry wrap, add salt and a fair bit of ginger. In summer it is worthwhile to add also raisins of Corinth, as to capons too, and some fresh butter. You will also prepare a covering, as prescribed for capon pie, and sprinkle it with eggs: let cook for two hours. But if you prefer it cold, pour out the broth through the upper hole and after the fat has been separated with a blow, pour it on again. When chickens are cooked in closed pot, or when are roasted preferably in butter with also a sprinkling of a little wine when half roasted, our people call this kind of cooking stufare - to stew, the Germans verdempffen, in Latin perhaps you could say suffocare - to smother, as the Greeks call pnictà - cooked in a well closed pot - the eggs, that is, smothered.
There are some people cooking grapes along with the chicken in a pot closed with cover: then they crush, squeeze and pour them again on the chicken with butter. And another recipe of Balthasar Staindl: Put inside a pot the chickens prepared as usual: add wine and meats’ broth with some salt and aromatic flour of saffron: but if you desire a more fat little broth put in the broth when boiling two toasted slices of white bread, when they come to the boil, after they have been taken out and minced with the liver, squeeze the juice and strain it through the aromatic flour, and put it back in the pot, and let it cook properly. There are some people cooking slices of lemon with chickens and then put slices on them when are served.
Crushed dish: Cook a hen or a capon for a long time until the meats are quite soft and crush the pulp with the bones in a mortar: but if there is little meat it is possible to crush together some chunks of very white bread. Then strain the whole along with the broth through a bronze sieve, you will add some good wine, and a quantity of saffron and spices you think enough, and you will cook for some time, and when you will serve, place beneath toasted bread, sometimes you will place over shelled eggs cooked in water. Some also crush leftovers of hens and capons, that is, bones with meat, and prepare a course: to which some add lamb’s liver boiled and crushed. This food is suitable for those who have just born a child and for those who have been bled. From aforesaid Balthasar Staindl.
For a chicken’s pie drawn from Platina: Divide in three parts the combs of the chickens and their livers in four parts: keep the testicles entire, cut up the lard into small squares and do not pound it: cut up into small morsels two or three ounces [around 50-75 g] of calf fat, or in place of fat add marrow of ox or calf. Take as much as enough of ginger, cinnamon and sugar. And mix all these things with about forty sour (acid) and dry cherries, and put them in a suitable wrap of pastry made with kneaded flour. This can be cooked in oven or on fire under a dish towel. When it is half cooked pour on two beaten egg yolks, some saffron and verjuice.
Broth of chicken with almonds: Take half a pound [around 160 g] of almonds, three small egg's yolks, hen’s livers, extra fine bread corresponding to two eggs, as much as milk cream can be brought with half an obol, broth of old hen properly boiled. Then squeeze the almonds minced with the broth filtering them through a strainer, and serve. Or firstly place in the broth thus prepared a previously boiled chicken, and let them boil together a little bit so that it becomes a bit more concentrated and add a little cinnamon, clove and salt. Balthasar Staindl.
A green broth for a hen or a young chicken, drawn from Balthasar Staindl. After Roman pellitory - or Mount Atlas daisy, marjoram and parsley have been finely grinded, pour wine over them, shake them jointly, add sugar and some spice, and pour in the broth in which the hen has cooked, and don’t cook her any further lest the green color disappears. Seasoning for boiled hens: Place in a pot an entire boiled hen or divided asunder and well polished up, pour very little water with little sweet wine and add some butter and a little bit of aromatic powder gotten from nutmeg or mace, cinnamon and cloves. Avoid carefully that this course remains too much time on fire, for it becomes quite unusable. You will remove it from fire when the hen is verging on red and has little broth. If you like it sweet, add sugar alone or with spices.
Again from Balthasar Staindl Another food made with chickens or capons with toasted bread etc. He in German calls it plutzte huener. Season roasted and cut asunder chickens or capons with sugar along with spices and sprinkle them with sweet wine and place them on toasted slices of white bread soaked in the same sweet wine: you will serve cold.
Seasoning by which a hen or a chicken are stuffed. With the hand you will carefully remove from the hen the liver and the gizzard so that nothing is broken. When finely cut up, mix them with an egg, and, if you wish, add a saffron coloring: you will add as well crushed kale, or small raisin; after these ingredients have been placed you will scatter spice dust and stitch up the belly of the hen and cook her in a pot in the fashion they call stewed, i.e. smothered. Moreover, to make a roast hen, mix in a frying pan this seasoning blended with an egg and you will put it in the belly. Still Balthasar Staindl.
Some people cook properly a young hen in excellent white wine, and squeeze her when crumbled with a long cooking, and strain the broth and mix it on fire with an egg yolk. They say that by this drink are marvelously restored the prostrate energies of sick people. Athenaeus quotes the piglet half roast, half boiled and stuffed with thrushes and chicken's gizzards. Among French people at lunches they accept boiled hens, at suppers the roast ones. Tavern’s managers require that they are eaten in winter days. The common people call them Februarians from February month, and they don’t put any other food before these hens. Others put them in the menu during the whole year. In truth also for these as well as for other animals the season must be taken into account. Francisco Álvares relates in Verdadeira informação do Preste João das Índias that hens put in table, whose meat had been stripped of skin along with bones and then filled of various delicate spices, had been then arranged with such great skill that nowhere was visible an area or a trace of tearing.
Nicola Massa advises that little salt is used in all preparations of hens, since thus they are tastier and descend more quickly along the digestive tract. In the meantime I would also give that suggestion according to which a walnut inserted in the chicken lets it cook very more quickly, as Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim handed down: if this is true (really whoever could test this without any damage) often it would be extremely useful in the case of unexpected arrival of friends. Albertus Magnus says: If you want that a chicken dances on a dish, take quicksilver and powder of calamint and place them in a sealed glass cruet, and put it inside the chicken when warm: for when the mercury is heated, it moves, and makes it jump.
Today among some Indians of Socotra Island there is the religious custom of not to taste, nor least of all to eat the hen or whatever bird: and, once, as Julius Caesar testifies, for the British people it was forbidden to feed on hare, hen and goose: they raised them for pure delight. And Alessandro Alessandri writes that by law they were banned from offering those animals even to gods. And Hippocrates prompts that those people who before were suffering from epilepsy have to abstain from rooster meats.
But now it’s time to say something also about eggs, in regard to which nobody ignores in how many ways they become useful for the foods, so that Pliny says elsewhere that no other food is existing able to feed during an illness, and that doesn't burden, and that at the same time is endowed with the power of a drink (others instead of vim read vini, use of wine) and of a food. In fact we have chosen as food above all the eggs of the hens. For, whatever others may say, they are preferred to all other eggs, especially if the hens have conceived them with a rooster. For, as Aristotle testifies, zephyrian eggs - sterile, full of wind - are less tasty and are smaller and more humid. Fresh eggs are more better than old ones, and in truth those just laid are excellent, while oldest eggs are very bad: but those in between differ among them for goodness or badness in proportion to their distance from the extremes. Recent eggs are very easily recognized from old ones. Recent eggs are full, the more they are old are empty at blunt end. Moreover there is a very evident indication of old age, if when opened or broken they pour out, especially the yolk: on the contrary it is a sign of goodness if when the egg is opened the yolk remains entire and at its center a red drop like blood is visible.
Platina thinks that are tastier those eggs which have been laid by fat, not gaunt hens, and who have eaten wheat, barley, millet, foxtail millet, rather than grass. The Arabs prefer oblong, small, thin eggs, as Tragus - Hieronymus Bock - is quoting. He suggests to collect just laid eggs during full moon since they are better, because, being more durable as food, likewise they are to be placed under hens for incubation. Elluchasem Elimithar appreciates those eggs having two yolks since they are greater and more delicate. Recent eggs preserve their name, on the contrary the old ones are called requieta - rested - by ancients, by us they are commonly called stale, perhaps because of their lightness they float on the water. In fact by this test you can check with certainty if they are full and recent or the opposite.
Furthermore, in order that eggs don't become worthless as food, that is, so that they don't become stale, when there is plenty of them and you want to put them aside for a future use, you will place them in flour of broad beans. For Pliny thinks that it is very useful to preserve the eggs there, so as he says elsewhere - the same phrase where he speaks about lomentum, flour of broad beans -, in winter in straw, in summer in bran. Varro says: those people who want to preserve the eggs for a longer time rub them with fine salt or brine: and leave them thus for three or four hours and after washed them they place them in bran or in chaff. Columella reports that some people cover them for six hours with fine salt and then wash them and after this treatment cover them with straw or in bran: some pile up them with entire broad beans, many people also with ground broad beans, others cover them with uncrushed salt, others harden them with lukewarm brine. But whatever kind of salt, as it doesn't allow the eggs to become rotten, at the same time reduces their weight and doesn't allow them to remain full, a fact which keeps away him who has to buy them: therefore neither those people putting them in brine are preserving the integrity of the eggs. Then it is proper to follow Pliny’s suggestions about their preservation. As the Ornithologist reports, there are some people who would like to preserve just laid eggs in a kind of wheat they call rye, which is our Italian segala, called roggen by Germans, or in ash so that the more pointed part of the egg is turned downward, then they pour on again rye or ash.
Now, having related the manner of preserving eggs, I am given the reason of explaining how to cook them. For the eggs are usually cooked and prepared as food in different ways, or alone or mixing them with other ingredients. But it seems that reasons of orderliness require that we have firstly to speak about those prepared in a simple way. These are cooked either in water or under warm ashes, or in frying pan. And although in whatever of these ways they become more or less liquid and hard according to as much as they are cooked, nevertheless the authors express a very positive opinion about those cooked in water, and they call the eggs or sucking, or soft, or hard or by similar names. But doing analogies and comparisons it will be possible to express a judgment on what we have to think also about those more or less cooked using another manner of cooking.
To cook eggs in water is better than other manners, and in warm ashes it is better than in frying pan, obviously if you compare the eggs each other according to an identical criterion, hard with hard, soft with soft. For it is worthwhile to prefer soft eggs cooked in ashes to hard-boiled in water. So wrote Antonio Brasavola. But why eggs cooked in water are better than eggs cooked in fire, the reasons are not without importance. In fact, to use the words of Lodovico Ricchieri, the toasted egg easily breaks apart, that cooked in water doesn’t break: since because of fire energy what is inside is joined as by a glue, humid and still more heated and burnt it produces many vapors: which lying in a very narrow place, beating about for getting out, break the shell, and at last they evaporate. Furthermore the energy of the flame, attacking from everywhere the tunic of the shell, breaks it, burning it all around, and we can observe that this also happens to terracotta vases when torrefied. That's why eggs at first are usually dipped in cold water: for hot water with its less density immediately brings out the humid and broadens the pores, to which you add, if you want, that eggs cooked either under warm ashes, or over ardent charcoals, give forth an unpleasant smell, as most evident sign that they acquired a bad quality. Moreover eggs cooked in water with their shell are worse than when broken in water, since the shell retains the thick and smoky vapors: hence from frequently eating them a swelling and a heaviness of stomach and belly take origin. But cooked without shell they retain their natural hydration and lose and leave off the heaviness of their smell; nevertheless there are people more appreciating them if cooked in their shell rather than poured out, and Antonio Gazio writes that he belonged to such a cluster of people. To say the truth, whatever those people may say, I prefer those poured out, which I have found savory and of delicate taste thanks to a mine and moreover almost daily use, especially if some fresh butter is poured over them.
Our women call disperdute - scattered, dispersed - the eggs cooked in this way and the deed of cooking eggs, and the Greeks, as the Ornithologist is rightly inferring, call them exaphëtá, although on the other hand I am aware that the very learned Ermolao Barbaro considers the exaphëtá eggs identical to those cooked in a well closed pot, and Antonio Brasavola says that sometimes they are cooked in water without shell, sometimes with shell. For really the conclusion of the Ornithologist is founded on solid and strong reasons. He says: I don't think that among ancient Greek writers this term is found. For the lexicographers who reported the words in Greek or in Latin don't quote it. For it seems that are called exaphëtá, with the last syllable accented, those eggs which are cooked entire after they have been poured out of their shells both in warm water like sucking or soft-boiled eggs, and in other manner like smothered eggs, as some think. In fact if the smothered ones are cooked not entire, but broken and mixed with addition of liquids, I don't think they ought to be called exaphëtá.
As far as the origin of the word is concerned - is going on the Ornithologist - I have nothing certain. In these writings I have found a passage of Simeon Sethi which in my opinion has given cause to others for to be mistaken. For these words: epainoûntai dè tà pniktà høsper ge kaì tà onomazómena exephetá - those suffocated are praised like those called exephetá (Giglio Gregorio Giraldi reads éxephtha, almost insinuating that éxø toû idíou kelýphous hepsómena - cooked outwardly of their own eggshell. But this word doesn't exist among the other authors. I would prefer to read exaphetá, that is, sent forth and poured forth, from the verb aphíëmi - I sent forth. For such words are not used by ancient Greeks, and the more recent ones have composed many words by analogy inferring them from common language) and these words mean tà epì thermoû hýdatos skeuazómena, that is, they are praised the eggs called smothered and exaphetá, which are cooked in hot water. But that he want to point out eggs poured out of their shell into warm water it is also clear from this sentence, since he had already previously discoursed on the other eggs, and since these eggs are also appreciated by others, above all Arabs, whom Simeon Sethi is accustomed to follow in many points, and since also Galen mentions them after the smothered ones, quoting with a periphrasis tà epicheómena ánøthen taîs lopásin, that is, those usually poured in frying pans (which of course contain hot water). But since Simeon Sethi borrowed other things from Galen, we have to believe that by him neither this piece has been omitted.
Our people - is going on the Ornithologist - call these eggs in wasser gefelt, in wasser geflagen, (that is, poured in water), and are accustomed to give them chiefly to sick people to be eaten either alone, or placed on cooked slices of bread. In preparing them, says Galen, care must be taken, as for smothered ones, that they don’t grow too much hard: but when they still have their juice it is necessary to remove the pot from fire. Thus far the Ornithologist.
Smothered eggs are prepared in this way, after eggs have been sprinkled with oil, fish sauce and little wine (thus runs the common translation of Galen), the vessel in which are contained is introduced in a pot with warm water inside, then, after it has been covered up, fire is put beneath it until they acquire a moderate consistence. For the eggs which grow hard beyond a certain degree become similar to boiled and roasted ones: but those which reached a mediocre consistence are also better digested than those cooked hard and supply the body with a better nourishment, but the verb anadeúsantes, which Galen and Paul of Aegina use, doesn't mean to sprinkle, but to dip and to mix: I am surprised that neither Ermolao Barbaro nor others (as far as I am aware) have noticed, except Janus Cornarius alone.
For Janus Cornarius is translating in this way the following words anadeúthenta ømá metà gárou kaì oínou kaì elaíou, kaì en diplómasi summétrøs pëgnúmena of Paul of Aegina about these eggs: raw, beaten with fish sauce and with wine and oil (Alban Thorer translates with irrigated, and he silly translates the diplomata - twofold container vases for bain-marie - with bronze or earthenware vases) they are cooked in a double vase until moderately hardened. In truth the composed verb anadeúein - to dampen, to water - seems to mean a blending carried on throughout the whole, especially in a damp or liquid matter. For sometimes in a composed word the preposition anà has this meaning, for outside a composed word also means beyond and on this side. Therefore it will be allowed to translate the eggs anadedeuména with oil and wine into mixed and beaten: so much so that it would seem that this course was practically equivalent to a certain broth that the Ornithologist reports as present among Germans, which is named from warm wine in common language: however he says that it is more thick and that the eggs don’t remain intact, but that they are scrambled and shaken.
Therefore those people thinking that exaphetá and pnictá eggs are the same thing, they make a big mistake, among whom there is Ermolao, a man in other respects we have to place before everybody, who therefore when translating as pnictá the eggs placed in hot water and immersed along with fish sauce, etc., he also wrote wrongly, as we can easily infer from the just quoted words of Galen and Paul of Aegina. Nor Lodovico Ricchieri touched on a sore point, thinking that pnictá eggs are so called by Galen since it seems that they are suffocated when cooked in a certain way, etc. In fact he also doesn’t realize the meaning of the verb anadeúein. The Germans, as the Ornithologist says, call this kind of cooking verdempffen, that is, as a German explained to me, to suffocate, since what is cooked inside a covered pot, and with the steam held inside, almost seems to be suffocated: hence, he still adds, in German you could rightly call pnictà eggs as verdempffte Eyer, that is, smothered eggs. In my opinion, by us, Italians, they could rightly be called affogate, poached. As far as tastiness of poached eggs is concerned, Galen wrote that they are better than the boiled (hephthá, that is, hard-boiled) and roasted ones. Really poached eggs seem to be cooked as in a bain-marie, and being more tasty, and this because of seasonings too, they have more lenitive and refreshing power than those prepared in a pot suddenly placed on fire: for these eggs more easily bring along some residue.
The Greeks call sucking eggs rhophëtá: but among the authors it is not sufficiently agreed upon what also these are, or it is evident that they don’t reach an agreement because of the abundance of synonyms. Galen, whom I intend to follow, affirms that are called rhophëtá the eggs which barely warm up while cooked. These are otherwise also said liquid: for, as Lodovico Ricchieri and Ermolao Barbaro are thinking, liquid eggs are not the same as trembling and soft ones. In soft eggs bread is usually dipped, liquid eggs, that is, heated, are only drunk alone, hence in common language we call them da bere, sucking eggs, and are usually served to more moneyed people with very little salt few before a lunch. So also Antonio Brasavola correctly interprets as sucking eggs those which through cooking barely started to grow hard. He says: we don't use them except when the eggs are so recent that they are still warm because of the natural heat of the hen: and in truth unless they are one-day-old eggs, on the following day they hardly accept that they are cooked in this way.
And when cooked a little more, so that we can see them to tremble when freed from shell, by Greeks are called tromëtá, that is trembling, and sometimes hapalá by Dioscorides, soft by Cornelius Celsus, by some more recent authors also tender and wee tender. If they acquired a little bit of consistence without mincing words are called hephthá and hepsëthénta - boiled - by Galen and Simeon Sethi, and not simply cooked, just as those which became quite hard they call them sklërá, that is hard-boiled, although sometimes Galen seems to mean as equivalent both boiled and hard-boiled. Usually we call paschal these eggs, since on Easter day they are offered to the priest in the church to be blessed. And these are practically the cooking manners of boiled eggs, which all-inclusive Simeon Sethi called augokoúlika, and I would say that they are all the eggs cooked both a little and a lot only in water.
Before we proceed to other kinds of cooking it is worthwhile to say a little something about the healthy characteristics of any kind of cooked egg. Galen says: The sucking egg is a very light food. And again: It has a good taste, it doesn't heat, it can restore strengths in heaps: in past times it was drunk with fish sauce, it relieves throat irritations. And Celsus says: The sucking egg has a good taste, it fattens the catarrh, a soft or sucking egg is composed by material entirely destitute of energies (that is, it nourishes very little, while the hard-boiled one is nourishing a lot): soft or sucking eggs give very little swelling of belly. Antonio Brasavola reports that he observed a lot of persons who got from sucking eggs a looser bowel, and some persons who had five or six discharges of diarrhea in swallowing only just one. Once they were used as morning breakfast and were called tastes, as it is possible to infer from Apuleius when he says: Now, as I can see, you also think (he speaks to the hen) to prepare a taste, and in my opinion nothing is more pleasant than such a taste, and no other food is existing which is able to nourish without burdening, and able to give at the same time the benefit of wine and food.
Soft eggs nourish more than sucking eggs, hard eggs more than soft, as Dioscorides and Galen testify. Both Galen and Simeon Sethi think that soft eggs are by far over all other eggs from a nourishing point of view, and Celsus recommends them as suited for stomach.
Hard-boiled eggs are more difficult to be digested, they go slowly along the bowel and supply the body with a food rather thick as well as sticky: they constipate the bowels, so that Antonio Brasavola reports that a Franciscan monk, after had eaten to satiety such white and red eggs which he himself had gathered at the feast of Easter, had his bowel constipated so that he didn’t react neither to clysters nor medicines, and died. Our people strip such eggs of their shells and cut them in a certain number of slices in order to adorn the dishes of vinegar seasoned salad with fragments of yolk and white alternatively arranged. I hear that both north and south Germans usually do the same thing.
Roasted or toasted eggs, that is, cooked in hot ashes, or better, roasted, by Galen and others are called optá or optëthénta. We must take care that they don't break when roasted, hence they are usually immersed cold - in ashes. Eggs cooked in this way are not much praised: for they acquire a coloring from fire and an unpleasant odor and therefore they get dry more and refresh less, and have by far a less pleasant taste than eggs cooked in water. But since they are roasted in two ways, that is, in ashes and among charcoals, Isaac Iudaeus writes that eggs roasted in ashes are worst: since, being that the heat of the fire surrounds them, it doesn’t allow the escape of their smoky exhalations, a thing which doesn't happen on charcoals.
Finally, the eggs hardened in frying pan are said tëganistà, obviously fried with oil or butter: in fact for Greeks tëganon means saucepan or frying pan. Our people usually call them uova nella teglia, eggs in roasting-pan. As the Ornithologist reports, the Germans call them Eyer in Ancken - eggs in butter. Galen and Simeon Sethi think that these eggs have the worst nourishment in comparison with all preparation’s manners, since while digested they change into an evil-smelling odor, that is in smoky belches, hence often they produce not only a heavy taste, but also bad and faecal. And further Galen says elsewhere: Fried eggs go slowly along the bowel, have a bad taste and also modify the mixed foods, and they are thought as the worst things among those we cannot digest. In addition Isaac Iudaeus reports that they are immediately transformed into an evil-smelling odor and exhalations which smell gall, that is bile, and into putrefaction, and that therefore they produce lack of appetite and nausea. Common people mostly feed on such eggs, and neither more moneyed people are abstaining from them, on the contrary, they usually pour them in a clean and tin vessel, after they first dissolved butter inside so that eggs don't stick to its bottom, and they cook them until the albumen thickened above the yolks and began to become white. These are the eggs which in my opinion Brasavola wrongly called pnictá - smothered, when saying: Galen is using oil to cook pnictá eggs, we use butter; so I think that according to what has just been said it is glaringly obvious that these eggs are not pnictá.
But before to get ready to speak about when and how we have to serve them, I thought it proper to quote as epilogue of what we formerly said this epigram of Giovanni Battista Fiera: and it sounds as follows:
They weep when slightly cooked, and tremble, and when are about to grow hard they wouldn’t to be bitten, if you are a little wise swallow just laid eggs. They are damp, and are a quick food and a heating flame, but beware those which become old and don’t desire those which rested. They nourish the breast and relieve the cough, are foods for people with hoarse voice. And they provide flavorful snacks for mad sperm. They caress kidneys as well as stomach and painful bowel, treat the bladder with marvelous promptness. But I warn you: they easily grow rot and lose any utility, as from any point of view the nihility usually gives happiness.
Besides the just mentioned methods of simple cooking, there is one which Lodovico Ricchieri reports to have been used by Babylonian hunters: it consists in this: they placed raw eggs in a sling and spun them for such a long time until they became cooked thanks to such a movement.
Now we look at when and how the eggs have to be served. Athenaeus writes that among ancients usually two eggs each were served as second course along with thrushes, etc. In truth, as Porphyrius testifies, among Romans the first courses of a lunch must have eggs: hence Horace says: He would have begun to sing "hurray Bacchus" from egg to apples. And in the same meaning Marcus Tullius Cicero says: I bring the hunger intact up to the egg: and therefore this activity lasts until roast veal (that is, until roast yolk). Where to bring the hunger intact up to the egg for Lodovico Ricchieri seems to mean nothing else than to stretch the food appetite until the second course. If therefore the ancients were placing salad seasoned with vinegar in the first course, the eggs have not yet changed place, especially those soft and cooked in frying pan, and likewise the hard and roasted ones. As we said, sucking eggs served as snack, and our people eat them a little before the lunch.
And if you consider health’s reasons, the eggs in whatever way prepared have firstly to be eaten both by healthy and sick people. It is worthwhile that healthy and sick people absolutely abstain from hard-boiled eggs, especially ill people, except when their faeces are rather liquid, and, if we desire to restrain them more strongly with hard eggs, it is necessary that they also are eaten before other foods: on the contrary, even if you decided to soften the faeces by gulping down sucking eggs, also this is to be done at the beginning of meals.
As far as the way of presenting them is concerned, alike there are also different manners of opening eggs. For the Jews open them at the sharp end, so that if there some drop of blood appears, they can abstain from eating the egg; we Italians mostly at the blunt end, the Germans sideways.
Therefore these concisely reported information about different ways of cooking eggs, in water, under ashes, in frying pan, and about smothered eggs, have to be enough for us: there remains only to say something about different ways of preparing them, drawing it mainly from Apicius and Platina: Apicius reports Fried eggs seasoned with sauce of wine and fish, cooked eggs with fish sauce etc. Gabriel Hummelberg interprets this passage as follows: Fried eggs with sauce of wine and fish (that is, they are served after have been sprinkled with this sauce). Eggs cooked with fish sauce, oil, pure wine: or seasoned with fish sauce, pepper and silphium; In coddled eggs with kernels inside: you will sprinkle honey, vinegar, you will season with fish sauce. Hummelberg says that Apicius calls hapalà tender and soft eggs cooked in water without membranes and shell: such eggs strengthen also the stomach, as Scribonius Largus reports.
But Scribonius Largus in the just quoted passage simply recommends coddled
eggs, and he doesn't say that they have to be cooked in water without shell:
and Dioscorides calls hapalòn the soft egg, that is a midway between a
sucking and a hard egg, as Scribonius himself translates, and as we also
formerly reported.
Tiropatina - Dish from Tyre. Take milk and choose a dish according to its
amount: mix the milk with honey up to transform it almost into a dairy product,
that is lactaria, as Gabriel
Hummelberg specifies, in a sextarius [500 ml] put five eggs, but three
in an hemina [250 ml]. Melt them in the milk so that you make a single mass:
let strain in an earthenware of Cuma and you will cook on slow fire: when it
will have hardened sprinkle pepper and serve.
Milky spongy eggs: Blend together four eggs, an hemina [250 ml] of milk, an ounce [27.28 g] of oil so that you make a single mass: put in a thin frying pan a little bit of oil, see that it sizzles and put (on sizzling oil) the compound (the just said mixture of eggs, milk and oil) you prepared. When the whole will be cooked on one side you will put it turned in a dish, pour honey, sprinkle pepper and serve. All this from Apicius. Gabriel Hummelberg means by spongy eggs a food which has to show the shape of the eggs and a spongy consistence, that is, rarefied, soft and blown up like a sponge. As the Ornithologist reports, the Germans call this dish, or a similar dish, ein bratne milch, as you say roasted milk, condensed, our people call it un coppo - a cup: in Greek and in Latin it can be said oogala - eggs with milk, although Lodovico Ricchieri writes that by medicine scholars is called oogala a mixture done with eggs and milk. This preparation is praised by Aetius of Amida among the foods for those people suffering from dysentery, if I correctly remember.
Platina says: We use egg white to make seasonings of some courses and desserts. Still by him are described a little broth saffron colored gotten from egg yolks with verjuice, broth of veal or capon, little saffron: likewise elsewhere he describes how a pancake can be prepared with egg white, superfine flour and fresh cheese. Still from his treatise is drawn the recipe of beaten and crumbled eggs. By using an olive squeezer or a spoon mix with cut up cheese some well beaten and crumbled eggs along with a little bit of water and milk. After you mixed them, cook with butter or oil. They will be more tasty either they will be little cooked, or never will be stirred while cooking. If you wish them grass in color you will add a fair bit of beet and parsley, a little bit of juice of bugloss, mint, marjoram, sage. Another manner of preparing them. You will mix with the aforesaid mixture the same herbs cut up and only just fried in butter or oil, and cook. So prepared eggs are nourishing: the liver digests them with difficulty, are good for intestinal obstructions and give rise to calculosis. Eggs pancake shaped. Pour in a warm frying pan with oil and butter some fresh and whole eggs after the shell has been removed, and cook them properly on low flame, sprinkling always the oil, chiefly with a spoon or with the oil’s press. When they begin to appear white, remember that they are cooked. Physicians think that they are of more difficult digestion since have been fried. Really these eggs are corresponding to those we said to be usually called by Italians cotte nella teglia - cooked in roasting-pan, and by Greeks are called tiganistá.
Boiled eggs: Pour in boiling water fresh eggs after their shell has been removed: when they have thickened remove them at once. They have to be rather soft, and you will pour sugar on them, rose water, sweet spices, verjuice or orange juice. There are some people sprinkling them with crumbled cheese, a thing which is not appreciated either by me or by Phosphorus, who are both eating this course very often. For without cheese it is excellent and very tasty. In another way: Cook the eggs in the aforesaid manner in milk or in sweet wine. In truth the cheese has not to be mentioned at all: it nourishes more: although it makes the blood to become infected.
Fried eggs. Harden fresh eggs cooking them for a long time. When shells have been removed, divide the eggs in half so that the albumen is not broken in some point. After you removed the yolks crush them partly with cheese of good quality both old and fresh and with raisin, partly set them apart at your disposal to give color to the dish. At the same time add a little bit of parsley, marjoram and mint thin chopped. There are some adding also two or more egg whites with spices. When you have stuffed and leveled out the egg whites with this mixture, fry in oil on low fire. When fried, you will put on them a crumpet gotten from remainder yolks, crushed with raisin, and dissolved in verjuice and in cooked must adding ginger, cloves, cinnamon: and you must get them to boil a little while along with the eggs themselves. All this gives more harm than good.
Eggs on grill. Spread beaten eggs in a frying pan and cook them until when, after hardened, can be folded in four parts. After you gave them a square shape lay them on a grill placed on fire. Then add fresh eggs stripped of shells, and while this is cooking sprinkle sugar as well as cinnamon. When cooked serve them to guests.
Eggs in spit. After the spit heated up very well pierce the eggs lengthwise and roast them on fire as if meat were cooked. They are to be eaten hot. It is a foolish invention, fruit of both stupidity and fun of cooks. In another way: Turn fresh eggs carefully on hot ash near a flame so that they can cook evenly. When they begin to ooze regard them as ready and cooked and serve to guests. They are excellent and can be served quite well to whoever. In another way: When fresh eggs placed in a pot with fresh water will have boiled a little, remove and eat them. For they are excellent and nourish well.
Fried eggs in Florentine style: You will put fresh eggs one by one, shells removed, in a warm frying pan with oil, and by an olive squeezer or a spoon pile them going round in circles, giving them a round shape. When they begin to appear rather colored remember that they are cooked. They must be rather soft inside. The cooks got accustomed with a certain difficulty to cooking these eggs in comparison with the previous ones - in spit. In another manner: Put whole eggs on live charcoals and while they are hot beat them with a stick until get broken. When cooked and after the shell has been removed sprinkle them with parsley and vinegar.
Fried eggs: Mix together fat and minced cheese, a little bit of chopped mint and parsley, very little raisin, a small quantity of ground pepper, two raw egg yolks: introduce all these amalgamated things into Florentine style fried eggs in that point whence you drew out their yolk through a small hole, and fry again until the stuffing is cooked. They should be turned rather frequently and when cooked have to be sprinkled with verjuice or orange juice with ginger.
Eggs as in folded-over pizza: Prepare very thin kneaded flour, after you spread it on a table add there fresh eggs separated by spaces, always sprinkling on each a little sugar, spices, very little salt. Then when you folded up them as we usually do for roulades, cook or fry them. However, fried they are more appreciated. Avert that they become hard. Thus far Platina.
Still Platina elsewhere describes the verzusum little broth, which requires four egg yolks, four ounces [around 100 g] of sugar, the same amount of orange juice, a half-ounce [13,64 g] of cinnamon, two ounces of rose water. He suggests to cook it like the saffron colored little broth is cooked, and to add also saffron so that it can be more tasty. He says that this kind of food is thought to be healthful especially in summer. For it nourishes a lot and well: it acts as a little laxative and represses anger.
A flat bread was called lekithítës to which, as Eustathius of Tessalonica writes, was mixed egg yolk. For Andrea Alpago the alhagie - an Arabic term meaning frittata - is a food made in frying pan with egg yolks gotten from broken eggs, which the inhabitants of Veneto call fritalea, omelet. But that food which the inhabitants of Veneto and we too call fritalea requires egg whites beaten together with yolks: it is a nourishment of slow digestion and smelling of burning. Matteo Silvatico says: mutagenat, that is, a food prepared in a terracotta vase with a milky juice of common seeds (of Cucurbitaceae genus), and with hen’s broth, and egg yolks. It is seasoned with sugar and an aromatic mixture done with cinnamon, matgrass, cubeb pepper, sweet flag and German cumin seeds. It is cooked on fire and after a hot terracotta cover has been placed on the vase. But with eggs, or mixing them, also other countless varieties of bread are prepared, of flat breads, pancakes and different courses, known to everybody, and to describe all of them it would be an endless thing. It is enough to have gathered those handed down about them by different authors.
For
the dessert
look at aunt Claudia
Chromatic
processings
by Fernando Civardi
2010